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Penny Dreadful | Recensione 3×02 – Predators Far and Near

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Penny Dreadful | Recensione 3×02 – Predators Far and Near

Che episodio ragazzi! Il bello di queste serie con ordini di dieci episodi a stagione è che non c’è spazio per i tempi morti, per le esitazioni, per cinquanta minuti di inutile filler, e quindi ogni settimana veniamo investiti da un fiume in piena composto dalle varie storyline che si intrecciano e dall’evolversi delle emozioni dei nostri personaggi, e ogni settimana è come fare un bellissimo giro sulle montagne russe. Ovviamente il lato negativo è che quando a susseguirsi sono episodi del genere, uno dopo l’altro, uno vorrebbe che le stagioni fossero lunghe 22, 23, 24, infiniti episodi e insomma, non siamo mai contenti.

Partiamo da Vanessa, dalla nostra Vanessa Ives che inizia a tutti gli effetti le sessioni di terapia dalla dottoressa Seward mostrandoci tutto il suo tormento e il suo dolore. È tutto lì, nel ricordo di come si è ritrovata a tradire Mina mettendo in moto quelli che sono stati gli avventimenti che hanno portato la ragazza alla morte. È tutto lì, il dolore, il senso di colpa… Vanessa non smetterà mai di tormentarsi per la sorte che è spettata all’amica e non importa che tutti quelli che incontra sulla propria strada le dicano che in fondo non è colpa sua, che Mina probabilmente sarebbe andata incontro a quel destino a prescindere – lo stesso sir Malcolm che la considera alla stregua di una figlia vera nonostante tutto – lei non ci crederà mai e continuerà a convivere con questo tremendo peso sulla coscienza. È turbata quando scopre che la dottoressa registrerà la seduta, è turbata perché non comprende il senso di tenere una memoria fisica di quei ricordi, non capisce perché debba esserci un qualcosa di concreto che fissi per sempre quei ricordi alla realtà impedendole così di accedere al lusso di dimenticare, ma in realtà è lei la prima a non riuscire a dimenticare – e forse a non volerlo nemmeno. E la potenza del suo dolore è così forte che colpisce in pieno petto perfino la Seward provocandole un acuto dolore fisico.

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Mi chiedo se lei – la Seward – in realtà non sappia chi sia Vanessa. Mi chiedo se non abbia accettato di prendersi Vanessa in carico proprio perché vuole aiutarla per motivi che prescindono al fatto che lei sia una psicologa e Vanessa una paziente come potrebbero esserlo mille altre persone.

Ma è dopo che viene il pezzo migliore. La Seward da come compito a casa a Vanessa quello di fare qualcosa che la renda felice e Vanessa finisce di nuovo al museo e da Sweet. È interessante come Sweet-lo-sbadato fatichi a ricordare il nome di Vanessa in un siparietto fin troppo forzato di amnesia fulminante, ed è così chiaro e palese che io non capisco come faccia lei a non rendersene conto, a non percepire nulla. Sweet è Dracula – lo scopriamo alla fine dell’episodio quando Reinfield striscia da lui per fargli il rapporto quotidiano e per implorare il suo sangue – e fin qua non è un grande shock, suvvia. Lo ipotizzavamo anche noi nei commenti alla recensione di settimana scorsa, senza contare che era proprio ovvio che l’introduzione di un nuovo personaggio così a caso non poteva essere poi così tanto a caso. Quindi noi abbiamo scoperto che Dracula è Sweet, e Sweet è Dracula, e non ci sono esattamente cadute le mascelle a terra per lo stupore. E infatti il plot twist non sta nella rivelazione dell’identità di Dracula, qui il colpo di scena vero è il fatto che Vanessa non percepisca nulla. Per la prima volta la vediamo completamente all’oscuro della minaccia che aleggia su di lei. Siamo abituati a vederla sempre molto consapevole del male che la circonda, magari non ne conosce l’identità ma sa che c’è ed è all’erta e vigile, pronta a contrattaccare quando viene sferrato un attacco dall’altra parte. Stavolta invece siamo di fronte a una situazione in cui lei non solo non sa di star facendo amicizia con l’ennesima manifestazione del male che ha messo gli occhi su di lei, ma non sa nemmeno che il male sia già pronto a iniziare una nuova battaglia.

Questa sua sorta di debolezza può essere data dal fatto che è giustamente stanca di fare della sua esistenza un’eterna battaglia, come dal fatto che al momento lei si ritrova ad essere completamente sola. Sir Malcolm ed Ethan sono distanti un intero oceano – che a quei tempi era come una galassia di distanza – Frankenstein ha le sue matasse da sbrogliare e John Clare – che comunque era diventato una sorta di conforto per lei – è impegnato nella sua passeggiata per i ghiacci artici. Quindi può essere che a livello subconscio lei non voglia accorgersi della minaccia perché questo significherebbe doverla affrontare da sola e in un momento in cui per lei è uno sforzo immane anche il semplice uscire di casa, potrebbe non avere le forze necessarie – o comunque credere di non averle – per affrontare anche questo. Perché in fondo i suoi sensi funzionano ancora, funzionano ogni volta che incontra il bimbo vampiro stalker, funzionano al calar della sera quando Sweet la saluta perché deve andare ad occuparsi delle sue creature… insomma, funzionano. Eppure l’input sembra arrivare in maniera disturbata al suo cervello, o non arrivarci del tutto. Come dicevo prima, è una situazione molto interessante proprio perché inusuale.

Un altro aspetto che personalmente ho trovato degno di nota, è la sete di conoscenza di Dracula/Sweet. Dichiara di essere affascinato dal Ventimila leghe sotto i mari di Verne e che noi siamo ciò che sono i nostri eroi ed in fondo per lui è proprio così. Come il capitano Nemo è assetato di conoscenza nel senso che vuole sapere cosa si celi oltre il mondo fino ad allora conosciuto, così Sweet è assetato ma assetato in tutti i sensi. Di conoscenza, il che spiega la sua copertura alla luce del giorno e il ruolo che ricopre all’interno del museo. Assetato di scoperte, nel senso che vuole scoprire tutto lo scopribile su Vanessa Ives prima di attirarla definitivamente nella propria tela. E poi, ovviamente, assetato di sangue.

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L’eroina di Vanessa invece è Giovanna d’Arco, colei che heard a voice and believe it, il che mi fa pensare che la fede che lei sosteneva di aver abbandonato nella premiere di questa stagione, in realtà sia solo sopita.

Altrove abbiamo un altro essere tormentato, anche se i suoi tormenti sono ben diversi da quelli di Vanessa perché sono quelli derivanti dall’amore e dall’assenza di esso. Frankenstein viene introdotto al laboratorio dell’amico Jekyll – appropriatamente ubicato all’interno di un manicomio – e vede messo in pratica il metodo che Jekyll intende usare per far tornare Lily ciò che era inizialmente, la creatura di cui Frankenstein si è innamorato. È un metodo molto violento che mira a isolare la parte oscura che abbiamo dentro e a sopprimerla, l’Hyde che c’è in ognuno di noi insomma, e vedendo ciò Victor inizia a tormentarsi di sensi di colpa per quello che farà a subire Lily in nome dell’amore. Far partire stacchetto di Paolo Meneguzzi. What we won’t do for love, come dice molto saggiamente Jekyll.

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Amo questo Victor, amo la sofferenza e il tormento che trasudano dal suo sguardo e da ogni fibra del suo corpo. Amo la lotta interiore che sta vivendo, fra il voler riavere Lily a tutti i costi, riavere la versione di Lily di cui si è innamorato e che in realtà probabilmente esiste solo nella sua testa, e il sapere in fondo che per l’appunto quella versione esiste solo nella sua testa. Amo vedere la consapevolezza del fatto che è stato lui a crearla e quindi già in partenza è colpevole dell’esistenza di un qualcosa che non dovrebbe esistere ma che invece esiste, e questa esistenza è a tutti gli effetti una sua responsabilità e lui lo sa eppure non riesce a fermare gli ingranaggi che ha messo in moto – e che porteranno a un sacco di guai, non ci vuole certo un genio a capirlo – in virtù del fatto di essere innamorato di lei. Sta facendo ciò che sta facendo non perché Lily è una sua responsabilità e in qualche maniera deve porre un argine alla piena che ha scatenato, ma perché lui vuole Lily per sé. E lui tutte queste cose le sa a livello conscio, e lo tormentano, lo dividono interiormente e gli fanno fare cose tremendamente stupide come andarla a cercare di nuovo – ed essere di nuovo pugnalato al cuore dalle di lei parole.

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Altrove l’indiano che ha reclutato sir Malcolm per la missione di salvataggio ci apre un mondo sul passato di Ethan, passato a cui si è più volte accennato ma che ora che lui si trova effettivamente nella terra natia passa prepotentemente in primo piano. Scopriamo come sia andato ad implorare di essere ucciso per rimediare al massacro da lui stesso compiuto e di come stia stato graziato dalla morte perché la morte era per l’appunto una grazia, una punizione troppo leggera per il sangue versato dalle sue mani. Vediamo anche come nel suo percorso di punizione/redenzione venga considerato un Apache e ho il sentore che scopriremo molte altre cose interessantissime sul suo conto, che finalmente ci daranno un background vero del personaggio. Fra le altre cose l’abbiamo visto riunirsi ad Hecate e ora sarà bellissimo vedere gli sviluppi di questa allegra riunione. Riuscirà Hecate a far uscire fuori il lato più oscuro di Ethan e a trascinarlo dalla propria parte? Come ha detto Jekyll a Frankenstein, in tutti noi c’è della duality e sicuramente il discorso vale tantissimo per Ethan che addirittura dentro di sé scarrozza due creature – il se stesso umano e il se stesso lupo.

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Parliamo infine di Dorian e Lily che sono davvero ancora impegnati nella loro infinita danza perversa come predicevo ironicamente settimana scorsa. E sono pure a caccia di nuovi adepti per questa strana setta di persone mentalmente disagiate che non possono morire – e non vogliono morire. Sarò sincera, Dorian era uno dei miei personaggi preferiti nel corso della prima stagione (insieme a Victor, mai dimenticare Victor), mi piaceva davvero tanto. Non che abbia smesso di piacermi, ma fra tutti quanti mi sembra quello meno curato (al momento) e devo essere onesta, mi dispiace parecchio. Dorian è un nome che da solo porta mille aspettative e mille spunti narrativi eppure è stato messo nell’angolino a preoccuparsi della propria immortalità e del fatto che cavoli, sai che noia essere immortale se nessuno capisce che lo sei e in fondo non puoi dirlo a nessuno perché insomma, non è che sia poi così normale avere un quadro nascosto dietro al muro che invecchia e si ammala al posto tuo. Okay lo so, questo è Dorian Gray, votato ai piaceri terreni e senza morale alcuna ma nella prima stagione Dorian faceva parte della storia. Adesso invece – e per ‘adesso’ intendo già dalla seconda stagione – lui ha la sua storyline completamente separata da quella degli altri e si impiccia solo dei propri affari personali senza essere in alcun modo coinvolto nelle faccende più grandi, quelle che si svolgono fuori dalle quattro mura della sua sala da ballo maledetta. Spero che adesso che si è legato a Lily – e la storyline di Lily è legata a quella di Victor che è legato a tutti gli altri – torni a ‘mischiarsi’ con il mondo esterno, anche perché mi affascinava tantissimo la maniera in cui Vanessa fosse più incline a cedere al suo passeggero oscuro in presenza di Dorian – perché in fondo Dorian è bad news.

Nota frivola, mi chiedevo quanto avrebbe impiegato il mondo a shippare Jekyll e Victor e be’… la risposta è stata: due episodi contati. E insomma dai, stavolta la ship gli autori ce l’hanno servita su di un piatto d’argento con tanto di posate (d’argento pure quelle).

Vi lascio con il promo del prossimo episodio, “Good and Evil Braided Be”, e vi do appuntamento a settimana prossima!

https://youtu.be/7ZvdHXXc4L4

-Elsa

 

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