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Lucifer | Recensione 1×10 – Pops

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Lucifer | Recensione 1×10 – Pops
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Nell’episodio di settimana scorsa abbiamo affrontato in maniera un pochino più specifica del solito le daddy issue di Lucifer e a sto giro è toccato alle mommy issue di Chloe, in quaranta minuti di puntata che potevano sembrare filler all’apparenza, e che invece ci hanno donato nuovamente un viaggio sulle montagne russe più alte d’Europa, giusto a sottolineare che in un panorama telefilmico in cui ultimamente è diventato più difficile rispetto a qualche anno fa scovare la perla, Lucifer non delude mai.

Una considerazione che è bene fare, è che dopo il climax che ci ha portato al falò delle ali di Lucifer, è leggermente cambiata la struttura tipo degli episodi: se prima si aprivano con Linda-la-psicologa che tentava di far capire qualcosa a Lucifer e si chiudevano con Lucifer che riceveva l’illuminazione divina a riguardo, ora si aprono con Lucifer che tenta a tutti i costi di dimostrare un proprio punto di vista – generalmente quello che daddy dearest, in ogni sua forma manifesta, è il male – e si chiudono con la presa di consapevolezza del fatto che sì, lui potrà anche essere il male supremo, ma che esistono comunque delle eccezioni positive. Nella fattispecie, questa settimana Lucifer cerca in ogni maniera di dimostrare come tutti i rapporti padre/figlio siano complicati, contorti e senza speranza, un po’ come l’altra volta aveva fatto di tutto per dimostrare che ogni singolo uomo di chiesa è corrotto.

Nei primi cinque minuti di screen time facciamo la conoscenza di Penelope Decker, la madre di Chloe, e nel corso dell’episodio scopriamo che Chloe e Lucifer sono più simili di quanto avremmo potuto immaginare – o per meglio dire, di quanto ci hanno lasciato credere gli autori finora. Entrambi sono stati costretti dai rispettivi genitori ad intraprendere strade che non volevano, provando di conseguenza un forte rancore nei loro confronti per questo. Ma non è finita qui: non solo entrambi si sono ritrovati per un periodo delle loro esistenze prigionieri di una vita che non apparteneva loro, che non sentivano come propria, ma entrambi hanno cercato e trovato una scappatoia da essa – Chloe nelle forze dell’ordine e Lucifer sulla Terra. Infine, entrambi sentono ancora il peso di un cordone ombelicale che, nonostante gli sforzi fatti, è come se non riuscissero a tagliare del tutto: Chloe continua a vivere in casa della madre – come quest’ultima non manca di sottolineare – e Lucifer continua a sentir nominare (invano) il nome del padre ovunque si volti, reminder costante di come daddy dearest sia letteralmente onnipresente e di come sfuggirgli sia un’impresa più facile a dirsi che a farsi.

Il caso della settimana capita proprio a fagiolo, perché tratta di un omicidio in cui l’indiziato numero uno non è altri che il figlio della vittima e che, guarda caso, esattamente come Lucifer e Chloe ha rifiutato i piani che la figura parentale aveva per lui, cercando altrove la propria strada.

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Lucifer è convinto della sua colpevolezza perché ha bisogno che sia colpevole. In un certo senso ha bisogno di sapere che c’è una via di fuga definitiva, un modo per tagliare il cordone ombelicale di cui sopra una volta per tutte, un modo per non dover mai più sentir parlare di daddy dearest o subirne in qualunque maniera l’influenza. Ed eccola lì, la domanda chiave che pone a Junior, “Come ci si sente ad essere liberi?”. Siamo in una situazione in cui Lucifer più che interessato a fare giustizia e risolvere il caso, è interessato a scoprire come Junior si senta dopo essere riuscito a liberarsi da quella presenza ingombrante che erano le aspettative del padre. Eccolo quindi con l’epressione massima del disappunto dipinta in volto quando si rende conto che no, Junior non ha ucciso il padre – in un rimando alla stessa espressione dipintasi sul suo volto solo una settimana fa, alla realizzazione del fatto che padre Frank non fosse corrotto ma che anzi, era perfino una brava persona.

Non gli resta quindi altra alternativa che presentarsi alla cena di famiglia di Chloe, e dimostrare che i rapporti familiari sono impossibili da gestire in maniera civile, che non si può scappare da chi ci ha messi al mondo senza scatenare una guerra e lasciare un paio di danni collaterali lungo la strada. Lo fa mettendo in tavola tutte le carte di Chloe e anche tutte quelle di detective Douche, mandando all’aria la cena in pieno stile Ti Presento i Miei, andandosene poi soddisfatto del caos creato. Questo perché gli è impossibile ingoiare la pillola della riconciliazione, gli è impossibile credere davvero che Junior fosse tornato in città non per uccidere il padre e vendicarsi di tutti i soprusi, ma piuttosto per riconciliarsi con lui. Gli è impossibile dipingere uno scenario in cui lui e daddy dearest cenano alla stessa tavola come se nulla fosse mai accaduto e quindi gli risulta impossibile anche permettere a Chloe di avere questo tipo di serata. Perché Chloe è la persona a lui più vicina, ormai perfino più di quanto Maze sia mai stata. Perché Chloe è la sua partner in crime. Chloe è la sua complice. Chloe è sua amica. E lui ha bisogno che Chloe viva ciò che lui ha vissuto, ha bisogno che Chloe rimanga sulla sua stessa lunghezza d’onda. Lui ha bisogno di Chloe, punto. Junior non ha le risposte che lui sperava di trovare, quindi deve averle Chloe. Che però non le ha, perché si trova nella sua stessa identica situazione di rancore, frustrazione e confusione. Ma va bene così, va bene anche così.

Leggiamo comunque l’amarezza nella voce di Lucifer quando, di fronte alla colpevole dell’omicidio, capisce che il target del veleno era proprio Junior, because he’s worthy of his father’s love. Amarezza dovuta al fatto che lui pensa – anzi, è assolutamente convinto – di essere stato estromesso dalla sfera dell’amore paterno, perché non degno di esso né di alcuna riconciliazione.

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Parallelo a questa ricerca di Lucifer, c’è un ulteriore sviluppo nel rapporto fra lui e Chloe e sì, mi piacciono sempre di più le dinamiche fra questi due, perché a ogni episodio si rafforzano trovando sempre più senso. Lei che è disposta a dargli corda nei suoi vaneggiamenti su dio senza chiamare l’ala psichiatrica dell’ospedale più vicino e farlo rinchiudere, lei che nonostante i continui casini che lui combina all’interno delle indagini – ma anche fuori, vedi la cena di famiglia – non pensa mai nemmeno per un istante di estrometterlo in maniera seria e definitiva, lei che dopo aver affrontato la madre e quello che crede essere un rifiuto da parte di detective Douche, corre fra le sue braccia disposta finalmente a concedersi a lui. E lui, lui che ha aspettato ben dieci settimane di screen time e un’intera vita per quel momento, proprio lui la rifiuta. FOR SOME REASONS I CAN’T. E lo sappiamo tutti quali siano queste some reasons, sono il fatto che non può approffittarsi della sbornia triste di Chloe per finire nelle sue mutande, sono il fatto che se lo facesse ci sarebbe qualcosa di sbagliato e ci sarebbe qualcosa di sbagliato perché fra lui e Chloe c’è qualcosa di vero. O qualcosa di grande che non può cambiare maaaaai, come ci hanno insegnato i Lunapop tanti anni fa.

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Ed è magnifico che proprio nel rifiuto a noi è dato di capire quanto sia vero e reale ciò che c’è fra di loro. E io… io non so nemmeno trasformare in parole tutto ciò che provo nei confronti di questa particolare scena, del trionfo dei Chlucifer in un ‘no’.

Ma la bellezza di questo show sta anche nella maestria in cui riesce a portare avanti le storyline secondarie con la stessa intensità di quella primaria e quindi eccoci assistere alla prova del fatto che Dan in fondo non è né corrotto né cattivo, ma solo terribilmente stupido. Devo ammetterlo, non mi aspettavo questo genere di epilogo fra lui e Malcolm, non mi aspettavo che ‘anche se Lucifer se lo meriterebbe’, avrebbe messo i bastoni fra le ruote all’altro poliziotto, e ovviamente non mi aspettavo che… be’… in realtà non sappiamo se il povero detective Douche sia effettivamente morto morto, ma in ogni caso è stato abbastanza inaspettato. Mi sarei immaginata uno scenario in cui Dan si sarebbe rivelato accomodante e pronto a collaborare con Malcolm – non fosse altro che per il proprio quieto vivere e il quieto vivere di Chloe – e invece gli autori sono riusciti una volta di più a stupirmi. Devo ammetterlo, non mi sono ritrovata in lacrime per ciò che è successo – sappiamo tutti che detective Douche non mi è mai risultato particolarmente simpatico – ma devo altrettanto ammettere che per un piccolo istante mi sono ritrovata a simpatizzare con lui.

01La stessa cosa è successa con Maze, ovvero per la prima volta in dieci episodi ho provato della simpatia genuina nei suoi confronti. Il suo cercare l’aiuto di Linda-la-psicologa è stato una sorta di mettersi a nudo per la prima volta dall’inizio della serie e anche qui, ci siamo ritrovati a scoprire che Maze non è né cattiva, né diabolica, ma è solo alla disperata ricerca di un posto a cui appartenere – ora che quello a cui apparteneva le è stato strappato senza possibilità di ritorno. Come Lucifer, sta solo cercando una maniera alternativa di portare avanti la propria esistenza e sinceramente non escludo un riappacificamento fra i due. Probabilmente Maze non ha fatto ciò che ha fatto – ovvero tradire Lucifer – per mancanza di affetto o rispetto nei confronti del suo superiore o mentore, ma l’ha fatto perché terrorizzata dalla possibilità di rimanere intrappolata per sempre in quella vita. Quindi sì, mi hanno fatto sorridere le sue scene con Trixie e con Linda-la-psicologa, e penso che finalmente siano riusciti a trovare uno spunto interessante anche per il suo personaggio.

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Infine una menzione speciale a Lucifer con addosso la maglia del ristorante prima, e con il grembiulino “Kiss the cook” dopo, e una standing ovation di portata interplanetaria per Trixie che quando decide di scappare di casa, innanzitutto lo fa con stile usando il credito Uber della madre, e secondariamente va dritta al Lux perché sente che Lucifer è l’unico che potrebbe salvarla dalla tragedia di essere una bimba che deve sopportare i litigi continui fra la madre e il padre e fra la madre e la nonna. Grandissima Trixie!

Vi lascio con il promo del prossimo episodio, “St. Lucifer”, e vi do appuntamento a settimana prossima!

-Elsa

 

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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