Due Golden Globes su quattro nominations, otto Emmy Awards su 19 nominations, un AFI Award (premio dell’Istituto Americano del Cinema) ed un GLAAD Award (premio della Gay and Lesbian Alliance Against Defamation). La domanda allora è: perché, dopo tutti questi riconoscimenti, ancora così pochi conoscono Transparent? Ammetto che non sempre la critica coincide con i gusti del pubblico, ma questa volta non potrei essere più d’accordo ed ecco perché sono qui oggi per consigliarvi caldamente la visione di questo show. Sono solo tre stagioni da dieci episodi ciascuna, e la durata è quella di una comedy; la serie è prodotta da Amazon (forse motivo per cui è così snobbata dal grande pubblico?) e quindi, come succede per le ben più acclamate serie Netflix, tutti gli episodi di ogni stagione vengono rilasciati in un unico round.
Le informazioni tecniche ve lo ho date, i numeri pure, quindi ora posso sbilanciarmi senza freni e parlarvi di questo piccolo e misconosciuto gioiellino.
Innanzitutto mettiamo le cose in chiaro: sebbene sia etichettata come comedy, Transparent non lo è (se proprio vogliamo parlare di categorie, preferirei definirla dramedy); per cui non approcciatevi pensando di guardare un qualcosa in stile “New Girl” o del compagno di produzione “Mozart In The Jungle”. Sarebbe meglio parlare di una sottile ironia che pervade tutto lo show e che aiuta a trattare con un’ innata leggerezza argomenti di un certo spessore. La storia infatti non è facile, e non troverei parole migliori per raccontarvela di quelle usate proprio da uno dei protagonisti:
“When one person in a family transitions, everyone transitions – Shelly“
ovvero quando una persona in famiglia è in transizione, tutti sono in transizione.
La transizione di cui si parla dovrebbe risultare ovvia dal titolo: Transparent, da leggersi trans – parent, ovvero genitore trans. Il tutto infatti ha inizio da Mort Pfefferman, stimato professore in pensione e padre di famiglia, che arrivato sulla soglia dei settant’anni decide di assecondare la sua vera natura e iniziare la sua transizione per diventare finalmente Maura. E nel momento in cui Mort/Maura comunica ai figli e alla ex-moglie la sua decisione, improvvisamente anche per loro scatta qualcosa: è come se la rivoluzione iniziata da Maura avesse risvegliato qualcosa di latente anche nel resto della sua famiglia, un senso di insoddisfazione che era rimasto sopito per tutto quel tempo, come una domanda gridata al vento che improvvisamente l’eco ti riporta all’orecchio e ti costringe a mettere tutto in discussione. Transparent diventa così il racconto di un percorso di cambiamento e di ricerca di se stessi che va ben oltre l’evidente transizione fisica; semplicemente un racconto di famiglia, un’eccentrica e scombinata famiglia ebrea.
Ma il resto della famiglia non è da meno. Shelly (Judith Light), la ex moglie, è una donna intraprendente, ma alla continua ricerca di attenzioni; venir soppiantata nel suo ruolo di prima donna della famiglia e dover fronteggiare la seconda vita del marito non sarà per lei una sfida facile. I figli, messi di fronte a uno sconvolgimento tale quale il “perdere” la figura paterna a cui erano abituati, si trovano anche loro nella condizione di rimettere tutto in discussione. Sarah (Amy Landecker) lo fa rivedendo la sua situazione matrimoniale e ponendosi dei dubbi sulla sua identità sessuale; così come Ali (Gaby Hoffmann, se avete seguito Girls dovreste riconoscerla), outsider da tutta la vita che, ormai trentenne, viene di forza posta davanti all’evidenza di non aver mai concluso nulla nella sua vita e di dover finalmente compiere delle scelte; e infine Josh (Jay Duplass) eterno Peter Pan che, forse proprio a causa della perdita di un’identità maschile forte come quella del padre, inizia a sentire in modo contrastante il desiderio di una maggiore responsabilità e di creare una famiglia tutta sua. L’alchimia tra i fratelli e le loro interazioni, così intime e così naturali, sono senza dubbio uno dei punti forti dello show. Il loro percorso non è certo meno interessante di quello del loro Mapa (nuovo nomignolo per il madre/padre Maura/Mort), ma non vi posso raccontare tutto ora o vi rovinerei il viaggio attraverso queste tre straordinarie stagioni.
Una nota di merito va fatta alla colonna sonora, un accompagnamento fondamentale per molte delle scene. E in particolare anche alla scelta della sigla: la riguarderei centinaia di volte, perché racchiude in sé una delicatezza rara; la sensazione che suscita è quella del ricordo e del racconto, il tutto velato da una malinconia delicata, ed è per questo infinitamente evocativa, non solo delle vicende della famiglia Pfefferman, ma di altre centinaia di storie come le loro che trovano espressione in vecchie fotografie e video dai toni sbiaditi.
Trasparent è poesia e non può assolutamente mancare nel vostro carnet di piccoli gioielli seriali.