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The White Princess | Recensione Inizio Stagione

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The White Princess | Recensione Inizio Stagione

Dopo quattro anni di attesa, è finalmente iniziato “The White Princess”, miniserie di otto episodi che ci riporta nell’Inghilterra del XV secolo durante la famigerata Guerra delle Due Rose tra i Lancaster e gli York, le due dinastie nate dai Plantageneti che miravano al trono inglese e che vi si sono succedute per quasi tutto il XV secolo, e che ebbe fine con la salita al trono dei Tudor.
Il terribile scontro dinastico, una vera e propria guerra civile, venne così chiamato per i simboli inseriti negli stendardi dei due rami dei Plantageneti: una rosa rossa per i Lancaster, una bianca per gli York.

“The White Princess” è il seguito della serie prodotta dalla BBC One e andata in onda nel 2013, ovvero “The White Queen”, che nell’arco dei suoi dieci episodi ha narrato la parte di Storia che va dall’incontro avvenuto nel 1464 tra Edoardo IV di York ed Elizabeth Woodville, vedova ritrovatasi senza alcun possedimento e potere a causa della salita al trono degli York e destinata a divenire Regina proprio per questi ultimi come moglie di Edoardo IV, e la battaglia decisiva tra Riccardo III, fratello minore di Edoardo IV (ormai defunto), e Henry Tudor nel 1485, dalla quale quest’ultimo esce vincitore.
Un arco narrativo che, dunque, copre i ventuno anni della guerra, periodo che viene storicamente identificano come Terza, Quarta e Quinta Fase della Guerra delle Due Rose, con il trionfo degli York, la loro caduta a causa di trame e complotti che non sono mai cessati, il loro ritorno e poi la fusione del casato con quello dei Tudor, definito “la Pace dei Tudor”.


“The White Queen” è l’adattamento di tre romanzi appartenenti alla saga “La Guerra dei Cugini” scritta da Philippa Gregory, e precisamente: “La Regina della Rosa Bianca”, “La Regina della Rosa Rossa” e “La Futura Regina”.
Analogalmente, “The Whinte Princess” è l’adattamento dell’omonimo romanzo della stessa autrice (edito in Italia col titolo “Una Principessa Per Due Re”).


“Hidden and patient.”

È questo il motto che ci accompagna per tutto il pilot di “The White Princess”, mentre seguiamo la principessa Elizabeth costretta a presentarsi insieme alla madre e alle sorelle alla corte del nuovo Re, Henry VII, a cui è stata promessa in sposa molti anni prima. Dopo aver perso l’amore della sua vita – Richard III – ed essere costretta a rinnegare la fazione alla quale appartiene per dichiarare fedeltà al nuovo sovrano, Elizabeth decide che farà della pazienza la sua virtù più grande e che farà del suo essere la moglie del Re il migliore travestimento possibile. Sapete come si dice, nascondersi in bella vista.

Innanzitutto, ho apprezzato tantissimo la scelta di casting che ha fatto vestire a Jodie Comer i panni della principessa. La Comer ha infatti una maniera di recitare che la rende assolutamente PERFETTA per questo tipo di ruoli, ovvero quelli di ragazze estremamente forti ma allo stesso tempo estremamente fragili – come del resto erano anche Chloe Gemell in My Mad Fat Diary” e Ivy Moxam in Thirteen”. Lo è anche Elizabeth, con un senso del dovere e della lealtà altissimi nei confronti dell’ormai defunto Richard e del fratello – che, seppur al momento sia solo un bambino, in un futuro potrebbe reclamare il trono usurpato da Henry e far  sventolare di nuovo quei vessili che sono stati malamente strappati da Henry nella sala del trono – e la forza di volontà che serve ad affrontare una vita che non ha chiesto, che non vuole e che non tollera. Quella insieme a Henry, che è un uomo senza principio alcuno, un uomo che la disprezza da ancor prima di incontrarla, un uomo che la usa come mero oggetto in grado di dargli quel pizzico di legittimazione in più sul trono e un erede. La forza di Elizabeth sta proprio nel suo piegarsi senza assolutamente spezzarsi, si piega a farsi usare come oggetto sessuale e contenitore di un ipotetico erede, si piega a far credere di aver rinnegato la propria appartenenza ma non si spezza. Come un giunco estremamente elastico, pondera ognuno di questi piegamenti all’interno di un quadro molto più ampio, ovvero quello in cui si aggrappa alla speranza che il fratello sia riuscito a fuggire e che possa crescere lontano dal pericolo in un ambiente che gli consenta di coltivare quella forza che gli occorrerà per riprendersi ciò che spetta alla loro casata.

Come dicevo prima, però, Elizabeth è anche estremamente fragile. È una ragazza che ha appena perso l’amore della sua vita e si ritrova a dover sbattere il muso contro a questo muro di cemento costituito dalla realtà dei fatti: non potrà sposarsi per amore – e il fatto che non abbia rinnegato nemmeno per un istante i suoi trascorsi con Richard, mi ha reso molto fiera di lei – non potrà avere una vita felice, non potrà coronare nessuno di quei sogni fanciulleschi che le hanno fatto compagnia per tutta la vita. Non potrà, insomma, avere ciò che ha avuto la madre – seppure non sia durato nemmeno per lei.

Un’altra cosa che amo alla follia di queste trasposizioni dei romanzi della Gregory – e di conseguenza, anche dei romanzi stessi – è che nonostante ci ritroviamo in una società completamente maschilista, in cui le donne vengono considerate solo e soltanto come oggetti in grado di sfornare figli-eredi e di fornire piacere fisico, a corte sono proprio le donne a farla da padrone, con molta nonchalance.

Abbiamo Elizabeth, di cui ho già parlato, ma anche sua madre che si rifiuta di starsene a bordo campo e prende parte attiva all’azione, guidando la figlia e aiutandola da dietro le quinte servendosi anche della propria magia. C’è poi l’altra madre, quella di Henry, determinata ad aiutarlo a stare bene incollato al trono e ad ammaestrare questa sua giovane sposa solo all’apparenza (molto apparente) addomesticata. Ci sono anche le sorelle di Elizabeth e in particolar modo Cecily, che abbiamo intuito essere molto meno leale alla propria casata e alla famiglia rispetto alla sorella più grande e che quindi è una sorta di mina vagante che potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Henry, invece – seppur baldanzoso, senza scrupoli e assetato di potere – l’ho visto più come una sorta di marionetta nelle mani di troppe persone diverse.

Si fa odiare fin da subito questo Henry, per i suoi modi e per il suo atteggiamento nei confronti di Elizabeth, ma da un altro punto di vista in fondo è anche lui una sorta di vittima: delle ambizioni della madre e di un matrimonio che disprezza ancor prima che diventi effettivo. Non fraintendetemi, non voglio assolutamente difendere Henry che ho odiato fin dal primo fotogramma in cui è comparso, ma è giusto per sottolineare che qui nessuno può essere considerato al cento per cento un vincitore. E forse sarà proprio questo che, chissà, potrà aiutarli entrambi – Lizzy e Henry – a comprendersi a vicenda.

Non avendo letto il libro della Gregory, sono estremamente curiosa di vedere l’evoluzione di tutti questi personaggi e delle loro vicende. Starz è un network che finora non mi ha mai deluso con le sue produzioni, il cast trovo sia azzeccatissimo e quindi ora non mi resta che rimettermi agli autori e sperare di aver iniziato una piccola perla lunga otto episodi. Per ora posso affermare che sembra abbiano fatto un lavoro egregio, e ho adorato soprattutto l’attenzione per i dettagli, uno su tutti l’abito con cui Elizabeth decide di sposarsi. Speriamo continuino così!

ChelseaH

 

Introdotta dalla bellissima sigla che ricorda brevemente l’evolversi della Guerra delle Due Rose, la narrazione ricomincia là dove l’avevamo lasciata: nell’agosto del 1485 si è svolta la battaglia di Bosworth tra Riccardo III ed Enrico Tudor, con quest’ultimo affermatosi come vincitore e, dunque, nuovo sovrano d’Inghilterra.
Elizabetta di York, Principessa reale nata dall’unione del defunto sovrano Edoardo IV di York ed Elizabeth Woodville, è promessa sposa a Enrico Tudor in seguito al patto stretto da sua madre e Margaret Beaufort, ex dama di compagnia di Elizabeth Woodville nei suoi anni da Regina e madre di Henry Tudor.
L’unione è potenzialmente ostacolata dalle voci inerenti al fatto che Elisabetta di York fosse l’amante di suo zio Riccardo III (voci che nella versione dei romanzi corrispondono a verità).

L’inizio della miniserie è più drammatico di quello del romanzo: mentre in quest’ultimo Elisabetta di York è in dolorosa (per la morte di Riccardo III, che amava) ma tranquilla convocazione da parte della madre in seguito ai recenti eventi, il primo episodio ci introduce nella drammatica e in qualche modo violenta situazione che segue il rovesciamento di un sovrano, con i parenti e alleati di quest’ultimo che rischiano nel migliore dei casi la revoca dei possedimenti appartenenti alla famiglia e, nel peggiore, la condanna a morte per tradimento.
Proprio in nome di questa drammaticità vediamo, anche, l’ex sovrana e madre della Principessa che fa scappare uno dei due figli minori, legittimo erede al trono, nella speranza che egli si salvi all’epurazione inevitabile in tali circostanze ed eventualmente possa, un giorno, tornare a reclamare il trono.
E assistiamo, altresì, alla tensione che sorge quando Teddy, cugino di Elisabetta e solo un bambino, con la sua ingenuità proclama dinanzi al nuovo sovrano assiso sul suo trono che un giorno anche lui sarà Re.

La prima parte dell’episodio mostra uno scontro tra le due madri, ovvero l’ex sovrana Elizabeth e la madre di Enrico VII Margaret Beaufort, più duro di quanto sia nel romanzo, una durezza che si palesa anche tra Margaret e la Principessa Elisabetta e i due promessi sposi e che porta anche a una sorta di prima rivalità tra le due sorelle, Elisabetta e Cecily, le due figlie maggiori dell’ex Regina Elizabeth, in quanto Enrico VII non vuole sposare Elisabetta e prende in considerazione proprio la sorella minore di questa, cioè Cecily.

Un aspetto molto interessante non presente nel romanzo, però, è il confronto tra Enrico VII e i suoi consiglieri più fidati, tra cui vi è anche la madre, poiché questi ultimi sono ben consapevoli della necessità di un matrimonio con Elisabetta di York, in quanto è la legittima erede del defunto Re Edoardo IV e in questo modo legittimerebbe proprio il regno di Enrico VII, visto dal popolo come un usurpatore.
Quindi, la questione politica, che era centrale già in “The White Queen” e lo è anche nel suo seguito, per la realtà totalmente incerta di quel periodo. Come viene sottolineato nella bella scena, infatti, i sostenitori degli York, visti dai più come i legittimi sovrani, sono ancora moltissimi e la rottura del fidanzamento potrebbe portare a una sollevazione popolare proprio in favore degli York, che schiaccerebbe Enrico e frantumerebbe il sogno e lavoro di tutta la vita proprio di sua madre Margaret, che per i precedenti vent’anni, guidata da una fede che (come quasi usuale all’epoca) sfocia nell’integralismo religioso, non ha mai smesso di agire per l’ascesa al trono del figlio, a volte nell’ombra e altre alla luce del sole.

Come già avvenuto nello show suo predecessore, questo primo episodio della miniserie mette in chiaro chi è al centro di questo periodo storico e degli eventi che lo contraddistinguono: le donne, in particolare l’ex sovrana Elizabeth, sua figlia Elisabetta e Margaret Beaufort.
Donne che, vista l’epoca, sembravano in balia delle azioni degli uomini, delle guerre che questi ultimi muovevano, e di certo lo erano, ma le quali erano anche in grado di muovere e determinare i destini delle Nazioni nonostante ciò che dovevano subire: matrimoni imposti, atti sessuali magari non tecnicamente violenti, ma ai quali dovevano nondimeno sottoporsi contro la loro volontà (proprio come accade a Elisabetta, che per settimane è costretta a concedersi a Enrico VII sebbene non siano ancora sposati, poiché lui dichiara apertamente che non la sposerà se lei non resterà incinta).


È emblematico, in tal senso, il discorso che intercorre tra Elisabetta e la madre, che deriva proprio dal romanzo: Elisabetta è ancora affranta dal dolore per la perdita di Riccardo III, che lei amava sinceramente, ed è inorridita all’idea di sposare Enrico VII e di essere già incinta di suo figlio e, alla madre che le dice che ha sempre saputo di doversi sposare per dovere, ribatte che invece lei ha sempre sognato un matrimonio d’amore, proprio sull’esempio dei suoi genitori, di sua madre, che ha sposato Edoardo IV.
Lo scambio di battute tra madre e figlia è chiaro. L’ex sovrana afferma “I had the  sense of fall in love with the King of England” e sua figlia le risponde “So did I!”, proprio riferendosi a Riccardo III.
Donne in qualche modo costrette dalla società dell’epoca, in un certo senso persino sottomesse, ma nondimeno forti e combattive.
Margaret Beaufort impone alla futura nuora un motto, al quale, le dice, farà meglio a corrispondere pienamente: “Umile e penitente”.
Da vera figlia di sua madre, però, in chiusura dell’episodio Elisabetta, il giorno del suo matrimonio, rivela alla madre quale siano le sue intenzioni: “Umile e penitente sia dannato. Nascosta e paziente sarà il mio motto.” (“Humble and penitent be damned. Hidden and patient, that will be my motto.”)


Enrico comincia a mostrare alcuni segni di cedimento e di apertura nei confronti della giovane Principessa e futura Regina d’Inghilterra, quindi non ci si può non chiedere se davvero Elisabetta continuerà su questa via. In ogni caso, è probabile che la vedremo mostrare una sua forza del tutto particolare, magari diversa da quella della madre, ma che le permetterà di affrontare qualunque situazione si abbatterà su di lei.
La questione, pertanto, resta: delineare e porre l’accento sulle donne, in un periodo così “oscurantista” per loro, renderle le vere protagoniste della Storia, è una linea narrativa di valore, che offre molti spunti interessanti, anche perché mette il luce ciò che le donne dovevano affrontare anche quando erano parte della nobiltà e delle famiglie reali.
Una caratteristica di Philippa Gregory, come dimostra anche “The Other Boleyn Girl”, incentrato sulla relazione di Enrico VIII con le sorelle Bolena (Mary e Anna), romanzo dal quale è stato tratto l’adattamento cinematografico con Natalie Portman, Scarlett Johansson ed Eric Bana (in Italia con il titolo “L’Altra Donna del Re”).

Questa prima puntata di “The White Princess” si pone in linea con il precedente “The White Queen”, il che fa ben sperare per il prosieguo della serie, perché per quanto siano versioni romanzate (cosa inevitabile, peraltro) sono in ogni caso interessanti e ben realizzate. Come tutte le serie storiche, ha un ritmo tutto suo che, però, non solo non può definirsi lento, ma non risparmia anche passaggi davvero molto avvincenti.

Sam

 

Bene, per questa volta abbiamo finito, ci ritroveremo a metà di questa miniserie!

 

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Sam
Simona, che da bambina voleva diventare una principessa, una ballerina, una cantante, una scrittrice e un Cavaliere Jedi e della quale il padre diceva sempre: “E dove volete che sia? In mezzo ai libri, ovviamente. O al massimo ai cd.” Questo amore incondizionato per la lettura e la musica l'ha portata all'amore per le più diverse culture (forse aiutato dalle origini miste), le lingue (in particolare francese e inglese) e a quello per i viaggi. Vorrebbe tornare a vivere definitivamente a Parigi (per poter anche raggiungere Londra in poco più di due ore di treno). Ora è una giovane legale con, tralasciando la politica, una passione sfrenata per tutto ciò che all'ambito legale non appartiene, in particolare cucina, libri e, ovviamente, telefilm. Quando, di recente, si è chiesta in che momento, di preciso, sia divenuta addicted, si è resa conto, cominciando a elencare i telefilm seguiti durante l'infanzia (i preferiti: Fame e La Famiglia Addams... sì, nel fantasy ci sguazza più che felicemente), di esserci quasi nata. I gusti telefilmici sono i più vari, dal “classico”, allo spionaggio, all'ambito legale, al “glamour”, al comedy, al fantastico in senso lato, al fantascientifico, al “giallo” e via dicendo. Uno dei tanti sogni? Una libreria. Un problema: riuscirebbe a vendere i libri o vorrebbe tenerli per sé?

2 COMMENTS

  1. Ho davvero apprezzato i “nuovi” Elizabeth e Henry, avevo già avuto modo di veder recitare lei quindi la sorpresa è stata lui e non solo per la bellezza (chi se ne frega se Enrico VII non era così bello?!). Molto più difficile digerire agli altri volti, ma ci farò l’abitudine, credo.

    La trama non è ancora riuscita a prendermi totalmente ma mi successe la stessa cosa leggendo i primi capitoli del libro, quindi stringo i denti e attendo… cercando di cancellare dalla mia mente i reali eventi storici per godermi ciò che attendo da 4 anni e in cui non speravo più xD

    • Ciao!
      Grazie per aver letto e commentato.

      Elizabeth e Henry hanno una dinamica interessante, per questo non vedo l’ora di assistere allo sviluppo del loro rapporto, che nel romanzo va molto per gradi ed è complesso.
      Sì, lui obiettivamente è bellissimo e ringraziamo che, in questo, non abbiano rispettato la verità storica. 😛 D’altro canto nemmeno Richard III aveva il fascino di Aneurin Barnard. 😉

      Sugli altri volti hai ragione, è un po’ difficile, ma è anche vero che questi sono più adatti al fatto che, dall’inizio degli eventi narrati in The White Queen, sono passati più di vent’anni.

      Diciamo che, come nel romanzo, la trama si sviluppa.
      È vero, ci sono alterazioni nella narrazione, ma in fondo è una miniserie tratta da un romanzo, per l’appunto, non da un saggio. Inoltre, come dico sempre nessuno sa cosa avvenisse “tra le quattro mura” di una stanza, quindi romanzare è fisiologico e inevitabile.
      A me interessa che la serie sia ben fatta, come te (da quanto deduco dalle tue parole) ho amato The White Queen e volevo il seguito. 🙂

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