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Lucifer | Recensione 1×03 – The Would-Be Prince Of Darkness

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Lucifer | Recensione 1×03 – The Would-Be Prince Of Darkness

“I know evil.”

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Proprio perché siamo del tutto consapevoli di quanto Lucifer conosca il male, immagino che un po’ tutti abbiamo pensato che la scena di apertura fosse una tragedia in the making piuttosto che una gara di tuffi alcolici al party più trendy dell’anno. È stata comunque una scena che ci ha aiutato a ricordarci che il Signore degli Inferi è anche il re delle tentazioni – come dimostra in maniera lampante il suo stesso accento – concetto che viene ribadito qualche minuto più tardi quando aiuta tale Ty a buttarsi fra le braccia della prima che passa per strada – o a bordo piscina, in questo caso – dopo che il ragazzo gli ha confidato che il suo desiderio più nascosto è l’onorevole “I wanna get laid so damn bad“. Insomma, inizio piuttosto frivolo per un episodio che invece porta il caso della settimana direttamente in casa dell’amico Lucy, consentendo sia a noi che alla cara Chloe di avere un assaggio della sua vita domestica che si dimostra governata dalle tentazioni, che sono un po’ il pilastro portante di questi quaranta minuti, sia che siano esse sesso, alcol o fama.

l0306Dicevo, il caso della settimana porta Chloe in casa di Lucifer a indagare sull’omicidio di una ragazza ritrovata morta nella sua piscina, e assistiamo subito a un interessantissimo “gioco di potere” fra la detective e Lucy, in cui lei continua a sottolineare di essere per l’appunto lei la detective e di lasciarle fare il proprio lavoro, e lui continua a ribattere che visto quali sono le sue specialità, può contribuire in maniera unica e vincente al caso. “Of course I will, because that’s my job not because you want me to,” gli dice lei, mettendo in chiaro che si trova lì in veste di detective, che sta facendo il proprio lavoro e solo e soltanto quello, cercando di stabilire che non è al servizio di Lucy, che non è la sua marionetta e che se ha risposto con tanta celerità alla chiamata dell’uomo, è solo e soltanto perché c’era di mezzo un cadavere e lei è una detective della squadra omicidi. Per dimostrare in maniera concreta il suo punto di vista, esilia Lucy a bordo piscina con gli altri testimoni, ed ecco che lui ribalta la situazione e il gioco di forza trovando il cellulare della vittima con video porno annesso, che dimostrerebbe all’apparenza la colpevolezza di Ty. Le dimostra di essere utile, di aver fatto la sua parte anche se lei l’ha bandito, le dimostra di poter essere una sorta di asso nella manica nel corso di un’indagine, anche se lei continua ad allontanarlo.

È molto interessante il momento nel quale Chloe decide di arrestare Ty perché le prove raccolte sembrano puntare tutte nella sua direzione e Lucifer – in grado di capire se una persona covi dentro di sé della malvagità o meno – si oppone all’arresto e non solo, sente una rabbia incredibile montargli dentro. Torniamo a parlare del suo senso di giustizia, del fatto che lui “punisce i colpevoli e Ty non è colpevole“, del fatto che è nella sua natura portare tormenti alle persone ma non è disposto a farlo gratuitamente. Ci ritroviamo di nuovo di fronte all’immagine di un male che non è completamente malefico, che si sviluppa solo a fronte di azioni che meritano una vendetta o una punizione e non in maniera randomica e casuale in base ai capricci di una figura diabolica che dispensa dolore nei suoi momenti di noia.

A intrecciarsi al caso della settimana, c’è il caso personale di Lucifer, ovvero la presenza in città di un impostore che si spaccia per lui, allestendo feste e folleggiando nelle suite di hotel costosissimi a spese del Lucifer originale. Ovviamente a quest’ultimo la cosa non va giù, ma Maze si rifiuta di aiutarlo a districare il bandolo di questa matassa liquidandolo con una risata e un “Humans are fascinating, right?”. Quindi fra una seduta terapeutica e l’altra, Lucifer si divide fra la ricerca di questo impostore che sta rovinando quello che lui chiama il Lucifer brand, e la caccia al vero assassino della ragazza ritrovata nella sua piscina – il che rende il tutto ancor più personale.

Alla fine per la sua gioia, Chloe è costretta a rivolgersi a lui, che si ritrova estremamente divertito all’idea di dover lavorare in coppia con Detective Douche. E qui mi sorge spontanea una domanda: perché a Lucy non piace Dan? Semplicemente perché si tratta di un enorme pallone gonfiato che ha anche la sfiga di avere la faccia di Kevin Alejandro impedendoci di prenderlo sul serio perché no, non riusciamo a levarci dalla testa l’immagine di Jesus in True Blood, che si fa trip psichedelici assurdi insieme a Lafayette? O c’è di più? Magari perché è l’ex marito/padre della figlia di Chloe, e questo lo infastidisce? Io la butto lì così, ma è innegabile che fra i Chlucifer ci sia della chimica che va bene oltre il puro interesse scientifico.

In ogni caso, Lucy being Lucy, decide di mandare all’aria il piano originale convenuto con Detective Douche, e di trarre il maggior vantaggio possibile dalla situazione, ed eccolo a ritrovarsi finalmente faccia a faccia con il suo impostore. l0307Quella che parte come una scena tragicomica, finisce in realtà per mostrarci quanto Lucy tenga da conto il proprio nome, e ci mostra un riaffiorare improvviso di quella rabbia che avevamo già visto a inizio episodio, mentre raccontava a Linda-la-psicologa di come ci fosse in giro a piede libero un Lucifer wannabe, e di come nessuno gli credesse quando diceva che Ty non era il colpevole. È a questo che ha una rivelazione simile a quella che avevamo già visto nell’episodio precedente, proprio mentre sta per distruggere con le sue stesse mani l’impostore, improvvisamente decide di lasciarlo andare illeso perché ha capito che non è lui la fonte della rabbia che prova ma che essa scaturisce dall’immenso desiderio di fare giustizia a tutti i costi, di fare giustizia vera. Eccolo quindi che insieme a Chloe chiude il caso di omicidio e al momento della resa dei conti decide di farsi da parte e di lasciare alla giustizia umana fare il proprio corso. Ora può farlo, può mettersi nell’angolino e lasciare il compito di punire ad altri, perché il vero colpevole è stato stanato e verrà punito per i propri crimini. Lui, il colpevole vero, non un innocente messo alla gogna solo perché una serie di prove circostanziali puntavano il dito contro di lui.

L’episodio si chiude con ben due riflessioni degne di nota: la prima è che nonostante i rispettivi metodi di lavoro siano estremamente diversi, Chloe e Lucifer formano una squadra fortissima insieme. “Admit it, we solved this one together,” dove TOGETHER è assolutamente la parola chiave. I Chlucifer potrebbero o non potrebbero essere la futura coppia portante dello show in senso romantico, ma è innegabile che formano una squadra vincente, che insieme lavorano bene, che si fidano l’uno dell’altra e che fra di loro sta nascendo un qualcosa di personale che, di nuovo, va ben oltre il puro interesse scientifico. Che sia semplice amicizia o la nascita di una relazione meravigliosamente tormentata, solo il tempo potrà dircelo, ma qualcosa sta nascendo, punto. E onestamente, non vi so nemmeno dire se l’ago della mia bilancia personale speri più in “amicizia” o “romanticismo”, perché ogni volta che ci penso mi rendo conto che entrambe le strade offrono spunti narrativi di notevole intensità e interesse.

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La seconda riflessione importante  è quella che parte da Linda-la-psicologa quando chiede a Lucy perché abbia scelto proprio Los Angeles per stabilircisi, e anche se lui svia l’attenzione accampando cause quali il tempo, le porno dive e il cibo messicano, lei riesce ad andare dritta al punto dicendo che Los Angeles è la meta che tutti scelgono per reinventarsi. Nella città degli angeli si può scegliere chi essere, ci si può lasciare alle spalle il passato e ripartire da zero, si possono seguire i propri sogni senza essere giudicati da nessuno, si possono trovare nuovi scopi da perseguire. E Lucifer si rende conto – non vi so nemmeno dire quanto io adori queste sue rivelazioni improvvise – che perseguire la giustizia e punire i colpevoli è una cosa che lo fa sentire appagato, ed è una cosa che lo appaga ora che non è più costretto a farlo per conto di daddy dearest ma che lo può fare perché vuole farlo. Libero dalle costrizioni paterne, libero dalle aspettative che colui che sta lassù nutre nei suoi confronti, può finalmente esprimersi come meglio ritiene opportuno e, soprattutto, decidere lui quali battaglie combattere, con chi combatterle e perché combatterle. È come se Los Angeles e questa sua fuga sulla Terra, gli avessero restituito il libero arbitrio, quel libero arbitrio di cui daddy dearest ha dotato il genere umano ma di cui evidentemente ha privato i suoi figli, rendendoli quasi marionette. E forse è proprio per questo che in fondo Lucifer trova gli umani così fascinating, perché hanno la possibilità di scegliere quale strada intraprendere – e non importa che questa sia giusta o sbagliata, ciò che conta è che di fronte a un bivio possono scegliere autonomamente se andare a destra oppure a sinistra. Lucifer non ha avuto questa possibilità, la Stella del Mattino è stata presa e sbattuta senza possibilità di appello nelle viscere della Terra a giudicare e condannare i malvagi per tutto il resto dell’eternità, e l’eternità è molto lunga. È comunque degno di nota il fatto che, una volta in grado di scegliere da solo, lui decida di continuare a fare esattamente quel lavoro – anche se con metodi differenti.

Sto amando moltissimo l’evoluzione psicologica di Lucifer, credo sia l’aspetto che più di ogni altro tiene in piedi la serie e che gli autori stiano giocando meravigliosamente le loro carte (per ora). E Linda-la-psicologa è sempre più una di noi, perché se da un lato non riesce assolutamente a resistere a ciò che il bel faccino e l’accento di Lucy le fanno, dall’altro sembra ansiosa tanto quanto noi di sapere, di entrare dentro la sua testa e capire. Per il resto, non vedo l’ora che Chloe inizi a risolvere con successo qualche equazione con Lucifer come variabile, perché c’è tanto di quel potenziale nel suo viaggio alla scoperta di cosa sia Lucy, che vorrei duplicassero il numero degli episodi solo per poter esplorare tutto meglio.

Dalla colonna sonora di questa settimana vi segnalo in particolare Monster dei Colours, Where the Devil Don’t Go di Ellie King, e Too Little Too Late dei PINS.

Vi lascio con il promo del prossimo episodio, “Manly Whatnots”.

-Elsa

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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