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Suits | Recensione 6×11 – She’s Gone

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Suits | Recensione 6×11 – She’s Gone

“As long as you keep her at arm’s lenght, you’re gonna keep lookin’ to us to fill that void. And I’m not sure any of us can”

Non credo smetterò mai di meravigliarmi per la capacità di “Suits” nello scrivere personaggi che continuino ad evolvere pur rimanendo se stessi. Ognuno dei protagonisti della puntata, ha agito esattamente come ci saremmo aspettati ma allo stesso tempo dimostrandoci di essere in cammino verso il cambiamento.

Al centro dell’episodio, come d’altronde recitava anche il titolo, c’è l’uscita di scena di Jessica Pearson: capo dello studio legale, mentore di Harvey e abile autorità su Louis. Il vuoto umano lasciato dal personaggio, aleggia sull’intera puntata fino all’epilogo finale.

Non ci sono dubbi circa chi sia il vero protagonista dell’episodio. Fedele ad un percorso di psicanalisi iniziato ormai una stagione fa, Harvey Specter si appresta ad affrontare lo zoccolo duro dei suoi drammi personali che lo hanno reso ciò che è: sua madre.

Freudianamente, entrambe le donne della sua vita sono specchio di quella mancanza – il «void» di cui parla Donna in chiusura dell’episodio – e la perdita di Jessica, diventa un reiterarsi del tradimento di sua madre (che era andata via di casa dopo aver tradito il marito). Il sogno di inizio puntata (aka il troll numero 2 per gli shipper darvey!) è preparatorio proprio di questo conflitto: la possibilità di perdere Donna, diventa lo specchio della sindrome di abbandono che porta in sé Harvey.

Il percorso emotivo in crescendo di Harvey durante l’episodio è stato paragonabile ad un vulcano che si prepara ad eruttare: lento, silenzioso ma ribollente sotto la superfice, sempre più pericoloso, Harvey arriva a rovesciare su Louis la sua rabbia e il risentimento nei confronti di chi lo ha abbandonato. Come una bestia selvatica, Harvey tiene tutti lontani e sembra in balia del proprio dolore per tutta la durata dell’episodio, ne è indicativo il modo guardingo di approcciarlo di Donna alla fine della puntata. Come è inevitabile quando finalmente ci si apre al mondo, le ferite diventano più profonde e il risentimento per chi sceglie la propria strada (l’ingratitudine di Mike è stata a sua volta scatenata da un analogo sentimento dell’uomo nei confronti della società) porta a sfoghi ben peggiori.

Trovo interessante come l’insicurezza e la paura di allontanare le persone care di Specter, sia perfettamente ritrovabile nella disperata voglia di affermarsi di Louis, anche a costo di scelte sconsiderate ed avventate. Il personaggio di Litt, il cui legame con il bell’architetto merita un futuro approfondimento, in questa puntata compie esattamente il percorso che ci saremmo aspettati da lui: dinanzi al guanto di sfida (che era in realtà, una mano tesa) di Robert Zane, Louis desidera a tal punto affermare se stesso su Harvey e dimostrare il proprio valore, da compiere scelte che hanno finito per dimostrare il contrario. La crescita, nel suo caso, è rintracciabile proprio nel rendersi conto autonomamente dell’errore fatto e soprattutto, di non essere in grado di ambire alla posizione di Jessica.

D’altronde il ruolo di Jessica era tutt’altro che quello di semplice socio di maggioranza. Jessica era la bussola dello studio: era la guida di Harvey che lo indirizzava quando tutto sembrava perduto (dove, invece, Donna è la sua incrollabile ancora) ed era colei in grado di andare oltre l’impulsività di Louis per assicurarsi che l’uomo agisse al meglio.

La ricerca di una nuova bussola, di un vuoto da riempire, questa volta causato da se stesso, è al centro della storyline di Mike. Una linea narrativa che merita un plauso per il coraggio e, soprattutto, che spero mantenga la giusta risonanza. Come, infatti, è possibile dare una seconda possibilità a qualcuno che non si conosce se non come pregiudicato?

Gli errori commessi da Mike, sono l’unica cosa che il mondo – e il procuratore – vede e risollevarsi dopo l’essersi scavati la fossa da soli, sarà più difficile di quanto si pensi. E Mike era in carcere per un delitto senza vittime, figurarsi coloro che, nella vita vera, dopo un periodo in galera, cercano di ripartire da capo in maniera onesta.

Sono curiosa di vedere il percorso al quale sarà destinato Mike in questa seconda parte della stagione e per quanto tempo, riusciranno realmente, a tenerlo fuori dalle aule di tribunale.

Un applauso speciale va alle tre donne: Rachel, Donna e Gretchen. Dove i tre uomini, paiono perdere di vista la propria direzione, le tre donne dimostrano una prontezza di reazione e una forza che sapevamo già che possedessero.

Infatti, da sempre, sono le figure femminili le migliori della serie tv: complicate, materne, forti, determinate, lungimiranti e autorevoli, senza di loro, i guai compiuti dai tre protagonisti maschili sarebbero stati peggiori.

Ho apprezzato, per quanto prevedibile, la scelta di Rachel di rimanere fedele a coloro che l’hanno supportata in passato; ma ho apprezzato ancora di più la figura di Gretchen, pronta ad affiancare e valorizzare al momento giusto Louis. Sulla miticità di Donna c’è poco da aggiungere: il suo personaggio è sempre più spesso il faro nella notte e il legame che la unisce a Harvey resta una delle più interessanti relazioni della tv.

Mi aspetto una seconda parte di stagione buona quanto questo primo episodio (o undicesimo, se proprio volessimo essere pignoli) ma soprattutto mi chiedo ciò che si chiede Robert Zane e chiunque altro conosca i due galli nel pollaio: per quanto tempo saranno realmente in grado di dialogare in maniera costruttiva?

Vi lascio il promo del prossimo episodio

…come vedete, un certo dipinto tornerà di gran carriera nella narrazione.

Vi ricordo la mia ancora di salvezza ehm meravigliosa Suits Italia che ci ha traghettato in questi mesi di pausa e ci accompagna ogni giorno con news, foto e quant’altro.

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