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This Is Us | Recensione 1×13 – Three Sentences

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This Is Us | Recensione 1×13  – Three Sentences

Bentornati, fan di This Is Us, che ogni settimana condividete gioie, emozioni, e le immancabile lacrime che ci colgono a tradimento, anche in una puntata decisamente “light” come quella odierna, proprio come ci era stato anticipato dal suo creatore, che sosteneva fosse necessario inserire qualcosa di emotivamente “meno impegnativo”, tra i vari momenti significativi e colpi del destino. Pensate quindi a quello che ci aspetta in futuro.

La scorsa recensione è stata pubblicata prima che mi raggiungesse la festosa notizia del rinnovo per BEN due stagioni: avremo quindi altri TRENTASEI episodi (almeno!) da trascorrere insieme a una famiglia che ha saputo rendere straordinaria la sua normalità, e che la condivide generosamente con noi. Visto il successo, soprattutto di ascolti, ero certa che sarebbe stato rinnovato, ma è sorprendente che il network abbia deciso di fare una scommessa notevole (speriamo non azzardata) su questo show. Non so se facciate parte anche voi di chi attende settimanalmente che Mr Nielsen (il nostro Auditel) dia la sua sentenza, ma se è così, saprete bene che gioie come questa sono molto rare nel panorama televisivo americano e sono quindi da tenere molto strette.

La puntata mi è piaciuta moltissimo, e questa non è una novità. This Is Us è uno show tanto abilmente e creativamente costruito che è impossibile trovare dei difetti strutturali di una certa sostanza, se non indulgendo nella formula generica che si pone a corollario della perfezione manifesta e cioè: “Dovrà pur avere dei difetti, come tutti”, con cui si cerca normalmente di mettere le mani avanti ed evitare noiose dissertazioni. In realtà, no. Non trovo pecche nemmeno volendo per forza fare la recensora obiettiva che dice le cose come stanno. Il mio parere molto obiettivo su questo telefilm è “Che cosa abbiamo fatto per meritarci questa abbondanza” e “Continuate a riempirci le settimane di tanta bellezza”.

Mi è piaciuta soprattutto perché, finalmente, ho trovato appaganti e significativi gli sviluppi delle storie di Kate e Kevin. Ho sempre detto che la vicenda di Randall è indubbiamente quella che, per come è stata concepita, è più predisposta a essere sviscerata e approfondita (e amata), anche perché piuttosto particolare e per questo più attesa, mentre le vite dei suoi fratelli seguono una traiettoria incanalata in binari più “normali” (con tutte le remore del caso che ho sempre nell’usare una parola tanto sopravvalutata) e anche più prevedibili.
Aspettavo da tempo che questi due personaggi spiccassero il volo. Non perché non mi piacesse quanto di loro ci è stato finora raccontato, solo che si è sempre dato più tempo – anche per via della triste mancanza di esso – a Randall, alle prese con il rapporto tutto da costruire e, aihmè, memorizzare, con il suo padre biologico e tutto ciò che la sua assenza ha comportato, a ritroso, nella costruzione della sua personalità. Via, è stato facile far sì che Randall diventasse uno dei preferiti, non l’ho mai negato.
Kevin e Kate, al contrario, hanno sempre un po’ lottato per farsi spazio e diventare protagonisti reali e personaggi autonomi, sia l’uno dall’altro, che nei confronti del telefilm in generale. Kevin è l’attore diventato (improvvisamente? Non lo sappiamo, in realtà) ricco e famoso, che vive una stereotipata esistenza hollywoodiana a cui si ribella e che si trova costretto a ricominciare da capo, contando solo sulle sue forze, su un’autostima non esattamente brillante e un ego un po’ fragile. Kate è, in qualche modo, sempre stata “relegata” ai suoi problemi di peso, come se si esaurisse in essi e come se non fosse necessario indagare sulle motivazioni interiori che hanno generato il tipo di conseguenze che abbiamo visto all’opera, rendendomi per questo quasi difficile riuscire a instaurare un legame emotivo con lei.

Questa puntata riesce a darci una visione più attenta e interessata della psicologia di due personaggi lasciati lievemente in disparte (ricordando sempre che parliamo di This Is Us, dove le normali categorizzazioni perdono di valore, avercene di personaggi “lasciati in disparte” in questo modo). Sono infatti loro due ad essere riusciti a emozionarmi, grazie alla possibilità che abbiamo avuto di accompagnarli nei brevi accenni che ci sono stati concessi su importanti eventi del loro passato, che li hanno resi quelli che sono.
Parliamo per primo di Kevin, davanti al quale scuotiamo sempre un po’ la testa per il suo essere un cucciolo entusiasta che, senza volerlo, fa più danni di quanto abbia intenzione, con suo grande stupore (per questo motivo, non si può mai rimanere troppo a lungo arrabbiati con Kevin – ops, tranne Sloane che è davvero, davvero infuriata. Non ha torto, in effetti Kevin l’ha davvero paragonata alla cintura di sicurezza da mettersi in auto. E per una ragazza non è proprio il massimo).
Niente al mondo, però, mi aveva preparata al fatto che Kevin fosse già stato sposato?! Perché non ne sapevamo nulla?! Sì, lo so bene che This Is Us cerca sempre di sorprenderci optando per la strada meno ovvia, quindi ero certa che non avrebbe scelto né Olivia né Sloane, perché, diciamocelo “Love of my life” de che?. Le conosce da due giorni e nessuna delle due, seppure splendide a modo loro (Sloane è buffa e ironica e Oliva non ce la faranno mai a rendermela insopportabile, anche se ci stanno tenacemente provando), può aver generato un sentimento tale. Sì, certo, esistono i colpi di fulmine, ma, secondo me, se sei indeciso tra due donne che ti piacciono allo stesso modo, la verità è che non ti piace nessuna delle due. Come on! Lo scrivono sempre su Cosmopolitan e su ogni manuale psicologico per principianti. È proprio alla base della filosofia da cui estrapolano i bigliettini dei Baci Perugina. Entra quindi in campo Toby, consigliere sentimentale e grandissimo esperto di gesti romantici, che con i suoi metodi riesce a far sbloccare la situazione.

Now I want you to picture the love of your life. Imagine that you have 30 seconds to win her back. One shot, three sentences. What are those sentences, and who are you saying them to?

Non avevo però idea di dove sarebbero andati a parare e pensavo anzi a un nuovo amore improvvisamente sorto bruciante da un rapido sguardo scambiato con una sconosciuta per strada e, invece – carramba! – ecco che fa il suo ingresso Sophie, una donna meravigliosa che, senza nemmeno dire una parola, mi aveva già conquistato e convinto che fosse assolutamente giusta per Kevin. Stavo ancora tentando di metabolizzare il fatto che Kevin fosse stato sposato con quello che, secondo i calcoli, doveva essere il suo amore di gioventù, quando ho improvvisamente collegato questa Sophie alla migliore amica di Kate, dettaglio poi diventato reale quando ci è stato mostrato il piccolo Kevin decenne che, innamorato e romanticissimo, ha voluto che il tema per la sua festa di compleanno fosse “The Princess Bride”, proprio in onore di Sophie. Le ha dedicato la propria festa di compleanno (aggiungere cuori a profusione). Per un bambino di quell’età i compleanni sono di solito un evento imprescindibile, soprattutto amando Kevin da sempre le luci della ribalta e l’essere protagonista. Sono sicura che ha ancora il biglietto di auguri, nascosto da qualche parte.

 

Finalmente si rivela a noi il lato tenero di Kevin, che magari non sa fare grandi dichiarazioni d’amore, con il suo blaterare di aver “perso un braccio”, perdendo lei, ma che è riuscito a trasmettere tutto il sentimento che prova ancora per la sua ex-moglie. Niente mi ha emozionato tanto quanto il semplice messaggio “Where?”, spedito da Sophie, che è riuscito a farmi 1. galoppare il cuore di anticipazione, 2. rendermi fan della ship e, soprattutto, 3, del fantastico colore di capelli di Sophie. #NoRegrets. Olivia e Sloane, è stato bello, ci si rivede altrove.

   

Kate, Kate. Finalmente ho “sentito” la vera, umana, Kate, quella che si nascondeva sotto ai problemi di peso, che sono la corazza che oppone al mondo, e dietro le sue battute ironiche sugli stessi, per distogliere l’attenzione dalla vera sé. Quando a Natale abbiamo assistito al crollo (letterale) di Toby nel salotto di casa Randall, una delle varie ipotesi che mi si erano affacciate nella mente era proprio quella che i problemi di salute di lui (nell’eventualità che non fosse morto) le avrebbero fatto vedere sotto un’altra luce la prospettiva di un intervento che era stato presentato, francamente, come spaventoso. Non mi aspettavo, però, che proprio adesso che Toby è convalescente e costretto a rimanere a New York, tenendo conto che si sono anche appena fidanzati, se ne andasse in quello che lei chiama “Fat Camp”, per starci un mese. Non che io sia contraria all’idea (non so in realtà nemmeno che cosa siano i Fat Camp, ero curiosa anzi di scoprirne di più), solo che mi sembra che il timing sia, quantomeno, un po’ curioso.

Mi ha fatto moltissimo ridere che Kate si sia preparata al suo soggiorno tra i monti Adirondack come se stesse per affrontare il sergente istruttore di Full Metal Jacket, evenienza per la quale non ho dubbi che sarebbe stata prontissima, dato il suo modo molto risoluto di affrontare il mondo esterno come se fosse un campo di sopravvivenza. Invece, si tratta di qualcosa di diverso, qualcosa per cui non era pronta e che l’ha messa in crisi. Immagino che il medico che glielo ha consigliato sapesse quello di cui aveva maggiormente bisogno.
Dentro Kate si sono accumulati anni e strati di sofferenza e dolore. Fin dalla prima volta in cui l’hanno fatta sentire diversa per il suo aspetto fisico, fin da quando si è sentita diversa da sua madre, figura di riferimento nella quale si specchiava (quando si è accorta di aver bisogno di qualche taglia in più di lei), per arrivare al momento più traumatico della sua vita, la morte del padre. Aveva bisogno che tutte queste emozioni represse (che, lo sappiamo, se non trovano una vita di uscita, implodono facendoci del male) venissero a galla, in un ambiente protetto, ed è proprio quello che è successo, quando la sofferenza è risalita in superficie in un urlo liberatorio.
Non so voi, ma io desidero ardentemente mettermi a picchiare bacchette sul tappetino di yoga, come antidoto allo stress. Deve essere liberatorio tanto quanto il tip tap di Rory nel revival di Gilmore Girls.
I ricordi di Kate sono serviti anche al pubblico per cominciare a capire qualcosa di più sull’interrogativo che ci attanaglia: la morte di Jack. Abbiamo scoperto che Jack è morto quando i Big Three erano presumibilmente al liceo, quindi più o meno nel periodo che ci hanno già mostrato nella puntata delle lavatrici, quando non avevamo potuto fare a meno di notare una certa distanza tra i coniugi Pearson.
Vorrei ovviamente saperne di più, ma già la breve carrellata sul funerale di Jack, la foto con sopra la scritta “In loving memory”, i figli al cimitero e il colore delle luci mi hanno fatto vacillare il cuore e convinto che più approfondiremo la dinamica della morte di Jack e più avrò bisogno di robusto sostegno. Ho già visioni di me che ho reazioni molto misurate in cui batto i pugni contro il muro chiedendo alla Sorte perché sia dovuto morire proprio lui. E lo so, lo so, è la vita eccetera. Però è ingiusto.

Il campo di “ritrovamento di sé” frequentato da Kate ci offre l’invidiabile opportunità di conoscere un nuovo personaggio: Duke, lo stalliere. Come fare a meno di un personaggio tanto amabile? Mi strappo i capelli al pensiero che ce lo abbiano tenuto nascosto tanto a lungo.

Ora. (Introduzione all’invettiva).
Io posso anche comprendere, intellettualmente parlando, ma con il sopracciglio un po’ alzato, quanto sia affascinante l’uomo che non deve chiedere mai e che ti conquista con il suo fascino rude. (No). Il bad boy che non vorresti che ti attraesse, ma invece sì, lo fa tuo malgrado, il ragazzo spavaldo barra ribelle che ti prende alla sprovvista ribaltando le convenzioni del corteggiamento classico – cioccolatini e gentilezze – e ti afferra al volo arrivando al galoppo, trascinandoti sulla sella di meravigliose avventure fuori dalla tua zona di comfort (le metafore con i cavalli erano tristemente obbligatorie). Chi di noi non è mai stata attratta da un narcotrafficante dall’aria sinistra e il cipiglio oscuro, in fondo?
Ecco, Duke, questo NON sei tu. Che io già non ho più la predisposizione a trovare sexy atteggiamenti quali “E invece cederai al mio fascino, bambina”, soprattutto se espressi da un uomo decisamente non a suo agio nella parte, che ha la stessa voglia di sedurla quanto di pulire sopra i mobili della cucina. Duke, lascia fare certe cose a chi ne sa e a chi può, e tu evita di fare il bello e dannato, che al massimo sembrava che le stessi dando appuntamento per ritirare le camicie in tintoria. E poi cosa vogliamo fare? La trasposizione moderna di “Lady Chatterley”? Ma per favore.

Kate, dovevi fermarti a “non sono qui per farmi insultare” e non dargli ulteriore credito o attenzione, anzi, segnalarlo alle autorità. Non è l’uomo grezzo che nasconde perle inesplorate di grandezza d’animo, come gli Harmony insegnano. È proprio poraccione.
Sì, so di averlo giudicato in modo pesante e che alla prima occasione cambierò idea, perché succede così in This Is Us, riescono a farci amare chiunque (sto ancora aspettando di trovare piacevole Miguel, comunque), e in realtà non lo sto nemmeno dicendo perché sono subitaneamente andata in protezione di Toby e della sua storia d’amore con Kate.
Trovo anzi che in questa puntata ci sia stata una brusca frenata di feels per quanto li riguarda. A parte averli trovati molto “cute” nel loro ripetersi increduli di essere il “fiancè” dell’altro, non ho visto molto di più. Soprattutto ho trovato poco organico e anticlimatico spedirla altrove. Sospendo il giudizio sullo sviluppo di questa storyline perché non ho ancora tutti gli elementi per valutarla. Vorrei solo dire a Kate di battere pure i tamburi, se vuole, ma di lasciar perdere l’Uomo delle Caverne che vive nel secolo sbagliato.

Randall e William fanno altri passi nella conoscenza reciproca. William è stato totalmente esilarante nella sua specie di sbornia da assenza di chemioterapia, che l’ha reso una mina vagante per il povero Randall che, se pure ha tante qualità ed è infinitamente generoso e pieno di sense of humor, ha però la tendenza a essere piuttosto inquadrato e a vivere la vita sempre facendo la “cosa giusta”. È un uomo affidabile, pratico, che conduce la sua esistenza senza troppi scossoni. Scossone che invece si ripresenta continuamente nelle vesti di un padre di cui scopre sempre nuove caratteristiche. A differenza sua, William ha più l’animo imprevedibile dell’artista, ha una personalità eclettica e rifugge da un rigido incasellamento (già la scoperta della sua “sessualità fluida” era stato un colpo per il povero Randall). È intelligente, perspicace, colto e ha molte più risorse interiori di quelle che ci siamo immaginati vedendo il ragazzo triste costretto ad abbandonare il figlio, o ritrovandolo solo nel suo umile appartamento in compagnia del gatto brutto. Condivide la stessa umanità e generosità di Jack, ma in modo meno “standard”.
Temevo che Randall, che quando si tratta della sua carriera e ambizione si muove come un treno lanciato alla massima velocità, estremamente sicuro di sé e delle sue competenze professionali (nonché convinto di essere il migliore, grazie alla solida autostima di cui è provvisto in quel settore, che però non sconfina mai nell’arroganza), avrebbe rifiutato di uscire con suo padre, in una giornata lavorativa impegnativa. Immagino lo avesse previsto anche William, che però non avrebbe mai accettato un “no” come risposta. È stato divertente come William abbia finto di non rendersi conto di quanto stesse infastidendo Randall, senza darlo minimamente a vedere.
Ho letto delle critiche a Randall per il fatto di non aver accettato subito di accompagnare il padre, tenendo conto che i suoi giorni sono contati. In realtà penso che, se è pure vero che in una circostanza del genere si sappia molto bene che la morte è dietro l’angolo – e che quindi perderemo presto qualcuno che amiamo – la vita tenda un po’ a prendere il sopravvento e a imporci una normalità che serve a preservarci dalla sofferenza. Chiunque avrebbe avuto remore ad abbandonare l’ufficio per farsi una gita improvvisata (chi, oltretutto, può lasciare il luogo di lavoro senza dare spiegazioni?), con una scadenza da dover onorare, in cui c’è in ballo la propria carriera.
Non c’è bisogno di dire che ho trovato tenerissimo il ribaltamento di ruoli tra il figlio che insegna il padre a guidare, nel modo che è toccato a tutti, cioè fare infiniti giri in un parcheggio deserto, sentendosi euforici per avere imparato a curvare e, in generale, per essere in grado di far fare a un’automobile quello che si vuole (di solito, però, i parenti/martiri che si prestano non sono altrettanto pazienti come Randall). È agrodolce il modo in cui Randall sta costruendo e immagazzinando ricordi del padre, come forse non ha potuto fare con Jack (nell’ipotesi che sia morto all’improvviso o che Randall non avesse la maturità di avvicinarsi alla morte di un genitore come sta facendo con William).

Questa puntata ha dato grande spazio ai Big Three da adulti, ma la parte dedicata al passato, con Jack e Rebecca alle prese con i “problemi” quotidiani di una famiglia che sta allevando tre bambini della stessa età, è stato quanto mai apprezzabile. A me non manca di fare enorme tenerezza questa versione di Jack, uomo sempre straordinario in ogni aspetto della sua personalità (per quello che è, per come ama la sua famiglia, per come trova la sua realizzazione in essa), presentatoci qui come “chioccia di casa”. L’idea che qualcuno a cui sono capitati tre neonati in contemporanea possa avere anche solo la minima voglia di ricominciare da capo, mi fa personalmente venire voglia di dargli una targa e un premio e fuggire lontano, e Rebecca sembra pensarla nello stesso modo, visto che è lei a gestire la quotidianità della casa e dei bambini e si rende conto delle difficoltà. Ma trovo splendido che lui vada oltre i problemi pratici e che scopra dentro di sé il desiderio di tornare a occuparsi di un altro neonato, per aiutarlo a crescere, per fargli da guida e per riversare su una nuova vita quel flusso di amore di cui è ampiamente capace e di cui ci ha dato infinite dimostrazioni.


È giusto che i bambini crescano, che comincino ad avere dei gusti distinti (come nel caso della festa di compleanno, emblematica proprio in questo senso), e che vadano nel mondo ognuno seguendo la sua strada e le proprie inclinazioni. Come proprio Jack aveva detto in un’occasione passata a Randall, nel suo ufficio: “Io non voglio che siate tutti uguali, voglio che siate diversi, e completamente voi stessi”. Lo stanno facendo ed è merito di due genitori così se ne sono in grado e se sono provvisti degli strumenti giusti. Eppure riesco a comprendere la sensazione di “nido vuoto” e di non essere più così indispensabile per loro. Ma non nel senso di perdita della gratificazione egoica di sentirsi necessario, quanto per la consapevolezza che non è più in grado di trovare una soluzione a problemi che dovranno affrontare da soli, nonostante la sua buona volontà e il desiderio di fare qualsiasi cosa per loro, come dimostra il fatto di non essere riuscito a far tornare il sorriso a Kate, come era sempre successo e come si era visto nell’episodio della giornata trascorsa in piscina. Jack è sempre qualcosa di fenomenale. In ogni caso, all’idea di un altro bambino, io mi sono infilata le mani tra i capelli per loro.

Rimanendo sempre nel passato, quanto è meraviglioso il piccolo Randall che, di fronte alla mancata presenza dei suoi compagni di classe, reagisce in un modo che la maggior parte della gente nemmeno dopo anni di sedute di psicoterapia saprebbe fare? La sensazione di essere esclusi è, come si sa, pesante da affrontare, soprattutto a quell’età, di cui si dice che i bambini tendano a essere poco empatici e un po’ crudeli, e immagino che la scelta della scuola di imporre l’invito esteso a tutta la classe cercasse proprio di evitare conseguenze del genere. Chiaramente però la scuola non può obbligare la gente ad andare effettivamente a una festa se, per svariati motivi, non è interessata a farlo.
Randall è invece serafico nel rispondere che non è affatto ferito, perché l’ovvio motivo è che lui non è amico di tutti, e quindi è normale, perfino logico, che non tutti siano alla sua festa. Lui ha tre amici, e quelli sono presenti, che importa del resto? Non drammatizza la situazione e non se ne fa un cruccio, dando valore a quello che ha di genuino è presente nella sua vita, felice di quello che ha, invece di soffrire per il disinteresse di quelli che per lui sono poco più di estranei. Piccolo Randall già Maestro di Vita.

  

Prima di concludere, aggiungo che adoro i modi sempre diversi che scelgono di iniziare la puntata, questa volta con il filmino dei passati compleanni dei bambini. Sono stati pochi minuti, ma preziosi per regalarci fiotti di quell’amore che si è sempre respirato a casa Pearson, e di cui i tre figli adulti sono ricchi. (Anche se ogni volta dimentico che è ANCHE il compleanno di Jack e avrei voluto abbracciarli tutti, quando sono arrivati con il cartellone anche per lui).

 

Vi è piaciuta questa puntata? Ho letto che non è stata apprezzata granché, proprio perché il tono è stato un po’ diverso dagli altri, meno drammatico rispetto al solito. Ribadisco che invece a me è sembrata non solo ben fatta (come sempre), ma anche utile per proseguire il nostro viaggio conoscitivo dei personaggi, per una volta in modo solo un po’ più lieve di quanto ci abbiano abituato.

Vi lascio con il promo della prossima puntata (che andrà in onda tra due settimane), e vi ricordo di passare da queste pagine per rimanere sempre aggiornati su This Is Us.

Milo Ventimiglia Italia
Mandy Moore Italia
This Is Us Italia

This Is Us Italia(gruppo)


A presto!
– Syl

4 COMMENTS

  1. In questi giorni ho fatto il mega-recupero di TIU ed ora, finalmente, posso guardare subito le puntate e poi fiondarmi immediatamente qui per le tue recensioni. Felicissima!!
    Adoro questa serie. Punto. Adoro questi spicchi del passato e del presente che si uniscono, si fondono, fino a formare un quadro in cui è tutto assolutamente perfetto (in questa puntata occhi a cuore a volontà per Kevin-Sophie. Già li shippo troppo!).
    In ogni puntata mi sento presa per mano e accompagnata, delicatamente, in una grande storia. Ed anche oggi è stato così. Ho amato questa puntata
    Ho adorato Randallino e la sua filosofia del “pochi ma buoni”. “Non ci sono gli altri bambini? Non mi interessa. Ho tre buoni amici, questo mi basta” (*corre ad abbracciarlo).
    Ho sentito i brividi con Kate. Le sue ferite che l’hanno accomagnata in tutti questi anni. Ferite che, come tutto ciò che ancora non è stato superato, sono lì, ancora aperte, fanno male e, volente o nolente, ti definiscono.
    Mi è scappato un “non ci credo!” quando si è composto il puzzle Kevin-Sophie (ho già detto che li shippo? ). Durante la dichiarazione (in pieno stile commedia romantica, ma il mentore Toby è esperto di film romantici ), ho pensato “minimo gli dirà di andarsene, che ormai è finita, che è sposata…” invece Big Surprise!! Kevin era sposato!! Loro erano sposati!! Lei è la piccola Sophie!! ❤ Carramba!! (Il richiamo al passato con “I love her” del piccolo Kevin Dopo questa Kevin ti perdono anche per l’uso improprio e non autorizzato dell'”always” che è un’esclusiva di un’altra coppia…).
    E poi, Randall e William, la scuola guida e i flash sul funerale di Jack. Niente, ho amato la puntata. Amo questa serie. ❤
    Non è un commento, è fangirl puro!
    Alla prossima! 🙂
    (Ah, dimenticavooo, straquoto il pollice verso per l’uomoCheNonDeveChiedereMai)

    • Ciao!
      Condivido tutto 🙂 In questo tf sono in grado di prendere delle storie più o meno “normali” (se nel concetto di normalità facciamo rientrare anche essere il protagonista famoso di sit com) e renderle interessanti. Quello che poi mi piace di più è che sembra che siamo davvero di fronte a qualcuno che sa veramente come mandare avanti uno show, senza cadere negli errori classici (per esempio voler creare troppo drama o suspance o cliffhanger inutili, questo genere di cose). Mi piace anche come mescolano puntate classiche di alternanza presente-passato e quelle più tematiche (come la scorsa). Penso siano molto coinvolti nella stesura della storia ed enormemente entusiasti, cosa che viene trasmessa e che il pubblico sente.
      Grazie di essere passata 🙂

  2. Leggere le tue recensioni è come sentirsi a casa perchè ritrovo sempre per iscritto quello che ho pensato vedendo la puntata. Inutile dire che concordo su tutto e ribadire quanto sia meraviglioso William anche in questa sua versione più “leggera”.
    Ti dirò invece che per la prima volta mi sono commossa con Kate, durante la sessione di percussioni, e non solo per i flash sul suo passato e sulla morte di Jack, ma proprio per quell’urlo straziante e liberatorio in cui è esplosa: l’ho sempre vista chiusa e bloccata ed invece quel grido mi ha travolta; spero che sia solo l’inizio del suo sblocco.
    Il matrimonio di Kevin è stato un fulmine a ciel sereno, che mai mi sarei aspettata, ma già adoro Sophie e ancora di più il fatto che sia il suo amore d’infanzia – la tenerezza infinita.
    Ti propongo una riflessione. In questo episodio Jack e Rebecca decidono di avere un altro bambino. Nei flashback del periodo successivo, quando i big three sono adolescenti (e più o meno all’epoca anche della della morte del padre), Jack e Rebecca sembravano attraversare una crisi. Io ho immediatamente collegato le due cose, ovvero che il loro apparente distacco potesse essere legato alla mancanza di quel quarto figlio che a quanto pare non è mai nato. Che mi dici?

    • Ciao!
      Questa cosa di avere/non avere altri bambini in effetti ha dato da pensare anche a me, perché Jack l’ha ripetuto spesso, e dubito che gli autori di queste telefilm inseriscano dettagli a caso. Lui e Rebecca avevano già avuto contrasti per la prima gravidanza, con lei che non se le sentiva e lui che invece aveva come obbiettivo primario quello di avere una famiglia. Lui indubbiamente trova la sua realizzazione nella famiglia (per quanto visto fin qui), mentre lei ha anche altre aspirazioni (per quanto visto nella puntata con i figli al liceo). Non so se questo possa essere stato motivo di allontanamento. Jack però mi è sembrato abbastanza convinto di non volerne altri, visto che i bambini, anche se non più neonati, avrebbero richiesto crescendo cure e attenzioni, senza tralasciare l’aspetto economico, immagino. Io avevo inteso che fosse chiusa qui la questione, e che forse il problema è più che, con il crescere dei figli, ci fosse spazio per aspirazioni più personali che magari con il tempo hanno portato a non avere più molto da dirsi (lo scrivo come ragionamento, non riesco a pensare che si siano allontanati davvero, anche se, purtroppo, l’abbiamo visto accadere).
      Su Kate sono d’accordo con te, quell’urlo è stato una vera liberazione per lei, o almeno una specie di inizio, perché immagino che ci siano molti strati sedimentati nel tempo che hanno bisogno di essere svelati e guariti (e no, lo stalliere dubito serva allo scopo -.-).
      Sophie Kevin sono meravigliosi!! Lei è fantastica e lui chiaramente ancora innamorato. Non vedo l’ora di conoscerla meglio e di sapere che cosa è successo! E poi voglio che si risposino di nuovo, se a tutti va bene 😀
      Grazie di essere passata! 🙂

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