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Westworld | Gli showrunner parlano delle svolte del secondo episodio

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Westworld | Gli showrunner parlano delle svolte del secondo episodio

Westworld - Episode 2: Anthony Hopkins. photo: John P. Johnson/HBO

Il secondo episodio di Westworld, serie firmata HBO, ha introdotto nuovi personaggi e misteri, mostrandoci una scena atroce per Maeve (Thandie Newton). Di seguito troverete le risposte di Jonathan Nolan e Lisa Joy alle nostre spinose domande sull’episodio “Chestnut”.

ENTERTAINMENT WEEKLY: E così questa settimana abbiamo incontrato i due uomini a cui i protagonisti del film dedicato a Westworld hanno passato il testimone, eppure avete scelto di farceli conoscere solo nel secondo episodio.

Jonathan Nolan: Volevamo che ci fosse questa prospettiva nello show, volevamo cominciare dagli ospiti per far capire da che parte stessimo. Sono personaggi differenti da quelli del film originale (“Il mondo dei robot” di Michael Crichton, ndt). Dato che il Western è una recondita fantasia degli uomini, abbiamo pensato bene a quale prospettiva volevamo dare al parco e l’idea di due scapoli del film ci sembrava perfetta.

La cosa interessante è che incontriamo Angela, l’ospite che guida William all’inizio, che sembrava avere un’autocoscienza. Sembra perfettamente a sui agio nel suo ruolo anche se sa di non essere reale.

Nolan: C’è una differenza fra essere senzienti ed essere coscienti del contesto circostante. Angela è stata programmata, proprio come Maeve e Dolores, per far parte di una porzione della storia dei clienti. Potrebbe aver agito sulla base di un dialogo rigorosamente preparato in precedenza: è stata programmata con poche frasi che fanno pensare che sia senziente e cosciente di sé stessa, ma non vuol dire che quell’autocoscienza sia necessariamente presente. È l’equivalente di un chatbot (un robot che simula una controparte umana durante una chat, ndt), basta poco per far credere che sia reale. Alcuni dei primi esempi di umani che interagivano con una Intelligenza Artificiale sono stati al Cal-Tech o al MIT, dove il primo chatbot è stato programmato con una regola molto semplice. Bastava digitare una frase e il bot, secondo un principio elementare, si limitava a riformulare le ultime parole digitate per ripresentare la stessa frase sotto forma di domanda. Una versione poco più sofisticata di Go On. Una notte il dispositivo non fu spento e la mattina seguente una dattilografa iniziò a interagire con il bot, continuando per ore e pensando che fosse uno dei migliori conversatori che avesse mai incontrato! Era una c***o di macchina che ascoltava, a differenza di molte persone che conosceva. Quindi non serve molto per far credere che un robot sia reale. Angela sembra molto umana, ma non c’è alcun motivo di pensare che, non appena William indossa il cappello e attraversa la porta, i suoi occhi non si spengano e torni alla stazione. Infatti in futuro vedrete una scena dove ci sono tutti gli ospiti allineati, in attesa dell’arrivo del treno seguente.

In quella scena Angela dice una cosa stupenda a William, dopo averlo incontrato: “Se non vedi la differenza, ha importanza?”, il che sintetizza molto bene il conflitto etico proposto dalla serie.

Lisa Joy: Grazie, ci sembrava che quella battuta potesse riassumere il dilemma morale che ci troviamo ad affrontare. La gente è abituata ai videogiochi, a esultare dopo aver massacrato una marea di personaggi perché è così che si arriva alla vittoria. Ma quando la prospettiva si fa sempre più sofisticata e si inizia a provare empatia, può anche diventare più difficile premere il grilletto… Ma è giusto che sia così? Oggi esiste la realtà virtuale, un livello di immersione nel gioco tutto nuovo. Vedere le cose in un ambiente virtuale mi ha fatta sentire più coinvolta a livello morale nelle mie azioni. Anche se i personaggi non sono totalmente reali, cosa significa l’essere disposti ad abbandonarsi al nichilistico atto della distruzione? È una domanda che ci poniamo sempre più spesso.

Nolan: È anche un modo per chiarire il test di Turing.

Poi William deve scegliere letteralmente fra un cappello nero e un cappello bianco…

Nolan: Una delle prime decisioni da prendere all’interno di un gioco di ruolo è da che parte si vuole stare: buoni o cattivi? I giocatori più accaniti provano entrambe le fazioni. La storia del gioco è pensata per renderci gli eroi del gioco in ogni caso, sia quando si sta con i buoni che con i cattivi. La condizione degli ospiti ci è apparsa triste e struggente: non possono essere né protagonisti, né antagonisti. Quel ruolo è riservato ai clienti, a loro è concesso essere le stelle del parco.

Il personaggio meno simpatico della serie è Lee, lo scrittore del parco che rimane dietro le quinte. Trovo divertente che lo abbiate dipinto in questo modo, essendo voi stessi scrittori.

Joy: Non ci si può prendere tanto sul serio. C’è una drammatica ironia nel fatto che Lee Sizemore, lo scrittore, abbia un carattere tanto teatrale e sia distrutto dalla sua arte. Mentre all’esterno ci sono i poveri ospiti che muoiono nelle sparatorie, lui ha una crisi isterica quando viene modificato un dialogo. È una caratterizzazione pensata per sottolineare l’ironia della situazione e il fatto che il processo creativo vede la partecipazione di molti tipi di carattere. Alcuni sono più esuberanti di altri, e vi assicuro che ho visto di peggio.

Nolan: James, secondo me è meglio sottolineare che ogni somiglianza fra Lee Sizemore e qualunque scrittore è una pura coincidenza.

Dovremmo chiederci se nel backstage, fra voi “addetti ai lavori”, c’è qualche robot? O forse è impossibile che vi sfugga la differenza fra un automa e un umano, dato che siete esperti?

Nolan: Non so come rispondere! Penso sia fantastico che ci facciate domande sulla natura della storia. Sono molto sospettoso nei confronti dei colpi di scena che ti fanno mancare il terreno sotto i piedi all’improvviso: possono andar bene in un film, ma arriva il momento in cui il pubblico ha bisogno di credere in qualcosa, di avere un punto fermo. Per questo nello show ci sono sorprese e colpi di scena, vogliamo cogliere gli spettatori impreparati ma anche dare loro qualche personaggio fisso.

Potete dirci se l’Uomo in Nero sta compromettendo il gioco con le sue azioni o se tutto quello che fa (dallo scotennare un Indiano a uccidere la moglie di Lawrence) è subordinato allo scopo di raggiungere un livello segreto?

Nolan: Da giocatore, sono sempre stato affascinato da come ogni gioco famoso venga scandagliato alla ricerca di errori o easter egg (elementi inseriti nel gioco che rimandano ad altre produzioni di qualunque genere, dal letterario al cinematografico, ndt). I programmatori hanno capito in fretta che gli errori potevano essere trasformati in easter egg per i giocatori esperti che finiscono in fretta la trama, quindi alle volte esiste una seconda linea narrativa. Se l’Uomo in Nero abbia ragione o meno è una questione su cui indagheremo.

A William viene detto che a Westworld non può essere ferito. Ma se è un altro cliente a ferirti? Cosa impedisce a un cliente di accoltellarlo credendo che sia un robot? C’è una parola di sicurezza?

Joy: Abbiamo discusso molto delle regole del parco. Molte cose rimangono implicite nella serie, ma negli ospiti esiste il Riflesso del Buon Samaritano. Per esempio, fingiamo di essere in un bar a fare a botte con un tizio armato di coltello. Magari c’è anche un altro cliente che non conoscete e che crede che siate un ospite, per cui cerca di accoltellarvi. In quel momento, un ospite si inserirebbe nella rissa e prenderebbe la coltellata al posto vostro, da buon samaritano. Gli incidenti possono comunque capitare, come cadere da un dirupo, ma la casistica è mitigata dal fatto che persino gli animali (escluse le mosche) sono ospiti, per cui nessun cavallo vi disarcionerà mai causando la vostra morte.

Il modo in cui l’episodio inizia e finisce lascia pensare che Bernard abbia detto a Dolores di prendere la pistola. È questo che dobbiamo credere?

Nolan: È una teoria interessante.

Joy: È una teoria interessante. Dovete sicuramente pensare che Dolores senta una voce e che sia attratta dalla pistola. Non sapete però da dove venga la voce.

Non è chiaro perché Maeve si svegli durante l’intervento. È perché usa la tecnica del conto alla rovescia (usata dalla programmatrice Elise mentre era offline per farle cambiare modalità) e invece di uscire dal “sogno” si accende nel momento sbagliato?

Nolan: È parte del meccanismo, Maeve fa delle aggiunte, ma ci sono altri motivi per cui si risveglia.

La sequenza in cui Maeve vaga per lo stabilimento mi è sembrata molto efficace e la considero la parte più inquietante di questi primi episodi. C’è stato un contrasto da incubo fra la disperata umanità della sua situazione e l’ambiente freddo, clinico in cui si trova. Inoltre ho sentito dire che doveva essere la scena conclusiva del pilot, ma avete pensato che stesse meglio alla fine del secondo episodio?

Nolan: Sì, abbiamo girato la scena come parte del pilot ed era quella di cui ero più fiero, come regista. Ci siamo divertiti molto ad assemblarla. Thandie Newton è un’attrice senza paura e, c***o, è fantastica. Parte della scena è stata girata in un ranch cinematografico, un’altra parte è stata girata al Pacific Design Center di Hollywood e un’altra ancora è stata girata sui nostri set, poi abbiamo unito il tutto. Quasi tutti gli elementi della scena sono reali, inclusa la parte in cui Maeve chiude gli occhi ed è sul tavolo operatorio. Abbiamo adorato quella scena e ci è sembrato di avere già molta carne al fuoco nel pilot, per cui la scena è stata spostata. Ci sembrava di aver stabilito chiaramente il punto di vista di Dolores, per cui nel secondo episodio siamo passati deliberatamente a quello di Maeve per vivere la sua esperienza. È una delle sequenze che più amo fra quelle a cui ho preso parte.

Per quanto “No Surprises” dei Radiohead sia bellissimo, come mai usate questa canzone dell’album OK Computer invece di “Paranoid Android”, che sarebbe perfetta? Sarebbe stato troppo?

Nolan: Chissà, magari ci arriveremo!

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Classe 1993. Innamorata di serie TV e libri. Un giorno abiterà a New York. O a Tokyo. O a Milano. O ovunque. Grifondoro da sempre, ma allenatrice Pokemon di recente. Odia il sushi, ma ama la pasta. Vorrebbe vivere di notte, ma è costretta a farlo di giorno. Non crede nei per sempre, ma crede nei mai. E' attratta dal russo, ma non dalla Russia. Beve vino, ma solo se bianco. Le piace la birra, ma solo se bionda. Il tramonto è bello, ma l'alba è meglio. Ama dormire, ma poi legge sempre un altro capitolo. Non si asciuga mai i capelli, ma si lamenta della cervicale. Con il corpo è in Italia, ma con la testa è in America. Ama parlare, ma non sa quando tacere. Non ha mai tempo per nulla, ma finisce per guardare sempre un altro episodio. Non mangia la verdura, ma impazzisce per la frutta. Adora i gatti, ma vorrebbe anche un cane. Odia i vincoli, ma se ne crea sempre di nuovi. Ha paura di avere paura, ma sa che è necessario. Non sa mai se abbinare lo smalto fra mani e piedi, ma sa mettere l'eyeliner a occhi chiusi. Il suo colore preferito è il rosso, ma anche l'azzurro non è male. Le piace andare al mare, ma sciare è più bello. "Questa serie è bella, ma proviamo anche quell'altra che non si sa mai". Ha una pessima memoria, ma ricorda interi album a memoria. Il suo supereroe preferito è Batman, ma anche Deadpool non scherza. Detesta portare gli occhiali, ma li ha sempre sul naso. È un'inguaribile realista, ma in fondo aspetta solo che il suo Dottore la venga a prendere.

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