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Supernatural – La fine che non volevo

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Supernatural – La fine che non volevo

Che voi siate entrati in questo tunnel quattordici anni fa oppure un mese fa, non importa. Se non vi sono venuti gli occhi lucidi guardando il video dell’annuncio della fine di Supernatural, non avete un cuore e, soprattutto, non avete capito niente di cosa questo show sia.

Era ora, hanno commentato alcuni, e indubbiamente lo era da un certo punto di vista, perché non sarò certo io a negare che il finale originale della quinta stagione (e di serie) – ovvero quello che vedeva Sam sacrificare la vita per imprigionare di nuovo Lucifer, e Dean rifarsi una vita – sarebbe stato perfetto e ci avrebbe consegnato un prodotto telefilmico della giusta durata e senza nemmeno un difetto. Ma questo basta a esclamare era ora? No, non basta, e ora vi spiego perché non sarà mai ora per SPN, e perché quindici stagioni – che sono oggettivamente tantissime – in realtà non lo sono affatto.

No, non sono pronta a dire addio, non sono assolutamente pronta a lasciare andare i Winchester.
Perché, mi chiedete?
Potrei rispondervi facendovi notare che questo è uno dei pochissimi show a predominanza maschile in cui però le poche donne che compaiono sono così forti, coraggiose e indipendenti da tenere alta la bandiera femminista molto più di prodotti a predominanza femminile. Potrei dirvi che è forse l’unico show in cui le relazioni romantiche e le guerre fra ship non contano nulla (sì, lo so che tutti quanti shippiamo Destiel da dieci stagioni a questa parte, ma quello è un altro discorso), in cui il solo e unico aspetto che conta sono i legami famigliari, le amicizie, il cercare di fare la cosa giusta andando a letto ogni singola sera con la coscienza completamente pulita e la consapevolezza che non si sarebbe potuto fare di più.

Invece vi rispondo che il motivo principale per cui non sarò mai pronta a salutare questa serie, è che SPN sono tantissimi anni che non è più solo un telefilm, forse non lo è mai stato. Supernatural significa famiglia, e famiglia significa che nessuno viene abbandonato o dimenticato. Non all’interno degli script, non fuori dal set. Perché è questo il punto forte di SPN, un cast talmente forte e legato anche fuori, da farti quasi credere che in fondo non ci sia molta differenza fra quello che succede sullo schermo e quello che potenzialmente potrebbe accadere fuori.

SPN e i suoi attori ci hanno insegnato che la vita è una bastarda schifosa, ma che c’è sempre una maniera per reagire e combattere e che dobbiamo a noi stessi il fatto di non arrenderci mai. Jared ci ha insegnato di più sulla salute mentale di quello che avrebbe mai potuto fare un manuale, e Jensen e gli altri ci hanno fatto vedere coi fatti che non bisogna mai voltare le spalle a un amico che sta soffrendo. Lo show ci ha mostrato che per arrivare a fare la cosa giusta purtroppo a volte è necessario fare quella sbagliata, ma che una decisione sbagliata non è in grado di offuscare la bontà d’animo di una persona e farla passare automaticamente dalla parte dei cattivi. Ci ha insegnato che il confine fra bene e male è una linea talmente flebile e sottile da non esistere nemmeno, mostrandoci in un Crowley l’alleato più improbabile ma efficace e negli angeli dei nemici a volte spietati. Ci ha insegnato a non giudicare il prossimo con leggerezza, a dare a chiunque una possibilità, ad aiutare quando siamo in grado di farlo, a non girarci mai dall’altra parte facendo finta di non vedere, non sentire, non capire.

Questo è Supernatural, questo è il suo lascito, questa la sua essenza più pura e vera.

Questo quello che mi ha portato a spendere quasi mille euro (o forse di più, i conti finali mi sono sempre rifiutata di farli), per la possibilità di poter abbracciare gli attori a una convention, perché questo è quello che devo a tutti quanti loro, il motivo per cui nonostante i bassi della serie siano stati seriamente bassi non mi è mai passano nemmeno per l’anticamera del cervello di poterla abbandonare, perché ho sempre continuato a sostenere imperterrita che fosse il mio telefilm preferito e perché lo sarà sempre e per sempre. Questo il motivo per cui, anche se da un lato potrebbe essere effettivamente ora, dall’altro mi sono ritrovata a piangere insieme a Jared mentre il mio cervello continuava a ripetere nonononononononono, sperando in un pesce d’Aprile in anticipo.

You know, who cares where happiness comes from? Look, we’re all a little weird, we’re all a little wacky – some more than others – but… if it works, it works.
– Dean Winchester, 9×12

Grazie Supernatural, per tutto.

 

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

1 COMMENT

  1. Sono così dispiaciuta per la fine di questa serie che non so nemmeno come esprimermi. È stata un buon amico e anche se sono passati 15 anni, non si è mai pronti per dire addio ad un grande amico che ti ha tenuto compagnia e aiutato in momenti difficile. La cosa peggiore è che nessuno che mi è vicino è un fan e quindi tuuuutti i miei sentimenti rimangono dentro, e fanno parecchio male.

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