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The 100 | Recensione 3×03 – Ye Who Enter Here

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The 100 | Recensione 3×03 – Ye Who Enter Here

Dopo una premessa durata due settimane, con questo episodio entriamo nel vivo dell’azione: la guerra, sulla Terra, è finalmente scoppiata. Già dallo scorso anno, gli autori di The 100 hanno dimostrato di essere capaci di spingere i personaggi oltre i loro limiti, costringendoli a maturare forzatamente. I ragazzini che, nella prima stagione, pensavano a come sopravvivere, ma ancora si chiedevano se fossero o meno dei soldati, se potessero decidere della vita o della morte di un altro essere umano, e se dovessero o meno continuare le tradizioni dell’Arca, sono cresciuti in un ambiente ostile dove sono, in effetti, diventati dei soldati, e, come tali, non possono mai sentirsi al sicuro.
Gli intrighi politici della serie, finora, non sono particolarmente complicati (è probabile che vengano mantenuti abbastanza lineari), ma le manovre militari iniziano con un gesto eclatante che rappresenta un bel colpo di scena.
Le ripercussioni dello scoppio della bomba a Mount Weather saranno molto pesanti per tutti, ma per Monty, Raven e Bellamy in particolare.
Se la madre di Monty era lì, lui avrà perso entrambi i genitori, e dovrà affrontare il lutto e la consapevolezza di essere rimasto solo. Se si unisce a questo il litigio con il suo migliore amico e il dover combattere un’altra guerra, avrà di fronte un bel carico emotivo da affrontare, e se la faccenda verrà trattata bene (e, soprattutto, se Larkin sarà all’altezza), ci sarà un bell’arco narrativo, dal punto di vista emotivo, per lui.
Raven, invece, con lo scoppio della bomba perde la speranza di curarsi la gamba che le aveva dato Abby. E’ molto toccante il dialogo tra lei e Sinclair, e nel momento in cui Raven lascia cadere la sua maschera di donna dura, e si sfoga in un pianto liberatorio, emerge tutta l’umanità di questa ragazza, che ha sofferto così tanto da non avere più la speranza di poter rimettere insieme i cocci della sua vita. Lindsey Morgan ha saputo rendere bene il tormento di Raven, il suo terrore di essere, ormai, persa e di non poter più ricostruire quella parte di sé che è stata distrutta. Le parole di Sinclair la scuotono e colpiscono nel segno: aveva bisogno di sentirsi dire da tempo che merita il meglio, che merita di migliorare, e ha bisogno di crederlo ancora, in futuro. Anche se sarà difficile riuscire a rimettere ordine nella sua testa e curare le sue ferite, emotive e non, Raven è testarda e se riuscirà a tenersi ben stretta quella convinzione, le cose per lei miglioreranno. Per ora, dovrà, di nuovo, fare i conti con quello che ha vissuto.

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Bellamy, con l’attacco a Mount Weather, perde Gina, che muore accoltellata. Non l’abbiamo conosciuta bene, perciò è difficile essere dispiaciuti della sua morte quanto lo saremmo per un altro dei Cento, ma lei era importante per Bellamy, e lui dovrà vivere non solo il dolore di averla persa, ma anche il senso di colpa per essersi fidato, a torto, di Echo, favorendo l’attentato. Sarà interessante vedere come reagirà a questa morte, ma quello che è certo è che sarà pieno di rabbia contro i Grounder dell’Ice Nation e, probabilmente, questo lo porterà a non essere sempre razionale.
Ma Bellamy rischia di perdere anche le altre due donne a cui tiene di più: Octavia e Clarke.
Ha davanti la prospettiva di dover dire addio a Octavia, la sorellina che ha seguito sulla Terra, arrivando a sparare a Jaha, rischiando la vita. Adesso lei vuole andarsene perché ha realizzato che le stesse persone che suo fratello cerca così disperatamente di proteggere non sono la sua famiglia. Il loro rapporto si è evoluto, nel corso della serie: nella prima stagione, Bellamy era molto protettivo verso Octavia; col tempo, ha imparato a lasciarla andare, senza però smettere di preoccuparsi per lei. Ha imparato a vedere in sua sorella una donna indipendente, che sa prendere delle decisioni da sola e affrontarne le conseguenze, e che ha deciso da che parte stare e a chi giurare fedeltà. Accettare che lei se ne vada, ma mostrarle comunque il suo appoggio, è un gran gesto di stima e affetto. Non importa quanti tradimenti, in guerra o in amore, dovranno affrontare, e quante volte si sentiranno persi o soli: ci saranno sempre l’uno per l’altra, e, anche se appartengono a due fazioni diverse, non per questo hanno smesso di volersi bene.

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E, infine, c’è Clarke. Nello scorso episodio, i pochi minuti che avevano passato insieme sono stati in un’intensità disarmante, ed entrambi hanno mostrato quanto tenessero l’una all’altra e fossero pronti a sacrificarsi per salvarsi a vicenda. In questo episodio, invece, sono distanti, e lo sguardo che si lanciano quando Clarke decide di rimanere a Polis è una pugnalata al cuore. Bellamy si sente tradito da Clarke, ma anche lei capisce che quello che sta facendo, anche se per motivazioni giuste, sta ferendo lui. Anche qui, come nel “We can’t lose Clarke” che aveva detto la scorsa settimana, è come se Bellamy stesse chiedendo a Clarke di tornare con lui, ma lei lo rifiuta. Bellamy e Clarke si sono già scontrati in passato, e anche in questa stagione si troveranno in posizioni opposte. Passeranno dei momenti difficili, e avranno bisogno di aggrapparsi alla stima e alla fiducia che hanno l’uno nell’altra per mantenere solido il loro rapporto.

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E arriviamo a Clarke, la protagonista, che cambia idea ad un velocità pazzesca: nel giro dei quaranta minuti dell’episodio, giura che non si inchinerà mai a Lexa, e poi finisce per farlo. Non è tanto il gesto di per sé a sembrare forzato, perché, politicamente parlando, Clarke ha i suoi motivi per farlo, nonostante quello che è successo a Mount Weather, ma è il modo in cui lo fa. Se ci fosse stata una maggiore introspezione, allora sarebbe sembrato più credibile il suo aver cambiato idea. Il tutto viene sbrigato in maniera troppo frettolosa, e questa è una nota stonata dell’episodio, come lo scambiarsi la spilla del potere di Abby e Kane. Anche in quel caso, discutere su chi sia effettivamente il leader di Arkadia è legittimo, e i due, sin dalla prima stagione, si sono scontrati sulle decisioni da prendere per la sopravvivenza dell’Arca, prima, e degli abitanti di Camp Jaha, dopo, ma il tutto viene risolto in modo troppo sbrigativo, per poter arrivare al momento fatidico della marchiatura con una decisione già presa. Visto che esistono già tre donne al potere, nella serie, è giusto dare spazio anche a un uomo, e Kane è un buon leader che ha dimostrato di sapersi integrare con i Grounder, ma la faccenda poteva essere resa meglio. Anche l’incontro tra Clarke e la madre è un po’ troppo freddo, considerato che non si vedono da mesi.
Come avevo sperato nella scorsa recensione, il confronto tra Lexa e Clarke è interessante, e può ancora essere approfondito. Abbiamo di fronte due ragazze, due leader, costrette a farsi strada in un mondo pericoloso, a mettere prima di tutto e tutti la salvezza del proprio popolo, e le responsabilità che hanno le costringono a fare delle scelte moralmente discutibili. Clarke ha ancora dei valori che non vuole abbandonare, ma è stata in quel mondo meno tempo di Lexa, ed è responsabile di un minor numero di persone e di decisioni meno epocali di quelle dell’altra. Hanno le loro attenuanti e le loro colpe, e le parole di Lexa a Clarke all’inizio dell’episodio sono dure, ma sono quello di cui Clarke ha bisogno per affrontare definitivamente il senso di colpa. Lexa sa essere spietata, brutale e fredda, quando è necessario; ne ha bisogno, o non sarebbe mai arrivata a comandare la coalizione, ma ha dei sentimenti, e molto forti, anche, per Clarke, e lo ha mostrato chiaramente in questo episodio. Gli sguardi che si lanciano quando sono insieme, le parole di Lexa, il fatto che Clarke non riesca ad ucciderla, il giuramento finale… tra loro due c’è una connessione, e ora che sono insieme a Polis questo legame si rafforzerà. Clarke non si fida ancora completamente, ma Lexa sta facendo di tutto per riconquistare la sua fiducia. Il giuramento finale sembra quasi un voto di nozze, e non è il comandante della Coalizione che sta parlando, in quel momento, è Lexa, la ragazza Grounder che ha incontrato Clarke mesi prima, ha riconosciuto in lei qualcosa di sé, ha visto nella leader degli Sky People qualcosa di speciale e adesso vuole dimostrarle che è pronta ad accogliere la sua gente e a restare al fianco della ragazza. E’ una bella dimostrazione d’affetto, per una persona che ha detto di considerare l’amore una debolezza e di non aver intenzione di ripetere quello che le è successo con la sua ex compagna. Lexa non può mostrare debolezza, nella Coalizione, ma in quel momento, con Clarke, si sta mostrando vulnerabile, le sta facendo capire che possono lasciarsi alle spalle il tradimento di tre mesi prima, e avere un rapporto alla pari. Non esita a inginocchiarsi e a fare un giuramento solenne, e Clarke lo accetta, a patto che lei non la tradisca di nuovo.
Non sono una grande fan delle ship war, ma è innegabile che ne esista una al momento, e che ci sia un triangolo in atto tra Clarke, Bellamy e Lexa, e se nello scorso episodio ogni secondo che Bellamy e Clarke hanno passato insieme è stato una prova del loro legame, qui è quello tra Clarke e Lexa ad essere sotto i riflettori.

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Due parole sulla regina dell’Ice Nation e su Roan: la prima, finalmente, compare, e con Emerson al suo fianco. In The 100, i posti di maggiore potere sono occupati da donne, e l’ultima arrivata troverà ad affrontarla delle degne avversarie. Dalla guerra tra lei e le donne che già conosciamo mi aspetto grandi cose. Roan, invece, fa ancora poco, e passa la maggior parte del tempo come prigioniero. Spero si prospetti qualcosa di più interessante, per lui, perché è in una posizione scomoda e ha un passato ancora da chiarire, e sarebbe uno spreco non sfruttarlo al meglio.
Allacciatevi le cinture e preparatevi. Prendete tutte le safety blanket che riuscite a trovare, fate scongiuri su scongiuri per i vostri personaggi preferiti, perché, per citare Sherlock, “The game is on”, e nessuno è al sicuro.

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