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Shadow and Bone – Recensione stagione 1: il problema con le aspettative è che poi vengono infrante

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Shadow and Bone – Recensione stagione 1: il problema con le aspettative è che poi vengono infrante

Shadow and Bone – Recensione stagione 1: il problema con le aspettative è che poi vengono infrante

Shadow and Bone è la serie tratta dai romanzi fantasy di Leigh Bardugo, più precisamente dalla trilogia di Tenebre e Ossa e dalla dilogia di Sei di Corvi. Nonostante le due saghe di libri siano ambientate in tempi diversi, per la trasposizione televisiva hanno deciso di unire vicende e personaggi – e non sono sicura che sia stata una scelta vincente. Se è vero che l’inserto dei Corvi ha reso il tutto più interessante, è anche vero che tutto il resto è stato in più punti trattato con superficialità e senza approfondimenti, al punto che chi non ha letto i libri fa un po’ fatica a comprendere le motivazioni che stanno dietro alle azioni dei personaggi principali (soprattutto di Alina, che ha un’introspezione psicologica pari allo zero assoluto).

Analizziamo tutto con ordine.

I Corvi, i Corvi sono stati spettacolari in tutto: casting, interpretazione, scrittura. Non sono esattamente quelli dei libri, ma la resa è stata comunque ottima.
Nina e Matthias, non c’è niente nella loro storyline su cui io riesca a trovare qualcosa da ridire, sono bellissimi.
Ben Barnes – io bimba di Ben Barnes dal giorno che ha vestito i panni di Caspian ma a parte questo è oggettivo il suo talento assurdo. Soprattutto quando invece di fare il principe azzurro, interpreta il cattivo di turno.
✔ Mi piace pensare che il quadro alla Dorian Gray nel covo di Baghra e il look alla Principe Caspian nei flashback siano due easter egg atti a omaggiare i ruoli precedenti di Ben Barnes, ma mi sembra di dare troppo credito a degli sceneggiatori che ne hanno toppata una dietro l’altra. Però lasciatemelo credere, lasciatemi nella convinzione che siano due piccoli tocchi di classe e non due atti randomici.

Shadow and Bone – Recensione stagione 1: cosa non funziona

✘ Hanno mischiato Sei di Corvi con Tenebre e Ossa nella speranza di rendere tutto più frizzantino e invece è accaduto l’esatto opposto: la serie sembra affetta da disturbo bipolare. Da un lato i Corvi, i meravigliosi Corvi, dal casting super azzeccato che rasenta la perfezione e dall’altro… Ben Barnes a cui tocca reggere l’intera baracca perché il resto del livello recitativo è terribile – eccezion fatta per Pasqualino – che però ha tre minuti di screen time a dir tanto – Zoë Wanamaker – ma che vuoi dire a Madama Bump – ed Elizabeth Rider – un’Ana Kuya perfetta.
✘ La parte inerente alla trilogia di Shadow and Bone è stata, tra l’altro, scritta malissimo. Potevano prendere le cose migliori dei romanzi e invece le hanno ignorate, potevano prendere le peggiori e migliorarle e invece ci hanno messo una toppa inserendo i Corvi. Poi hanno preso quelle mediocri e le hanno rese ancora peggiori. Ci vuole del talento.
✘ Sto leggendo commenti entusiasti sugli effetti speciali ma sinceramente parlando a me certe scene sono sembrate uscite direttamente da Fantaghirò, e non è esattamente un complimento, soprattutto considerando che siamo nell’anno 2021 e non a inizio anni ’90.
✘ Questa è più che altro una riflessione sulla qualità delle serie tv di Netflix, che deve iniziare a svegliarsi un attimo e smettere di puntare solo sulla quantità. Le produzioni di HBO Max e Disney+ sono venti spanne sopra a livello qualitativo e non va per niente bene (per Netflix).

Shadow and Bone – Recensione stagione 1: le scene e i personaggi migliori

Kaz, Inej e Jesper – Sono quelli caratterizzati meglio in assoluto, sono un’associazione a delinquere che non si può non amare follemente. Sono soci, sono amici, sono tutto l’uno per gli altri. Io vivo per questo tipo di rapporti all’interno di una storia, sono l’aspetto migliore dell’arte dello storytelling e, nel caso specifico, una delle poche dinamiche che sono  riusciti a rendere bene sul piccolo schermo. Senza contare che sembrano dei baby Peaky Blinders rivisti in chiave estremamente pop, stupendi.

I Corvi che attraversano la Faglia – E Jesper che usa Milo la capretta a mo’ di tranquillante. Devo proprio spiegare perché è una scena bellissima? Ma in generale, metterei tra le scene migliori tutte quelle con protagonista Jesper. O Kaz. O Inej.

Il flashback sul Darkling -Più scene con Ben Barnes con questo look alla principe Caspian divenuto oscuro!

Tutte le scene con il Darkling -Ma solo perché Ben Barnes di nero vestito ha una presenza scenica disarmante, e perché quando usa i suoi poteri da Darkling è terribilmente figo.

Nina e Matthias nel capanno – È il momento in cui capiscono che le loro diversità sono ciò che li rende unici e particolari, e che diverso non significa per forza sbagliato o maligno.

Shadow and Bone – Recensione stagione 1: le scelte narrative più infelici

Parliamo dei tre grandissimi no, togliamoci questi sassolini dalle scarpe:

  • Il rapporto tra Mal e Alina è stato reso malissimo, ma proprio malissimo. Innanzitutto, il personaggio di Mal è stato completamente snaturato rispetto ai libri: lo hanno reso un outsider, cresciuto con il costante bisogno della protezione di Alina (???) e che da lei non si è mai staccato nemmeno per un istante. Nei libri invece è questo ragazzino che non fa nessun tipo di fatica a inserirsi in nessun contesto e soprattutto, da adulto, si è distaccato molto dalla migliore amica di un tempo – e questo da vita a una serie di dinamiche per forza di cosa irriproducibili se li hai resi inseparabili in ogni istante della loro esistenza. Perché distorcere così? La prima supposizione che faccio è che tutto questo sia servito per rendere Alina un personaggio forte ed emancipato fin dall’infanzia, quando non lo è per nulla – e anche qui, si vanifica tutto il suo percorso verso l’indipendenza ma vabbè. La seconda, è che c’era bisogno che quantomeno il pubblico telefilmico shippasse più Malina che Darklina, anche se mi sembra una motivazione del tutto idiota. Quale che sia la ragione che ha portato a questo capovolgimento di ruoli, io non ho apprezzato per nulla la scelta. Anche perché poi decade tutto il discorso che a questo punto avrebbero dovuto omettere, ovvero il “I’m sorry it took me so long to see you, Alina, but I see you now”. Non ha nemmeno senso il fatto che Alina cada da un minuto all’altro tra le braccia del Darkling, così di botto, senza senso – quando in realtà il background cartaceo offre motivazioni validissime.
  • Aleksander Kirigan, ovvero il Darkling, nella serie è stronzo un decimo rispetto ai libri e tra l’altro se non fosse stato interpretato da Ben Barnes che ci ha messo molto del suo, con una simile caratterizzazione non sarebbe quasi neanche sembrato un cattivo. Questo volerlo umanizzare a tutti i costi è stato estremamente fastidioso, cosa c’è di male in un cattivo che è cattivo e basta? E attenzione, con “cattivo e basta” non intendo dire che non provi emozioni e sentimenti, ma che li provi tutti in maniera perversa e sbagliata – un po’ alla Klaus Mikaelson (The Originals) per intenderci. Cosa si cela dietro a questa decisione? Il Darkling è uno dei personaggi migliori della trilogia e anche nella sua versione cartacea è sfruttato male rispetto al suo potenziale reale, ma qua ancora peggio. Ho letto un’intervista a Ben Barnes in cui lui spiega che, ad esempio, quella di chiedere il consenso nella scena di quasi sesso sia stata una sua idea e fin qua mi può star bene, ha un senso perfino per un personaggio come il suo perché – come dice Barnes stesso – così può risultare ancora più manipolatore rispetto al prendersi ciò che vuole senza chiedere. Ma il resto? Perché tagliare il piacere con il quale dispensa punizioni e torture a destra e a manca? Perché tagliare tutto il discorso su “il tempo dei Grisha sta per finire” – che tra l’altro fornisce un motore importantissimo per le sue azioni? Perché sminuire il fatto che lui brama il potere di Alina Alina perché in fondo è stufo di starsene nell’oscurità da solo e perché like calls to like? Perché tagliare il the problem with wanting is that it makes us weak, che secondo me dava un’ulteriore caratterizzazione di un personaggio che vuole capra e cavoli – di nuovo, il poter di Alina Alina – a tutti i costi? Poi potremmo aprire un’immensa parentesi sul perché poi lui non dovesse essere per forza (anche nei libri) il cattivo, ma potesse diventare un gioiglorioso anti-eroe, ma limitiamoci a criticare ciò che abbiamo visto.
  • Infine, nella serie Alina è per metà Shu. Il che, di per sé, non è un problema, ma lo diventa nel momento in cui il suo senso di non appartenenza a nessun luogo viene fatto derivare in ogni singola situazione da questo, dal suo essere in parte Shu, da una questione etnica. Ho capito il discorso della rappresentazione, del toccare temi importanti, di questo, di quello e quell’altro, ma è proprio necessario farlo così male? In ogni scena in cui lei si sente inadeguata o viene trattata male, è sempre colpa del suo aspetto Shu. Nei libri invece lei non si sente mai a casa, mai benvoluta, mai a posto con se stessa per quel senso di disagio interiore che in realtà affligge tantissime persone e col quale è molto semplice empatizzare. Un disagio che scaturisce dall’immagine che la società ci rende di noi stessi, solo per il fatto di non essere omologati al resto del gregge. Io francamente ho trovato ridicoli tutti i “non ti dò da mangiare perché sei Shu”, “non ti vendo la frutta perché sei Shu”, “sistemiamo i tuoi occhi perché sei Shu”. Che poi, il problema dell’integrazione è trattato già molto bene nel rifiuto e nella diffidenza per i Grisha di cui quella società è permeata – rifiuto e diffidenza che, tra l’altro, hanno “creato” il Darkling per come lo conosciamo noi. Ma a parte questo, in Alina si è banalizzato in maniera spicciola un senso di non appartenenza che non ha davvero nulla a che vedere con la sua provenienza. Volevano aggiungere questo dettaglio? Va benissimo. Ma 1. dovevano farlo con battute un po’ meno scontate e 2. dovevano comunque lasciare anche tutto il resto – e qua torniamo a quello che dicevo all’inizio, ovvero che il personaggio di Alina è stato completamente appiattito dal punto di vista psicologico.

Insomma, diciamo le cose fuori dai denti: se non fosse per i Corvi e Ben Barnes in quanto Ben Barnes, sarei qui a dire che sprecate otto ore scarse del vostro tempo a guardare la serie – otto ore che potreste passare a iniziare a leggervi i libri piuttosto, che sono di tutt’altro livello. Recitazione scarsissima – con le dovute eccezioni – script che fa acqua da tutte le parti, aspettative malamente schiantate al suolo come un aereo che perde un’ala all’improvviso. Mi dispiace tantissimo perché la cosa meravigliosa di un telefilm – a differenza di un film – è che può prendersi tutto il tempo che vuole. Nel caso di Shadow and Bone, poteva offrirci punti di vista inediti – visto che i libri sono scritti in prima persona – poteva esplorare più a fondo i personaggi di contorno (come Genya e David, ad esempio) e aggiungere spessore a quelli principali (che invece in certi casi l’hanno addirittura perso). C’è così tanto potenziale narrativo inespresso che a me davvero, piange il cuore.

 

60/100

Vorrei dare un voto molto più basso, une bella insufficienza, ma non è stato tutto da buttar via e comunque c’è pur sempre di peggio al mondo (e su Netflix). Ma più di così proprio non ce la faccio, e mi sto sentendo già generosa.

Sicuramente come serie intrattiene, non sto dicendo di no, ma se io non avessi letto i romanzi prima, di sicuro non mi sarebbe venuta voglia di farlo dopo la visione – proprio perché tutto è stato appiattito e banalizzato e, ovviamente, se la lettura non è avvenuta prima uno non può mica saperlo che in realtà la versione cartacea di tutti loro è su un altro pianeta. E mi dispiace anche essere così “cattiva”, perché se cercate il cast sui social sembrano una piccola famiglia super fiera del proprio lavoro e mi fanno sentire in colpa a esprimere certi giudizi, ma questo è. Aver amato i libri e amare alla follia alcuni degli attori coinvolti non è assolutamente bastato per farmi entusiasmare di fronte a questi otto episodi – anzi, forse proprio per questo mi sento così delusa, perché avevo aspettative probabilmente troppo alte.

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