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Spellbook 1×06 – I Put a Spell on You

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Spellbook 1×06 – I Put a Spell on You

  1×06 I Put a Spell on You

Russia, 1918, Alexander Palace. San Pietroburgo.

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Dicembre.

Anastasia
Anastasia

Colonna Sonora: Once Upon A December (Piano)

Affondare i piedi nella gelida neve è come essere costretti a camminare con delle lame affondate nella caviglie, lame che si fanno spazio nella pelle; e più il tempo passa, più il freddo aumenta, più la sensazione diventa quasi un’abitudine, una macabra abitudine. Il freddo ricorda ad Anastasia momenti bui, in cui le mancava la famiglia, in cui suo padre era lontano, in cui sua madre non era a palazzo, in cui soleva guardare fuori dalla finestra della sua stanza, chiedendosi quando sarebbero tornati.
Quel posto non è più lo stesso di prima, non è più abbellito dalle luci reali, non è più protagonista di uno spettacolo di maestosità e grandezza, è semplicemente il ricordo di una tragedia. La ragazza non si guarda indietro, non potrebbe. Scappa, scappa anche se la neve lo rende difficile, tenendo stretta a se quel libro che ben conosciamo.
Lunghi filamenti neri, improvvisamente, l’afferrano in vita, come briglie che costringono un cavallo a frenare, costringendola a fermare il suo percorso.

“Anastasia.”

Una voce oscura, macabra, roca, demoniaca. Quelle briglie che tanto stringono Anastasia, provengono dalle vesti di un uomo non molto lontano da lei. Il suo volto è marchiato dal male, i suoi occhi spiritati, i capelli unti e spettinati, sulla testa un’evidente cicatrice, un foro di un colpo d’arma da fuoco.

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“Romanov, vieni qui.”

Quelle briglie la portano sempre di più verso di lui, è come incontrare la morte, è come procedere verso l’oscurità. Anastasia non può permetterlo, non lo permetterà.

“Prendi forza dal sangue delle mie vene, liberami da queste catene.”

Le vesti innaturalmente allungate, si smaterializzano, liberando Anastasia da quella morsa mortale. La ragazza si gira, guardando il suo nemico negli occhi, Anastasia non lo ricordava in quel modo, era diverso una volta, sembrava quasi umano. In realtà quello è solo un vestito cucito addosso, il mostro che c’è sotto sembra voler uscire prepotentemente, e sembra che quell’indumento sia diventato troppo stretto.

“Dammi il libro.”

L’uomo porta una mano avanti, una mano anch’essa segnata da innaturali segni, unghie lunghe pregne di sporcizia, vene che risaltano.
Anastasia: no, Rasputin.
Rasputin la guarda, incattivito, sembra volerla uccidere, sembra volerla afferrare e sbranare da un momento all’altro, è evidente dal suo sguardo. È uno sguardo affamato di morte.
Rasputin: dammi il libro, puttana!
Anastasia: dovrai venire a prendertelo, Rasputin.
Rasputin: tu brucerai, strega. Perirai come la tua famiglia.
Anastasia: l’hai detto già una volta, la tua profezia non si è avverata. Hai perso!
Rasputin: io sono qui. Loro non ci sono.
Questa volta lo sguardo di Anastasia è incattivito, è arrabbiato, odia dover ripensare a ciò che è successo alla sua famiglia.
Anastasia: tu perirai, Rasputin. In un modo o nell’altro il male perisce sempre.
Rasputin: pensavo di averti insegnato le cose in un modo diverso, Anastasia, quando venivo nelle tue stanze e ti raccontavo tante belle storie. Il bene non vince sempre.
Anastasia lo guarda, deve credere che sia così, crede che sia così.
Rasputin: pensi che quel libro sia tuo?
La ragazza continua a tenerlo stretto a se, mentre Rasputin procede verso di lei, affondando a ritmo preciso i demoniaci piedi nel gelido ghiaccio.
Anastasia: so che non è mio. Ma è stato affidato a me…
Rasputin: dammelo, e io ti risparmierò la vita.
Anastasia: stai mentendo. Stai mentendo come hai sempre fatto. Come hai fatto quando hai finto di essere uno di famiglia, quando hai finto di essere un amico, un servitore dei Romanov, e poi, come una malattia, come l’emofilia di mio fratello…
Rasputin: Aleksej… Nikolaevic. Lo sai che implorava di essere mangiato per ultimo? Non è mai stato un vero uomo!
È prerogativa del male provocare, e Anastasia lo sa bene, anche se le parole di Rasputin hanno un chiaro peso.
Anastasia: io ti ucciderò, Rasputin! Te lo prometto.
Rasputin: come puoi uccidere qualcosa che è già morto?
La ragazza lo guarda, è più sicura che mai di ciò che sta per dire, l’ha sperimentato sulla propria pelle.
Anastasia: tutto finisce. Tutto ha una fine, Rasputin, anche tu!
Rasputin: io sarò la tua fine, Granduchessa!
Anastasia fa cenno di no con il capo
Anastasia: non questa notte.

“Liberami da questo tormento, portami via, trasformami in vento.”

Improvvisamente, Anastasia inizia a smaterializzarsi sotto gli occhi del demone, che inizia ad acquistare un passo più veloce, quasi come per riuscire ad afferrarla; inutilmente, tuttavia. Anastasia si smaterializza in piccoli granelli, volando via da quella notte oscura e fredda di San Pietroburgo.

Twinswood, 2013

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Quella fiamme incandescente arde prepotentemente sulla mano di Rose, quasi confondendosi con la sua mano, non scotta, ormai la ragazza ci ha fatto quasi l’abitudine.

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Benjamin: cosa vuoi fare, Rose?
Il ragazzo si avvicina, costringendo Rose ad indietreggiare.
Rose: che cosa sei?
Benjamin: conosci già la risposta.
Rose fa cenno di no con il capo
Benjamin: siamo nemici. Altrimenti questa palla gialla non sarebbe di fronte a me, no?
Le parole di Benjamin confermano il dubbio della strega, che dopo qualche secondo, decide di spegnere la fiamma, le basta concentrarsi e cercare di calmarsi.
Benjamin: che cosa fai?
Rose lo guarda, è sicura di una cosa: vuole prendere in mano la situazione.
Rose: voglio sapere tutto.
Benjamin si ferma, la guarda dritta negli occhi, come se non avesse paura della sua reazione.
Rose: i demoni sono nemici delle streghe.
Benjamin fa cenno di sì con il capo
Rose: sei… sei uno di loro?
Rose lo chiede, tentennando. Ma la voglia di sapere supera la paura di cui queste parole sono pregne.
Benjamin inarca leggermente il sopracciglio, come suole fare quando qualcosa non lo convince del tutto… o quando è nervoso e vuole ostentare sicurezza.
Benjamin: sì.
Rose indietreggia, quasi istintivamente. La risposta è secca, ma chiaramente il tono di voce non riesce a mascherare la paura della reazione alla rivelazione.
Rose: tu… tu mi hai mentito.
Benjamin: no, non ti ho mai detto di essere umano.
Rose: non mi hai neanche detto di essere un demone.
Benjamin la guarda, Rose cerca di non farlo, qualunque parola uscisse dalle labbra del ragazzo potrebbe essere plasmata da quelle sensazioni che ora tanto odia provare.
Benjamin: mezzo demone. Mia madre era umana.
Rose lo guarda, perplessa, sconvolta, sarebbe difficile descrivere il mix di emozioni che ribolle in lei in questo momento.
Benjamin: non me lo chiedi?
Rose indietreggia ancora un po’, mentre il ragazzo, al contrario, fa qualche passo in avanti.
Rose: cosa?
Benjamin: da quanto tempo ho 17 anni.
In altre occasioni la ragazza avrebbe riso per il riferimento a Twilight, ma di certo questa non è una di quelle.
Benjamin: ho 17 anni da due mesi.
Rose si porta una mano alla testa, cercando di capire se è solo un brutto sogno. Respira a fatica, il rash di pensieri che le invade la testa è come una scarica di corrente che non vuole placarsi. Prima che riesca ad accorgersene, Benjamin è sotto il suo naso, proprio di fronte a lei. Stavolta lo guarda. I due si guardano per qualche secondo, o per qualche minuto, Rose non sa ben dir come stia trascorrendo il tempo. È così fuori dal mondo.
Rose: che cosa vuoi?
Rose lo chiede con tono esausto.
Benjamin: uccidimi.
La ragazza sgrana gli occhi. Non può aver detto quelle parole.
Rose: cosa?
Benjamin, velocemente, le prende la mano, la stringe, iniziando ad urlare di conseguenza. Gli fa male, è come un tizzone incandescente spinto nella pelle. Il divieto di toccarsi non è solo una regola scritta, è anche scritto nei loro corpi. Non possono toccarsi, senza che l’anima oscura ne paghi le conseguenze.
Rose: BASTA!
Rose urla a sua volta, tentando di staccarsi, tentando di portare via la mano stretta in quella del ragazzo, odia fargli del male, in qualsivoglia misura. Finalmente, dopo poco, Benjamin la lascia andare.
Rose: sei pazzo?!
Benjamin cerca di riprendere fiato.
Benjamin: no. Devi uccidermi!
La strega indietreggia, non riesce a credere alle parole del ragazzo.
Rose: ma di cosa parli?
Benjamin: tu sei una strega, io sono un demone, è il tuo compito!
Rose guarda in quegli occhi chiari, non possono nascondere un demone.
Rose: io… Io…
Rose è in uno stato confusionale, la rivelazione ha avuto un forte impatto su di lei, è un qualcosa che non si aspettava.
Benjamin: le carte sono scoperte ora. Ti basta toccarmi.
La ragazza lo guarda, confusa
Rose: come?
Benjamin: il tuo tocco è mortale per me.
Rose non riesce a capire, ma improvvisamente, tutto ha più senso.
Rose: eri tu. Eri tu al lago.
Ben annuisce, non c’è più motivo di nasconderlo ormai.
Rose: tu mi hai salvata. Se sei un demone, perché mi hai salvata?
Benjamin: non cercare segni di redenzione in me, Rose. Non funziona così.
La ragazza è sul punto di un breakdown emotivo, sta per scoppiare in un pianto, e lei stessa non riesce a capire il perché di tutto questo.
Rose: oh Mio Dio…
Benjamin: leggi il tuo libro.
Rose lo guarda, stavolta è sorpresa.
Rose: come sai del libro?
Benjamin si ferma; ha detto davvero troppo, ne è consapevole.
Rose: come sai del libro?
Benjamin: possiamo farla finita e basta?
Rose: cosa vuoi che faccia?
Benjamin: te l’ho detto. Devi uccidermi.
Rose: perché vuoi morire?
Di nuovo, Benjamin si limita a guardarla senza emettere fiato. Non dice una parola, e questo per Rose è troppo.
Rose: io…
La ragazza allontana lo sguardo, quegli occhi, quel viso, non riesce più a guardarlo.
Rose: devo… Devo andarmene.
Rose si gira, senza pensarci due volte, allontanandosi velocemente verso l’uscita.
Benjamin: ROSE!
Benjamin urla, urla insistentemente, in realtà sarebbe inutile seguirla al momento. Rose doveva andarsene da lì, doveva fuggire, sarebbe scoppiata in un pianto, avrebbe pianto davanti a lui, e al momento non vuole dargli questa soddisfazione.

 

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Quando Rose apre finalmente le porte del Wilson Hotel, lo spettacolo che le si presenta davanti agli occhi è totalmente diverso dal catartico incontro con Benjamin: c’è un clima di serenità, di pace, di calma, di assurda normalità. Bright, Leda e la Zia Meredith sono al bancone della reception, stanno mangiando dei cheeseburger, e stanno banchettando con le patatine fritte.

Meredith: Rose. Hai trovato i libri che ti servivano?
Leda e Bright guardano l’amica, è chiaramente scossa da qualcosa, non ci vorrebbe un occhio attento per capirlo.
Rose: sì, li ho già portati a casa. Non sei arrabbiata, vero?
In realtà Meredith non si spiega perché Rose abbia lasciato gli amici lì e se ne sia andata, ma ha deciso di non chiedere neanche stavolta.
Meredith: tranquilla. Ho visto che i tuoi amici erano qui, quindi ho preso più cibo. Ti unisci a noi?
Rose: in realtà sono stanca. Preferirei andare a letto.
Meredith la guarda, preoccupata. Le cose non sembrano migliorare.
Leda e Bright si guardano
Meredith: devi mangiare qualcosa.
Rose: porterò qualcosa in camera.
Leda: noi… Noi andiamo con lei.
Meredith guarda i tre, chiaramente sta succedendo qualcosa, si dice che sia un qualcosa da adolescenti.
Meredith: messaggio ricevuto. Sono di troppo.
Rose fa cenno di no con il capo, non vuole che sua zia pensi che sia così.
Rose: no, non è così, davvero.
Meredith: tranquilla, anche io sono stata una teenager. Molto, ma molto tempo fa.
Meredith guarda Bright, che non può fare a meno di sorridere.
Meredith: in realtà non moltissimo tempo fa.
Leda: noi andiamo, allora!
Leda prende velocemente le scatole contenenti i cheeseburger, e corre velocemente verso Rose, è curiosa di sapere cosa sia successo, è curiosa per natura. Bright prende le patatine, seguendo la vampira, sotto gli occhi sospetti di una Meredith arresa all’idea di non poter sapere cosa stia succedendo.

 

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“Un demone?”

Leda non riesce a stare ferma sul letto di Rose, deve alzarsi, deve esprimere tutto il suo disappunto. Bright è seduto sul ripiano appena sotto la finestra, che dà su quel meraviglioso lago, mentre Rose ha ancora il cappotto, si è semplicemente seduta sul letto, è ancora scossa.
Leda: beh, questo spiega tante cose riguardo la famiglia Whittermore!
Rose scuote il capo, come per dirsi che tutto ciò non è reale, non può esserlo.
Bright: te l’ha detto lui?
Rose: è stato abbastanza costretto. Stavo per dargli fuoco.
Bright la guarda, perplesso
Rose: è una lunga storia.
Leda: cosa hai intenzione di fare ora?
Rose gioca con il telecomando della tv, cercando di distrarsi quanto può
Rose: cosa vuoi dire?
Leda: devi fare qualcosa. È un demone, i demoni odiano le streghe.
Rose: e i vampiri no?
Leda la guarda, scuotendo il capo
Leda: no, se non vogliono bruciarci o impalettarci!
Rose: voglio dire, è una creatura come le altre. Come te…
Rose indica Leda, poi va verso Bright con lo sguardo, anche se ancora non ha la più pallida idea di cosa sia.
Leda: no, Rose. I vampiri, i lupi, i wendigo… sono una cosa. I demoni sono tutt’altro. Sono malvagi, lo sono per natura.
Bright: non credo che sia sempre tutto bianco e nero, Leda.
Rose guarda l’amico; concorda con questa affermazione.
Leda: voi non capite. Luke mi ha parlato dei demoni.
Rose: già, tuo fratello sa qualcosa, ma non vuole dirmelo.
Leda guarda Rose, quando si tratta di Luke non ha intenzione di intromettersi.
Rose: ho affrontato un demone. E l’ho sentito, era cattivo, c’era malvagità nei suoi occhi. Io non vedo questo in Benjamin.
Bright: hai affrontato un demone?
Rose: padre Larson.
Leda guarda Rose, sconvolta
Leda: padre Larson era un demone?
Bright non sembra poi così sorpreso in realtà
Bright: io conosco Benjamin da tempo. Certo, non è un santo. Ma non credo che sia in grado di fare del male a qualcuno.
Rose: ha detto di essere mezzo demone.
Leda: questo cosa vuol dire?
Bright: che uno dei suoi genitori è umano.
Rose e Leda guardano il ragazzo, sembra saperne tanto, fin troppo.
Bright: ascolta, Rose, devi seguire il tuo istinto. Sei una strega, voi queste cose le sapete e basta.
Leda guarda i due, le sembrano fuori di testa al momento.
Leda: siete impazziti? È un demone, è suo nemico di sangue. Qui non si tratta di sensazioni.
Rose: ma di che cosa parli? Il tuo ragazzo potrebbe aver ucciso qualcuno, tu… tu stai facendo del tutto per provare che non sia così!
Leda: già, ma io sono innamorata di lui!
Leda la guarda, improvvisamente è tutto più chiaro.
Leda: oh mio Dio…
Rose: non guardarmi così. Non sono innamorata di Benjamin.
Leda: ma chiaramente provi qualcosa. Non ti comporteresti così altrimenti.
Rose la guarda; è un qualcosa che è duro da ammettere anche con se stessa.
Rose: io… sei fuori strada.
La ragazza tentenna, nervosa.
Rose: scusate, sono stanca. Devo andare a dormire.
Leda guarda l’amica, chiaramente il discorso l’ha messa a disagio. Bright si alza, deve smorzare la tensione.
Bright: domani c’è il falò dei ricordi.
Rose lo guarda, curiosa
Rose: cosa?
Bright: è una tradizione cittadina. Una festa autunnale. Serve a ricordare i cittadini del passato.
Leda: possiamo andarci insieme.
Rose guarda i due, attualmente è l’ultima cosa a cui può pensare.
Rose: vedremo…
Bright: pensaci.
Bright, per natura buona, vuole fare qualcosa per cambiare l’umore di Rose. La ragazza lo sa, ed apprezza il tentativo, anche se già sa che sarà difficile chiudere occhio.

Nel buio della notte, Rose è ancora in piedi, tentando di risolvere un grattacapo, sul libro, stranamente, i demoni vengono accennati in maniera vaga e semplicistica, e non può credere che Lisandra non le abbia lasciato in eredità delle informazioni preziose per lei.

Varie parole risaltano sulla pagina in cui i demoni vengono menzionati:

“Natura maligna” “Cene” “Cannibalismo” “Ali come quelle di un pipistrello” “Denti che servono a sminuzzare.”

Tutto questo è macabro, e lei non riesce a credere che dietro Benjamin si nasconda una creatura simile. Non è possibile.
Neanche le due camomille che ha preventivamente preparato riusciranno a calmarla. Inoltre, quella pagina cancellata in modo così frettoloso, ma allo stesso tempo con chiara foga, è un mistero che ancora deve riuscire a svelare.
Rose chiude il libro, riponendolo nella borsa. Si sdraia lentamente, cercando di provare a chiudere occhio almeno per qualche ora. Sa già che affrontare l’indomani, dopo quello che è successo, sarà molto difficile.

 

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La camera di Evan è quella di un tipico adolescente americano; disordinata, piena di poster di band che Bright sicuramente non conosce, calzini e boxer ovunque. È chiaro che la casa è abitata da due uomini, il ragazzo si guarda attorno, divertito.

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Evan: cosa c’é?
Bright: come?
Evan si guarda attorno a sua volta, imbarazzato per il disordine.
Bright: niente, niente.
Evan: Carmen è in vacanza, ok?
Bright lo guarda, confuso
Bright: chi è Carmen?
Evan: la domestica.
Bright: avete una domestica?
Evan: siamo due maschi. Abitiamo soli, ovviamente abbiamo una domestica.
Evan sembra divertito dalla chiacchierata, ed è un bene, Bright ama parlare con lui, di qualsiasi cosa, anche del tempo, se è necessario.
Evan: come mai ieri sera non sei venuto?
Bright: ho avuto un… contrattempo.
Bright non si permetterebbe mai di dire cosa è realmente successo. Non a lui.
Evan: beh, peggio per te. Sono affamato.
Bright lo guarda, imbarazzato, è ancora molto strana per lui questa situazione. Evan si avvicina lentamente, e non appena lo fa, a causa del potente odore che emana Bright, i canini escono quasi involontariamente. È una sorta di eccitazione culinaria.
Il ragazzo ha sempre una certa paura, essere morsi fa male, e nonostante la saliva anestetizzi, un certo dolore permane durante il corso della giornata.
Evan: vieni qui…
Evan lo chiama a se, Bright non esita un istante, avanza verso di lui, incerto, quanto sicuro di volerlo.
Il vampiro si fa avanti verso il collo del ragazzo, questa volta non procede lentamente, è affamato. Con la lingua disegna la linea sulla quale avverrà il morso, non vuole che Bright provi troppo dolore, quindi ci ripassa due volte.
Una volta fatto ciò, guarda l’invitante collo per qualche secondo, poi, come lo scatto di un serpente, affonda con foga i canini nel collo di Bright, iniziando a succhiare.
Evan tiene Bright stretto a se, più stretto del solito, il ragazzo si tiene sulle sue braccia, afferrandole con forza, come quando si afferra un qualcuno mentre si prova un grande dolore. Il vampiro fa qualcosa di inaspettato, gira Bright velocemente, portandolo a se da dietro, mordendo di nuovo, Bright lo lascia fare, in fondo è il suo pasto. Un evidente rigonfiamento nei pantaloni di Evan spinge contro il fondoschiena di Bright, che certo, non può muoversi a causa della forte stretta del vampiro, ma non riuscirebbe anche se Evan non fosse così forte, a causa dell’imbarazzo.

La porta si apre improvvisamente, costringendo Evan ad allontanare Bright di corsa, e a ripulirsi il viso velocemente. Si tratta dello sceriffo Morrison.

Morrison: cosa sta succedendo qui?
Evan ritrae i canini, girandosi finalmente verso il fratello. Bright si è coperto velocemente con una sciarpa.
Evan: niente…
Morrison: tu chi sei?
Morrison guarda Bright, non l’aveva mai visto prima, è sorpreso di vederlo lì.
Bright: Bright, signore, mi chiamo Bright.
L’uomo non riesce a credere che Evan sia riuscito a socializzare con una persona apparentemente così diversa da lui.
Morrison: è ora di andare a scuola, non credete?!
Bright: certo, signore!
Evan guarda Bright, alzando gli occhi, e cercando di abbassare altro. Essendosi posto dietro la sedia della scrivania, l’erezione non è visibile.
Evan: ok, puoi toglierti dalle palle adesso?
Bright guarda il vampiro, sorpreso dalla risposta al fratello.
Morrison: buongiorno anche a te, Evan.
L’uomo gli lancia uno sguardo di disappunto, chiude la porta velocemente.

Evan: mi dispiace, è un cazzone!
Bright lo guarda, facendo cenno di no con il capo
Bright: no, ha un animo buono.
Il vampiro è incredibilmente colpito e frustrato dal modo di vedere le cose di Bright; qualche volta è fastidioso essere così incredibilmente buoni.
Evan: tu vedi proprio del buono in tutti, eh?
Bright: non sarei qui altrimenti.
Evan nota la palese frecciatina. Chi non la noterebbe?
Evan: ascolta, sicuro di non volere il sangue?
Bright annuisce
Evan: non ho ancora capito come fai a non sentirti male.
Bright: rimedi naturali.
Bright è evidentemente nervoso, Evan si chiede cosa nasconda, è curioso di sapere ciò che è, ed è curioso di sapere perché il suo sangue è così buono.
Evan: allora facciamo stasera? A quella fiera.
Bright lo guarda, confuso
Bright: in che senso?
Evan: beh, tu sarai lì, no?
Bright: sì. Ci vado con Walter.
Il vampiro lo guarda, sorpreso
Evan: Walter?
Bright annuisce, cercando di capire di che tipo di reazione si tratta.
Evan: il nerd del giornale?
Bright: non è un nerd. Che cosa significa esattamente nerd?
Evan ridacchia, divertito, cercando di prenderlo in giro.
Evan: quindi… quindi è vero che sei…
Bright ha capito, non sa cosa lo ferisca di più, quella che a lui sembra una presa in giro, o il fatto che la parola “frocio” pronunciata dalla sua voce riecheggi nella sua testa.
Bright: sì. Hai sempre avuto ragione. Ne sei felice?
Evan lo guarda, ha capito che il ragazzo ci è rimasto male.
Evan: hey…
Bright prende la cartella a terra, e infastidito si allontana dalla stanza del ragazzo, non è solito avere queste reazioni, ma le parole di Rose, ad un certo punto, iniziano a prendere un diverso peso, e rimbombano nella sua testa quanto le innumerevoli prese in giro.

 

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Benjamin scende velocemente le scale di casa Whittermore, tentando di raggiungere in fretta la porta e di non incappare in Tatia o in Alec; ma tutto questo sembra impossibile, non appena poggia piede sull’ultimo scalino, Alec si fa avanti, quasi come se lo avesse fiutato dal salone, ponendosi come suo solito, in maniera fiera e distinta all’entrata della maestosa mansion.

Alec: buongiorno, figliuolo.
Benjamin avanza, senza farsi troppi problemi in realtà.
Benjamin: papino!
Alec: stavo sperando di poterti parlare per qualche secondo.
Il ragazzo si ferma, poggiando la cartella a terra, e stampandosi in viso un ghigno di affronto.
Benjamin: prego.
Ad Alec non passa inosservato tutto questo
Alec: non abbiamo avuto occasione di parlare da quando…
Benjamin: hai sacrificato la donna che mi ha cresciuto al male?
Alec: stavo per dire “ti ho salvato la vita.” Ma se vuoi metterla in questo modo, fai pure!
Benjamin: oh, papà, sempre così egocentrico!

In un gesto di disumana follia, Alec avanza prepotentemente verso il figlio, la pazienza è venuta a mancare. Lo prende, con forza, sbattendolo ferocemente contro il pavimento, e ponendosi contro di lui.
Alec: ascolta, ragazzino.
Benjamin riesce a malapena a respirare, la presa del padre è forte.
Alec: tu hai finito di mancarmi di rispetto.
Il tono della voce dell’uomo ha di nuovo preso un innaturale svolta.
Alec: tu farai ciò che dico. Ti comporterai come ti dico di comportarti. O te lo giuro, Benjamin, e questa è una promessa, e non una minaccia, mangerò ogni persona a cui tieni, ucciderò le loro famiglie, farò dei banchetti con le nullità che abitano in questa città, e porterò l’inferno in questa casa.
Benjamin lo guarda, per qualche secondo. L’odio, il livore, la cattiveria nei suoi occhi, è quasi tangibile, ed incredibilmente visibile.
Benjamin: non siamo già all’inferno?

“Papà”

La voce di Tatia, che è sulle scale, distrae l’uomo, e lo spinge a lasciare la presa. Tatia è incredibilmente sorpresa, non ha mai assistito ad una scena simile, Alec non è solito mostrarsi in quel modo con i suoi figli.
L’uomo si alza, lentamente, stirandosi la giacca con le mani. Benjamin si alza a sua volta, raccogliendo la cartella e guardando la sorella, quasi come per dimostrargli che ciò che ha detto riguardo il padre è vero.

Tatia: cosa succede?
Alec: buongiorno principessa! Hai fame?
Tatia: no.
Alec guarda i figli, come se non fosse successo nulla, come se fosse stato tutto un banale incidente.
Alec: insisto. La colazione è il pasto più importante della giornata, e non mi va che la saltiate, filate in sala da pranzo!
L’uomo assume un tono goliardico, che confonde sicuramente Tatia, ma non Benjamin.

 

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Gabriel ha appena varcato la porta della cabina principale della riserva, ha in mano un vassoio con la colazione, che poggia senza troppa cura sul tavolino davanti al divano.

Robin: grazie!

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Un Robin appena sveglio si fa avanti, lasciando la postazione accanto al camino in marmo, e procedendo verso l’invitante banchetto.
Gabriel: hai dormito poco?
Robin sembra distrutto effettivamente, e Gabriel ama notare i difetti altrui.
Robin: ho avuto un incubo.
Gabriel lo guarda, sorpreso. È raro per i lupi o creature affini sognare.
Gabriel: davvero?
Robin annuisce, è palesemente nervoso. Qualunque cosa abbia sognato, deve averlo scosso.
Robin: era l’altro Wendigo.
Gabriel: hai sognato il Wendigo Cattivo? O Buono… beh, è ancora da vedere. Senza offesa.
Robin alza gli occhi, dando un morso al panino
Robin: aveva gli occhi rossi. Quando mi trasformo per me non è così.
Gabriel: ho imparato che nel nostro mondo ciò che è palese ed evidente finisce sempre per rivelarsi una gran cazzata.
Robin: ma questo potrebbe essere un indizio. Potrei parlarne con il packmaster, chiedergli di uscire per indagare. C’era un cartello, c’era un cartello nel mio sogno.
Gabriel si siede sul divano, sbracandosi comodamente con il suo solito fare da sbruffone
Gabriel: un cartello? Ti prego, dimmi che diceva “Las Vegas,” se è così convinco io il packmaster a farti uscire!
Robin non trova tutto questo divertente, in realtà; è affamato, continua a mangiare con foga, mentre tenta di recuperare ricordi dal sogno.
Robin: era un numero. 234
Gabriel lo guarda, confuso.
Gabriel: hai visto i dvd di LOST nella sala ristoro?
Robin: smettila. Per me è importante!
Robin rimarca queste parole, vorrebbe un po’ di collaborazione, anche se si rende conto che è difficile.
Robin: devi parlarne con Leda. Io non posso!
Gabriel: cosa?
Robin: sì, lei potrà chiedere aiuto a qualcuno. Forse sa come aiutarmi a risolvere questo mistero.
Gabriel: ascolta, io non sono Jennifer Love Hewitt, e qui non siamo in Ghost Whistperer. Non aiuto le fottute creature sovrannaturali a risolvere le loro faccende in sospeso.
Robin: questo sogno… deve voler dire qualcosa.
Gabriel: sì, che hai mangiato pesante… forse.
Robin lo guarda in malo modo
Gabriel: io devo andare a scuola comunque.
Il ragazzo si alza velocemente, procedendo verso l’uscita della cabina.
Robin: Gabriel?!
Gabriel si gira verso di lui.
Robin: promettimi che ne parlerai con Leda. Ti prego!
Gli occhi di Robin sono pieni di speranza, speranza che è difficile da riporre in Gabriel, ma è il suo unico collegamento con l’esterno.
Gabriel: ne parlerò con la tua vampira, te lo prometto! Sai, certe volte vorrei essere io rinchiuso in una cabina a non fare niente tutto il giorno. Potrei scrivere una fan fiction su Prison Break adattata alla situazione, che ne dici?
Gabriel non può andarsene via senza fare una battuta al vetriolo, è come se dovesse compensare per aver fatto qualcosa di gentile e altruistico.

Rose guarda attentamente la matita sul suo banco, matita che tiene in piedi, giocherellandoci, in modo da tentare di distrarsi, anche se sembra la cosa più difficile del mondo. Non ha sentito neanche una parola di ciò che ha detto la signorina Matthews, nonostante, solitamente, Rose sia una studentessa brillante.
Il banco di Benjamin è vuoto, Lauren, tuttavia, è seduta accanto a lei, non perde una lezione. Rose si è volontariamente seduta lontana da Bright e Leda, non vuole parlare di quello che è successo, non ne sarebbe in grado.

Luke, dagli ultimi banchi, la fissa, tentando di capire che cosa la stia turbando. Tatia, dal canto suo, è troppo impegnata a pensare a cosa è successo quella mattina per fare attenzione a cosa stia succedendo in classe.

“Ti senti bene?”

La piccola vocina di Lauren distrae Rose, che per qualche secondo ritorna alla realtà.
Rose: in realtà no…
La ragazza alza la mano.

Signorina Matthews: prego, Rose?
Rose: non mi sento bene. Posso uscire?
Signorina Matthews: cosa succede, cara?
Rose: probabilmente un po’ di influenza.
La Matthews la guarda, Rose non sembra una ragazza che direbbe mai una bugia. Fa cenno di sì con il capo.
Signora Matthews: vai pure.

Rose si alza velocemente, non può restare un minuto di più in quella classe, soprattutto con quei pensieri che le si affollano nella testa. Pensieri che sembrano mille diverse canzoni rumorose una sopra l’altra, le quali non puoi mettere in pausa.

Luke continua, nel frattempo, a chiedersi cosa stia succedendo alla ragazza. Sente che c’è qualcosa che non va, e che tutto questo va oltre una banale e umana influenza. Bright e Leda credono di aver capito il problema, ma loro hanno decisamente molte informazioni in più.

 

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Colonna Sonora: Shadow

Rose è appena uscita dalla classe della Signorina Matthews, il corridoio principale della Twinswood High è completamente vuoto, è una sorta di sollievo per Rose, è esausta di vedere e conoscere persone, senza sapere se saranno o meno sue amiche o sue nemiche, senza sapere di che natura siano fatte o se vogliano ucciderla, tutto questo è troppo per lei. Credeva chiaramente di essere invincibile, ma non è così.

La ragazza viene distratta da due figure in una classe vuota, si ferma, guardando attentamente a chi appartengono. Si tratta di Benjamin, e di una ragazza che chiaramente non conosce. I due sono avvinghiati l’uno all’altra.

Rose resta a guardare, sconvolta, permettendo a Benjamin, nel mentre, di notarla fuori alla porta. Rose non sapeva che “cuore spezzato” fosse un’espressione così letterale. Odia sentirsi così, odia provare tutto questo, odia ciò che sta succedendo.

Benjamin smette di fare ciò che sta facendo, e procede velocemente verso l’uscita della classe, lasciando la ragazza sola e confusa.

Rose cammina a passo veloce nel corridoio vuoto, tentando di sfuggire a Benjamin.

“Rose. Rose.”

La ragazza non si gira ai primi due richiami, ma poi decide di farlo.
Rose: cosa?!
Benjamin arriva davanti a lei; non sa precisamente cosa dire. Si trova più impreparato del giorno prima.
Rose: cosa vuoi?
Benjamin: io…
Stavolta è Benjamin a sembrare spaventato e confuso.
Rose: tu cosa? Sei un demone che tradisce la sua ragazza?
Benjamin: tu non capisci.
Rose: no. Ma che razza di persona sei?!
La strega è chiaramente scossa; e Benjamin riesce a notarlo dalla palese umidità dei suoi occhi.
Benjamin: ascolta..
Benjamin, d’istinto, si avvicina, provocando un’insolita reazione in Rose. Una reazione, tuttavia, sentita. La ragazza pone le mani avanti, toccandogli il petto, provocandogli quella sensazione di malessere che Benjamin ben conosce.
Rose: stai lontano da me!
Rose urla, stanca, ferita, anche se non dovrebbe esserlo, è un mix di sensazioni difficile da descrivere, è un insieme di cose che stavano semplicemente ribollendo in lei. I due si guardano, per qualche istante. Le verrebbe quasi da chiedergli se sta bene, ma questo metterebbe a repentaglio tutto l’amore proprio che ha per se stessa.
La ragazza si gira, procedendo ad allontanarsi da Benjamin, che chiaramente ha perso il controllo della situazione.

 

 

Rose apre velocemente la porta del bagno del secondo piano, la chiude, ponendovi un cestino davanti. È arrabbiata, è furiosa, è fuori di se e deve fare qualcosa. Velocemente procede verso il lavandino, tirando fuori dalla borsa il libro, ma prima assicurandosi che il bagno sia vuoto.

Cerca velocemente tra le varie pagine, un segnalibro è posto verso la fine, un segnalibro che Rose aveva appositamente piazzato per ritrovare una determinata pagina.

“Verità”

Old book isolated

L’incantesimo della verità sembra la scelta giusta. In un luogo in cui nessuno vuole dirla, Rose si trova costretta ad usare estremi rimedi. Spera solo che funzioni.

La ragazza chiude gli occhi, cercando di concentrarsi e di bissare le sensazioni che prova durante gli incantesimi riusciti fino a questo momento.

“Della menzogna non sono più schiava, sovrana è la verità, che ogni bugia via lava.”

Rose apre gli occhi, cercando di capire se il tutto abbia funzionata. Bisogna semplicemente fare delle prove pratiche, la magia non è sempre una scienza esatta.

Meredith ha appena tolto dal forno un’invitante Lasagna, non è solita cucinare, ma lo fa in occasioni speciali come questa, vuole pranzare con Rose e vuole provare a porsi come un’amica di cui potersi fidare.

Rose entra dalla porta sul retro che dà sulla cucina, poggiando la cartella accanto al bancone della cucina, e notando, sorpresa, il piatto di lasagne in tavola.
Rose: oh Dio!
Meredith la guarda, sorridente
Meredith: già, invitante è?
Rose: sei sicura di aver usato ingredienti umanamente commestibili?
Meredith ridacchia, divertita, è contenta che la nipote faccia una battuta.
Meredith: quando l’assaggerai, ti pentirai di averlo detto!
Rose: bene. Qual è la speciale occasione?
Meredith: sono preoccupata, penso che tu mi nasconda qualcosa e voglio cercare di pormi come un’amica per capire cosa c’è che non va.
Rose la guarda, sconvolta, ma anche estasiata. L’incantesimo sembra aver funzionato. Meredith non riesce a credere a cosa sia appena successo.
Meredith: volevo dire che… è esattamente quello che volevo dire.
La donna è chiaramente confusa.
Rose: va bene così, Zia. Lo capisco. Mangiamo?
Rose sembra eccitata, fin troppo eccitata. Meredith annuisce, è come se non riuscisse a formulare le parole giuste, quindi le bugie, da dire.
Meredith: va bene…

 

Schermata 2013-10-10 a 14.47.13

La sera è finalmente scesa su Twinswood, e il Falò dei ricordi è l’attrazione più grande della stagione autunnale. I turisti arrivano da tutte le parti del paese, la piazza principale della città si trasforma in una vera e propria attrazione.
Gli umani sono ignari di ciò che succede a Twinswood in realtà, semplicemente, la fama della città è basata su luoghi comuni e leggende che tuttavia hanno un fondo di verità.
Due grossi mulini in legno vengono piazzati da entrambi i lati del marciapiede, i mulini girano, e le persone vi pongono dentro delle buste con delle lettere; lettere che trattano del passato, che parlano di rimpianti, di sogni, o di cose semplicemente andate male. La serata ha una doppia valenza, e un duplice significato: ricordare il passato e gettarselo alle spalle, con un grande falò.

Walter: il fuoco è purificatore!

Walter
Walter

Walter e Bright camminano lungo la stradina principale, è piena di bancarelle dei negozi della città, souvenirs e gadget sovrannaturali.

Bright
Bright

Bright: anche la luce.
Walter guarda Bright, confuso
Walter: sai, certe volte mi sembri davvero fuori dal mondo.
Bright lo guarda, imbarazzato, non riesce a capire se l’abbia appena insultato.
Walter: lo dico in maniera positiva. Voglio dire, sei così… tenero.
Walter abbassa lo sguardo, stavolta è lui ad essere imbarazzato.
Bright: tenero?
Walter annuisce
Walter: sono contento che tu mi abbia chiamato. A dirti la verità pensavo di non avere speranze.
Bright lo guarda, confuso
Bright: e perché mai?
Walter: ti sei visto? Sembri quasi un angelo…
Bright: addirittura?
Walter: scommetto che non è la prima volta che te lo dicono!
Bright: eh no!
Bright accenna un sorriso, un sorriso che tuttavia nasconde altro.
Walter: quindi, tu hai qualcosa da bruciare?
Bright: cosa vuoi dire?
Walter: lo scopo della serata. Bruciare vecchi ricordi. Metti il tutto per iscritto… e te lo butti alle spalle!
Bright: beh, sarebbe bello se funzionasse davvero così. Ma non è mai così.
Walter lo guarda, curioso
Walter: spiegati meglio.
Bright: voglio dire, possiamo fare finta di buttarci un qualcosa alle spalle, ma in fondo i dubbi, le paure, gli sbagli… rimangono. Anche se si mettono per iscritto e si bruciano.

Evan: tu lo conosci quello?
Evan guarda Benjamin, che segue lo sguardo del vampiro.
Benjamin: Walter?

 

Colonna Sonora: How You Like Me Now?

La musica inizia a farsi alta, e la gente inizia a porsi al centro della piazza per ballare e festeggiare il lasciarsi indietro brutti ricordi.

Benjamin: perché ti interessa?
Evan lo guarda, in realtà non sa neanche lui la risposta a questa domanda.
Evan: curiosità. Mi sembrava di averlo visto a scuola.
Benjamin sorride, per poi spostare lo sguardo in avanti. Stavolta è lui quello stranito.
Evan: che ti succede?
Evan segue lo sguardo, proprio come l’amico ha fatto pochi secondi prima con lui.

Rose avanza verso il centro della piazza, e quindi della pista, è mano nella mano con Joseph, porta un abitino corto, nero, e un trucco piuttosto pesante per i suoi standard; tutto questo non è da lei.

Evan: hai capito la Wilson!
Benjamin guarda l’amico in malo modo

Luke e Leda sono appena arrivati, ed entrambi, proprio come Benjamin ed Evan, assistono alla scena.

Rose conduce Joseph in pista, lo fa in modo sensuale, famelico, come non siamo abituati a vederla, la ragazza si pone contro di lui, ballandoci e facendosi stringere in modo provocante, Joseph apprezza tutto questo.
Rose ci gioca, ci gioca semplicemente, non è da lei, ma vuole lasciarsi andare, e soprattutto vuole provocare delle reazioni.
Sia Benjamin che Luke non spostano lo sguardo dalla scena, nonostante non apprezzino molto ciò che sta accadendo, ed è palese.
Rose guarda Benjamin, questa è una sorta di amara vendetta per lei, e non vuole assolutamente nasconderlo.
Le mani di Joseph la stringono, mostrando a Benjamin ciò che lui non potrà mai fare. Rose ci gioca, accarezzandole, toccandole, vuole assolutamente sottolineare questo dettaglio.

Walter: wow, quella è la tua amica, vero?
Bright guarda Walter, confuso quanto lui.
Bright: sì, è lei.

“Bright”

Bright viene distratto da una voce che conosce bene: quella di Evan. Il ragazzo l’ha raggiunto.
Bright: hey…
Evan: ciao.
I due si guardano, non sanno esattamente come comportarsi dopo la discussione avuta.
Evan: posso parlarti?
Bright guarda Walter, non sembra molto contento della richiesta.
Bright: veramente… sono impegnato.
Walter sorride, apprezzando la risposta di Bright.
Evan: si tratta di qualche secondo.
Bright guarda il vampiro, non riesce davvero a dirgli di no.
Bright: qualche secondo.
Walter guarda i due, stranito. Ma non è maleducato, gli darà il loro tempo. Il ragazzo si allontana, lasciandoli solo.

 

Colonna Sonora: Magic Snow

Bright: allora. Cosa succede?
Evan: ho fame.
In realtà Evan non ha molta fame, il suo corpo gli diceva di allontanare Walter da Bright, semplicemente non lo ammetterà.
Bright: cosa?!
Evan: siamo stati interrotti stamani. Ho fame.
Bright lo guarda, non riesce a credere alle sue parole, le trova irrispettose, le trova egoistiche.
Bright: io… Io non sono una sacca di sangue. Io sono una persona.
Evan: tu hai offerto il tuo sangue a me.
Bright: sì, per salvarti la vita. Ma… tu mi stai usando.
Evan lo guarda, confuso
Evan: come?
Bright: per te sono questo. Sono la colazione, il pranzo e la cena. Non è così?!
Il vampiro non sa come rispondere, e soprattutto non sa come reagire, Bright lo mette in soggezione.
Evan: cosa credevi? Credevi che donandomi il tuo sangue ci saremmo messi insieme come due frocetti?! SVEGLIA, io non sono come te. Non sono una checca!
Bright lo guarda, sconvolto. Quelle parole sono come lame sottili nel petto. Il volto di Evan è chiaramente pentito, ma è troppo tardi.
Evan: senti… puoi… puoi farmi un pompino quando ti va. Voglio dire. Io ti piaccio, vero? L’ho capito. Sarebbe una specie di…
Bright: vattene.
Bright dice questa frase a denti stretti. La rabbia sta prendendo il sopravento.
Evan: come?
Bright: Evan, vattene. O potrei spararti un lampo di luce qui e polverizzarti davanti a tutti. Pensi che io voglia questo? Pensi che io voglia il tuo pisello?! IO VOLEVO QUESTO!
Bright indica il suo petto, quindi il suo cuore. È palesemente disperato, in uno stato emotivo a cui non è abituato.
Bright: ma non c’è niente.
Bright si allontana, amareggiato, Evan rimane lì, chiaramente scosso dalle parole dette dal ragazzo.

La canzone è appena terminata, Rose si allontana dalla pista insieme a Joseph, che sembra incredibilmente contento di essersi rifatto.
Joseph: vado a prendere da bere!
Rose annuisce, divertita dalla situazione.
Il ragazzo si allontana, lasciando Rose da sola.

Benjamin: wow, che bello spettacolino!
Rose si gira, sembra brilla, quasi come se avesse bevuto un po’ troppo.
Rose: uh, ecco il Re dei Bugiardi di Twinswood. Signore e Signori, Benjamin Whittermore!
Benjamin la guarda, particolarmente confuso
Benjamin: sei brilla?
Rose: no. No, ma mi sento bene, sai? Perché… improvvisamente, tutti hanno iniziato a dirmi la verità.
Il ragazzo si fa avanti, cercando di capire cosa stia succedendo.
Benjamin: di cosa parli?
Rose: facciamo una domanda di prova. Da quanto sai che sono una strega?
Benjamin: da tutta la vita.
Benjamin si tocca la bocca, quasi come se quelle parole gli fossero sfuggite.
Rose: come lo sai?
Benjamin: mio padre mi ha avvertito su di te.
Benjamin indietreggia, quasi impaurito dalle sue stesse parole. Rose, al contrario, avanza verso di lui.
Benjamin: cosa mi hai fatto?
Rose sorride, divertita, il suo sguardo è diverso da quello che conosciamo.
Rose: come sai del libro?
Benjamin: tutti i demoni ne sono a conoscenza.
Il ragazzo non riesce a controllarsi, è come un vomito di parole.
Rose: cosa siamo io e te?
Benjamin: nemici mortali. Siamo stati prescelti.
Rose: per cosa?
Rose si fa sempre più seria, avanzando sempre di più.
Benjamin: per la battaglia finale.

“Cosa succede qui?”

Una voce distrae i due. È quella di Luke, che è dovuto intervenire. Benjamin guarda il vampiro, è grato che sia intervenuto in qualche modo.
Rose: stiamo semplicemente chiacchierando.
Luke guarda Benjamin, di nuovo, i due non si sono mai scambiati neanche una parola.
Benjamin si allontana, infastidito, è chiaro che Rose ha fatto qualcosa e che lui ne è vittima.
Rose: oh, hai visto, lo hai fatto scappare via?
Rose parla in modo innocente, è palesemente brilla.
Luke: che cosa hai fatto?
Rose: qui sono io a fare le domande, ok?
Luke annusa, un’abitudine di Twinswood che non morirà mai.
Rose: ed eccoci qui di nuovo. Quest’abitudine dell’annusare non muore mai, eh?! Cosa sei, un cane?
Luke: hai fatto un incantesimo, e ne stai pagando le conseguenze.
Rose lo guarda, confusa. Più confusa di come dovrebbe essere.
Luke: hai fatto un incantesimo egoistico.
Rose: un cosa?
Luke: ne sento l’odore.
Rose: tu fiuti gli incantesimi. Questo sì che è strano!
Rose scoppia a ridere, di nuovo.
Luke: questo tuo stato di…
Luke cerca di trovare un termine adatto.
Luke: alterazione?
Rose: mi piace come dici alterazione. Fai suonare tutte le parole così… difficili.
Luke: è dovuto all’incantesimo che hai fatto. È una punizione.
Rose: una punizione? Ma io sto benissimo! Piuttosto dimmi cosa sai del libro!
Luke cerca di frenare le parole, cerca di mordersi la lingua o di scappare via, ma la magia è più forte.
Luke: la tua antenata Lisandra me l’ha consegnato.
Rose lo guarda, anche nella confusione, riesce a capire perfettamente queste parole.
Rose: cosa? Tu conoscevi Lisandra?
Luke: sì. LEDA!
Luke urla, richiamando all’attenzione la sorella, che corre verso di lui.

Leda: hey, cosa succede?
Rose: tuo fratello conosceva la mia antenata strega.
Leda guarda Luke, confusa, mentre Rose continua a ridere a crepapelle.
Leda: è ubriaca? Ha bevuto?
Luke: no. Ma devi portarla a casa.
Leda lo guarda, confusa
Luke: falle fare una doccia. Falle bere tanto caffé.
Leda: quindi è sbronza.
Luke: non esattamente. Cos’è questa puzza di cane? Ah, ecco.

Gabriel si avvicina ai tre, ha cercato Leda ovunque. La vampira lo guarda, curiosa.
Leda: cosa ci fai qui?
Gabriel: stavo cercando te.
Rose: Gabriel, non è carina Leda stasera?
Gabriel: molto.
Leda guarda Gabriel, palesemente imbarazzata, mentre il lupo, come tutti quando succede, porta una mano alla bocca, incredulo. Deve rompere l’imbarazzo.
Gabriel: comunque, ho un messaggio da Robin. Forse abbiamo una nuova pista.
Leda lo guarda, contenta, cercando di nascondere l’evidente imbarazzo che è ancora chiaro sul suo volto.
Leda: davvero?!
Gabriel annuisce
Leda: di cosa si tratta?
Luke: ne parlerete domani. Ora devi portare Rose a casa.
Il vampiro guarda la sorella con fare autoritario.
Leda: ma…
Luke: NIENTE DISCUSSIONI!
Luke parla a denti stretti.
Rose: lo so, è uno stronzo, vero?
Rose guarda Gabriel, divertita. Luke alza gli occhi: adolescenti.
Gabriel: hey, quanti shots hai bevuto?
Rose: zero!
Rose fa un cenno con la mano
Gabriel: già, come no… Ci si vede eh!
Leda: a domani!
Leda fa un cenno al ragazzo, che si allontana.
Leda: Gabriel!
Ma poi… si gira di nuovo.
Leda: grazie!
Luke guarda la scena e non gli piace. Gabriel non dice niente, si limita a girarsi di nuovo.
Rose: ha un bel culo, eh?
Leda: già.
Leda non se ne accorge neanche, proprio come gli altri. Luke guarda le due, ancora più infastidito di prima.
Luke: portala a casa!

 

Colonna Sonora: Girls Just Wanna Have Fun (Greg Laswell)

Due ore, una doccia, e quattro bibitoni di caffé amaro dopo, Rose si ritrova sul suo letto, sola, più confusa di prima, con chiari ricordi di varie verità e con zero indizi sulla prossima mossa.
La ragazza incrocia le gambe sul letto, non ha neanche voglia di aprire il libro dopo quello che è successo, è stata una chiara punizione. La testa le scoppia, e l’effetto è durato solo qualche ora, pensa a ciò che è successo, alle parole di Benjamin, a quelle di Luke, al povero Joseph. Niente ha senso, e niente sembra voler acquistare senso.

“Rose.”

La ragazza allo sguardo, alla porta c’è un Bright distrutto, in preda ad una crisi di pianto.
Rose: Bright…
Bright: Rose…
Il ragazzo singhiozza ininterrottamente, e sembra non potersi fermare. Rose si alza velocemente, andando verso di lui, conducendolo lentamente verso il letto, e sdraiandolo amorevolmente accanto a se.
Rose: cosa è successo?!
Il ragazzo continua a piangere disperatamente.
Bright: fa male.
Rose lo guarda, mentre timidamente, per la prima volta, tenta di abbracciarlo.
Bright: fa male qui.
Bright indica il petto.
Bright: Evan…
La ragazza capisce; non si tratta di un dolore fisico, ma di una ferita emotiva, ed è peggio. Non c’è cura al mal d’amore.
Bright: Rose, fallo smettere. Ti prego, fallo smettere!
Rose finalmente lo prende tra le braccia in modo sicuro, baciandogli il capo e prendendosi cura di lui. Il dolore è straziante, e lei in qualche modo lo comprende. Lo conosce.

Colonna Sonora: Cello

Alec guarda con fierezza la tavolata di casa Whittermore, una dozzina di uomini incappucciati e vestiti in nero formano un macabro cerchio al quale lui è a capo. La luce proviene da alcune torce accese e poste ai lati della stanza, quasi come se fosse vietato usare luci artificiali. Tutti sono in silenzio, Alecus parla.

Alec: il fuoco è purificatore, dicono. Quindi, amici miei, come ci liberiamo dalla sporcizia e dalla feccia che tenta di infettare il nostro mondo? Contro quella magia che vuole annientarci, contro quelle donne che credono di fare la volontà di una forza più grande del male, quando arrivano qui con i loro incantesimi e le loro filastrocche, tentando di strappare via le doti che la natura ci ha concesso e che meritiamo. Come? Come estirpiamo dalla terra queste radici fastidiose, questi semi che tentano di crescere su una terra ormai arida. Noi le bruciamo. L’abbiamo fatto in passato, oggi non è più usanza comune, ma chi sono io per non riportare in auge il vintage? Beh, i cittadini di Twinswood si sono lasciati alle spalle il passato, le cose che non vanno, i drammi, le tribolazioni, bruciando dei pezzi di carta.

Alec fa una pausa, guardando davanti a se, e cambiando tonalità di voce.
Alec: noi, signori miei, faremo lo stesso!
Il demonio acquista un ghigno malefico, mostrando la sua vera natura.
Alec: noi bruceremo la strega!

 

Fine Episodio.

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1 COMMENT

  1. Odddio, Rose e stata fantastica in questo capitolo. Benjiamin e sempre troppo figo (sarà che dandogli le sembianze di Max Irons me lo hai reso irresistibile) Davvero fantastico. Amo Spellbook

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