Cari amici,
stavolta sono davvero in difficoltà. Recensire quest’episodio è come cercare di spiegare cosa c’è di bello in un quadro di Monet o cosa ti emoziona in una particolare melodia. Sai di aver visto o sentito qualcosa di straordinario, poi cerchi le parole per descriverlo e qualsiasi definizione non ti sembra all’altezza. Forse non riuscirò a spiegarvi davvero cosa ho provato guardando Fight ma il solo fatto di avere la possibilità di provarci è, per me, un grande privilegio.
“Due rapporti soddisfacenti per ambo le parti, un atto di autoerotismo, il tutto sullo sfondo di un gioco di ruolo”.
Questa è la fredda e secca definizione di Virginia, di quello che è avvenuto nella loro camera d’albergo in cui siamo stati finalmente invitati.
Naturalmente noi sappiamo che dietro quella porta è successo molto di più.
Devo dire che gli attori sono stati talmente bravi che, guardandoli, mi sono quasi sentita di troppo. Stavo per scusarmi, spegnere la TV e lasciarli soli.
Il parallelo tra i due pugili e lo strano gioco di ruolo in cui i Bill e Virginia si sono calati è stato sublime. I nostri due protagonisti ci hanno presi per mano e portati pian piano nelle loro vite, fingendo di parlare dei signori Holden e della loro ordinaria vita matrimoniale. Abbiamo visto i due amanti entrare in una camera d’albergo per consumare il loro rapporto sessuale e ci siamo ritrovati, gradualmente, senza neanche accorgercene, a commuoverci per il cuore spezzato di Virginia e per l’infanzia rubata di Bill.
Sullo sfondo, un match, dove un vecchio pugile che sembra spacciato, cerca di avere la meglio sulla nuova leva che gliele suona di santa ragione. Da qui le domande sulla tattica: l’attacco sfrontato del giovane, contro una difesa che mira in realtà ad innervosire l’avversario e diventa quindi anch’essa un attacco.
Ed è così che gli amanti diventano i pugili e i pugili gli amanti, in una lotta fatta di orgoglio, dolore e sopportazione.
Virginia, la donna che non vuole essere una principessa, che rifiuta di accettare una società che la relega tra i deboli, che paga il cameriere anche se l’ha già pagato Bill, di nascosto prende la fede di quest’ultimo e la mette al dito, proprio mentre racconta alla figlia che le favole possono essere diverse, che può essere la donna a salvare un uomo.
Bill, il freddo e serio dottore, che non ha mai rivelato alla moglie il motivo del suo odio verso la famiglia, con un altro nome ed un’altra donna, riesce ad aprirsi, come mai ha fatto nella vita. Un uomo che soffre sempre di più l’ottusità di una società che preferisce segnare per sempre la vita di un bambino, piuttosto che accettarlo per quello che è. “Better a tomboy than a sissy.”
Gini è una combattente, una che non vuole perdere, Bill è un uomo che ha trasformato il dolore in sopportazione e la sopportazione in forza, fino a quando l’abbandono ha finito per segnarlo per sempre, intrappolandolo in un limbo di infelicità anaffettiva in cui si sentiva al sicuro. L’incontro con Virginia è stato per lui uno scossone, un tipo di emozione che non riesce a gestire, un punto di vista completamente diverso che mette in discussione tutte le sue convinzioni. “non puoi controllare il supplizio ma puoi dominare la tua reazione e già questo di per sè ti da una sorta di potere. Il potere di sopportare e non scappare. […] Avrei potuto fermarlo mettendomi in ginocchio. Ho sopportato, come fa un uomo.” “Ma non eri un uomo, eri un ragazzino. non c’è da vergognarsi nel dire che ne hai abbastanza o nel fermare la lotta se sei ferito”.
Virginia, la combattente, lo spiazza di continuo e a un certo punto, gli sferra un colpo che me l’ha fatta davvero amare: nel momento in cui Bill cerca di “sottometterla” e le chiede di supplicarlo, così come faceva suo padre con lui, lei lo sfida, non rimane immobile, non lo subisce in silenzio, gli dimostra che può darsi piacere senza di lui, che si può reagire, senza sembrare deboli.
E la lotta va avanti, tra un colpo schivato e uno incassato, tra Virginia che vede l’amore come una sottomissione e Bill che lo identifica come una finzione, una sorta di servizio barba e capelli, gentilmente offerto prima dell’inevitabile abbandono, così come insegnato dal papà.
E dove si collocano Virginia e Bill rifiutando l’idea dell’amore? Se il cuore deve rimanere in cassaforte, se tutto ha l’aspetto di una ricerca scientifica senza baci, nè coinvolgimenti cosa succede oggi nella loro camera d’albergo? La risposta di Virginia è così bella da non far rimpiangere un vero Ti amo.
Fight è un pugno nello stomaco, non tanto per le storie dolorose raccontate dai protagonisti, ma perchè ci mostra quanto lo sforzo di seguire il percorso che la società ha deciso per noi, sia inutile. Le storie sui principi e le principesse, l’essere un uomo vero, lo stesso gioco di ruolo nel mondo ovattato di quella camera d’albergo, si scontrano con la dura realtà della vita, rappresentata dal pianto disperato del bambino, incastrato ad arte nelle scene più intense; per ricordarci che quella è solo una parentesi di sincerità, mentre il mondo continua ad andare avanti nella sua spietata categorizzazione del genere umano.
C’è posto anche per il senso di colpa in questo episodio, dove la moglie non ha un nome e i bambini non ci sono, perchè sapere di tradire fa male, meglio fingere di essere soli al mondo per non ferire nessuno.
Anche stavolta non c’è nessun bacio, perchè loro non sono come tutti gli altri, perchè il match tra Virginia e Bill non si è ancora concluso.
Fight è la dimostrazione che nel 2014 si può ancora creare una serie perfetta senza effetti speciali, grandi colpi di scena o enigmi da risolvere. Sono sufficienti due attori straordinari e una sceneggiatura ben scritta per farti venire i brividi e benedire il giorno in cui hai deciso di iniziare a seguirla.
Credo che questo sia l’episodio più bello di Masters of sex finora, che rimarrà in assoluto tra i miei preferiti di sempre.
Vi linko il trailer della 2×04, e confeziono l’ormai consueto angolo delle curiosità 🙂
https://www.youtube.com/watch?v=oyfJMdbwm-A
Angolo delle curiosità:
Howdy Doody: citato dalla figlia di Virginia in riferimento ai capelli del fratellino, è il pupazzo di una trasmissione per bambini, andata in onda dal 1947 al 1960. Per chi si chiedesse qual è la sua pettinatura, ecco il nostro simpatico amico in tutto il suo splendore:
Il Match tra Archie Moore e Yvone Durell: uno dei più avvvincenti che si ricordino, votato come evento sportivo dell’anno 1958. Annunciato come un perdente 4-a-1, l’incontro ha fatto di Yvon Durelle una leggenda in Canada, sebbene alla fine sia stato sconfitto. Archie Moore infatti fu atterrato 3 volte nel primo round e una nel quinto, ma riuscì a vincere con un knock out nell’11°. Vincente e perdente entrarono comunque entrambi nella storia.
Complimenti.. Davvero una meravigliosa recensione per questo episodio straordinario!
Ti ringrazio, sono felice che ti sia piaciuta!!
Episodio PERFETTO e recensione impeccabile!
Condivido pienamente tutto quello che hai scritto, non sarei riuscita a metterlo su carta con parole diverse. Mi è piaciuto molto il modo in cui hai legato insieme i vari parallelismi racchiusi nell’episodio, applausi!
P.S Se non premiano Lizzy, Michael e lo show, specialmente dopo quest’episodio, sono dei folli!
Grazie!!! <3 E' stata una recensione difficilissima, ero moooolto in ansia! 🙂
Come ho già scritto twittando il tuo pezzo: recensione perfetta di una puntata perfetta di una serie perfetta. Davvero da brividi!
Grazie mille, sono molto felice che ti sia piaciuta! 🙂