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Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. 5×18 – Chi è la vittima e chi è il carnefice?

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Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. 5×18 – Chi è la vittima e chi è il carnefice?

Nonostante sia apparso in principio quasi esclusivamente nella sua funzione di transizione, credo che il precedente episodio di “Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D.” abbia rivelato il suo reale e indispensabile potenziale questa settimana, quando l’ultimo atto andato in onda della storia ne ha raccolto il testimone ma soprattutto ha amplificato e concretizzato tutte le premesse presentate in precedenza. Riappropriandosi soprattutto di quella straordinaria intensità elettrizzante e adrenalinica che caratterizza questa stagione, l’episodio è stato a mio parere l’ennesimo manifesto di quanto gli scrittori di questo show sappiano gestire magistralmente non solo le redini della trama ma anche o soprattutto le psicologie dei personaggi, sfumando in maniera sorprendente la loro bussola morale ma ancor di più capovolgendo inaspettatamente i ruoli di vittima e carnefice, riuscendo a sconvolgere ma anche a concedere costantemente delle imprescindibili attenuanti che rendono sempre più difficile prendere delle posizioni categoriche nei confronti umani che ci vengono proposti.

LA NASCITA DI UN LEADER – Riprendendo proprio dagli innegabili passi in avanti compiuti nel precedente episodio, quando ritroviamo Daisy, una nuova aura sembra circondare il personaggio, un’aura luminosa, brillante, definita, ma più di qualsiasi altro aspetto, stabile. È proprio la stabilità infatti a rendere Daisy inarrestabile, in qualsiasi “veste” lei voglia presentarsi: come agente dello S.H.I.E.L.D., come Quake o come lo straordinario leader che sta diventando. L’hacktivist di Rising Tide che viveva nel suo furgoncino e dichiarava “guerra” allo S.H.I.E.L.D. e alla sua segretezza quando in realtà era la prima a nascondersi nell’oscurità perché troppo insicura per riconoscere il suo potenziale, si mostra ora nell’incredibile giovane donna che ha fatto pace con il suo passato, che si è ricongiunta con l’apparentemente sconclusionata Skye e su quelle basi ha costruito la nuova persona che sapeva di poter essere e che doveva soltanto scoprire. Nonostante il timore della profezia ancora aleggi su di lei, Daisy non sembra più intenzionata a lasciarsi comandare da questo, ritornando invece in controllo delle sue emozioni, delle decisioni e soprattutto della giusta direzione da intraprendere in missione, con uno sguardo lucido, determinato e impregnato di tutti gli insegnamenti che Coulson non le ha impartito ma trasmesso, come valori, come esempi, non rinunciando mai a lei. Ed è così che Daisy ora si rapporta a un villain che ai suoi occhi comincia lentamente a perdere proprio le connotazioni da nemesi con cui è stata presentata, assumendo forse quelle più autentiche che le spettavano da sempre, quelle di un’adolescente che non ha mai avuto scelta.

Il modo in cui Daisy si rapporta con il generale Hale e con Ruby rappresenta il perfetto equilibrio che un leader deve possedere: stabile ma non categorica, attenta ma non prevenuta, pronta ad agire ma anche ad ascoltare. La compassione e la comprensione che invece dimostra a una madre in pena e a una ragazzina vittima della sua stessa esistenza sono aspetti che la rendono anche più di un leader, la rendono esattamente quell’eroe e quel modello che Coulson voleva che lei diventasse, un modello che riuscisse a guidare lo S.H.I.E.L.D. con gli stessi obiettivi e gli stessi valori che sono radicati alle fondamenta di questa agenzia. Il supporto che concede alla Hale per aiutarla a gestire il potere incontrollabile di Ruby, l’umanità con cui si avvicina a Ruby rinunciando a combatterla e cercando di svegliare in lei la sua natura adolescente riconoscendone la capacità di raggiungere grandi traguardi se solo educata nel modo migliore, sono tutti esempi di quanto Daisy riesca ora a vedere oltre l’oscurità di facciata per ritrovare anche solo uno spiraglio di luce, un atteggiamento che mi ha ricordato molto il comportamento di Captain America nei confronti dei gemelli Maximoff in “Avengers: Age of Ultron”.

Non è un caso ad ogni modo che questa straordinaria stabilità di Daisy si riveli ora che Coulson è nuovamente al sicuro al suo fianco, pronto a sostenerla ad ogni passo. Ma oltre Coulson, come ho ampiamente discusso nella precedente recensione, credo che May abbia importanti meriti nella crescita di Daisy e lo si è visto chiaramente anche in questo episodio. Fianco a fianco nella tacita missione di salvare Coulson dal suo destino, Daisy & May si rivelano una squadra assolutamente magnifica, incredibilmente simili strategicamente e complementari nelle personalità, e se May rappresenta il supporto imprescindibile per eccellenza, Daisy, nonostante la sua maturità, si affida ciecamente al sostegno della sua partner, riconoscendone ancora quel valore indispensabile che ha sempre visto in lei fin dal loro primo incontro.

Quasi parallelo proprio al confronto tra Daisy & Ruby, è quello tra Coulson e Talbot, quest’ultimo purtroppo ancora fortemente sotto il giogo del condizionamento mentale dell’Hydra. Al di là della drammatica condizione fisica ma soprattutto psicologica di un personaggio come Glenn Talbot, ciò che apprezzo profondamente di questa storyline sono le conferme che arrivano proprio da due uomini come Coulson & Talbot che, seppure spesso distanti e chiaramente differenti, hanno sempre saputo riconoscere il valore l’uno dell’altro, rispettandolo e arrivando a credere nella correttezza dei reciproci obiettivi. Nonostante le esperienze traumatiche che aveva già vissuto, anche nel periodo di prigionia Talbot non ha mai smesso di avere fiducia in Coulson e nello S.H.I.E.L.D. che lui rappresenta e adesso Coulson ripaga questa fiducia con incondizionata lealtà, combattendo per la sua salvezza anche quando lo stesso Talbot è troppo stanco per farlo.

JUST A GIRL. Ho sinceramente detestato Ruby Hale con passione a partire dalla sua prima sconvolgente comparsa sulle scene e per diversi episodi ho anche respinto l’idea che potesse esserci di più di quanto mostrava in apparenza, una parte di me forse VOLEVA che non ci fosse altro e che non ci fosse umanità in lei perché così sarebbe stato più semplice etichettarla come villain senza scrupoli, ma la verità è che già il precedente episodio aveva rivelato il vero volto di Ruby e un destino che sembrava in fondo segnato fin dal principio. Contrariamente a Ward, Ruby non ha mai avuto scelta, non ha mai avuto la possibilità di essere di più di ciò che l’Hydra imponeva che lei fosse, non ha mai davvero vissuto la sua umanità, ragione per cui per molto tempo ho creduto che umana non lo fosse del tutto. Quando Daisy ha quasi “elogiato” il potenziale di Ruby davanti a sua madre, quando ha ipotizzato un suo reclutamento futuro nello S.H.I.E.L.D., ha dimostrato di essere probabilmente la prima persona a voler concedere a Ruby la possibilità di conoscere una vita diversa, di essere una persona diversa, e questo ha permesso anche a me di vedere Ruby come una vittima da salvare e non un nemico da distruggere. Anche il modo in cui la piccola Hale si è rapportata con i Fitz-Simmons è stato un chiaro esempio di quanto le relazioni umane fossero per lei un autentico mistero, in un certo senso Ruby quasi li studiava e poi cercava quasi di replicarne i movimenti e i sentimenti con il giovane Von Strucker, anche lui in fondo vittima del suo stesso destino.

Il momento in cui Ruby comincia ad assorbire il Gravitonium attraverso la “Destroyer of Worlds”, oltre ad essere visivamente una scena incredibile con un’atmosfera oscura e inquietante, è in realtà anche l’ultima conferma di quanto Ruby fosse fondamentalmente solo una ragazzina ribelle che non aveva neanche idea di come vivere la sua vita e che cercava solo un modo per riempirla. Dove Cameron è stata assolutamente magistrale nel trasmettere un dolore fisico e mentale che dilaniava sempre di più Ruby ma soprattutto ha anche saputo dar vita alla sofferenza emotiva che ha legato Ruby e sua madre forse più di quanto non fosse mai davvero successo in passato. Solo quando l’ho vista morire in maniera così straziante, mi sono resa conto che non era affatto così che volevo finisse la sua storia.

Inevitabilmente dunque il discorso si sposta sulla donna che un istante prima era la “vittima” che più aveva subito i danni collaterali del viaggio nel futuro e soprattutto del ritorno a casa e un istante dopo diventa, oltre ogni previsione, carnefice del suo carnefice. Giudicare le azioni di Elena in questo frangente è moralmente impossibile ma ciò che è certo è che, così come è avvenuto con Fitz e con il “Dottore” che ancora vive dentro di lui [e spero che non ci si dimentichi semplicemente di questo aspetto ma che lo riprendano prima della fine], anche Elena ha purtroppo lasciato liberi i suoi demoni interiori e soprattutto l’ha fatto giustificando le sue azioni come inevitabili forse per evitare di affrontare la terribile verità che si cela poco sotto la superficie.

A dispetto dunque di un equilibrio morale perennemente in bilico, e nonostante manchino pochi episodi alla fine di una stagione [e si spera SOLO della stagione …] che ha ancora tante domande a cui rispondere e tanti dubbi da risolvere, la maturità di questa serie si nota proprio nella sua impeccabile capacità di gestione sostenuta e lineare della storia e dei suoi personaggi, anche nei momenti di maggiore crisi, quando sembrano venir meno importanti punti di riferimento che in realtà continuano a viaggiare coraggiosamente sul limite cercando di non oltrepassarlo irrimediabilmente.

Vi lascio dunque, come da consuetudine, alla Top 3 dei Momenti Migliori dell’episodio e vi do appuntamento alla prossima settimana!

  • Shut up, Lemons” – Non posso negarlo, i siparietti che Deke porta in scena sono assolutamente esilaranti e spezzano perfettamente la drammaticità che pervade gli episodi. Ma le reazioni di Mack sono anche più irresistibili!
  • Il confronto Ruby/Daisy/Hale e il tentativo del generale e di Daisy di recuperare l’umanità della ragazza;
  • Il combattimento May/Daisy, la chimica tra questi due personaggi mi lascia sempre senza parole, soprattutto per quanto simili appaiano quando sono insieme;

Vi invito infine a passare da queste bellissime fanpage per restare sempre aggiornati sulle ultime novità riguardanti Clark Gregg, Chloe Bennet e Elizabeth Henstridge:

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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