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Tiny Pretty Things: vale la pena vedere questo “crime sulle punte”?

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Tiny Pretty Things: vale la pena vedere questo “crime sulle punte”?

Quando è stato rilasciato il 14 dicembre 2020, ho letto articoli che definivano Tiny Pretty Things una sorta di “Black Swan in versione teen drama”.
In realtà, dopo averlo visto tutto a distanza di pochi giorni dall’uscita dell’intera stagione su Netflix, devo dire che ritengo la definizione così messa piuttosto semplicistica. Seppure a livello di caratteristiche del prodotto la definizione teen drama potrebbe dirsi appropriata (i protagonisti sono tutti giovani ragazzi che su più livelli affrontano i dilemmi della loro età), mi sono accorta che molto spesso nell’uso comune questo termine sembra usato per denotare trame tendenzialmente edulcorate, mentre in Tiny Pretty Things lo sfondo della Archer School – prestigiosa (e fittizia) accademia di danza classica di Chicago- è il contesto per tematiche anche complesse e che sfociano in alcuni casi in una vena vagamente dark.

Da questo punto di vista, infatti, l’accostamento al film del 2010 con Natalie Portman può anche starci, visto che tra i temi ricorrenti in Tiny Pretty Things ci sono la pressione psicologica sugli allievi, la competizione spesso scorretta e il tributo (fisico e mentale) che si paga per la ricerca quasi malata della perfezione. Tutto questo, direi ormai quasi parte integrante della narrazione di genere quando si ambienta una storia in una scuola di danza, si affianca all’esasperazione subita da alcuni aspetti comuni affrontati in altri teen drama nel momento in cui i protagonisti si trovano in situazioni tendenti all’estremo. I ragazzi vivono infatti all’interno di una bolla, in una sorta di collegio, con quella che dovrebbe essere una ferrea supervisione da parte degli adulti che gestiscono la scuola ma che in realtà permette lo svilupparsi di diverse circostanze fuori controllo: ripicche più o meno pesanti, disturbi alimentari, perfino violenze sessuali (sebbene questo avvenga in un contesto esterno alla scuola), culminanti in quello che è a pieno titolo il motore scatenante degli eventi, ovvero il tentato omicidio della studentessa modello Cassie Shore.

tiny pretty things cassie shore

Seguiamo le vicende della Archer School proprio attraverso il racconto in voice over di Cassie, quasi in una reminiscenza della voce narrante di Mary Alice in Desperate Housewives… sebbene Cassie non sia morta, ma “ci parla” dal letto d’ospedale in cui si trova dopo l’incidente di cui è stata vittima a inizio pilot. È proprio il suo uscire di scena che libera un posto alla prestigiosa accademia, il che permette a Neveah (‘waitlist’) Stroyer di essere ammessa. Anche questo ingresso porta con sé diversi sottotesti che saranno ricorrenti nell’arco dei dieci episodi della prima stagione, visto che l’austera direttrice dell’accademia sembra voler ostentare la new entry (una ragazza di colore) quasi come sponsor della scuola per provare a nascondere lo scandalo dell’incidente di Cassie sotto il tappeto.
Il desiderio di affermazione (e spesso ribellione) di Neveah non sarà però l’unico catalizzatore della trama: sebbene lei ci venga presentata inizialmente come una sorta di figura centrale, ci addentriamo per la prima volta tra le aule e i corridoi della scuola seguendo lei, cominciamo a nutrire sospetti e a vedere il senso di inquietudine tra le mura dell’accademia alimentato dai suoi sogni disturbati, presto la narrazione diventerà molto più corale, facendoci conoscere i problemi, le insicurezze e i desideri di ognuno dei principali giovani attori. Tematiche razziali e LGBT, una certa componente soap tra infatuazioni, sesso e relazioni borderline tra studenti e insegnanti e non solo, il dramma psicologico e una vena crime legata al mistero di chi ha ucciso Lilly Kane chi ha spinto Cassie Shore… tutto questo condito da coreografie che incantano a dir poco, soprattutto se come me avete la danza nel cuore.

Il cast è composto quasi interamente da volti nuovi, attori esordienti che non saranno i nuovi candidati al premio Oscar ma hanno un background nel balletto (e si vede!), cosa che aiuta a entrare ancora più pienamente nella “realtà” della storia con una certa naturalezza. Scopriamo mano mano personaggi imperfetti sotto diversi punti di vista, ciascuno con le sue ossessioni, alcuni che all’inizio sembrano scritti come tendenzialmente positivi, magari perfino vittime, lo specchio su cui far riflettere ancora più vividamente le bugie e la cattiveria altrui… solo per poi rivelarsi maligni, bugiardi, calcolatori e vendicativi tanto quanto il resto dell’entourage.
Alcuni passaggi potranno sapere di già visto (la direttrice algida, il coreografo severo e a tratti viscido, lo pseudo-triangolo amoroso, la ballerina infortunata che cerca di nascondere il dolore per non perdere la sua posizione, quella con mommy-issues che rischia di lasciare l’accademia e fa di tutto per rimanere ecc.), ma nel complesso il ritmo della narrazione si mantiene bene e fa sì che non si perda l’attenzione e la curiosità per cosa verrà dopo… fino al finale con cliffhanger che, se sei arrivato a questo punto scoprendoti tuo malgrado invischiato nella trama, ti fa sperare nel rinnovo quanto prima per una seconda stagione.

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Annuncio di rinnovo che, a distanza di quasi due mesi, si fa ancora attendere ma che mi sarei già aspettata di leggere viste le visualizzazioni dichiarate da Netflix. La piattaforma online aveva infatti piazzato Tiny Pretty Things tra le serie più viste del momento nei primi giorni dopo il rilascio, cosa che ho faticato anch’io a credere visto che reputavo un prodotto come questo piuttosto di  nicchia (e qui potremmo anche aprire la solita lunga parentesi su quanto possano essere effettivamente attendibili i dati rilasciati da Netflix, se conta o meno anche l’utente che si è collegato cinque minuti per poi interrompere l’episodio inorridito ecc. Ma se vogliamo fidarci ciecamente dei loro comunicati tant’è).
Eppure Netflix da qualche tempo sembra davvero spopolare con queste storie un po’ meno mainstream (pensiamo a quanto e come si è parlato di The Queen’s Gambit – anche quella come Tiny Pretty Things tratta da un omonimo romanzo – solo un paio di mesi prima). Nel caso di questa storia che è un po’ Fame, un po’ How to get away with murder e un po’ Gossip Girl, il tutto reso esteticamente meraviglioso e allo stesso tempo concettualmente morboso per via dell’attenzione ossessiva verso quei corpi perfetti, non stiamo parlando di un capolavoro di genere e ci sono senz’altro aspetti appena accennati nella trama che meriterebbero ulteriore approfondimento… ma almeno per quanto mi riguarda direi ben venga un seguito.

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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