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Il Mondo Visto Dalle Donne: Piccole Donne e Sex And The City

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Il Mondo Visto Dalle Donne: Piccole Donne e Sex And The City

Nuovamente ben tornati e buona domenica!
Siamo con voi per il nuovo “capitolo” della nostra rubrica sui parallelismi, in merito ai temi trattati, tra grandi romanzi e famosi telefilm.
Questa volta ci dedichiamo un po’ di più alle signore, per cui vorranno perdonarci i signori, i quali, tuttavia, potrebbero trovare qualche spunto interessante, chissà.
Oggi parliamo, infatti, del mondo visto dalle donne, in tutte le sue sfaccettature, e per farlo abbiamo scelto due esempi divenuti ormai di culto: in letteratura, “Piccole Donne” e, per ciò che concerne i telefilm, “Sex And The City”.

Come sempre, partiamo dal romanzo.

“Piccole Donne” è stato scritto nel XIX secolo, dall’autrice statunitense Louisa May Alcott, che con quest’opera in parte autobiografica narrò, in sostanza, episodi della sua vita con le sorelle, a Concord. La prima pubblicazione risale al 1868.
L’opera fa parte, in realtà, di una quadrilogia: a “Piccole Donne” seguirono, infatti, nel 1869 “Piccole Donne Crescono” (in originale “Good Wives”), nel 1871 “Piccoli Uomini” e, nel 1886, “I Ragazzi di Jo”.
La trama di questi romanzi, in particolare dei primi due, è conosciuta da tutti: si narra la storia delle quattro sorelle March, Margaret (Meg), Josephine (Jo), Elizabeth (Beth) e Amy (figlie di Margaret e Robert March, cappellano dell’esercito degli Stati Uniti durante la Guerra di Secessione), in un arco di tempo di qualche anno, periodo durante il quale le giovani maturano, passando dall’essere ragazze che iniziano ad affacciarsi alla vita a giovani donne forti in grado di superare anche gli ostacoli più duri.
La famiglia, infatti, non è abbiente e, in particolare nel primo romanzo, le sorelle e la mamma gestiscono tutto al meglio delle loro possibilità, anche grazie alla vicinanza della bisbetica zia March e dei vicini, i Laurence, tra piccoli e grandi problemi quotidiani, in attesa del ritorno del padre e della fine della guerra.
Ciò che caratterizza questa storia sono proprio le quattro sorelle, molto diverse l’una dall’altra ma davvero unite ed è proprio per questo che il romanzo ha influenzato la morale e il comportamento di generazioni di ragazze.
Rileggendolo oggi alcune descrizioni possono apparire superate e taluni atteggiamenti connotati da… diciamo “eccessivo buonismo”, forse, tuttavia emergono ancora in modo più che evidente i tratti veramente distintivi e importanti della storia narrata dalla Alcott.
E’ chiaro, infatti, come il romanzo sia l’emblematica rappresentazione del cambiamento ineluttabile della società, che nell’universo dell’autrice è quella della seconda metà del XIX secolo (periodo in cui la stessa ha vissuto); come si diceva ciò si realizza, nello specifico, grazie alle quattro protagoniste e alle caratteristiche che le contraddistinguono: la delicata civetteria di Meg, l’intemperanza di Jo, la dolcezza di Beth e la puntigliosità e la voglia di crescere di Amy.
Queste quattro giovani hanno segnato (e forse, in qualche modo, segnano ancora) un punto fermo nella rappresentazione di figure femminili nei romanzi, poiché non avevano origini nobili, né vivevano chiuse in meravigliosi palazzi o in squallide soffitte in attesa di un evento straordinario che cambiasse improvvisamente e in modo radicale le loro vite; proprio qui emerge, dunque, la loro importanza come protagoniste femminili: la società americana, in pieno Ottocento, infatti, propose immagini femminili diverse, incarnate da queste quattro ragazze vivaci, non in attesa di un Principe Azzurro, né intente a ricamare, bensì pronte ad affrontare i piccoli e grandi problemi della vita, così come le persone, vis à vis, senza svenimenti di sorta, con coraggio. E se pensiamo che tali eventi riguardano anche uno dei periodi più tragici della storia statunitense, ovvero la Guerra di Secessione, nonché che proprio in quegli anni fu scritto il romanzo, possiamo renderci conto facilmente della significatività di esso, delle sue protagoniste e del messaggio che emerge.
Tutto ciò, peraltro, ha permesso a “Piccole Donne” (il cui titolo è già emblematico) di sopravvivere sino ai nostri giorni.

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La storia è stata adattata più volte per il cinema (i più famosi sono gli adattamenti del 1933, nel quale Jo venne interpretata da Katherine Hepburn; del 1949, con Janet Leigh nei panni di Meg ed Elizabeth Tylor in quelli di Amy; del 1994, con Winona Ryder nel ruolo dell’indomita Jo, Susan Sarandon nei panni della signora March, Claire Danes nel ruolo di Beth, Kirsten Dunst in quello di Amy, Christian Bale nel ruolo di Laurie e Gabriel Byrne in quello di Friedrich Bhaer) e potrebbe aver avuto influenze anche a livello letterario.

Pensiamo, ad esempio, a “Via Col Vento”, scritto da Margaret Mitchell, pubblicato per la prima volta nel 1936: la storia è ambientata negli stessi anni di “Piccole Donne” e, in un certo senso, la protagonista, la forte e volitiva Rossella O’Hara, sembra avere caratteristiche di Meg (la civetteria, per quanto più accentuata, in quanto Rossella all’inizio è ricca e viziata), di Amy (un po’ di egoismo) e, soprattutto, di Jo, della quale sembra una sorta di evoluzione “più adulta e cruda”, per così dire. Rossella, infatti, diviene una giovane donna indomita, forte e combattiva, accentuando proprio i tratti distintivi della più intemperante delle quattro sorelle March.

 

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Un parallelismo e un’influenza più moderni sembrano ravvisabili, nell’ambito televisivo, in “Sex And The City”, famosissima serie americana divenuta ormai di culto, andata in onda sulla HBO dal 1998 al 2004, cui sono seguiti i due film per il grande schermo, “Sex And The City”, del 2008, e “Sex And The City 2”, del 2010. La serie è, a sua volta, tratta dall’omonimo romanzo di Candace Bushnell e si è aggiudicata, negli anni, moltissimi premi, tra i quali sette Emmy Awards (totalizzando, inoltre, più di cinquanta nomination) e otto Golden Globes (per i quali ha ricevuto ventiquattro candidature). A tali premi si è aggiunto, inoltre, l’inserimento dello show nella classifica dei cento migliori telefilm stilata dalla rivista TIME nel 2007.
Molti considerano “Sex And The City” trash senza arte né parte o una sorta di “show erotico per donne”. Permettetemi di dire che tale considerazione è del tutto errata.
Nonostante i toni tendenzialmente “leggeri”, infatti, come “Piccole Donne”, “Sex And The City” è la rappresentazione di una società mutata e che sta ulteriormente cambiando e, come il romanzo della Alcott, non a caso, lo show propone le figure di quattro donne moderne in cui potersi rispecchiare: Carrie Bradshaw, Charlotte Yorks, Miranda Hobbes e Samatha Jones. Inoltre, le protagoniste riflettono, in particolare attraverso la voce narrante di Carrie Bradshaw, sulla società, sul cosa significa essere donna oggi e, ovviamente, anche sui sentimenti; spesso, infatti, lo show ha trattato temi sociali rilevanti, come la posizione della donna nella società odierna e del suo ruolo all’interno della famiglia, nonché la reazione alla morte e alla malattia.

Frase Carrie

 

E’ presente un’importante componente erotica? Sì. Il sesso fa parte della vita di ogni persona, anche delle donne, le quali, nella società odierna, nonostante una mentalità a tratti ancora chiusa e perbenista, rivendicano il diritto di parlarne come e quando vogliono e di farlo come, quando e con chi vogliono.
Questo, però, non vuol dire mancanza di moralità: Samantha, la più disinibita, lo spirito libero, che può cambiare partner sessuali con la facilità con cui cambia le scarpe, frequenta uomini liberi (o che quantomeno ritiene tali… le capita di avere come amante un uomo sposato, ma è lui a fingersi libero, con lei) e, dunque, nella sua vita libera non fa del male a nessuno, s’innamora e instaura anche relazioni stabili.
Il sesso, tuttavia, come dicevamo non è il tema portante dello show; le quattro amiche affrontano e discutono di ogni evento della vita, come la famiglia, l’amicizia, la carriera. Ognuna di queste donne, infatti, è tutt’altro che inetta: Carrie inizia come giornalista free-lance e diviene prima titolare di una rubrica (“Sex And The City”, per l’appunto) e poi una scrittrice affermata, Charlotte dirige una galleria d’arte, Miranda è un avvocato di successo e Samantha possiede un’agenzia di pubbliche relazioni che rappresenta anche divi del cinema (creandoli, per di più). Tutto ciò che hanno, le quattro amiche di New York se lo sono guadagnato lavorando duramente e affrontando pregiudizi ancora presenti nel mondo del lavoro nei confronti delle donne.
Non è possibile compiere un vero parallelismo tra le quattro sorelle March e le quattro amiche di “Sex And The City” (tralasciando il fatto che, come Jo, Carrie diviene scrittrice e che Charlotte rispecchia l’attitudine e la passione per l’arte di Amy), in quanto ognuna di queste ultime possiede caratteristiche di Meg, Jo, Beth e Amy: sia Samantha che Carrie, Miranda e Charlotte sono ambiziose e mirano ad avere successo (come Jo e Amy); tutte possiedono, in versione più moderna, la “civetteria” di Meg; Charlotte presenta caratteristiche di Beth, ovvero l’animo più delicato e ingenuo. Inoltre, come Meg, Charlotte (in particolare) e anche Carrie sono romantiche e sperano di trovare il vero amore.

Altro punto centrale dello show è il rapporto tra queste quattro formidabili donne: una vera amicizia, incrollabile, nonostante gli scontri e le differenze. Esso è, esattamente come in “Piccole Donne”, vera sorellanza. Carrie, Charlotte, Miranda e Samantha non sono sorelle di sangue, ma si sono trovate e scelte… e scelte ancora, ogni giorno, nonostante i problemi o l’eventuale lontananza, attraverso vittorie e sconfitte, perdite e conquiste, successi e delusioni. Ognuna di loro è sempre lì per le altre, senza risparmiare, a volte, le critiche, come un vero amico, una vera amica, fanno. Sono le critiche delle persone che amiamo, infatti, a permetterci di migliorare.
“Sex And The City”, dunque, oltre ad essere uno spaccato spumeggiante e pungente sulla società odierna e sul ruolo delle donne in essa, è un inno all’Amicizia, una delle forme più alte dell’Amore. E quello tra le quattro protagoniste di “Sex And The City” è Vero Amore.
Bisogna ricordare che “niente dura per sempre… i sogni cambiano, le tendenze vanno e vengono, ma le amicizie non vanno mai fuori moda” e meno, male, perché “la vita non sempre corrisponde alle tue fantasie, per questo hai bisogno di amicizie vere, per affrontare il tutto”.

Anche per questa settimana la nostra rubrica si chiude qui.
Buona domenica e alla prossima!
Simona

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Nata negli anni 80, grazie al suo papà clone di Magnum P.I., cresce a pane e “Genitori in blue jeans” (dove si innamora di Leonardo di Caprio che troverà poi in quei film tanto amati come "What's Eating Gilbert Grape" o “Total eclipse”), l’uomo da 6 milioni di dollari, l’A-Team, Supercar e SuperVicky. L’adolescenza l’ha trascorsa tra Beverly Hills 90210, Santa Monica e Melrose Place..il suo cuore era sul pianeta di Mork e alle Hawaii..anche se fisicamente (ahimè) era sempre e solo nella provincia bergamasca. Lettrice compulsiva fin dal giorno in cui in prima elementare le hanno regalato Labirinth è appassionata di fantasy (Tolkien è il suo re, Ann Rice e Zimmer Bradley le sue regine) e di manga (Video Girl AI in primis per arrivare a Paradise Kiss e Nana), anche se ultimamente è più orientata a letture propedeutiche pediatriche! Ama studiare (tra laurea, dottorato e master ha cominciato a lavorare a 28 anni!!) ed imparare, ma non fatela arrabbiare altrimenti non ce ne è per nessuno!

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