Cari Addicted,
all’inizio della mia avventura con Masters of Sex, mai avrei immaginato di appassionarmi a questo show così tanto da avere voglia di recensirlo. E invece eccomi qui, totalmente presa dalle vicende di questa strana coppia, e dalla loro dedizione a una ricerca scientifica che, all’epoca, fece gridare allo scandalo.
Questa serie però non parla solo di sesso, come erroneamente suggerirebbe il titolo. Parla di relazioni, di paura, discriminazione, di donne e uomini soli, intrappolati nelle convenzioni sociali, di amore, egoismo e soprattutto dell’ottusità che regnava in quegli anni in cui era preferibile fingere, per tutta la vita, di essere una famiglia perfetta piuttosto che ammettere di avere un problema.
Ed è proprio così che inizia questo secondo episodio: una famiglia apparentemente perfetta, a tavola, padre, madre e figlia che mangiano composti. Bastano pochi secondi e una discussione su un paio di guanti per intuire il gelo che regna in quella casa e per farci dire da Rose qual è il problema. “Sono troppo stretti, le mie braccia non respirano”, ma i suoi genitori la ignorano perchè al ballo dovrà essere come la madre: una farfalla delicata che aspetta solo di conoscere suo marito. Scopriamo così, che non sono solo le braccia di Rose a non respirare, è lei stessa a soffocare nell’amore plastificato e confezionato di quel focolare. Per non rovinare l’armonia del quadretto, si deve rimanere a tavola composti, aspettando di essere autorizzati a recarsi nella propria camera per passare a miglior vita educatamente e silenziosamente in una pozza di sangue.
Una volta operata da Bill, a causa delle conseguenze di un aborto mal eseguito, i facoltosi genitori di Rose chiedono al Dottor Masters di praticare un’isterectomia alla figlia. Da medico Bill, non può e non vuole rendere sterile una diciottenne e veniamo così a sapere che la ragazza ha un problema che la imbarazza e la fa vergognare persino di essere viva.
All’epoca una donna che non voleva piegarsi al destino di moglie e madre veniva già considerata una poco di buono; una figlia diciottenne che cerca il piacere sessuale in modo ossessivo e compulsivo, come Rose, equivaleva quindi a una tragedia, così insopportabile da richiedere una vera e propria mutilazione. Per la società di quegli anni, c’era un’unica definizione per una donna così: prostituta.
Devo dire che è un Bill diverso quello che abbiamo visto in quest’episodio. Un Bill che è stato in parte cambiato dalla sua ricerca più di quanto ammetterà mai. E’ stato bello vederlo mentre tenta di dissuadere Rose dalla decisione che sembrava sicura di aver preso, così come è stato straziante vedere una ragazza sentire di avere un mostro affamato e senza controllo dentro di sè, lasciata ad annegare nella sua sofferenza proprio dalle persone che più dovrebbero amarla al mondo. Non so voi, ma io ho visto, per la prima volta, Bill fare davvero il padre. E’ significativo che la sua sensibilità venga a galla sempre con persone che non fanno parte della sua famiglia, come se NON essere imparentati con lui lo sollevi da una responsabilità che non si sente in grado di affrontare. Non appena varca la soglia di casa, infatti, torna a edificare quel muro, sempre più spesso, che lo separa dalla moglie e dal figlio, lo stesso muro che ha già allontanato sua madre.
“ I’m not my worst part” è una frase che Bill dovrebbe dire a sè stesso. Se potessimo rimuovere chirurgicamente tutti i nostri difetti probabilmente rimarrebbe poco di tutti noi, quindi tanto vale imparare ad affrontarli e a cercare di conviverci facendo del nostro meglio per andare avanti.
L’altro evento che ha tremendamente scosso Bill è aver appreso del tentativo di suicidio di Barton. Il pensiero di aver quasi perso un amico lo convince sempre di più dell’importanza della sua ricerca, e della necessità di ampliarla, affinchè chi è affetto da una qualsiasi disfunzione sessuale non debba più nascondersi, ma abbia la possibilità di essere aiutato o curato. Naturalmente queste scene vanno contestualizzate, oggi è impensabile ritenere l’omosessualità una malattia, così come anche la ninfomania che non è più considerata una patologia da decenni. Trovare un medico, in quegli anni, che non consideri entrambe le cose “perversione” poteva essere classificato come un evento. Davvero toccante il racconto di Vivian, le parole apparentemente ironiche che il padre ha sempre ripetuto sulla torre di Pisa e il vero significato che quella frase assume per noi che sappiamo la verità. “Pende da 800 anni. Riesci a immaginare quanto possa essere stanca quella torre?”. Quanto è stancante fingere di essere quello che non sei?
Virginia è ancora alla ricerca di una sua dimensione, attualmente è più di una segretaria ma non è considerata una ricercatrice. Proprio per questo, assumerla nell’ospedale di Bill non è al momento possibile. Si ritrova, inoltre, emarginata da tutte le sue colleghe, che la evitano come la peste. Riceve una ramanzina persino da Vivian e come perfetta goccia che fa traboccare il vaso, si ritrova alle prese con un gastroenterologo dall’erezione facile. La presentazione di Ulysse è stata davvero comica e, il parallelo con la conversazione di Bill e Greathouse, un festival di doppi sensi, con tanto di citazioni letterarie. Da una parte, una disquisizione gastro-vaginale e, dall’altra, l’esaltazione del sesso alternativo passando per vie meno “battute”, con tanto di sigaretta finale. Io sono morta dalle risate e ricorderò il dottor Ditmer per un bel po’. 🙂
Il motivo per cui Gini ha rinunciato a parlare con la segretaria, per il momento, non ci è stato rivelato. Forse non si sente più adatta a quel ruolo, a ricominciare dall’inizio in una posizione che le sta stretta o forse le parole di Vivian sulla sua determinazione, che la spinge a fare di tutto per raggiungere i suoi scopi, l’hanno fatta riflettere. Forse ha deciso di fare sul serio e di non dipendere più da Bill, per quello che riguarda la sua carriera.
L’unico a risollevare una giornata pesante come quella di Virginia è il traditore più famoso dell’ospedale, il nostro amico Austen che la invita a fregarsene degli altri e a considerarsi come un lupo solitario. A proposito, avete pensato al perchè nessuno abbia proposto ad Austen di curarsi dal suo ossessivo desiderio di avere rapporti sessuali con qualsiasi donna conosca? Nessuno propone di privarlo del suo organo riproduttivo, mentre la povera Rose vive come un’emarginata, legata al letto. Think about it 😉
La vita sentimentale di Virginia è confusa quanto quella professionale, entrambi cominciano a sentire il pesante fardello del senso di colpa. Ora che non lavorano più insieme, perchè non riescono a smettere di frequentarsi? Per quanto ancora reggerà la scusa della ricerca scientifica e quando ammetteranno che ormai c’è di più?
– Kyrie Eleison, titolo dell’episodio, è un’espressione greca che, nella liturgia italiana, è tradotta con Signore, pietà.
– La soap opera che tanto appassiona Cora è Love of life, trasmessa dal ’51 all’80, nella quale ha recitato anche Christopher Reeve, il primo Superman che io ricordi 😉
– Lillian, quando recita allo specchio il contenuto di quello che avrebbe dovuto essere il suo opuscolo, dice: “Sembro una che dovrebbe stare a sedere sulle ginocchia di Edgar Bergen“. Edgar Bergen era un famoso ventriloquo dell’epoca che portava sulle ginocchia il pupazzo Charlie McCarthy.
Aspettiamo insieme con ansia il terzo episodio e vi dò appuntamento alla prossima recensione con un bel trailer :
https://www.youtube.com/watch?v=MRkm3zSOKmI
Alla prossima!