Home Rubriche & Esclusive 5 serie che ti fanno dubitare della tua bussola morale

5 serie che ti fanno dubitare della tua bussola morale

0
5 serie che ti fanno dubitare della tua bussola morale

Cosa intendo per serie che fanno dubitare della propria bussola morale? Avete presente il modo in cui alcune serie ci fanno entrare in un contesto tutto sommato realistico, immergendoci nella vita di personaggi che potremmo essere noi ma catapultati in situazioni più grandi di loro (o che si mettono loro per primi in situazioni che hanno poi difficoltà a sbrogliare senza sporcarsi eccessivamente le mani)? A volte la scrittura è così coinvolgente da portare a quel tipo di immedesimazione in cui le scelte di dubbia morale a cui assistiamo ci fanno ragionare su cosa avremmo fatto invece noi al loro posto…

Eppure, e vi prego ditemi che non è capitato solo a me, ci sono volte in cui struttura e trama di una serie creano un tale trasporto da farci entrare perfino nell’ottica di personaggi spregevoli, situazioni che esulano dalle nostre reali personalità e che non ci apparterrebbero nella vita vera ma di cui, come spettatori, interiorizziamo gli schemi al punto da arrivare quasi a “pensare come loro” all’interno della finzione… solo per poi chiudere il player e realizzare con sommo raccapriccio di aver parteggiato con “fin troppa foga” per alcuni protagonisti piuttosto che per altri (della serie caldeggiare per risolvere una temporanea impasse con soluzioni degne dei peggiori gangster movie nei confronti di un personaggio fittizio quando nella realtà sei uno che quasi piange per ogni moschino che schiaccia per sbaglio).

Se anche voi a volte vi siete ritrovati a seguire serie che vi hanno fatti dubitare della vostra bussola morale in maniera analoga, non siete soli: eccone alcune che da spettatrice hanno avuto questo nefasto effetto su di me.

Breaking Bad

Come non iniziare proprio con la hit di AMC che ha fatto parlare di sé in lungo e in largo per i cinque anni in cui è andata in onda (vi rimando a queste 5 scene epiche giusto nel caso vogliate rinfrescarvi la memoria).
La premessa di un professore di chimica che si scopre malato terminale e decide di mettere le sue conoscenze della materia al servizio del malaffare, entrando nel commercio della metanfetamina, inizialmente per raccogliere del denaro da lasciare alla sua famiglia quando non ci sarà più ma finendo poi per farsi sedurre dal “lato oscuro”, lascia già presagire i casini in cui si infileranno Walter e il “socio in affari” Jesse. Ma il coinvolgimento di persone sempre più senza scrupoli e i modi “creativi” in cui le varie fazioni gestiscono le proprie rivalità (teste mozzate che “camminano da sole”, just saying…) porta in una spirale in cui, alla fine, anche lo spettatore rischia di perdersi nell’abisso del protagonista e iniziare a ragionare su come un ostacolo potrebbe essere superato grazie a soluzioni in linea con quanto visto fino ad allora…

Ozark

Confesso di essere arrivata abbastanza tardi alla festa riguardo questa serie Netflix, che è stata nella mia watchlist per anni finché non mi sono concessa un recuperone solo di recente. Che dire, nonostante la premessa di un padre di famiglia dalla vita piuttosto tranquilla e agiata che finisce invischiato in traffici poco leciti (qui il riciclaggio di denaro per conto di un cartello messicano), non me la sento di definirlo “il degno erede di Breaking Bad”, innanzitutto perché in genere questi paragoni forzati portano sfiga al prodotto che viene dopo, ma anche perché la storia in Ozark prende da quasi subito svolte interessanti che hanno permesso alla serie di emanciparsi dalla pesante ombra del “predecessore”. Sono entrambi prodotti di ottima qualità con certamente dei punti in comune, ma molte peculiarità individuali che trovo permettano a Ozark di essere godibile anche per quei fan hardcore di Breaking Bad che “mai nulla sarà più allo stesso livello”, perché questa serie non ha interesse a esserlo e viaggia benissimo sui propri binari.
Neanche a dirlo, anche qui la crudezza con cui vengono gestite alcune circostanze all’inizio scandalizzano ma poi, una volta entrati nel giro, ci si ritrova a chiedersi quasi con nonchalance perché questo o quell’altro personaggio non si limiti a “far sparire” il problema con un colpo di pistola e l’aiuto di quella grande distesa d’acqua in cui poi occultarlo.

Revenge

Questa è stata forse la prima serie in cui mi sono ritrovata mio malgrado a ragionare in termini di “Questo tizio la mette in difficoltà? Beh, perché non lo ammazza?” quando la protagonista affrontava dilemmi legati alla sua missione di vendetta o magari al rischio che venisse svelata la sua vera identità.
Rispetto alle due serie precedenti qui siamo proprio su un altro livello: Revenge non è affatto cruda e non presenta sequenze particolarmente gore (è pur sempre della ABC che parliamo), quindi non so ben dire come la storia di una “novella Edmond Dantès” trapiantata nel contesto patinato dell’alta società newyorkese in trasferta agli Hamptons mi abbia ispirato così tanta “cattiveria” con così tanta leggerezza… eppure il piano di Emily/Amanda per vendicare l’ingiustizia subita dal padre è così ben studiato da coinvolgere già nei primi atti. Non posso dire di aver trovato particolare continuità di ritmo dall’inizio alla fine della serie (anzi, sicuramente a tratti è stata piuttosto discontinua), ma a suo modo è riuscita a farmi seguire il viaggio della protagonista fino all’epilogo, facendomi appassionare alla sua crociata tanto da voler vedere alcuni dei torti subiti da lei e dal padre ripagati con niente di meno che la stessa moneta.

How to get away with murder

Rispetto a Revenge torniamo qui su binari leggermente meno “glamour”. Le circostanze in cui si trovano invischiati Annalise e i suoi Keating 5 sono decisamente più pesanti di quelle che un normale studente universitario dovrebbe affrontare, e la struttura a puzzle che porta man mano a dipanare il mistero orizzontale della prima stagione coinvolge così tanto da far immedesimare appieno nel tipo di trauma che questi ragazzi rischieranno di portarsi dentro a vita. Poi, dalla seconda stagione in poi, quando le cose si complicano ulteriormente, nuovi nodi arrivano al pettine e ci scappano pure ulteriori morti ammazzati, non puoi che finire in quel vortice in cui all’ennesimo momento di tensione o l’ennesima minaccia di smascherare i colpevoli ti ritrovi a suggerire mentalmente ai protagonisti: “E che sarà mai, ammazzate pure lui/lei! Tanto ormai uno in più o uno in meno…”.
Sì, parlando di serie che ti fanno dubitare della tua bussola morale grazie alla superficialità con cui inviteresti i protagonisti a “sistemare i loro affari” decisamente How to get away with murder non poteva non meritare una menzione!

The Man in the High Castle

So che avevo iniziato parlando di contesti perlopiù realistici, quindi magari a chi ha seguito questa serie per intero potrebbe suonare strano trovarla in questa lista. Tuttavia l’ho inserita perché, una volta estrapolata dal contesto di Storia ipotetica (come sarebbe il mondo se i Nazisti avessero vinto la Seconda Guerra Mondiale), alcune delle scelte che affrontano i protagonisti sono tutto sommato adattabili anche a contesti appartenenti alla nostra realtà.
L’ufficiale americano che sceglie di allearsi alla fazione nemica per proteggere la propria famiglia e finisce per distinguersi e fare pure carriera in quest’ambito, ad esempio, non è poi così diverso dall’uomo di famiglia che si reinventa narcotrafficante e col tempo si appropria del ruolo e lo inizia a ricoprire anche con una certa efficacia. Trovo che molte delle situazioni viste in The Man in the High Castle, nonostante la cornice come detto lontana dalla nostra quotidianità, abbiano un che di universale a livello di moralità e portino quindi lo spettatore a schierarsi con alcuni e ad augurare il peggio ad altri con un fervore che nella vita reale non riserveremmo neanche al nostro peggior nemico.

 

Queste sono solo alcune delle serie che mi hanno fatto dubitare della mia bussola morale, riuscendo a creare l’effetto da “muori male bastardo schifoso” anche in un animo come il mio che, tolto il cagotto augurato ogni tanto a chi mi fa incazzare seriamente, è tendenzialmente buono e candido.
È capitato anche voi di avere lo stesso effetto con queste o con altre? Fatemi sapere quali sono state le serie che più di altre vi hanno fatto dubitare della vostra etica, trasformandovi da Dr. Jekyll a Mr. Hyde solo seguendone gli episodi.
Alla prossima!

Previous article High Fidelity-Alta Fedeltà, la nuova trasposizione per Disney +: ecco perché recuperarla
Next article Love, Victor: perché guardare la serie tv spin off di “Tuo, Simon”
Avatar photo
Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here