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Orange is the New Black | Recensione 2×11 – Take a Break from Your Value

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Orange is the New Black | Recensione 2×11 – Take a Break from Your Value

Mancano tre episodi alla fine e alcuni dei nodi iniziano a venire al pettine raggiungendo i punti di rottura.
I flashback di questo episodio ci conduco dritti dritti verso il passato di Jane Ingalls (che io continuo a sbagliarmi e a chiamare Laura, come l’attrice de “La casa nella prateria”), la suora…o forse no…

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Il pretesto ci viene offerto dallo sciopero della fame indetto da Brook Soso, personaggio da un lato odioso ma dall’altro ammirevole per la linea morale di cui si fa portatrice…per ora: mi aspetto nella prossima stagione di essere smentita come mi succede ogni volta guardando OITNB.

Non a caso parlo di “smentite” perché il passato di Sister Ingalls ci rivela una suora, non più tanto suora. La giovane novizia che partecipa a cortei contro la Guerra in Vietnam e viene difesa dalla Chiesa, diventa col tempo una donna affamata di fama che abbandona l’intransigenza e il purismo delle contestazioni giovanili, in cambio di un più comodo «sangue finto» da lanciare per proteste a scopi pubblicitari e di libri ammiccanti per poter incontrare più facilmente i consensi di varie tipologie di lettori. Il risultato è che non solo venga abbandonata dalla Chiesa (e quindi finisca in carcere perché non può pagare le spese processuali) ma venga addirittura scomunicata (mi sa che qui si è esagerato un tantino con l’uso del termine «scomunica», è molto più probabile che sia stata espulsa dall’ordine religioso).

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La stessa Ingalls che conosciamo meglio grazie alle vicende legate allo sciopero della fame, è meno attivista di quanto ci saremmo aspettati noi e Brook, salvo quando trova qualcosa per cui scioperare: il trattamento riservato alle detenute anziane, in particolare la questione della «scarcerazione per motivi di salute» che, come abbiamo purtroppo visto con Jimmy, condanna delle povere donne sole ad essere scaricate per strada. È così che Jane si fa coinvolgere da Brook e Yoga Jones in uno sciopero della fame che la porta in ospedale. È la sister Ingalls delle origini quella che ricompare in questi ultimi episodi della seconda stagione, una donna che ha riconquistato il proprio orgoglio di sé e la dignità che era consapevole di avere perso quando aveva perso la retta via: quando, alla fine, la alimentano forzatamente, pur essendo consapevoli che era in pericolo la sua stessa vita, non possiamo non partecipare della rabbia di Ingalls per l’interruzione coatta della protesta.
Devo dire che ho apprezzato molto questo sporcare il personaggio della Ingalls, il renderla appieno un essere umano che ha compiuto errori: nel suo caso il reato non è quello di fronte alla legge ma l’essere venuta meno al voto fatto e al modello di vita al quale avrebbe dovuto aderire. Una svolta molto interessante che aspettavo con viva curiosità.

Lo sciopero di sister Ingalls, la pubblicazione sul gazzettino del carcere delle ragioni delle scioperande, insieme alle evidenti vignette satiriche che vi vengono pubblicate, portano Fig a prendere la drastica decisione che ribolliva in pentola già dall’inizio: chiudere il giornalino e organizzare lo scambio di 12 detenute con altrettante di un penitenziario in Virginia: tra le detenute ci sono anche Maria (la donna che ha avuto un bambino in carcere nella scorsa stagione) e, chiaramente, Piper (colpevole non solo del giornale ma anche di essere in contatto con quel fastidioso giornalista ficcanaso che mira a scoperchiare gli imbrogli di Figueroa e marito).
Il sollievo rilevato nel tono della famiglia quando ha dato loro la notizia del trasferimento, spinge Piper a cercare di ricontattare Alex, in cerca di un chiarimento e una riconciliazione.

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Inutile dire che la cara Vause ha pagato caro il suo “tradimento”: infatti, il boss della droga è stato scarcerato e la costringe, praticamente, agli arresti domiciliari, col costante terrore di essere uccisa.
Piper a volte, mi fa decisamente pena: come ho già detto qualche recensione fa, sembra che l’unico della famiglia a cui importi veramente di lei, sia suo fratello. Considerata la madre, non mi meraviglio che sia come sia Piper, e la scelta di ricontattare di Alex, secondo me, è da iscriversi proprio in quel bisogno che hanno l’una dell’altra, oltre che in qualcos’altro. Infatti, anche in questo caso, le intenzioni migliori in realtà nascondo ben altro perché mi sa tanto che Piper l’abbia contattata soprattutto per procurarsi un’ancora di salvezza in uno stato d’abbandono da parte della sua famiglia: le lettere di Alex che lei non vuole leggere, sono il segno che a qualcuno lì fuori importa ancora di lei.
Naturalmente Alex abboccherà all’amo e sono molto curiosa di vedere cosa si diranno quando e se saranno faccia a faccia.

Speaking of buone intenzioni: un «bravo» a Healy che in preda al suo cammino di redenzione, decide di organizzare dei meeting – con la collaborazione di Pennsatucky – in cui ciascuna detenuta che deciderà di parteciparvi, potrà esprimere liberamente i propri sentimenti: un gruppo di supporto, in grado di abbattere le barriere comunicative dettate dal carcere. Purtroppo il gruppo, per ora, non va benissimo perché si diffonde la voce tre le detenute che sia una specie di luogo per delatori che si lamentano degli altri in cambio dell’eliminazione di un’ammonizione dal registro: decisamente non secondo i piani.

Al gruppo prendono parte anche Poussey e – con scopi tutt’altro che buoni – Suzanne (che si incarica di sorvegliare Poussey). La Washington, per mia grande gioia, non si è fatta assolutamente intimorire dalle violenze dello scorso episodio e persevera nell’affrontare Vee e le sue scagnozze a testa alta.

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Taystee, dal canto suo, si rivela ancora legata all’amica e la difende a spada tratta davanti a Vee, la quale, però sta esaurendo la pazienza e rende la sola Taystee, responsabile per le azioni di Poussey.

Yvonne Parker, dal canto suo, non perde tempo e fa capire a Red che il canale di comunicazione con l’esterno non deve rimanere un suo monopolio ma va condiviso. Red, naturalmente, si oppone alla cosa ma da brava stratega qual è, prende tempo per riflettere su un modo per impedire a Vee di toglierle anche quello.
Peccato che non la pensino allo stesso modo le sue tre colleghe non più tanto giovincelle che, in un momento di geniale lucidità, decidono di mettere fine alla questione “Vee”, eliminando fisicamente il problema. Peccato che la sosia di Crudelia De Mon, sbagli il bersaglio nel modo più stupido e vagamente razzista del mondo: donna alta di colore con grande massa di capelli = Vee. Risposta sbagliata cocca! Fossi in Red, non so bene come reagirei. Anziché risolvere la questione, l’hanno peggiorata! Essenzialmente, le detenute anziane, stanche di essere sottovalutate, hanno pensato di agire per conto loro MA hanno sbagliato perché, fondamentalmente, Red conosce Vee e sa che, non potendo contare sulla forza fisica, deve giocare d’astuzia. Per usare la loro metafora, se ti attaccano i pirati tu reagisci: sì, ma se hai la corporatura di Crudelia De Mon, magari, sfrutta qualcos’altro.

Parallelamente abbiamo le solite mini-storyline:

  • Red&Company che attuano la strategia dell’ostracismo nei confronti della traditrice Big Boo.
  • Le guardie che si sconquinferano quando ricevono l’utilissimo arsenale antisommossa. Non so voi ma quelle guardie sono il gruppo meno organizzato al mondo, quasi mi preoccupa il loro livello di incompetenza. Anche perché, pensavo, immaginereste O’Neill costretto a inseguire qualcuno? Dovrebbe ricominciare i suoi 5000 passi al giorno prima di essere atterrato da un infarto.
  • Le grandi capacità di conforto materno di Aleida Diaz…

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  • Daya che (mi) ci conferma di non volere che il proprio figlio diventi un «hijo del barrio», come lo è lei. E la battuta del secolo from Aleida: «Bhè, tu lo sei e sei venuta su bene»: sì, se escludiamo che è in carcere per favoreggiamento nel traffico di droga.
  • Polly e Larry confessano al marito di lei la tresca e gli annunciano – INSIEME – il divorzio (e mr “Bevo un sacco perché sono australiano” che pensa al threesome). Non so bene come esprimermi sulla stupidità di quell’uomo: non me lo ricordavo così immaturo nella prima serie. Forse, siccome era stato poco approfondito, lo avevo sopravvalutato, oppure lo hanno reso così per fare risaltare Larry: eh, li capisco. In ogni caso è successo esattamente quello che speravo non accadesse: una love story; non certo perché mi interessi qualcosa dei due personaggi, solo perché, come ho avuto già occasione di dire, non sarebbe stato malaccio usarli per qualcosa di più utile ai fini della trama. Ora attendo con ansia il momento in cui lo diranno a Piper

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  • Edward Pizza-Hands…quelle due sono ufficialmente partite per la tangente!

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Un episodio di passaggio, funzionale ad introdurci agli ultimi due episodi. Un po’ filler a dire il vero ma non si può pretendere un costante livello di tensione ed eccellenza. In ogni caso, OITNB ha il pregio di non essere mai noiosa per cui, anche l’episodio di passaggio è sempre piacevole da vedere. Nel caso di OITNB, poi, bisogna tenere presente che la serie è progettata per essere vista il modalità “Maratona” di 13/14 ore circa: come un lunghissimo film; per questo non possiamo stupirci della presenza di episodi più tranquilli di altri.

Prima di lasciarvi, il Momento Trivia che non posso non dedicare a Beth Fowler, Sorella Ingalls.

L’attrice che interpreta la controversa suora residente a Leitchfield, è, in realtà, una veterana di Broadway, nominata per ben due volte ai Tony Awards. Nella sua carriera teatrale abbiamo “The Boy of Oz”, “Sweeney Todd” e “Beauty and The Beast” -nel quale impersonava Msrs Potts- del quale condivido un video in cui canta una delle canzoni più famose.

Ma, a noi popolo televisivo, è nota, o meglio non lo è ma lo sarà, perché ha preso parte a entrambi i “Sister Act”: ebbene sì, non è la prima volta che indossa l’abito da suora!
Qui sotto c’è il video tratto dal primo film, è la suora dietro sr Maria Roberta (la suora dai capelli rossi e la voce portentosa) al minuto 0.32.

https://www.youtube.com/watch?v=I-Yi-WGG-6c

Per oggi ho terminato qui, ancora due episodi e poi dovremmo salutare Leitchfield per un intero anno. Non so a voi ma io adoro questo telefilm: i suoi protagonisti sono resi così bene che li sento come fossero reali e mi sa che un po’ traspare dal trasporto con cui a volte discuto delle loro scelte…anche se sono ben consapevole che LORO non decidono nulla ahahah.

Mi raccomando, leggete, condividete, mipiacciate e soprattutto commentate la mia recensione.

That’s all folks!

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Ha un passato da ladra insieme alle sorelle Occhi di gatto, ha difeso la Terra nel team delle guerriere Sailor e fatto magie con Terry e Maggie. Ha fornito i sigari sottobanco ad Hannibal e il suo A-Team, indagato con gli Angeli di Charlie Townsend, ha riso con la tata Francesca ed è cresciuta con i 6 Friends di NY. Ha imparato ad amare San Francisco difendendo gli innocenti con le Streghe, è stata un pivello insieme a Jd-Turk-Elliott, ha risolto crimini efferati con praticamente il 90% di poliziotti e avvocati del piccolo schermo e amato la provincia americana con Lorelai e Rory Gilmore. Avrebbe voluto che il Fabbricatorte non chiudesse mai e non ha mai smesso di immaginare Chuck e Sarah che «sedano rivoluzioni con una forchetta». Lettrice appassionata, Janeites per fede, amante delle storie sotto ogni forma fin da piccola. Segue serie poliziesche, comedy e sit-com soprattutto, uniche allergie riconosciute sono quelle allo sci-fi e all'horror.

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