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Nikita | Recensione 4×03 – Set-Up

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Nikita | Recensione 4×03 – Set-Up

Prima dell’inizio di quest’ultima stagione (se così possiamo chiamarla) di Nikita, Maggie Q aveva affermato che i sei episodi conclusivi sarebbero stati un po’ come “6 piccoli film” e giunti ormai a metà di quest’ultima corsa bisogna riconoscere che Maggie è una donna di parola. Anche il terzo episodio, come i primi due, è stato completo, con un inizio e una fine ben definiti, ricco di emozioni e capovolgimenti ma più di tutto è stato una promessa per quel finale esplosivo e leggendario che tutti noi ci aspettiamo e che purtroppo non è più così lontano.

 

L’attacco dei cloni

Voglio cominciare questa recensione notando come l’episodio sia stato “introdotto” in maniera geniale a partire dagli ultimi minuti della puntata precedente. Gli scrittori di Nikita hanno questo particolare modo di fare, à la manière de Amanda oserei dire, perché proprio come la Regina degli Inferi ama fare, loro insinuano il dubbio nelle nostre menti, facendoci vedere ciò che vogliono e spingendoci verso una conclusione illusoria. E quando poi in gioco entrano i doppleganger, la situazione non può che precipitare.

Ci abbiamo creduto per un po’, ammettiamolo. Birkhoff si comportava in modo strano … più strano del solito intendo e Amanda parlava di un’arma segreta, cosa avremmo dovuto pensare? “Set-Up” parte dunque dalle stesse basi facendo di questo dubbio, questo timore, il suo punto di forza. A sostenere la nostra tesi c’è uno dei primi fallimenti annoverati nella storia di Birkhoff come hacker quando, seguendo in tempo reale il confronto dei dna dell’agente Graham e del suo sosia 2.0, viene superato in corsa da un altro genio dell’informatica che, nascosto da qualche parte nel web, corrompe i risultati, guastando la festa a Nikita e al suo team. Non credevate mica che sarebbe stato così facile?

A dar voce a quella teoria che diventava ogni minuto più reale ci pensa l’esperto di cospirazioni per eccellenza, il magnifico e geniale Ryan “Flatch” Flatcher. Dopo aver capito prima di tutti che Amanda è il tipo di persona che da piccola non scambiava i doppioni delle figurine ma li riutilizzava cambiandone il nome, Ryan sull’onda del successo delle sue teorie nota i comportamenti sospetti di Birkhoff e comincia a dubitare che quell’adorabile Nerd sia lo stesso uomo con cui ha affrontato l’inferno il giorno della fine della Divisione. Fa sorridere notare come, nonostante i drammi e le difficoltà riempiano le loro vite, Nikita e gli altri abbiano creato rapporti di ordinaria amicizia, legami che in un’altra realtà sarebbero stati semplicemente normali. Mi spiego meglio perché forse sono stata l’unica ad essere colpita da quella scena: quando Ryan esprime a voce alta la sua teoria del fakeBirkhoff, Nikita e Michael lo guardano come si guarda di solito quell’amico di comitiva che crede negli alieni, a metà tra il “divertiti” e il “preoccupati” che il suo “Wall of Crazy” in technicolor potesse allontanarlo troppo dalla realtà. Ryan, dal suo canto, reagisce proprio come un believer incompreso alla ricerca di prove.

Purtroppo però la realtà che questo gruppo di amici si ritrova ad affrontare non ha nulla di normale o quotidiano e così anche la teoria più assurda deve essere presa in considerazione. Ad occuparsene allora è Nikita che comincia a chiacchierare in privato con Birkhoff dei problemi della sua vita, aspettandosi non so ancora quale reazione. Sta di fatto però che la conversazione sembra prendere una piega più illuminante di quanto ci si aspettasse proprio mentre Ryan di nascosto scopre sul laptop di Birkhoff un file cancellato sul successivo obiettivo del team Amanda/The Shop. In una scena alla “Non mi chiamo Michael Vaughn”, Birkhoff rivela a Nikita di non chiamarsi davvero Seymour Birkhoff e non perché in realtà è uno Zygon venuto sulla Terra per conquistare il mondo ma perché, per sfuggire ai piani che suo padre aveva progettato per il suo futuro, aveva finto la sua morte a soli 15 anni, dicendo addio a Lionel Perrell e diventando ufficialmente Seymour Birkhoff. E per un Michael che non ha ancora un cognome, arriva un Birkhoff-Lionel-Shadow Walker-Nerd che ha tanti nomi da fare invidia a Charming-James-David!

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Ma mentre Nikita cercava di riprendersi dalla rivelazione che Birkhoff avesse scelto di chiamarsi Seymour, la situazione degenera quando Ryan affronta con convinzione il pseudo-clone e con la stessa convinzione viene facilmente disarmato (da quando Birkhoff è così bravo nel corpo a corpo??).

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Con tutte le carte (e le armi) in tavola, i dubbi vengono finalmente risolti: il nuovo duplicato del The Shop è Ronald Peller, agente NSA, esperto hacker e tra le altre cose, papà di Birkhoff. Dati i risvolti inaspettati, il team passa dunque al piano B (il piano A era trovarlo e ucciderlo). Per la prima volta con un passo avanti rispetto ad Amanda, Nikita & Co. trovano, giocano e utilizzano il nuovo clone per scoprire le intenzioni della controparte  e comunicare con il vero Birkhoff Senior ma il vantaggio dura poco e quando sono ormai prossimi al traguardo, Nikita, per salvare il “suo” Nerd, si ritrova costretta a uccidere il sosia mettendo definitivamente a rischio anche la vita dell’originale e ricominciando, ancora una volta, tutto dall’inizio. Ciò che è certo però è che adesso non sarà sola a farlo.

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A Survivor

Regina dell’episodio a mio parere è Alexandra Udinov e la sua straordinaria interprete Lyndsy Fonseca. A “capo” del B-Team nella storyline, Alex viene tenuta in custodia dalla CIA che la considera finanziatrice delle attività illegali di Nikita, tra cui l’assassinio del Presidente degli Stati Uniti, come le verranno certe idee proprio non lo so! Venuta a conoscenza della situazione, Nikita sguinzaglia Michael, Sonya (che è diventata adorabilmente BadAss) e un riluttante Sam, sincero e leale quanto lo era Percy, per trovarla e salvarla.

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Ma la verità è che per quanto sia bello vedere Nikita in protective mode, Alex è cresciuta e ha visto e vissuto troppo per non riuscire a reggere qualche semplice agente CIA. Quello che segue inizia come un gioco di sguardi e di parole in cui Alex indossa la sua maschera di ereditiera party girl e comincia a dispensare consigli di moda. Ma quando l’atmosfera si fa più pesante e il gioco comincia a sfuggirle di mano, Alex capisce che fingere non è più la soluzione migliore e allora non fa altro che mostrare, all’ennesima persona che cercava di sottometterla, chi davvero lei sia.

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L’arrivo di Michael e Sam risolve la storia nel migliore dei modi ma Alexandra Udinov è inarrestabile e mai più nessuno potrà decidere della sua vita.

 

La resa dei conti

Il finale ci mostra ancora una volta come Amanda non sia del tutto adatta a fare il gioco di squadra e la sua collaborazione con il The Shop comincia a vacillare come è successo in passato con la Gogol ma questo in realtà non fa che peggiorare la situazione perché quando Amanda si mette in proprio diventa ancora più letale.

 

 

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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