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Supergirl | Recensione 2×06 – Changing

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Supergirl | Recensione 2×06 – Changing

Per questo episodio avvertivo vibrazioni positive, sono sincera. Sì, scritto apertamente adesso sembra un po’ più zen di quanto volessi che fosse, ma effettivamente mi ero ritrovata, il giorno successivo alla messa in onda, di fronte a un post Instagram di Chyler Leigh che mi aveva restituito, con il suo entusiasmo e la sua passione, la speranza che recentemente avevo perso nei confronti di questo show, quasi come se non lo riconoscessi davvero. E sono felice ora di non essermi sbagliata e di aver potuto confermare questa sensazione dopo aver guardato la puntata. In realtà, gli inizi non erano stati incoraggianti perché la prima impressione che ho avuto dell’episodio è che si stessero riconfermando gli schieramenti e le storie già viste e affrontate precedentemente, con accoppiamenti di personaggi basati su affinità genetiche, razziali o personali. Quindi se da una parte ritroviamo ancora una volta Kara determinata più che mai ad aiutare Mon-El a intraprendere la strada che più gli si confaccia quando invece il giovane daxamita sembra aver abbracciato e capito pienamente la vera essenza dell’umana gioventù, dall’altra J’onn intensifica la sua conoscenza con M’gann, inconsapevole della sua vera natura nonostante debba ammettere che i suoi intenti mi sembrano sinceri, sino ad arrivare ovviamente ad Alex che continua ad orbitare intorno a Maggie, la cui occupazione principale è al momento quella di giocatrice di biliardo da club professionista. Ma proprio nel momento in cui stavo cominciando a contarmi le doppie punte perché l’attrazione di Kara Danvers ubriaca, per quanto esilarante, non aveva lo spessore necessario per smuovere la mia mente dalla modalità Stand-by in cui si trovava, gli equilibri iniziano a cambiare, riportando in gioco la DEO, una rivoltante minaccia aliena e soprattutto l’agente Danvers finalmente di nuovo in campo al fianco di J’onn J’onzz. E da qui tutto è cambiato.

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Is a daxamite really a coward, is a white martian only an enemy, is a human just a sidekick?

Onestamente, non so perché questa frase mi sia venuta in mente in lingua inglese ma ad ogni modo così rende di più il concetto che vorrei esprimere quindi ve la presento esattamente come l’ho pensata perché verso la fine dell’episodio, questo mi è sembrato il vero nucleo centrale della storia che ci hanno presentato questa settimana. Credo infatti che le premesse notate a inizio puntata non fossero poi così sbagliate, da un certo punto di vista mi sembra davvero che con questo episodio abbiano ripreso e ricalcato le argomentazioni presentate la scorsa volta ma differentemente da quella caratterizzazione a mio parere quasi solo accennata o abbozzata, questa volta secondo me “Supergirl” ha accolto la mia preghiera e ha fatto centro quasi in tutte le sue storyline.

Nella mia penultima recensione infatti parlavo di una sorta di nuova ondata di wanna be heroes che stava per travolgere National City, ognuno con le sue potenzialità e le sue storie, ma in questo episodio il tempo dell’addestramento scade rapidamente e mentre la città si ritrova ad aver bisogno di qualsiasi forza extra possa scendere in campo per aiutare, i “prescelti” sono costretti a guardarsi seriamente allo specchio per capire che tipo di persone o eroi vogliano effettivamente diventare. E ciò che più mi ha colpito dell’evoluzione di questa storia è che in ogni caratterizzazione sia venuto meno un pregiudizio e ci sia stata quella crescita caratteriale tanto agognata, sperando che questo fosse solo un punto di partenza e non già un traguardo.

La prima questione ad essere affrontata di petto nel momento in cui il pericolo incombente non lascia più spazio a battute e risate è quella di Mon-El, dei suoi obiettivi sulla Terra, della sua personalità e soprattutto del suo rapporto con Kara come mentore, amica o chissà cos’altro ci riservi il futuro.

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Come anticipato precedentemente, era evidente che Mon-El non potesse più continuare a vagare senza meta come un’anima in pena tra tutti i bar di National City, rischiando in questo modo di assottigliare rapidamente lo spessore di un personaggio che in fondo non aveva ancora avuto modo di stagliarsi dallo sfondo della storia e cominciare a costruire la sua tridimensionalità individuale e indipendente. D’altro canto inoltre, per quanto avesse accettato di lasciargli la libertà di esprimere il suo potenziale come più ritenesse opportuno, Kara non aveva comunque rinunciato al suo ruolo di mentore/addestratore, abbracciando la “control freak” che è in lei quando non è la sua vita a dover restare sotto controllo e spingendo Mon-El a riconoscersi in una natura eroica che forse però semplicemente non gli appartiene. Questo è stato infatti secondo me l’elemento caratterizzante di questo frangente, la chiave che ha permesso sia al personaggio che alla sua relazione principale di evolversi e mostrare uno spiraglio di luce e profondità nella sua caratterizzazione. Di fronte infatti alla necessità seria di dover prendere in mano la situazione e agire, Kara si ritrova a dover accettare una verità che quasi ingenuamente non credeva neanche possibile: non tutti vogliono essere eroi, anche quando hanno la possibilità di fare la differenza. Con gli allenamenti, con la vita alla DEO, con la sua vicinanza, Kara credeva infatti di poter ancora indirizzare Mon-El a seguire il suo stesso percorso, a sviluppare in lui quel senso di eroismo e altruismo che aveva pervaso lei la prima volta che si era mostrata al mondo per salvare Alex, non riuscendo semplicemente a credere che la natura del ragazzo fosse più umana del previsto.

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La delusione nel suo sguardo quando Mon-El si mostra a lei con più cinica sincerità di quanto avesse fatto finora è significativa di una visione del mondo e del prossimo ancora innocente e disposta a credere nelle potenzialità più recondite di ogni persona, una visione che inevitabilmente presto o tardi è destinata a scontrarsi violentemente con la cruda realtà. Il confronto con Mon-El è più realistico di quanto si possa credere, il daxamita rinfaccia a Kara il suo disinteresse per le luci eroiche della ribalta e per la gloria che ne deriva, ribadendo invece il suo essere più portato alla vita nei vicoli ciechi e alle questioni più … economiche. E in quel momento anche Kara è costretta a dover fare un passo indietro e a doversi tristemente ricredere ancora una volta sui pregiudizi di partenza che aveva nei confronti di Mon-El. Ma è davvero così? Un daxamita è davvero solo un codardo? Aver deluso Kara in realtà colpisce Mon-El più di quanto lui stesso potesse credere, ma la sua prima reazione di fronte anche alla vulnerabilità della ragazza ferita in combattimento è ancora una volta quella di fuggire e rifugiarsi in quello che crede di saper fare meglio: vagabondare.

tumblr_ogoq156zzo1qc17ifo7_250Ma con la leva giusta qualsiasi serratura riesce ad aprirsi e seppur con poca convinzione e scarso addestramento, Mon-El sceglie di provarci, senza enormi risultati certo, ma proprio con le sue debolezze e le sue insicurezze, scende in campo comunque e ci prova, si mette in gioco e rischia, per provare ad essere la persona che Kara vede in lui. Credo che sia stato questo l’aspetto che più ho amato del personaggio e della sua storyline, ossia vedere come Mon-El non sia esattamente pervaso dal sacro fuoco dell’eroismo ma nonostante il suo primo istinto sia quello di preservare innanzitutto la sua sopravvivenza, lui prova a cambiare principalmente per non deludere Kara, perché questo secondo me è il vero potere della ragazza: far emergere la parte migliore di chiunque entri in contatto con lei, legarli a sé come se le dovessero sempre qualcosa e forse è proprio così, perché Kara crede nel prossimo e avere qualcuno che crede in te è la spinta di cui tutti noi abbiamo bisogno a volte per uscire dall’ombra.

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Percorso quasi opposto è quello di James Olsen in questo episodio. Contrariamente a Mon-El infatti, James è completamente travolto dalla voglia di agire, di aiutare il prossimo, di proteggere e difendere l’umanità, proprio come un angelo custode (“GUARDIAN angel” in inglese), ma diversamente dal daxamita, James non ha poteri extra a sua disposizione e nella sua vita è sempre stato soltanto il sidekick umano che aiuta, celato nella suddetta ombra, l’eroe alieno al centro della scena. Il mio parere su questa storyline non è cambiato rispetto alla settimana passata, credo ancora che l’idea avesse bisogno di molto più tempo per realizzarsi con serietà, ma paradossalmente è stato proprio Mon-El a farmi ricredere un po’ su questo desiderio improvviso di James, perché da una parte c’è un ragazzo che ha la possibilità di fare letteralmente la differenza grazie a quei poteri che la Terra gli dona ma che preferisce restarsene in disparte quando il mondo sta crollando a pochi passi da sé, dall’altra invece c’è un uomo che ha una sola vita da vivere e sceglie comunque di abbandonare la comoda scrivania per scendere in strada senza alcuna esperienza e aiutare il prossimo come meglio riesce.

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“Attivato” anche in lui in qualche modo dalla momentanea “caduta” di Kara, James “preme” Winn per avere prima del previsto la sua armatura, forse con più egoismo e aggressività di quanto l’amico meriti essendo ancora l’unico a ragionare proprio come uno di noi farebbe in quella situazione e rappresentando l’unica vera voce della ragione, ma ciò che in fondo ho apprezzato della storyline di James come nuovo supereroe è l’effettiva inesperienza che ha mostrato nella sua prima volta sul campo. Lungi dall’essere il tipico eroe maschio alfa, totalmente pronto per affrontare qualsiasi minaccia si presenti davanti a sé, sembra che James non sappia effettivamente come muoversi in battaglia e l’unica cosa super al momento è il suo costume estremamente tecnologico costruito su misura da Winn che aspetta nel furgone e che sussurra nel suo orecchio per aiutarlo a gestire l’armatura.

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Proprio come Mon-El questa volta, James ci prova, o forse dovrei dire James & Winn ci provano, insieme, diventando eroi nello stesso modo secondo me e per la stessa ragione: sono umani, non hanno vite extra come nei videogame eppure scelgono di rischiare e di fare la loro parte nella battaglia quotidiana.

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E la curiosità finale che Kara dimostra nei confronti del misterioso The Guardian in fondo non guasta!

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E infine arriviamo all’ultimo pregiudizio smentito: un White Martian è davvero soltanto un nemico? M’gann non era uno dei concorrenti in corsa per il titolo di “America’s Next Top Hero”, ma qualcosa di eroico in fondo l’ha fatto anche lei in questo episodio. Un po’ come è successo tra Kara e Mon-El, anche J’onn e M’gann rappresentano gli ultimi sopravvissuti di due razze atavicamente rivali, ma in confronto ai kryptoniani e ai daxamiti, i Green e White Martian non hanno vissuto la loro avversità solo tramite pregiudizi tramandati di generazioni, ma si sono scontrati in una guerra che in fondo ha portato all’annientamento di entrambe le razze. Eppure proprio come l’altra coppia di alieni, M’gann e J’onn potrebbero rappresentare l’eccezione alla regola, gli anelli che spezzano la catena d’odio e intraprendono sulla Terra un rapporto di tolleranza e accettazione che probabilmente su Marte non sarebbe mai stato possibile. Nonostante infatti M’gann non abbia rivelato a J’onn la sua vera identità, penso che il legame che stia costruendo con lui sia più sincero di quanto abbia creduto all’inizio, riconoscendo in lei lo stesso desiderio di J’onn non essere solo, di non essere l’unico, e di avere qualcuno che possa davvero capire pienamente cosa significhi essere ospiti di una casa che non potrebbe essere più diversa dalla propria. Rintracciata da un’inconsapevole Alex, decisa a salvare la vita appesa a un filo di J’onn, M’gann non solo non si tira indietro, nonostante la paura che il suo sangue possa danneggiarlo più che aiutarlo, ma contro ogni aspettativa, resta anche al suo fianco per vederlo riprendersi, con uno sguardo spaventato e colpevole per quelle che potranno essere le conseguenze di quel gesto ma anche con quel leggero sollievo nel vederlo guarire, consapevole ora più che mai di non essere più sola. Quando la verità sulla natura di M’gann verrà svelata, la situazione con J’onn degenererà inevitabilmente ma comincio a credere che entrambi saranno in grado, per la prima volta nella loro vita, di riconoscersi simili anche oltre quelle inconciliabili diversità che da sempre li caratterizzano.

“When you see yourself as the darkest shadow, I see as the light”

Discorso a parte lo merita il mio eroe, quello che volevo veder nascere più di ogni altra cosa al mondo e che per questo motivo avvertivo quasi come frustrante quella condizione di affrettata evoluzione che le stavano concedendo. Il mio eroe in questo show è sempre stata Alex Danvers ed è lei che, proprio grazie a quel confronto con Kara che vado auspicando da tempo ormai e che finalmente ho ottenuto, ho riconosciuto perfettamente in questo episodio, con tutte quelle piccole sfumature di cui parlavo nella precedente recensione e che finora avevo avvertito come mancanti. Alex Danvers questa settimana è stata tutto ciò che voglio che lei sia, un personaggio completo, a 360°, che non si definisca solo tramite la sua sessualità (e non si vengano dati meriti a Chyler Leigh solo perché interpreta un personaggio omosessuale, era un’interprete straordinaria anche prima, quando si struggeva per il Dottor Bollore o si faceva accompagnare da un taxista eccentrico) ma che riesca a mostrare in 40 minuti tutti gli aspetti più importanti della sua caratterizzazione. Il primo lato che ho sinceramente amato ritrovare, finalmente aggiungerei, è quello di Alex agente DEO, ma non semplice soldato sul campo bensì risorsa imprescindibile e ultimo baluardo dell’umanità, per l’appunto, la mia eroina. Nonostante la guerra interiore che stava attraversando e combattendo, dopo la “caduta” di Kara e J’onn, Alex prende in mano la situazione come solo lei sa fare, facendo tesoro di tutte le possibilità e le risorse a sua disposizione e permettendo anche a personaggi come Mon-El e M’gann di riconoscere in se stessi l’eroismo che non hanno mai creduto di possedere. È proprio il suo intervento con Mon-El che mi ha affascinato particolarmente perché, diversamente da Kara, Alex non sembra predisposta a credere nel potenziale di chi non dimostra neanche la volontà di provare a cambiare ma in assenza di sua sorella, Alex sceglie di farne le veci, invitando il daxamita a non sprecare la fiducia che Kara ha riposto in lui e spingendolo così a vedersi migliore di quanto abbia mai ritenuto possibile. Ma è sul fronte personale che finalmente qualcosa si sblocca per davvero nella caratterizzazione di Alex. Come ho detto, dopo un inizio di puntata in cui Alex sembra ancora una volta il prolungamento di Maggie, la situazione finalmente cambia e si intraprende un viaggio bellissimo nella parte più recondita di questo personaggio e credo davvero sia significativo che questo avvenga solo nel momento in cui Alex sceglie di parlare finalmente con Kara. Aprirsi con sua sorella dà la possibilità ad Alex di esprimere ad alta voce tutti i dubbi, le paure, i pensieri e i ricordi che la travolgono adesso e da cui è quasi spaventata per quanto incontrollabili e catartici siano in una fase della sua vita che avrebbe dovuto rappresentare la stabilità e che invece ora sembra quasi un puzzle da ricominciare da capo. E Kara è il suo punto di partenza, come sempre. Le fasi in cui Alex si confida con sua sorella sono le stesse che cercavo nel precedente episodio perché fare coming-out con lei ha significato secondo me ammetterlo per davvero anche a se stessa, accettare tutte quelle sensazioni che aveva già provato nel tempo ma che aveva scelto di ignorare, terrorizzata da ciò che potessero significare, paura che ancora sopravvive in lei più forte che mai ora che la affronta a viso aperto nonostante il suo primo istinto sia ancora quello di chiudersi nuovamente in se stessa e fuggire via. Ma Kara in questo contesto è letteralmente perfetta, ripagando Alex di quell’amore incondizionato che le aveva donato dal primo giorno in cui arrivò a casa Danvers. Di fronte al puro terrore di Alex di rappresentare per lei una delusione, Kara le confessa invece di essere lei a sentirsi in torto nei confronti di sua sorella, per non averlo capito prima, per non averle lasciato il giusto spazio nel loro rapporto per permetterle di confidarsi ed essere pienamente se stessa, per non averla aiutata ad accettarsi dal primo istante in cui aveva capito che persona realmente fosse.

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E di fronte alla purezza dell’amore di Kara, Alex crolla sotto il peso delle sue paure e dei suoi sentimenti, ma questa volta sua sorella non intende più lasciarla sola ad affrontare la sua verità e il momento che condivide con lei sfiora la magia, spingendo Alex a vedersi così come l’ha sempre vista anche lei: forte, coraggiosa e bellissima, rimettendole sulle labbra il sorriso che merita e convincendola a compiere il passo più importante e rischioso della sua vita.

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Alex segue il suo consiglio, più sicura e forte di quanto sia mai stata negli ultimi episodi perché certa ora della rete di protezione pronta a sorreggerla che vede alle sue spalle, ma purtroppo le cose non vanno come le aveva immaginate, distruggendo letteralmente la fiducia che aveva acquistato grazie a sua sorella. Potrei soffermarmi su quanto io abbia detestato con passione Maggie in quel momento nonostante il suo discorso possa avere delle basi razionali accettabili (non per me, non ora), potrei comunque appuntare quanto confusi a questo punto fossero i segnali che la detective ha inviato ad Alex fin dalla sua prima comparsa per poi allontanarla in questo modo, ma in realtà non credo neanche che questo meriti la mia attenzione perché la vera profondità di questa storyline la si raggiunge nuovamente con la reazione terribilmente umana e straziante di Alex, umiliata al suo primo tentativo di abbracciare la sua nuova identità e decisa a chiudere il mondo fuori dalla porta.

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Se non fosse che sua sorella Kara non accetta neanche per un istante di restarle lontana, diventando così l’unico supporto di cui Alex aveva bisogno in quel momento, l’unico abbraccio in grado di risanare la ferita che la stava dilaniando,  l’unica costante che continua a vederla come la luce più accecante anche quando Alex vede se stessa come la più oscura delle ombre.

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Vorrei riuscire a fermare il tempo per avere la certezza che “Supergirl” non cambi mai il suo modo di narrare le storie e di caratterizzare i personaggi, continuando sempre sul percorso intrapreso in questo episodio rispetto alle leggerezze mostrate nel precedente, perché è in momenti come questi che rivedo il cuore di quella serie tv pura e luminosa di cui mi sono innamorata e che vorrei davvero continuare ad amare e difendere anche oltre le sue debolezze e la realtà spesso troppo ottimista che si ostina con coraggio a presentarci noncurante del cinismo dilagante della tv.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

5 COMMENTS

  1. Credo sia stato l’episodio migliore finora, almeno per me. Immagino sia perché è stato incentrato su Alex, assoluta dominatrice della scena. Mi possono raccontare di marziani verdi, bianchi e a pois, ma quando quella donna è presente tutto il resto passa in secondo piano. In questo senso, è parente stretta di Martha in Castle. Ha ben altro spessore rispetto agli altri personaggi, anche più di Cat che purtroppo ora è assente. Per capirlo, se mai ce ne fosse bisogno, basta paragonarla a James che batte pugni e piedi come un bambino viziato per avere il suo costume subito. Ma che roba è! Tutta un’altra faccenda.
    Sì, decisamente la miglior puntata per me, perché l’introspezione dei protagonisti ha prevalso sui momenti di combattimento. Naturalmente parlo assecondando i miei gusti.
    Solita perfetta recensione da parte tua. Ancora complimenti.

    • Ciao! Grazie mille come sempre per le tue parole!! Della seconda stagione è probabilmente l’episodio migliore anche secondo me (anche se ho amato molto anche il 2×02), e non ho mai fatto mistero della mia assoluta ammirazione per Alex, concordo con te quando dici che basta che appaia in scena per portare la serie a un altro livello, l’ho anche scritto diverse volte! In questo episodio la sua centralità è stata fondamentale, il personaggio non si è definito solo tramite la sua sessualità ma in tutti i suoi aspetti e questo le ha donato una profondità incredibile, resa poi magnificamente da Chyler Leigh (e anche da Melissa Benoist nelle scene tra Kara & Alex, vero cuore della serie). Mi auguro con il cuore che Supergirl continui sempre su questa strada perchè l’episodio è stato davvero bellissimo! Grazie ancora!

  2. Recensione molto azzeccata. Questo episodio mi è piaciuto particolarmente, perché ha fatto emergere il lato umano più del solito. Ho adorato la dinamica tra le due sorelle (il rapporto portante dello show secondo me) e spero di vederle sempre più unite in futuro. Non mi è dispiaciuta nemmeno la storyline di Mon-El, anch’io mi aspettavo che diventasse subito il nuovo supereroe in circolazione, ed è stato bello vedere che non tutti i supereroi la pensano come Kara. Invece vorrei soffermarmi un attimo sul ruolo di Jimmy come guardiano, che io trovo ancora estremamente affrettato. Quinn gli ricorda benissimo che non è pronto, ma dopo un discorso così perfetto non mi aspettavo di vederlo già scendere in scena solo perché Kara era stata colpita. Alla fine non ho ben capito il contribuito, a parte bloccare un colpo con lo scudo (tra l’altro che cosa sarebbe Jimmy senza l’attrezzatura e il controllo di Winn??). A parte questo, volevo chiederti cosa ne pensi del fatto che abbiano deciso di nascondere la faccenda a Kara. Io non l’ho trovato tanto corretto, calcolando che loro conoscono il suo segreto praticamente dal principio. Poi ho pensato che forse è perché in qualche modo, in futuro, vorranno riavvicinare i personaggi di Kara e James tramite i loro alterego, mah…

    • Winn e Jimmy lavorano in incognito per il motivo che loro stessi hanno detto, ovvero per evitare che Kara si opponga fermamente al loro progetto. Certo anche io lo trovo scorretto, esattamente come tu stessa hai sottolineato, ma sono convito che molto presto si riveleranno a Kara.

    • Innanzitutto grazie mille per il commento!! Il legame tra le Danvers è pura magia e in questo episodio hanno raggiunto apici di meraviglia che forse neanche sognavo, sono state indispensabili e vitali per questo episodio!! Vivrei solo di scene tra di loro, perchè scompare tutto al confronto! La storia di Mon-El ha sorpreso anche me positivamente, lui non vuole essere un eroe però mi piace che non voglia neanche deludere Kara che in lui crede quindi ci sta provando! Sulla storia di James, come ho scritto anche settimana scorsa, sono prettamente d’accordo con te, è assolutamente affrettata, avrei preferito una maggiore attenzione alle sfumature del personaggio, però come ho detto, nonostante mi abbia infastidito quella sua “arroganza” con Winn che è sempre l’unico a ragionare decentemente tra i due, ho apprezzato il fatto che anche senza i poteri che ha Mon-El per esempio, lui si getti comunque nella mischia e questo in fondo gli fa onore! E infatti ho amato che lui non abbia fatto granchè nel suo primo scontro sul campo, è stato realistico! Credo che tenerlo nascosto a Kara sia un modo per evitare che lei li fermi, entrambi sanno bene che Kara non vorrebbe mai che loro rischiassero la vita in questa “guerra” e quindi proverebbe a fermarli in ogni modo per proteggerli! Ho pensato anch’io a un possibile riavvicinamento ma non mi convince, insomma non voglio che Kara si “innamori” di The Guardian quando all’inizio ha friendzonato James, questo sarebbe brutto secondo me!

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