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Orange is the new black | Recensione 3×01 – Mother’s Day

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Orange is the new black | Recensione 3×01 – Mother’s Day

Bentornati a tutti, fan delle galeotte di Litchfield! Scrivo questa prima riga mentre ho ancora la sigla in sottofondo, sigla che ogni anno mi scordo quanto adoro. No, sul serio, la sentirei a ripetizione per mezza giornata!

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Prima di iniziare a parlare di cose serie, devo aprire e chiudere una parentesi: sono consapevole e mi scuso in anticipo per il ritardo abominevole con cui uscirà questo recap. Se sto vedendo la premiere solo adesso, sapendo quanto sia logorroica in generale, elevando il tutto al piacere che ho di sbrodolarmi in chiacchiere quando ho tra le mani una serie che adoro come questa (ringrazio ancora il boss per avermela affidata, sperando di essere all’altezza della mia predecessora The Lady and the Band, di cui non mi sono persa un articolo), aggiungiamo all’equazione la vita sociale che mi impedisce di dedicarmi come vorrei al binge-watching, che Netflix così amorevolmente ci concede… risultato: la maggior parte di voi avrà già visto l’intera stagione quando io starò ancora commentando il finale del secondo episodio. In generale sì, Netflix è l’eroe di qualsiasi telefilm addicted che aspetta una serie per un anno intero e poi ha modo di sbafarsela in mezza giornata, dandosi malato al lavoro/facendo sega a scuola o all’università/assumendo una tata per badare a casa e figli mentre, dalla comodità del letto con piumone e bacinella di pop-corn (l’inverno, al momento direi più letto con sette ventilatori puntati addosso e scorte di gelato e the freddo per un esercito), si gusta il frutto della propria paziente attesa.
Beh, non io. Sono molto old-school (che è un modo finto intellettuale per dire masochista) e ho deciso che, nonostante la possibilità di spararmi tutti i 14 episodi via endovena nell’arco di una giornata, resisterò, schiverò spoiler a destra e a manca (Tumblr non ti temo!) e darò una parvenza di regolarità a questi recap, anche per evitare l’effetto minestrone quando mi troverò a recensire episodi singoli. Tutta questa premessa era per dire, quindi, che avendo scelto di proseguire la tradizione di recensire le puntate singolarmente, vi chiederei gentilmente, qualora vogliate lasciare un commento a fine recap (cosa che mi fa sempre moltissimo piacere, ovviamente), di non accennare agli episodi successivi a quello trattato nell’articolo.

Grazie per la collaborazione, ora ciancio alle bande e parliamo subito di ciò per cui siamo tutti qui oggi:

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“Mother’s Day” si apre apparentemente a poca distanza dai caotici eventi del season finale della seconda stagione, prima fra tutti l’epica fuga di Roza (per cui sto ancora facendo il trenino in salotto cantando “Brigitte Bardot”) con tanto di finale a impatto per la storyline dell’odiosissima Vee (e qui il trenino diventa festone di Capodanno), ma anche i primi giorni di Caputo nel ruolo di vice-direttore, posizione che gli aveva sbiancato letteralmente i capelli e i baffi già a neanche 48h dall’insediamento.
Devo ammettere di aver storto il naso quando ho visto il primo flashback dedicato alla Doggett: oggettivamente parlando è sicuramente un personaggio originale e interessante… soggettivamente non è di certo tra le mie preferite, e aprire una stagione con lei non sarebbe stata una scelta che avrei osannato. Poi però l’episodio si rivela per quello che è realmente: un grande collage, tenuto insieme dal leitmotiv che è anche il titolo della puntata, ovvero il rapporto di alcune delle inmate (nonché qualche membro dello staff) di Litchfield con le loro madri o, quando loro stesse madri, con i loro figli. tumblr_nput8ew2Yv1s5qkywo7_1280Un episodio collettivo quindi, perfetto come introduzione a una nuova stagione in cui rincontriamo una dopo l’altra le nostre beniamine alle prese con i preparativi per accogliere i loro familiari nel giorno della festa della mamma. E vediamo alcune di loro confrontarsi, in diversi momenti, con ricordi del loro rapporto con le madri, tra i tanti penso di essere rimasta particolarmente toccata dal commovente ricordo di Poussey, tenerissima come la ricordavo. Di tutti i flashback a cui assistiamo nel corso dei 50 minuti, quello di Poussey e sua madre è forse il più realmente materno, sorprendentemente affiancato da un breve scorcio del giorno in cui Daya è venuta al mondo e vediamo sua madre radiosa, in netto contrasto con le aspre parole su come i figli ti rovinano la vita che è andata blaterando per metà episodio, mettendo sua figlia in ovvio disagio.
In linea con la vena più dark comedy della serie, quasi tutti gli altri flashback hanno una nota di amarezza nel trattare quello che in genere è uno dei temi sdolcinati per eccellenza, ovvero la maternità: madri che usano i figli come scuse per entrate extra, madri che ignorano le figlie, madri instabili e madri che prima erano padri e che combattono ancora per far accettare la situazione complicata a un figlio ancora non completamente a suo agio con la cosa.

E in questo panorama di brevi occhiate al passato (una struttura di flashback inedita che, suppongo, non preannuncia un nuovo modo di costruire la narrazione in questa terza stagione ma sia stata concepita appositamente per riportarci a Litchfield attraverso un quadro più completo possibile delle pluralità coinvolte, trattandosi della prima premiere finora in cui non è Piper ad avere il ruolo centrale nella storia) a creare il climax finale arriva inaspettato lo schiaffone virtuale che ci becchiamo dal compagno di Ruiz, che dopo due stagioni in cui avrà aperto bocca sì e no 4 volte se ne esce con perle da Bignami di psicologia infantile e comunica a una fino ad allora sorridente neo-mamma che la bambina sta entrando nell’età in cui comincia a recepire ciò che la circonda, e il suo ruolo di bravo papà appena maggiorenne gli impedisce di farle percepire la madre in prigione come la normalità. La reazione di Ruiz è straziante e trasmette tutta quell’impotenza che anche noi spettatori abbiamo di fronte a una tale ingiustizia di fronte a cui non ci si può però opporre.

Nei minuti iniziali ammetto di aver fatto un po’ fatica a farmi subito catturare nuovamente dal ritmo della serie, più concentrata sulle nuove aggiunte allo scenario del penitenziario e su alcune nuove dinamiche che la premiere sembra voler introdurre. Poi però la festa inizia, con un misto di gag (Black Cindy che sfotte i ragazzini è stata la solita assicurazione di risate, anche se nel contesto della festa della mamma e con l’episodio a lei dedicato in mente è facile sovrapporre il suo presunto odio per i bambini alla scoperta che lei per prima ne abbia una sua, ma che da bambinona quale è preferisce continuare a fingersi la sorella maggiore giocherellona anziché assumersi qualche vera responsabilità, e intravedere quindi il quadro più complicato dietro alle facciate spensierate di lei e Taystee, quest’ultima che afferma di essere fieramente parent-free a poco dalla perdita di quel surrogato di madre che però le aveva causato più problemi che altro, sia fuori che dentro il carcere), awkward moments (e il premio battute in salamoia di quest’edizione va al tristissimo approccio umoristico di Bennet per cercare di conquistarsi la famiglia di Daya) e confronti riflessivi, primo fra tutti quello tra Big Boo in versione clown/angelo della morte e una Pennsatucky che, presa dall’atmosfera della giornata, si dedica all’allestimento di uno pseudo-cimitero per i figli che non ha mai avuto. Il dialogo tra le due e la nuova prospettiva che Big Boo propone all’altra, seppure spiazzante nel suo cinismo, permette a Doggett di superare il suo impasse emotivo riguardo gli aborti. Ma l’apparente serenità della festa della mamma è destinata a finire bruscamente quando viene dato l’allarme per una dei figli di Aleida scomparsi, e quella stessa brusca e inaspettata conclusione è la stessa che vediamo riflessa nella vicenda di Ruiz mostrata poco dopo. A riportare l’episodio su binari meno drammatici proprio sul finale ci pensa però il ritorno di Poussey alla tenera memoria di sua madre, che chiude la premiere con una lacrimuccia e un mezzo sorriso, già con la voglia di vedere i prossimi 13 episodi ora che la Kohan ci ha sapientemente ributtati in mezzo alle nostre galeotte preferite e ai loro drammi quotidiani.

Note sparse:
– A distanziarsi dal leitmotiv della puntata sono principalmente le storyline di Piper e Alex e di Nicky. Mentre riguardo le prime due avevo la certezza che l’enorme spada di Damocle che pesa sul loro rapporto sarebbe per ora rimasta sospesa, in attesa di un momento più idoneo ad affrontare bene la questione ma anche a ennesima prova dell’egoismo di Piper e il suo patologico bisogno di non rimanere mai sola, i miei timori su Nicky e una sua possibile ricaduta nel tunnel dell’eroina continuano a essere vividi e spero davvero che, nonostante Red abbia deciso di tappare il tunnel da cui Vee è fuggita, si riesca comunque a trovare un modo per far sparire quella roba dalla prigione ed eliminare il rischio alla radice;
– Grande assente è un approfondimento su Suzanne/Crazy Eyes in questa puntata, che sinceramente mi aspettavo visto lo stato in cui l’avevamo vista versare alla fine della scorsa stagione, dopo il tradimento di Vee. L’unica volta che la sentiamo nominare la fuggitiva in questo episodio è per dichiarare a gran voce la sua convinzione che sia ancora viva, quindi mandando a quel paese la mia speranza che le lacrime dello scorso season finale fossero per la consapevolezza di essere stata raggirata più che per la dipartita di Vee in sé. La scena con l’aquilone è stato un perfetto esempio dell’animo ingenuo di Suzanne, ci ha permesso di rientrare in pieno nel suo mondo, ma un micro-flashback anche su di lei l’avrei gradito.

Best quotes:
– In pole position abbiamo Taystee, più che altro perché ho un debole per i riferimenti potteriani…

e poi ovviamente per i punzecchiamenti a Caputo

Menzione speciale anche a Soso e le sue solite perle filosofico/metafisico:

Appuntamento a… spero il prima possibile con il recap del secondo episodio, non mi metto neanche a cercare promo vari perché in questa folle corsa netflixiana è decisamente più semplice buttarsi direttamente sul capitolo successivo piuttosto che cercare anticipazioni in proposito.
Fatemi sapere i vostri pensieri su questa attesissima premiere e spero avrete voglia di continuare a seguire i miei sproloqui episodio per episodio, per commentare poi insieme di volta in volta le varie vicende all’interno del Litchfield. Alla prossima!

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

1 COMMENT

  1. Aspettavo il ritorno di questa serie da mesi e questo primo episodio ha ripagato l’attesa. Dopo l’addio in grande stile di Roza e quello dell’odiosa Vee (mi aggiungo al trenino), il ritorno di Alex e la nuova gestione Caputo eccoci che ci ritroviamo subito sbalzati in quel caotico, divertente ma anche duro mondo di OITNB per la nuova stagione. Come hai già detto tu questi flashback dedicati al rapporto madre e figlia piuttosto che ad un singolo personaggio inizialmente mi hanno un po’ preso alla sprovvista, sarà per il fatto che dovevo riabituarmi o che semplicemente non me lo aspettavo ma poi tutto è filato liscio e mi son buttata a capofitto nelle vicende delle mie carcerate preferite.

    Tra le note sparse aggiungerei:
    -Nicky da piccola era veramente un angioletto, mi son innamorata di quella bambina cavolo era troppo tenera
    -Il flashback migliore quello di Poussey che resta un gran bel personaggio
    -Soso mi uccide ogni volta, è un personaggio praticamente messo là per farmi ridere e la cosa mi piace ASSAI.
    -Propongo poi Cindy in ogni puntata perché è veramente un MUST ormai
    -Più Suzanne e Morello per tutti!
    -Red resta uno dei personaggi che mi intrigano di più, è troppo badass come ON!

    Parlando di cose serie invece ho trovato una Alex veramente distrutta, mi ha ricordato molto quella del flasback di quando la madre è morta, mi è sembrata persa, confusa e terribilmente sofferente. Ricordo di aver pensato “ecco, ora siete pari” quando l’anno scorso Piper ha praticamente segnato il ritorno di Alex in carcere ma vederla così è stato un colpo al cuore. Per quanto riguarda la protagonista invece il suo cambiamento è palpabile e continuo a non sopportare certi suoi atteggiamenti, pensa veramente troppo a se stessa senza riflettere molto sugli altri.

    Confermo praticamente tutto quello che hai scritto nella recensione, e qua è uscito un papiro, seguirò settimanalmente la cosa sperando che questa stagione si riveli bella come le due precedenti 🙂

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