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Reign | Recensione 4×01 – With Friends Like These

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Reign | Recensione 4×01 – With Friends Like These

Fatemi andare un attimo nell’angolino a piangere, perché il mio cervello aveva completamente rimosso il fatto che Martel avesse orchestrato l’assassinio di Leith. Del caro, amorevole e fantastico Leath. DI LEITH. Mi viene voglia di andare a fare un giro su IMDB e controllare per quanti episodi sia stato effettivamente creditato Jonathan Keltz, ma sono perfettamente consapevole che la mia sia solo un’illusione e che non lo vedremo rispuntare quando meno ce lo aspettiamo, malmesso e deperito come un gattino abbandonato ma vivo.

RIP Leith Bayard, non hai idea di quanto ci mancherai.

E insomma, Reign è finalmente tornato! Vorrei potervi dire che si è trattata di un’attesa lunga e infinita e snervante, ma la verità è che io ho finito di farne il binge watch sì e no due settimane fa – grazie Netflix – e che quindi non ho avuto modo di soffrire per l’attesa e, a quanto pare, nemmeno per metabolizzare e accettare questo lutto così ingiusto. (No, non ho ancora metabolizzato né accettato nemmeno la perdita di Francis, nel caso ve lo steste chiedendo).

Dicevo, Reign è tornato per la quarta e ultima stagione, e quest’anno sarò io a farvi compagna commentandolo – e questo potrebbe diventare l’angolino di psicanalisi settimanale in cui cerchiamo di capire come metabolizzare i lutti e i #mainagioia telefilmici.

La stagione si è aperta con l’introduzione dei reali spagnoli – di cui avevamo già avuto un assaggio nella scorsa stagione con il povero Don Carlos e le sue particolarità – nella persona di Leeza che, nel caso qualcuno avesse avuto dubbi, si dimostra degna figlia di Caterina de Medici – con questa mente sempre in movimento e pronta a plottare intrighi, inganni e macchinazioni. Mi è piaciuta Catherine, mi è piaciuta tantissimo: lei che sa che la Francia rischia di soccombere sotto al peso delle rivolte e di finire in mani spagnole, decide comunque di supportare Claude, impedendole di finire vittima di un matrimonio di convenienza con l’assassino dell’amore della propria vita. Catherine mi è piaciuta perché ha dimostrato una volta di più che i suoi figli vengono prima di qualunque altra cosa, perché per quanto sia macchiavellica e per quanto ci abbia dimostrato di saper essere spietata e inarrestabile, per lei la famiglia è sacra. E in questo caso particolare, ho apprezzato tantissimo che fra Leeza e Claude, abbia deciso di schierarsi con Claude, con questa figlia che aveva allontanato e bistrattato per colpe che le impuntava ingiustamente, con questa figlia con la quale più che con chiunque altro aveva bisogno di sdebitarsi. Leeza è però rimasta a corte, e sa anche che è stata la madre a uccidere Martel, non fosse altro che per il fatto che lei stessa nei suoi panni l’avrebbe fatto. Tale madre, tale figlia, no? Il suo personaggio, non ci provo nemmeno a negarlo, mi è risultato antipatico a pelle, e non ci vuole certo Nostradamus per predirci che Leeza sarà portatrice di guai e sofferenze.

Attraversiamo ora la Manica, lasciandoci alle spalle la corte di Francia, e andiamo in Inghilterra, andiamo in Scozia, dove ritroviamo le nostre due regine intente a far scemare gradualmente l’odio che provano l’una per l’altra, man mano che l’inganno di John Knox viene svelato e si rendono conto di essere state messe l’una contro l’altra a tradimento. Nonostante la parentesi infausta che ha visto la fine di Lola si sia chiusa, le due non possono comunque avvicinarsi l’una all’altra. È un dato di fatto: ci sono due regine e una sola corona, e l’unica maniera plausibile per mettere una volte per tutte fine a questa storia, è che una delle due muoia. È triste ed è spietato, ma è la realtà dei fatti. Elizabeth mi ha fatto molta tenerezza, me ne ha fatta quando ha rifiutato il consiglio di Gideon di incontrare Mary, me ne ha fatta quando si è resa conto di aver ucciso Lola per niente. Elisabeth è una donna estremamente forte, ma è anche estremamente sola. È cresciuta in una corte in cui non ha amici, solo sudditi – e l’unica amica vera che era riuscita a trovare, l’aveva trovata in virtù della sua prigionia a corte – lontana dalla propria famiglia, perché la sua famiglia è Mary e Mary è il nemico.

Mary dal canto suo si ritrova a essere una regina cattolica in una paese ormai quasi completamente protestante, senza alleati veri al proprio fianco, perché i cattolici non si fidano di lei per via dei suoi legami con i protestanti – primo fra tutti il fratello James – e i protestanti non la vogliono per via della sua fede cattolica. Anche Mary quindi è completamente sola, senza più una corte alle spalle pronta a proteggerla – perché perfino Catherine nei suoi momenti peggiori, alla fine l’ha sempre protetta – e senza più nessun affetto. Francis è morto, la corte nella quale è cresciuta è lontana, le sue damigelle – quelle ancora vive – si sono rifatte una vita altrove – perché non penso che Greer sia tornata per restare. Elizabeth è sua cugina, ma è anche il nemico, e James è il suo caro fratello, ma è anche un uomo che ha imparato l’arte del complotto meglio di Catherine. Quindi, anche Mary è sola, esattamente come Elizabeth. Sono due regine che regnano senza il supporto completo delle proprie corti, due regine che lottano contro il loro stesso sangue, contro la loro stessa famiglia, senza più nessun alleato intorno di cui potersi fidare ciecamente.

A differenza di Elizabeth però, Mary è una combattente. Anzi, una COMBATTENTE, con tutte le lettere maiuscole. Cresciuta lontana da casa, ha dovuto far sua una corte che non lo era. All’interno di questa corte si è poi ritrovata a perdere tutto ciò che possedeva – l’amore, il potere, la protezione – ed è dovuta suo malgrado tornare a casa – una casa che però non era più sua. Ha fatto tutto questo senza abbassare mai la testa, senza piegarsi di fronte a nessuno – non a John Knox, non ai protestanti, non ai cattolici, non all’unico clan che avrebbe potuto garantirle della protezione anche solo vagamente sicura. Infine, non di fronte a suo fratello, ovvero all’unica persona alla quale si poteva ancora appigliare.

In tutto questo, temo per Gideon, temo che possa rimanere vittima del fuoco incrociato fra le due persone alle quali ha giurato fedeltà – a una per amore, e all’altra per patriottismo.

Vorrei poter dire che James non piaccia nemmeno tanto così, ma la verità è che invece mi piace moltissimo. Non è un personaggio cattivo, ma non è nemmeno uno dei buoni. Come Mary, ha sempre dovuto lottare per tenersi stretto ciò che aveva, ma ha dovuto farlo in un ambiente completamente diverso da quello della sorella, molto meno glamour e molto più selvaggio. È stato costretto a tenere i piedi in mille scarpe contemporaneamente, a imparare a tenersi buoni tutti, a imparare l’arte della sopravvivenza a tutti i costi. Io non credo che lui voglia il trono di Mary. Non lo credo, per il semplice fatto che consegnarla a John Knox sarebbe stato un attimo, e tutto si sarebbe concluso così. Nessuno avrebbe difeso questa regina straniera in casa propria, nessuno si sarebbe preso la briga di vendicarla. E oggi, in questa première, quando si è trattato di scegliere apertamente uno schieramento, ha scelto di stare con Mary, di inimicarsi Knox – nonostante l’uomo sia estremamente potente e governi sottobanco gran parte della Scozia. Sono fermamente convinta che James provi dell’affetto sincero per la sorella, ma allo stesso tempo l’unica realtà da lui conosciuta è, come ho già detto, abbastanza selvaggia. Quindi non mi fido completamente di lui, esattamente come non si fida Mary, ma allo stesso tempo non riesco a buttarlo nel mucchio dei personaggi negativi. Lo trovo molto vero, e molto umano.

Infine c’è Narcisse, liberato dalla Torre, con addosso un bagaglio di dolore e sofferenza inumani. Perché lui, a dispetto di tutto quanto, amava veramente Lola. Quindi, da lui, mi aspetto che sia una mina vagante, come si confà a un essere umano che ha visto e subito troppe violenze – sia fisiche che emotive. Potrebbe tornare in Francia, potrebbe andare a cercare l’alleanza di Mary, o potrebbe rimanere alla corte inglese e scoppiare quando meno ce lo aspettiamo. Una cosa è certa: Narcisse non rimarrà in sordina, non credo faccia parte del suo essere.

Diciamo che questa première ha messo moltissima carne al fuoco tutta insieme, dando il via a una folle corsa che in pochissimi episodi ci porterà al finale di serie. Possiamo facilmente intuire come andrà a finire – del resto, per quanto la serie non sia esattamente un esempio di accuratezza storica, la storia è comunque quella – bisognerà solo aspettare di vedere fino a che punto gli autori avranno deciso di raccontarcela. Tutte queste storyline aggrovigliate però, alimentano in me la speranza di una stagione dai ritmi molto serrati e mai noiosi.

Già qui, abbiamo visto le due regine contendersi un marito strategico, ed è indubbio che la caccia all’uomo perfetto continuerà, visto che una delle più grandi debolezze di entrambe – agli occhi delle rispettive corti – è il fatto che non siano sposate e non abbiano eredi.

E insomma, long may she reign… finché non le taglieranno la testa, porella la Stuarda.

Vi lascio con il promo del prossimo episodio, “A Grain of Deception”, e vi do appuntamento a settimana prossima.

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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