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Glee | Lea Michele racconta la sua esperienza nello show

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Glee | Lea Michele racconta la sua esperienza nello show

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Ieri sera è andato in onda il finale di Glee su Fox. Il primo dei due episodi ci ha riportato al 2009, mentre nel secondo siamo saltati avanti di cinque anni nel futuro.

Una delle costanti di questi sei anni di Glee è stata senza dubbio Lea Michele, che interpreta l’ambiziosa Rachel Berry. La Michele, che al momento si trova a New Orleans per le riprese di Scream Queens di Fox – dai creatori di Glee, Ryan Murphy, Brad Falchuk e Ian Brennan – ha parlato con EW dell’impatto che Glee ha avuto su di lui e cosa abbia significato per lei e la sua carriera.

ENTERTAINMENT WEEKLY: Ti ricordi la tua audizione?
Lea Michele: Certo. Saranno anche passati sei anni, ma non cento. Non si può dimenticare com’era all’inizio e il momento in cui è iniziata l’esperienza più importante della mia vita finora. Ho fatto un’audizione memorabile – come tutti sanno sono stata coinvolta in un incidente automobilistico mentre mi recavo presso la Fox. Leggendo [lo script] per la prima volta, pensavo a quanto fosse fantastico, e divertente e brillante e toccante. Ne stavamo riparlando nel corso dell’ultima settimana, l’ultima settimana di riprese, di come era stata la prima settimana sul set. Eravamo solo io, Kevin [McHale], Jenna [Ushkowitz] e Amber [Riley] prima che arrivassero gli altri. Ci sono così tanti ricordi. È difficile crederci. È stata un’esperienza incredibile.

Cosa ti ricordi delle riprese del pilot?
Mi ricordo il primo giorno. Mi ricordo quanto fossi nervosa. Non avevo mai lavorato in televisione prima. So che nel corso della mia prima giornata, Ryan [Murphy] mi disse che mi veniva naturale e questo mi diede la fiducia per girare il resto del pilot e tutto il resto. Mi ricordo quando girammo “Don’t Stop” con tutti gli altri ragazzi. Era la prima volta che interagivamo come gruppo, e ci siamo divertiti tantissimo. Siamo anche andati un po’ fuori dai ranghi. Ridevamo istericamente, ci prendevamo in giro, e poi è arrivato Ryan che ci ha detto, “Matt Morrison deve piangere in questa scena e voi vi comportate così.” È stata la prima sgridata che ci siamo presi, ma anche uno dei momenti migliori perché avevamo capito – Ryan l’aveva capito, noi l’avevamo capito, Matt l’aveva capito – che eravamo diventati migliori amici. Il rapporto che si è creato fra il gruppo originale, e che ha poi incluso tutti quelli venuti dopo, è ciò che ha reso lo show così speciale. Eravamo davvero tutti amici. Ci sentivamo emotivamente legati.

Ricevere granite in faccia è diventato più facile nel tempo?
In questa stagione mi è successo tre volte e vi garantisco che non diventa più facile. Ci si spaventa di meno però. Mi ricordo l’agitazione la prima e la seconda volta. Questo è migliorato, ma di sicuro non piacerebbe nessuno – è come ricevere uno schiaffo da un iceberg.

Starai lontana dalle granite per il resto della tua vita?
Mi conoscete – pensate davvero che io beva quella roba?

A che punto della prima stagione hai capito che lo show era diventato un fenomeno?
Penso che tutti risponderebbero alla stessa maniera. Ci sono stati due momenti in particolare. Credo sia stato quando eravamo a New York per gli upfront, e lo show non era nemmeno ancora andato in onda. Siamo volati a New York per gli upfront e quella sera c’era il finale di American Idol oltre alla premiere di Glee, il pilot infatti sarebbe andato in onda subito dopo. Quindi eravamo tutti a New York, poi siamo tornati a casa per Idol e ci siamo trovati tutti da me e Dianna per guardarlo insieme. Il primo momento è stato agli upfront a New York: stavamo cenando da Ruby Foo e fuori c’era TMZ. Ci chiedevamo “Perché ci sono dei paparazzi ad aspettarci?” E ci siamo presi per mano e siamo usciti facendo una conga.

L’altro momento è stato quando sono andata in Australia nel settembre 2009. Era andato in onda solo un episodio dello show, e stavamo facendo un tour per i negozi. Siamo andati in Australia, e credo si siano presentati qualcosa come 3mila ragazzi – dall’altra parte del mondo, per uno show che non era nemmeno andato in onda. All’inizio ci sono stati dei momenti così. Poi ovviamente, andando avanti, abbiamo cantato l’inno nazionale al World Series, poi da Oprah e davanti a Obama. Dopo un po’ è diventato chiaro che facevamo parte di qualcosa di super speciale. All’inizio pensavamo tutti, “È strano. Cosa significa?”

Qual è l’incontro Gleek che ti è rimasto più impresso nella memoria?
Un sacco di tatuaggi. Penso che tutti abbiamo avuto dei fan che volessero tatuarsi i nostri nomi, Abbiamo cercato di persuaderli a non farlo. Scegliere solo una cosa è difficile, perché come ho detto siamo stati molto fortunati ad avere questo seguito meraviglioso. So che è stata solo l’estrema devozione dei nostri fan a portare allo show tutto questo successo. Credo di aver incontrato un sacco di persone che mi hanno detto che vedere Rachel tirata su da due padri ha significato molto. So che a Chris Colfer molti hanno detto che Kurt li ha salvati.

Hai un’esibizione preferita?
Domanda difficilissima. Non credo che qualcuno di noi possa davvero sceglierne una. “Somebody To Love” è stata bellissima. Ovviamente anche la “Don’t Stop” originale è stata davvero, davvero meravigliosa. Ho amato “Don’t Rain On My Parade”. Il mio episodio preferito è alla fine della seconda stagione, quando andiamo tutti a New York. L’ho adorato. Anche le esibizioni sono fra le mie preferite, come cantare “For Good” con Chris al Gershwin Theater.

C’è una canzone che non hai potuto cantare e che rimpiangi di non aver cantato?
No. Sinceramente ero così grata perfino alla fine, che quando mi hanno chiesto “Quale vuoi che sia la tua ultima canzone?” è stato difficile scegliere perché sono sempre stati meravigliosi nel lasciarmi la libertà di scegliere ciò che volevo fare. Mi hanno permesso di cantare Celine, Barbra. Sono molto soddisfatta a livello personale.

Qual è stato il numero più difficile?
Credo le riprese notturne di “Thriller” – non sono una nottambula, quindi è stato difficile per me. “Jump” è stato difficile perché faceva caldissimo. C’erano tipo mille gradi in quel negozio di materassi. Anche il numero in piscina, quello è stato divertente. Abbiamo sempre avuto delle sfide da affrontare. Ma il fatto che non sia qui a dire, “Quel numero orrendo!”… credo sia un buon segno. Abbiamo sempre affrontato ostacoli interessanti, come i materassi o la coreografia a notte fonda. Dire che per me è stato “Thriller” – divertentissimo, ma le riprese erano alle 4/5 del mattino e io pensavo “Non ce la posso fare.”

Eri anche truccata in modo assurdo…
È stato molto divertente, perché avevo bisogno di un piano di fuga – ho pianificato quella notte nei minimi particolari perché mi rendeva molto ansiosa. Non ero mai stata sveglia tutta la notte o niente di simile. Quindi ho pensato, “Niente protesi sulla mia faccia perché devo essere in grado di andarmene subito.” Quindi ho indossato i miei vestiti normali – tipo un pigiama – sotto al costume e con le mie scarpe. Mi sono infilata il vestito sopra. Avevo una parrucca e i capelli raccolti in uno chignon sotto. E per quel che riguarda il trucco, hanno usato semplice trucco – nessuna aggiunta posticcia. Quindi quando hanno detto, “Abbiamo finito,” mi sono tolta la parrucca, tolta il vestito, struccata e saltata in macchina, il tutto nel giro di cinque minuti. Credo di aver chiamato mio padre sulla costa Est per stare al telefono con qualcuno, perché da lui erano già le 8 o 9 del mattino. Guidavamo da Long Beach e pensavo, “Okay, e se mi addormento?”

Com’è stato l’ultimo giorno sul set?
Nessuno può veramente capire come ci si senta. Sto ancora processando il tutto e ci vorrà molto tempo. È stata una settimana molto emozionante – per tutta la settimana si sono susseguiti una serie di “ultimi”. La mia ultima scena, il mio ultimo assolo, l’ultima sessione di registrazione. Era tutto molto triste. Siamo arrivati a sabato emotivamente distrutti. L’intera giornata è nebulosa. Non potevamo credere che stesse succedendo e che si stesse avvicinando davvero l’ultimo ciak.

Alla fine della giornata, gli ultimi rimasti nella stanza del coro eravamo io, Jenna, Kevin, Chris, Darren [Criss], Amber, Chord [Overstreet], Becca [Tobin], e Matt Morrison. Ed eravamo noi – quelli che erano sempre stati lì, gli originali. Eravamo tutti lì, poi hanno terminato le riprese e io, Jenna, Amber e Kevin ci siamo buttati l’uno sull’altro piangendo. Fortunatamente c’era il mio migliore amico Jonathan [Groff] lì a prendersi cura di me. È stato molto triste.

E alla fine della serata, siamo andati tutti nell’auditorium, questo gruppo con [il co-creatore] Brad Falchuk – ci siamo seduti in cerchio e abbiamo detto a turno qualcosa di speciale su cosa lo show abbia significato per noi. Ci siamo salutati ed è finito tutto. Abbiamo onorato l’ultimo giorno e ci siamo assicurati che tutti fossero presenti e consapevoli di ciò che stava accadendo. Abbiamo onorato tutta l’esperienza quell’ultimo giorno. Ma ci vorrà molto tempo per processare tutti questi sentimenti.

Ci puoi dire cosa abbia significato questo show per te personalmente?
C’è così tanto da dire. Finora è stata l’esperienza più bella che mi sia mai capitata. Gli alti e i bassi – è stata l’avventura più incredibile che mi sia successa e non potrei essere più grata di così. La cosa che tutti abbiamo ripetuto quella sera è che eravamo sempre felici di andare al lavoro. E penso che questo dica tutto per persone che hanno passato così tanto tempo insieme per sette anni. Abbiamo genuinamente amato il nostro lavoro. Questo da una prospettiva piuttosto precisa. Abbiamo finito un’intera stagione, cosa che ti esaurisce, quindi penso che fra un paio di settimane ci renderemo conto che non torneremo più lì… Quando sono sul set di Scream Queens penso, “Devo tornare a Glee” e gli altri mi dicono “No, non devi più tornarci.”

Quale pensi che sia l’eredità lasciata da Glee?
Ha riportato la musica nelle case delle persone attraverso uno show televisivo, cosa che non riusciva da molto tempo – penso siamo riusciti a essere una comedy che ha fatto ridere le persone ma allo stesso tempo ha fatto la differenza nella nostra cultura e per questa generazione. Non solo per il progresso e la consapevolezza che ha portato al settore delle arti, ma per aver aperto i canali di conversazione fra genitori e figli. Ha dato ai ragazzi dei modelli di persone che somigliano loro e che hanno affrontato i loro stessi problemi. È molto raro che uno show riesca a intrattenere e trattare temi importanti allo stesso tempo. E penso che sia questo a rendere un onore il fatto di aver fatto parte di Glee.

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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