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Sons of Anarchy | Maggie Siff parla del finale di stagione

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Sons of Anarchy | Maggie Siff parla del finale di stagione

[ALLERTA SPOILER!! Non proseguite nella lettura se non avete ancora visto il season finale di Sons of Anarchy intitolato A Mother’s Work.]

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Se avete visto l’episodio 6×13 di Sons of Anarchy, avete assistito alla brutale e violenta morte di uno dei protagonisti. Fortunatamente EW era sul set nei momenti in cui l’attore in questione si stava preparando a dire addio ai suoi colleghi.

Dopo che Jax ha deciso di consegnarsi ai federali, Tara è convinta di essere al sicuro a casa: in cucina trova però ad aspettarla una Gemma decisamente su di giri. In una delle scene più brutali della stagione Gemma pugnala a morte Tara, rendendo così il personaggio interpretato da Maggie Siff solo l’ultima delle vittime dello show firmato da Kurt Sutter.

EW ha incontrato la Siff per parlare della morte del suo personaggio e di quello che c’è in serbo per la sua carriera.

Eri stata avvisata ad inizio stagione che Tara sarebbe morta?
Io e Kurt Sutter ci siamo seduti a parlare ed io ho fatto una mezza battuta perché pensavo che avrebbero potuto far fuori il mio personaggio. Lui non ha risposto immediatamente. Io ho esclamato: “Oddio! Mi farai fuori!”. Lui ha risposto: “Be’, no” perché non era ancora sicuro al cento per cento. All’inizio della stagione sono successe alcune cose con Donal Logue [Logue ha dovuto terminare le riprese in anticipo a causa del suo impegno con la serie di History Channel Vikings, n.d.r.] che hanno confuso le acque riguardo agli sviluppi della stagione: è andato perso uno snodo molto importante per la trama, dal momento che lui avrebbe dovuto incarnare il principale antagonista del club per l’intera stagione. Quindi, per come Sutter mi ha spiegato le cose, stava cercando di capire come sviluppare il resto della stagione. La morte di Tara era qualcosa che avrebbe potuto verificarsi. Sapevo che la partenza di Donal avrebbe notevolmente aumentato le probabilità della mia morte.

Hai pianto?
Forse ho pianto un pochino. Penso di aver davvero pianto un pochino quando mi sono seduta a parlare con Kurt la seconda volta e lui mi ha confermato che sì, era quello che stavamo facendo. Tuttavia, è stato più che altro un pianto di gratitudine che di altro: è stato un viaggio lungo e meraviglioso per cui io sono davvero riconoscente. Dal punto di vista di un attore, però, sei anni consecutivi in un ruolo sono quasi una follia. Penso che siamo tutti curiosi di scoprire in che cosa consista il resto della nostra vita. Penso che tutti noi abbiamo avvertito avvicinarsi la fine della serie durante l’ultimo anno e mezzo: penso che sia così da quando Opie è morto, perché è come se ci fossimo detti: “Oh, questo è davvero l’inizio della fine del nostro viaggio, sia dal punto di vista individuale che da quello collettivo”.

Riesci a immaginare uno scenario in cui Tara avrebbe potuto sopravvivere alla fine di questa stagione?
Credo di aver sempre avuto la sensazione che le cose avrebbero potuto andare in un unico modo per Tara. Sai, il modello è quello di Ophelia, senza poi contare il fatto che Tara si sia trasformata in Gemma e abbia preso il suo posto, guadagnandosi il trono.

Com’è l’atmosfera quando muore un personaggio?
Davvero surreale: è molto dura ed è molto dura da immaginare. Sai, Ryan Hurst ha parlato con Charlie di come si spenda un sacco di tempo a cercare di interpretare un personaggio, ma nessuno ti insegni mai ad ucciderne uno.

Parlaci della storyline di Tara di questa stagione.
Penso che abbia iniziato la stagione in un modo molto dark e forte, dato che si ritrovava in prigione e si rendeva conto di dover cambiare la sua vita e che questo avrebbe richiesto un’enorme forza di volontà e la capacità di architettare dei piani. Non riusciva a farsi venire in mente dei possibili alleati su cui contare: tra questi non c’erano nemmeno Jax e Gemma. La fine della stagione 5 è stato un momento davvero duro. Credo che Tara, nel profondo, pensasse che Jax avesse preferito il club a lei e alla sua famiglia: per questo aveva intenzione di portare in salvo i suoi bambini. Questo è molto triste in parte perché Tara, in passato, era riuscita a tirarsi fuori da questa faccenda, per poi, lentamente, ritrovare la strada di casa e integrarsi di nuovo…per poi vedere che le pareti della prigione si erano fatte più alte e più spesse. In parte, inoltre, perché si è trovata in questa situazione a causa dell’amore che provava per Jax e per gli altri, che erano l’unica famiglia che avesse e conoscesse. Nel terzo o quarto episodio Tara dice ad Unser: “Non si tratta più di me”. E mi sono aggrappata a questo per tutta la stagione.

Tara rappresentava il pilastro morale dello show?
Non lo so. Penso che questo punto sia stato sviluppato in modo interessante perché per un certo periodo è stata davvero il pilastro morale. Penso che Kurt l’abbia usata come una finestra attraverso cui il pubblico potesse conoscere il club e la vita del club. Puoi vederla amare queste persone invece che se stessa, invece che essere più prudente. Penso che sia rimasta un pilastro morale nel senso che ha sperimentato un vero conflitto di emozioni causato dalla violenza, dai problemi e dal dolore e ha desiderato qualcosa di meglio per i propri figli.

Questa stagione è stata parecchio dark.
Ogni anno ho questa sensazione e penso: “Andrà sempre peggio”. Ma è così che fa Kurt Sutter: fa in modo che ci sia un’escalation di violenza. In ogni episodio muore qualcuno. Ma, sai, con il procedere delle stagioni ci sono state delle perdite dolorose che hanno riguardato persone del club o della famiglia. Ogni stagione è stata, da questo punto di vista, più orribile della precedente e questa non costituisce un’eccezione.

Che cosa ha significato questo ruolo per la tua carriera?
Per la maggior parte della mia carriera sono stata un topo da teatro (ma lo dico con affetto!), fino a quando sono approdata in TV per la prima stagione di Mad Men. Dopo quell’esperienza mi sono lanciata in questo show, quindi la mia vita è cambiata, in un certo senso. Avere un lavoro che duri così a lungo procura un’enorme stabilità ad un attore, soprattutto se viene dal mondo del teatro, dove il termine “stabilità” non fa proprio parte del vocabolario. Per tutta una serie di ragioni questo show e il mondo di questo show sono molto lontani da ciò che avrei mai potuto immaginare per me stessa. Durante la nostra prima lettura dei copioni mi sono chiesta “Che cosa ci faccio qui?”, mentre guardavo Boone e Kim e, sai, tutti questi ragazzoni robusti e spaventosi. “Che diavolo ci faccio qui?” mi chiedevo. Per me è stata un’avventura davvero molto interessante. Non mi sono mai sentita completamente a mio agio nel mondo. Tuttavia io, Maggie, mi sono sentita incredibilmente amata e ben accolta da tutti.

Che cosa c’è in serbo per te?
Il teatro è una parte importante della mia vita e non smetterò mai di occuparmene. Mi prenderò un po’ di tempo, probabilmente. Mi piacerebbe partecipare per un po’ di tempo ad altri progetti di film indipendenti. Mi piacerebbe trovare un altro grande show via cavo perché penso che l’alta qualità della sceneggiatura, della recitazione e della regia siano un dono per chi fa parte dello show.

Fonte

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Con il corpo è in Italia, con il cuore è in Giappone, con la testa è negli USA. Ritiene di avere ottime potenzialità come sceneggiatrice di “finali alternativi” e come moglie di attori talentuosi e affascinanti (magari con l’accento british e le fossette). In una serie cerca persone e non semplici personaggi, mondi più che location, non un sottofondo ma vere e proprie emozioni musicate, vita, non una storyline. Nel suo universo ideale la birra è rossa e il sushi è in quantità abbondante, le Harley Davidson sono meno costose, la frangia non è mai né troppo lunga né troppo corta e il suo favorito arriva incolume al finale di serie. Forse ha troppi smalti, mentre per i tatuaggi, i cani, i gadget di Spongebob e i libri troverà sempre il posto. Tiene pronti la balestra, i viveri e l’hard-disk zeppo di serie: l’Apocalisse Zombie non la coglierà impreparata!

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