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Big Little Lies: le 5 scene che mi hanno conquistato

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Big Little Lies: le 5 scene che mi hanno conquistato

A onor del vero, non credevo neanche che potesse essercene una, di scena preferita, perché non credevo che una serie come “Big Little Lies” potesse incuriosirmi abbastanza da vederla e tanto da scriverne a riguardo. Nella mia impostazione da addicted, infatti, non c’è molto spazio per la HBO, non posseggo un palato tanto raffinato e pregiato da apprezzare il loro stile, è evidente dunque che le mie preferenze si riversino di solito altrove, rendendomi più tipo da BBC mixata alla ITV con sfumature di NBC.

Non essendo però del tutto immune al fascino di un cast che non ha bisogno di presentazioni, leggere il nome di Meryl Streep nell’ensemble dell’imminente seconda stagione di “Big Little Lies” ha avuto un suo effetto e mi ha spinto, in un momento di debolezza ricerca di qualcosa di nuovo, a dare una possibilità a questa serie così hollywoodiana.


“A caldo”, la prima impressione che mi sento di esprimere per questo show è quella di trovarmi di fronte a un “Desperate Housewives” targato HBO, con tutto ciò che questo marchio comporta, che si ispira vagamente a “Broadchurch” e che sembra pronto a incontrare “The Cry” in un interessante crossover. Ma la verità è che “Big Little Lies” mi ha effettivamente conquistato più di quanto avessi messo in conto, avendo cominciato questo viaggio inevitabilmente con dei pregiudizi di base, e ha portato in scena una storia difficile da guardare in troppe occasioni ma che ha saputo raccontare uno spaccato di drammatica realtà con una schiettezza che ti mette a disagio e si insinua pericolosamente nella tua mente, diventando un’immagine difficile da cancellare e che, nel mio caso, mi costringe a scriverne a riguardo come unica possibilità di “liberarmene”.

Per questo motivo, dunque, ho deciso di tediarvi con le mie parole e di raccontarvi “Big Little Lies” attraverso i miei occhi e le mie 5 scene preferite della prima stagione.

Big Little Lies Big Little Lies
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5. Stronger together

La corsa è un elemento narrativo appartenente prevalentemente a Jane, è lei che vediamo correre fin dall’inizio della storia, per una serie di ragioni diverse: correre come via di fuga, correre come distrazione e valvola di sfogo, correre per raggiungere un’ombra senza volto o correre per fuggire da essa. Jane corre, sola con i suoi demoni.

Così come Madeline e Celeste erano però già entrate con discrezione nella sua quotidianità (Celeste almeno, Madeline irrompe con un uragano), allo stesso modo entrambe trovano il loro spazio anche in quel momento così solitario di Jane e lo fanno in silenzio, rispettando i suoi confini, portando in quella corsa i loro rispettivi demoni, i segreti taciuti, le verità inammissibili, quelle che non sono ancora pronte a condividere ma che sanno ora di poter sopportare per un altro giorno ancora perché non saranno sole a farlo

Vedere Celeste e Madeline correre accanto a Jane con la stessa determinazione negli occhi mi ha rivelato forse per la prima volta la reale essenza di questa serie e il motivo per cui probabilmente è più vicina ai miei gusti di quanto immaginassi.

4. Da madre a madre

Il conflitto tra Renata e Jane che si sviluppa immediatamente nelle fasi inaugurali della storia crea fin dal principio una divisione netta che, per quanto tenda sicuramente a polarizzare le simpatie in quanto penso sia più facile provare un’istantanea empatia per Jane che per Renata, cela in realtà un confronto ben più paritario, comprensibile e condivisibile per entrambe le posizioni di quanto sembri dalle premesse. Questo perché Renata e Jane si ritrovano ad occupare in questa diatriba lo stesso ruolo, quello di difensore per eccellenza, assoluto e incondizionato, in parole semplici il ruolo di madre.

Sebbene sicuramente la crociata di Renata perda di vista a volte la lucidità necessaria e l’anonimato di Jane non ispiri immediata fiducia [tranne per Madeline che è riuscita a vederla fin dall’inizio per la persona che è in realtà], ciò che accende e alimenta il loro conflitto, oltre le rispettive problematiche individuali e soggettive, è la ferrea volontà di proteggere i propri bambini, per Renata da atti di bullismo e violenza che sua figlia subisce inaspettatamente, per Jane da un’accusa pesante rivolta a suo figlio, un’accusa che va a gravare ancora di più su un sospetto impossibile anche solo da ammettere.

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Più il loro confronto degenera, più in realtà le due donne si affermano nelle rispettive ragioni e mettono radici nella loro verità da difendere a qualsiasi costo e questo atteggiamento paradossalmente non le allontana per davvero né demonizza una delle due bensì rivela non solo una somiglianza intrinseca e forse universale tra loro in quanto madri ma anche una particolare e insolita comprensione reciproca che fin dal principio avrebbe potuto avvicinarle se solo gli eventi lo avessero permesso.

Per questo motivo la scena in cui Jane compie il primo passo nei confronti di Renata dopo averla aggredita diventa esemplare per il loro rapporto, un rapporto in cui la verità è che nessuna delle due ha mai avuto torto e nessuna delle due è mai stata la “villain” della situazione, e solo in quel momento di assoluta e razionale onestà Renata e Jane possono riconoscersi per ciò che sono sempre state: madri, a volte imperfette, spesso spaventate, ma sempre profondamente e incondizionatamente madri.

 

3. Avvocato per la difesa

Il personaggio della terapista a cui si rivolgono Celeste e Perry inizialmente come consulente matrimoniale assume presto un ruolo chiave nel “risveglio” di Celeste che per quanto apparentemente respinga la verità che la dottoressa desume facilmente da lei, in realtà credo che porti avanti le sessioni di terapia anche senza suo marito proprio nella speranza di essere “vista” oltre l’impeccabile maschera di facciata che indossa ogni giorno per coprire i lividi.

La psicologa Amanda Reisman è probabilmente il personaggio secondario che più mi ha colpito di questa prima stagione perché non solo ha seguito con Celeste un percorso di scoperta e accettazione della sua realtà graduale e preciso, rivelando lentamente tutte le bugie e le giustificazioni in cui Celeste si era imprigionata pur di non ammettere la tossicità del suo matrimonio, ma anche perché ha saputo trovare, al momento giusto e nel modo migliore, le argomentazioni per affrontare la sua paziente, per convincerla a confessare la verità sugli abusi almeno alle amiche più care e a testimoniare le violenze subite come base difensiva in un probabile processo futuro.

Quando la dottoressa “indossa” i panni dell’avvocato difensore di Perry, dà vita a una scena che non soltanto lascia Celeste senza parole essendo lei stessa avvocato e riconoscendo quindi la precisione di quell’analisi, ma si tratta anche di un momento che riassume quello che considero uno spaccato di assoluta realtà che circonda le donne vittime di abusi domestici, donne che non denunciano perché consapevoli di un sistema che troppe volte ha trasformato la vittima in carnefice e la verità in menzogna. Le parole della dottoressa sono affilate e letali come pugnali, colpiscono Celeste nella sua intelligenza, nella sua professionalità, nell’esperienza di chi ha già visto questo scenario, sono parole che sgretolano le resistenze di Celeste nell’unico modo che avrebbe potuto accogliere e per l’unica ragione che avrebbe ascoltato: il benessere e la salvaguardia dei suoi figli. Celeste non accetta immediatamente e completamente i consigli della dottoressa ma questi fanno breccia nelle sue paure e nelle sue convinzioni e lì mettono radici fondamentali per il suo risveglio.

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2. Il mio capolavoro

Devo ammettere che questo è stato un po’ il “mio” momento di “Big Little Lies”, ossia la scena che ha portato il mio interesse e il mio rapporto con la serie a un altro livello, più personale e meno distaccato e oggettivo, ed è successo perché racchiude una frase che mi ha emozionato e che, a mio parere, ha anche impostato delle basi forti per lo sviluppo della storia che risulteranno fondamentali nell’epilogo della stagione.

Il modo in cui Madeline accoglie Jane fin dal principio nella sua quotidianità e nel suo piccolo mondo, senza spiegazioni o condizioni, non dubitando neanche per un istante della sua onestà e delle sue intenzioni, è totale, assoluto, puro, perché oltre alla sua estrema sicurezza apparente e il suo carattere determinato e “control freak”, il vero tratto distintivo di Madeline è proprio la sua cieca lealtà nei confronti delle persone che ama. Quando Madeline sceglie di amare, che si tratti di una figlia o di un’amica, lo fa senza chiedere nulla in cambio, senza dubbi, senza domande, e mi sembra quasi scontato riconoscere che Jane non abbia incontrato spesso nella sua vita questo tipo di affetto incondizionato e tantomeno ormai se lo aspetta.

La semplicità e la sincerità con cui Jane definisce Madeline “il suo capolavoro” ha colpito me forse tanto quando Madeline, probabilmente perché è arrivata come una sorpresa per entrambe: per lei, perché credo che fin troppe volte le persone che la circondano diano la sua presenza e i suoi sforzi quotidiani per scontati; per me, perché ho trovato dove meno me lo aspettavo ciò che amo di più.

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1. Ultimo atto: cala il sipario su Perry

Sì, è sicuramente una scelta scontata; sì, avevo già ipotizzato questo scenario al secondo episodio; sì, è un climax costruito ad arte proprio per restare impresso nella memoria di chi assiste a una tale scena, posso ammettere e riconoscere tutte queste premesse, ma per quanto la risoluzione finale di uno dei nuclei narrativi più importanti della prima stagione di “Big Little Lies” si sia rivelata una conferma e una sorpresa al tempo stesso, è la commistione di tutti gli elementi che hanno costruito questo epilogo a lasciarmi sinceramente senza fiato, in totale ammirazione di ciò che ho visto.

Ciò che mi ha rapito ed emozionato in primis della straordinaria escalation narrativa che è stata la sequenza finale della stagione riguarda la rivelazione dell’identità del mostro nell’ombra che aveva stuprato Jane, un mostro che in realtà viveva da sempre alla luce del sole sotto mentite spoglie. A colpirmi davvero di questa scoperta è però la modalità in cui è avvenuta, attraverso uno sguardo condiviso da Jane, Madeline e Celeste, uno sguardo ormai custode di una complicità che in quell’istante è diventata più di un’amicizia, trasformandosi in un’effettiva rete di protezione che credo abbia dato a tutte loro in quel momento il coraggio di affrontare i propri demoni (da cui fuggivano nella scena della corsa) e di farlo finalmente insieme, come non lo erano mai state.

La seconda componente straordinaria di quel montaggio che accresceva la tensione ad ogni istante riguarda il sorprendente coinvolgimento di Renata e Bonnie nell’atto finale di questa storia, un coinvolgimento che è meno improvviso di quanto possa apparire perché segue un percorso individuale che culmina in un’unione a cui entrambe le donne erano quasi destinate. Il rapporto tra Renata e Jane era stato infatti costruito in maniera tale che il loro conflitto avrebbe dovuto apparentemente coprire le loro somiglianze e se Celeste non può aspettare un minuto in più per rivelare a Renata la verità sul colpevole degli atti di bullismo ai danni di sua figlia, Renata non attende oltre per chiedere il perdono di Jane in seguito alle pesanti accuse rivolte a suo figlio.

Ho sempre avvertito Bonnie invece quasi “legata” a Madeline, come se volesse far parte della sua vita nonostante le rispettive posizioni lo rendessero impossibile ma il finale ha confermato in parte questa mia sensazione, perché Bonnie cerca e segue Madeline (e in seguito anche Celeste) per tutta la serata, ritrovandosi così esattamente al centro dell’ultimo atto del loro dramma e diventando in quel momento la chiave per la risoluzione conclusiva e per la salvezza di tutte le donne coinvolte.

Infine, il ritrovo sulla spiaggia delle cinque mamme e dei rispettivi figli, a mio parere evidentemente ispirato dal finale della seconda stagione “Broadchurch”, dona alla storia un primo e unico spiraglio di luce, di fugace ottimismo e di momentanea leggerezza, un momento che non guarisce le ferite e non annulla le conseguenze delle loro azioni ma forse crea un fronte comune che, se alimentato, sarà in grado di proteggere tutte le sue parti.

Quindi no, non mi aspettavo affatto di poter apprezzare tanto una serie come “Big Little Lies” così distante dai miei canoni tradizionali ma questa volta sono felice di essermi sbagliata.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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