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Recensione The Irregulars – Gli Irregolari di Baker Street

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Recensione The Irregulars – Gli Irregolari di Baker Street

RECENSIONE THE IRREGULARS – GLI IRREGOLARI DI BAKER STREET

A chiunque si approcci a questa recensione dopo aver concluso la visione de “Gli Irregolari di Baker Street” (in originale “The Irregulars”) devo fare i miei complimenti. Non è stato facile ragazzi, ma ce l’abbiamo fatta. È davvero molto raro per me avere a disposizione una stagione così breve, da vedere nell’arco di una giornata (si tratta di soli 8 episodi), ed impiegarci ben due settimane per raggiungere il traguardo.

Per chi, invece, fosse capitato qui per caso, vale la pena fare un piccolo riassunto. “Gli Irregolari di Baker Street” è una serie Netflix, liberamente ispirata all’omonimo gruppo di informatori di supporto al celebre Sherlock Holmes, che appaiono anche in alcuni romanzi di Sir Arthur Conan Doyle. Nello show i protagonisti sono dei poveri orfani, ingaggiati da Watson per recuperare informazioni e risolvere un mistero.

L’idea di base è al quanto intrigante, non fosse che questo mistero ha a che fare con il soprannaturale, che, si sa, non va esattamente d’accordo con la logica deduzione del celebre detective. In parole povere: la tragedia era dietro l’angolo.

RECENSIONE THE IRREGULARS – GLI IRREGOLARI DI BAKER STREET

Credetemi, scegliere è stato davvero difficile, eppure credo di poter salvare giusto un paio di cose.

L’AMBIENTAZIONE NELLA LONDRA VITTORIANA

La Londra Vittoriana ha sempre un certo fascino, anche quando, come  in questo caso, viene utilizzata per raccontare una storia piuttosto scialba. Il grigiore e l’oscurità dei sobborghi poveri della città si prestano benissimo a fare da sfondo ai misteri che la serie cerca di rendere interessanti, con risultati alquanto discutibili.

LA CREAZIONE DEI MOSTRI

Il sovrannaturale in questa serie non ha un grande approfondimento (né un grande senso), ma, se proprio qualcosa dobbiamo salvare, direi di “premiare” la creazione dei mostri. Ogni atto di violenza nasce da un trauma passato, come una sorta di contrappasso. I mostri sono stati per primi delle vittime, che ora cercano riscatto o vendetta per i soprusi subiti. L’ispirazione è alle storie classiche, un po’ come accaduto per “Penny Dreadfull”, anche se con risultati decisamente differenti.

In questo caso il problema è l’opposto: di cose da dire ce ne sarebbero anche troppe.

TROPPO PREVEDIBILE

Davvero troppo. Non mi ritengo un genio, né possiedo doti di preveggenza (giusto per restare in tema), quindi se ogni colpo di scena mi è sembrato più che citofonato, lo imputo a una scrittura non esattamente brillante. Il mistero di fondo di questa prima stagione è chiaro sin da subito – o meglio, sin da quando si ha la pazienza di guardare con attenzione e non lasciarsi trasportare passivamente nella visione.

PERSONAGGI INCONSISTENTI

Nessun personaggio ha una caratterizzazione degna di questo nome, tanto da non riuscire a sentirti coinvolto dalle loro vicende. Un ripescaggio nel baule dei clichè da teen drama, un pizzico di politicamente corretto e uno scoraggiante tentativo di aggrapparsi alla fama degli eroi di Conan Doyle. Il risultato è che, a soli pochi giorni dalla visione, ho dovuto andare a ricercare i nomi dei protagonisti su internet. Lo stesso vale per il villain: prevedibile, poco caratterizzato, dimenticabile.

LA DISTRUZIONE DEL MITO DI SHERLOCK HOLMES

C’è un particolare motivo per cui Netflix, prima con “Enola Holmes” e ora con “Gli Irregolari di Baker Street”, ha deciso di rieditare la famiglia Holmes come un branco di decerebrati? Spesso Sherlock Holmes è stato dipinto come un narcisista votato all’eccesso, fino ai limiti dell’autodistruzione. Poche volte, invece, è stato rappresentato come un pazzo fuori controllo guidato solo dal desiderio di accrescere il suo mito. Genialità non pervenuta, anzi surclassata da una squadra di ragazzini alle prime armi. Su Mycroft non mi esprimo, di Watson meglio non parlarne.

IL PIATTUME

Non ne salvo uno, anche perché, senza l’aiuto di Wikipedia non ricorderei altri nomi se non Sherlock Holmes e John Watson. Nessuno emerge, nessuno brilla, nessuno ambisce a farsi ricordare. Motivo per cui il piattume generale vince a mani basse la competizione.

LA CHIUSURA DEL VARCO

Il finale è l’apoteosi di quanto detto fino ad ora. Talmente prevedibile da annullare quel poco di pathos che avevano tentato di costruire, con protagonisti talmente scialbi da non spingere lo spettatore a temere per la loro sorte o gioire per la loro vittoria, sebbene dolce-amara. Ne risulta la scena migliore solo perché al meglio rappresenta la poca presa che questa serie ha avuto sul mio arido cuore.

RECENSIONE THE IRREGULARS – GLI IRREGOLARI DI BAKER STREET

Sulla carta mischiare il soprannaturale con Sherlock Holmes non era una buona idea, ma non è per questo preconcetto che considero “Gli Irregolari di Baker Street” un fallimento. La cosa peggiore è che quest’idea non sia stata sviluppata col giusto impegno, che nemmeno ci abbiano provato seriamente. Se ci fosse stato un buono sviluppo della trama, una buona caratterizzazione dei personaggi, una qualsiasi forma di base solida su cui costruire una narrazione, poco sarebbe importato.

I personaggi sono dimenticabili e si muovono sullo schermo solo perché così è stato scritto, senza un’anima, senza nulla che ci spinga ad immedesimarci in loro. Le loro avventure sono piatte, tanto che, arrivati all’ultimo episodio (che, ribadisco, sono solo otto) già si fatica a ricordare cosa sia accaduto nel primo. E poi è così prevedibile da eliminare qualsiasi guizzo emozionale. Era chiaro sin dalla sua prima apparizione che l’Uomo in Bianco non avesse buone intenzioni, così come il fatto che fosse la madre delle protagoniste a cercare di riemergere dal varco. Nessuno stupore per la morte di Holmes: se dopo più di dieci anni Watson avesse compiuto di nuovo la stessa scelta, salvando il suo amore non corrisposto in favore della sue figlie, sarebbe stato davvero imbarazzante.

Il risultato è stata una visione annoiata, interrotta per pochi brevi istanti dal malsano desiderio di proseguire, come l’irrefrenabile istinto di rallentare davanti a un incidente stradale, per concludere nell’apatia più totale.

Anche volendo concentrarsi su altro, credo che de “Gli Irregolari di Baker Street” ricorderò solo questa versione agghiacciante dell’universo di Doyle, con un John Watson talmente innamorato di Sherlock Holmes da non accorgersi di cinque ragazzini pronti a rubargli il lavoro. Sorry, not sorry.

40/100

Forse ormai sono io ad essere inesorabilmente fuori target, o anche voi avete la sensazione che Netflix ultimamente faccia sempre fiasco? Una serie teen non sempre deve essere una serie di scarsa qualità, così come la presenza di elementi fantastici non deve per forza andare a braccetto con la mancanza di senso logico.

Vi aspetto nei commenti per sapere le vostre impressioni su “Gli Irregolari di Baker Street”.

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