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The Walking Dead 8×05 – “Meno male che Negan c’è”

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The Walking Dead 8×05 – “Meno male che Negan c’è”

L’episodio di questa settimana, “The Big Scary U”, ci porta dall’altro lato della barricata, a esplorare più a fondo il fronte dei cattivi, dividendosi tra il “consiglio ristretto” di Negan in riunione in sua assenza da una parte e Negan stesso ancora intrappolato nel container con padre Gabriel dall’altra.
Per assurdo tra le varie parentesi di episodio quella che trovo avrebbe potuto essere evitata è stata quella con il protagonista, Rick, non per le sequenze in sé (anche se la mezza azzuffata tra Rick e Daryl ha avuto lo stesso sapore di buffonata di quella tra Jesus e Morgan un paio di puntate fa e, a meno che non si voglia proseguire la storyline del forte contrasto di idee tra i due nell’arco del resto della stagione per creare attrito nelle schiere dei nostri in futuro non ne vedo neanche la reale utilità al di là di riempire qualche minuto), ma per il fatto che interrompono un flusso di narrazione abbastanza consistente che avrebbe a mio parere funzionato meglio senza allontanarsi troppo dal Santuario, così come la settimana scorsa un unico focus sul fronte del gruppo guidato da Exekiel e Carol aveva avuto un impatto migliore del solito.

Entrambi gli scenari, dentro il Santuario e nel container in cui Negan e Gabriel hanno modo di confrontarsi, trasmettono la giusta sensazione di claustrofobia, in maniera più accentuata nel secondo caso per ovvi motivi ma palpabile anche all’interno del compound, dove dopo qualche ora di tensione per via di un accerchiamento di zombie all’esterno, la mancanza di corrente e l’incertezza sulla sorte del loro leader, cominciano a emergere scontenti tra le fila dei lavoratori e contrasti e sospetti anche tra coloro ai vertici. Il modo in cui la situazione sfugge quasi subito di mano al suo vice, un Simon che personalmente non ho mai retto trovandolo meramente la copia povera e meno carismatica del suo superiore, sembra confermare concretamente le dichiarazioni di Negan, che tra un discorso contorto e una teoria a prima vista sconnessa e delirante afferma di fare quello che fa e di aver preso le redini di quel posto nella maniera in cui l’ha fatto perché altrimenti non avrebbe funzionato, le persone all’interno non solo non l’avrebbero seguito ma non sarebbero nemmeno state in grado di vivere e sopravvivere come comunità. I fatti sul finire dell’episodio sembrano quasi confermare contro ogni logica le sue affermazioni, con i lavoratori devoti e reverenti nei suoi confronti. Mi è piaciuto il cercare di dare più introspezione al personaggio tramite la convivenza forzata per qualche ora con un uomo di fede che tenta di sovvertire la sua prospettiva, soprattutto perché, in contrapposizione al flashback con cui si apre l’episodio (una parentesi sui Salvatori a pochi momenti dall’attacco di Rick&co. nella premiere) in cui Negan risponde all’affermazione di Gregory “I don’t like killing people any more than you” con un lapidario (con tanto di mezzo sorriso sornione) I like killing people”, nel dialogo con Gabriel Negan ci tiene a sottolineare almeno un paio di volte quanto nella sua logica uccidere “il necessario” è un mezzo per mantenere l’ordine, il suo ordine, e salvare e proteggere la sua gente in cambio della loro incondizionata lealtà.

Cercare di umanizzare il personaggio di Negan a questo punto è un passo abbastanza incerto e delicato se mal intrapreso, però personalmente l’ho apprezzato in questo episodio, specialmente perché dà modo a un attore di tutto rispetto come Jeffrey Dean Morgan di liberarsi anche solo temporaneamente dei panni del personaggio tutto “fucking-damn-shit” del fumetto e alternare le solite punchline (che dopo un po’ lasciano il tempo che trovano) con qualcosa di più profondo. Negan è fin dalla sua introduzione un personaggio intrigante e dal carisma preponderante, ma col tempo stava rischiando di diventare la caricatura di se stesso (e per quello abbiamo già Simon, come dicevo prima); oltretutto sembra un personaggio costruito ad arte per ricoprire la posizione che ha scelto di occupare, e ho trovato interessante scalfire per un attimo la superficie di questa “maschera”, se così vogliamo chiamarla.

Un’ottima prova anche quella di Seth Gilliam, altro buon interprete penalizzato per gran parte della serie dall’essere stato messo nei panni di un personaggio che ha ispirato antipatia e astio fin dalla sua prima apparizione (con quell’azione vile rievocata proprio in questo episodio): dopo stagioni e stagioni di semi-inutilità, Gabriel ha avuto un exploit di tutto rispetto in questa premiere (nonostante l’idea di fermarsi ad aiutare quella melma di Gregory mi avesse fatto urlare come un’ossessa alla tv, e Negan stesso gli fa notare la povera scelta) e in questo episodio l’ho davvero quasi rivalutato. È molto metatestuale, ma quello che a Gabriel serviva narrativamente è proprio quello che il suo personaggio dice di cercare: uno scopo, e sembra trovarlo nell’entrare in contatto con Negan prima e, una volta entrato con lui nel compound, parlando con Eugene della missione di liberare e riportare a Hilltop il dottore di Maggie, rapito dai Salvatori nella scorsa stagione.

E già che ho menzionato Eugene, altro soggetto meritevole di tutto il mio disgusto (per quanto il suo modo di esprimersi mi faccia ancora sorridere), si fa ora interessante la sua ennesima altalena morale: se tra i Survivor e i Savior, quando si è trattato di scegliere, ha buttato alle ortiche buon senso, lealtà e spina dorsale e ha fatto la scelta che riteneva più congeniale al suo personale tornaconto, ora che ha identificato la spia all’interno del Santuario (grazie alla vernice sulla sacca che riconosce come quella alla base delle statuine dipinte a mano di Dwight) e potrebbe compiacere Negan rivelandoglielo si trova ad attraversare un momento di esitazione, visto che Dwight si è spesso dimostrato pronto a schierarsi dalla sua parte nonostante, trattandosi dell’ultimo arrivato, Eugene venga neanche troppo velatamente additato come il primo sospettato dagli altri. Non che le vicissitudini di Eugene singolarmente mi tengano sveglia la notte per la suspense, ma nel contesto del fronte dei Savior ora pesantemente destabilizzato dall’attacco di Rick&co., dall’accenno di attrito tra Negan e Simon all’inizio e da come abbiamo visto la piramide iniziare a sfaldarsi rapidamente nell’istante in cui il suo vertice sembrava essere stato messo fuori dai giochi, c’è effettivamente materiale per rendere questa fazione dei nemici un qualcosa di più complesso e multisfaccettato anziché un omogeneo gruppo di tizi anonimi che fanno gli stronzi, con fondamentalmente solo un grosso bersaglio sulla schiena e niente di più radicato a renderli interessanti ai nostri occhi.

Episodio comunque tutto sommato promosso e, così come lo scorso, superiore alla media alquanto mediocre con cui si era inaugurata questa stagione. Vi do appuntamento alla settimana prossima con il sesto episodio, di cui trovate come sempre il promo qui di seguito. Ricordate di passare dai nostri amici di

The Walking Dead ITA
Andrew Lincoln Italy
Jeffrey Dean Morgan Italia

per rimanere sempre aggiornati sullo show e i suoi interpreti, io intanto vi aspetto qui sotto nella sezione commenti per sentire anche le vostre opinioni su questo “The Big Scary U”.
Alla prossima!

https://www.youtube.com/watch?v=ygJzW3kqo6c

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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