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La Torre Nera | Recensione del Film per Lettori e Non Lettori

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La Torre Nera | Recensione del Film per Lettori e Non Lettori

Partiamo dal presupposto che scrivere questo articolo non è un compito facile per me, che venero la saga della Torre Nera ormai da molti anni. I membri del ka-tet di Roland sono stati compagni fedeli di mille avventure, lettura dopo lettura, e rapportarmi a una rivisitazione tanto diversa mi ha richiesto uno sforzo non indifferente.

Quello che ho cercato di fare è stato raggiungere una sorta di sdoppiamento, in modo da guardare contemporaneamente il film con gli occhi del lettore e di uno spettatore che si accosta alla storia da assoluto neofita: il risultato è stato un vago senso di nausea (probabilmente quella è dipesa anche dal cibo libanese consumato prima della visione), ma in questo modo spero di essere riuscita a raggiungere un certo grado di oggettività.

Proprio a seguito di questo “esperimento”, mi sono resa conto della necessità di dividere la recensione in due parti, una per i non lettori e una per i fan più hardcore della saga, in modo da non spoilerare e tediare eccessivamente i primi e da speculare selvaggiamente con i secondi (ebbene sì, ho visto cose, ma potrebbe essere ancora una volta il cibo libanese a parlare).

L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.

Con questa frase ha inizio il lungo viaggio di Roland il pistolero ed è con questa frase che voglio dare il benvenuto nel Medio Mondo a tutti coloro che vi hanno posato piede per la prima volta quando hanno visto Jake attraversare il portale della casa di Dutch Hill.

Onestamente ho trovato la prima parte del film, fino all’incontro di Jake con il pistolero, un po’ confusionaria e tirata via: i sogni di Jake sono molto frammentari e alcuni salti logici, come quello relativo all’individuazione della casa, non sono così immediati.
Al contrario alcune scene successive, come quella dell’incontro con il demone e della successiva lotta contro la creatura mostruosa, il cui unico scopo sembra essere quello di avvelenare Roland e dare vita al siparietto comico in ospedale, mi sono sembrate abbastanza superflue e trascurabili.

Avrei quindi forse preferito omettere determinate sequenze per dare maggiormente spazio alla concatenazione di eventi che ha portato Jake nel deserto e, perché no, all’approfondimento del piano di Walter che, per quanto intuibile, è stato lasciato abbastanza sullo sfondo: abbiamo capito che i ragazzini con i poteri hanno un’aura potentissima e sono capaci di sparare raggi superfighi in grado di danneggiare la Torre Nera, ma non mi sarebbe dispiaciuta una digressione sulla meccanica per cui questo avviene o maggiori informazioni sulle creature mascherate che fungono da servitori dell’Uomo in Nero.

A parte questi dettagli, il film scorre sicuramente in maniera piacevole, senza infamia e senza lode.

Dal momento che la pellicola si ispira in maniera molto libera alla serie originale, ho trovato alcuni richiami un po’ pretestuosi e forzati.
Prendiamo ad esempio il mantra dei pistoleri, quello che fondamentalmente racchiude tutto quello che c’è da sapere sul loro incredibile addestramento:

“I do not aim with my hand; He who aims with his hand has forgotten the face of his father.
I aim with my eye.
I do not shoot with my hand; He who shoots with his hand has forgotten the face of his father.
I shoot with my mind.
I do not kill with my gun; He who kills with his gun has forgotten the face of his father.
I kill with my heart.”

Questa frase viene citata più volte nel corso del film, ma senza mai contestualizzarla o spiegarne il significato: mi sarebbe piaciuto un piccolo excursus, magari sotto forma di un breve flashback sull’adolescenza di Roland.

Questo, come molti altri dettagli, hanno lasciato gli spettatori perplessi. Il mio ragazzo, ad esempio, quando siamo usciti dal cinema mi ha subissato di domande in merito (perché questo motto è così importante? Cosa rappresenta il numero diciannove, che viene ripetuto costantemente? Chi è il Re Rosso e perché compaiono più volte graffiti che inneggiano al suo nome?).
Sicuramente gli autori hanno inteso preparare il terreno per un possibile sequel, ma il risultato è stato a tratti vagamente frustrante.

Altrettanto fini a se stesse mi sono sembrate le citazioni di altre opere di King, quali la foto dell’Overlook Hotel nello studio dello psichiatra di Jake e l’insegna del parco di divertimenti che riporta il nome di Pennywise.

Nulla da dire invece sulle interpretazioni dei protagonisti: Idris Elba ben si cala nei panni del ruvido pistolero Roland, il giovane Tom Taylor risulta assolutamente credibile nel ruolo di Jake mentre il personaggio di Walter sembra cucito addosso a Matthew McConaughey, sebbene sia stato originariamente creato quando l’attore era ancora solo un adolescente.

In sostanza la pellicola si presenta come un prodotto piacevole, perfetto per intrattenere senza impegno eccessivo.
Con il materiale a disposizione si sarebbe potuto fare indubbiamente molto di più, ma le basi non sono malvagie e spero vivamente che gli incassi siano sufficienti a giustificare la produzione di un sequel che ci porti nel vivo della storia e si riveli più efficace di questo capitolo tutto sommato meramente introduttivo.

Given time, words may even enchant an enchanter. Do you take my meaning, gunslinger?

Quando hanno annunciato il film tratto dalla Torre Nera, mi ero già preparata psicologicamente al peggio. Quando poi hanno rilasciato le prime immagini, che collocavano Roland e Jake a New York, ho imprecato in tutte le lingue del mondo (sì, anche in quelle sconosciute persino al pistolero) e ho rinunciato definitivamente a qualsiasi tipo di hype o speranza.
Eppure, nonostante tutto, il 18 Agosto mi sono puntualmente presentata al cinema, con una settimana di ritardo rispetto all’Italia perché l’Irlanda ci teneva ad aiutarmi a preservare la mia sanità mentale per ulteriori sette giorni.

Inizialmente mi sono ritrovata spiazzata, perché oggettivamente il film è una sorta di brodo primordiale che attinge a piene mani a dettagli random di tutti e sette i libri della saga, e ci ho messo un attimo a capire che i ragazzini tenuti prigionieri corrispondevano in realtà ai Frangitori dell’ultimo volume, in una sorta di strana assimilazione fra i bambini del Calla e gli abitanti di Agul Siento.

Questo è uno dei motivi per cui avrei preferito un maggiore approfondimento dedicato al piano di Walter. Uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato dei capitoli dedicati ai Frangitori è il conflitto interiore da essi sperimentato: sanno che stanno facendo qualcosa di sbagliato, ma il dono vuole essere usato e, come dice più volte Ted, infrangere è divino. In questo caso, invece, forse per semplici esigenze di copione, i Frangitori sono stati etichettati come vittime innocenti (non a caso sono tutti ancora dei bambini) e la loro meschinità e il loro dualismo sono andati completamente perduti.

Capisco anche, però, che il tempo è tiranno (anche se il film è tutto sommato breve e un po’ di minutaggio in più non ci avrebbe ammazzati) e soprassiederò, così come soprassiederò sul fatto che gli Uomini Bassi sono stati buttati nel calderone senza fornire un minimo di background a quei poveri cristi che non hanno mai letto i romanzi.

In generale la pellicola è una fusione caotica del primo, del terzo e del settimo capitolo: Jake raggiunge Roland nel deserto non a causa della sua morte precoce, ma tramite il portale contenuto nella casa di Dutch Hill (a tal proposito, io sono cecata malissimo, quindi non sono riuscita a leggere il nome dell’utente che fornisce al ragazzo le informazioni sull’ubicazione della casa: se qualcuno avesse avuto l’occhio più lungo di me me lo faccia sapere, sono curiosa di sapere se per caso si trattava di Eddie) e Walter incontra una fine prematura per mano del pistolero, non di Mordred.

Detta così sembrerebbe che il film mi abbia fatto completamente schifo… inizialmente lo pensavo anche io.

E però (citazione di Mr. Mercedes-iana memoria).

E però c’è la questione del corno di Eld.

Nel corso della campagna promozionale, Stephen King ha pubblicato su Twitter l’immagine di cui sopra, che riporta la voce “Last Time Around”.
Al contempo, era stato annunciato che il lungometraggio avrebbe rappresentato non un rifacimento, ma un seguito della saga.

Ora, penso che tutti ci ricordiamo il finale del settimo libro (sto parlando di quello che lo stesso autore ci aveva suggerito di non leggere, ma che, se siete come me, avete divorato nel giro di dieci minuti). Riporto di seguito gli ultimi paragrafi per chi fosse stato in grado di resistere alla curiosità per tutti questi anni:

“Ci arriverò, pensò socchiudendo gli occhi per guardare il sole spietato.
Giuro sul nome di mio padre che ci arriverò.

E forse questa volta quando ci sarai arrivato sarà diverso, sussurrò una voce. E non poteva essere che la voce del delirio del deserto, perché quando mai ci era già arrivato? Era ciò che era e dove era, niente di più e niente di meno. Non aveva senso dell’umorismo e scarsa era la sua immaginazione, ma era tenace. Era un pistolero. E nel suo cuore, ben nascosto, ancora viveva l’agrodolce fascino romantico della ricerca.

Tu sei quello che non cambia mai, gli aveva detto una volta Cort e nella sua voce Roland avrebbe giurato di aver sentito paura… ma perché poi Cort avrebbe dovuto aver paura di lui, un ragazzo, Roland non aveva saputo dire. Sarà la tua dannazione, figliolo. Consumerai cento paia di stivali e camminerai all’inferno.

E Vannay: Coloro che non imparano dal passato sono condannati a ripeterlo.

E sua madre: Roland, ma devi essere sempre così serio ? Non puoi mai riposare ?

Ma la voce bisbigliò di nuovo

( diverso questa volta magari diverso )

e veramente Roland ebbe l’impressione di sentire un odore diverso da quello alcalino e dell’erba diavola. Pensò che potessero essere fiori.

Pensò che potessero essere rose.

Si trasferì il fagotto da una spalla all’altra, poi toccò il corno che portava appeso alla cintura, dietro la pistola, sull’anca destra. L’antico corno d’ottone che un tempo suonava lo stesso Arthur Eld, o così si narrava. Roland lo aveva donato a Cuthbert Allgood a Jericho Hill e quando Cuthbert era caduto, Roland si era attardato giusto il tempo per raccoglierlo e soffiare via
dalla sua gola la polvere di morte di quel luogo.

Questo è il tuo sigul, sussurrò la voce che, spegnendosi, portava con sé la dolce fragranza crepuscolare delle rose, il profumo di casa in una sera d’estate – o perduta! – un sasso, una rosa, una porta introvata; un sasso, una rosa, una porta.

Questa è la tua promessa che potrà essere diverso, Roland, che non è persa la speranza che ci sia riposo. Persino redenzione.

Una pausa e poi:

Se resisterai. Se avrai fede.

Scosse la testa per schiarirsela, pensò se bere un altro sorso d’acqua e rinunciò. Stanotte. Quando avesse preparato il suo fuoco sulle ossa di Walter. Allora avrebbe bevuto. Ora invece…

Ora invece avrebbe ripreso il suo viaggio. Laggiù c’era la Torre Nera.
Più vicino, però, molto più vicino, c’era l’uomo (era un uomo? Lo era davvero?) che avrebbe forse potuto dirgli come arrivarci. Roland lo avrebbe raggiunto e allora quell’uomo avrebbe parlato: aye, sì, yar, raccontano in montagna come l’hai udito nella valle: Walter sarebbe stato preso e Walter avrebbe parlato.

Roland toccò di nuovo il corno e la sua consistenza gli procurò uno strano senso di conforto, come se non lo avesse mai toccato prima.

È ora di andare.

L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.”

Questo stralcio lasciava chiaramente intendere che il viaggio di Roland, che tante volte si è ripetuto, accartocciandosi su se stesso, era giunto finalmente al suo ultimo atto e la prova è rappresentata proprio dal Corno di Eld, lo stesso corno che vediamo spuntare dallo zaino del pistolero in alcune scene del film.
Questo, unito alle parole di King, sarebbe un chiaro indizio del fatto che la proiezione a cui abbiamo assistito non rappresenta di fatto una riscrittura quanto piuttosto un seguito alle avventure che abbiamo letto e riletto nel corso degli anni.

Partendo da questo presupposto, è quindi plausibile che la storia si svolga in maniera diversa in quanto rappresenta un diverso ciclo di eventi che parte esattamente dal momento in cui Roland, attraversata la porta situata alla sommità della Torre Nera, si ritrova nuovamente nel deserto a seguire la scia di Walter.

Fin qui tutto bene, tutto logico e tutto lineare.

Ma.

La morte prematura di Walter ha come conseguenza il fatto che lui e Roland non terranno mai conciliabolo nel Golgota e che quindi il mago non avrà mai modo di predire al pistolero la chiamata dei tre: significa forse che Susannah ed Eddie non compariranno nemmeno in eventuali seguiti o, dal momento che il ka è una ruota, i due troveranno una strada alternativa per raggiungere il Medio Mondo?

E ancora, la scena del cerchio di pietre è stata tagliata, così come lo sarà, per forza di cose, quella che accompagna la rinascita di Jake nel mondo di Roland nel terzo libro… la genesi di Mordred è stata quindi sventata o la progenie di Roland troverà comunque un modo per venire alla luce?

Di sicuro sappiamo che Eddie non troverà la morte ad Agul Siento, dal momento che questa minaccia è stata già neutralizzata, a meno che l’installazione mostrata in questo capitolo non fosse Agul Siento e che il progetto venga ripreso in seguito da altri seguaci del Re Rosso…

Domande, domande, domande, che troveranno risposta soltanto nell’eventualità di un sequel, cosa che non darei del tutto per certo date le critiche negative ricevute dal film ancora prima che venisse rilasciato.

Devo essere sincera, questa è una delle cose che mi ha lasciato maggiormente perplessa: nemmeno io ero troppo fiduciosa al riguardo, però, da fan, mi sono messa nell’ottica di dargli almeno una possibilità. E, in tutta onestà, non me ne sono pentita.
Certo, ci sono delle pecche, talmente enormi da essere quasi insormontabili, ma c’è anche la curiosità innegabile di sapere, di avere una chiusura che rappresenti davvero la fine del sentiero di Roland.

Pertanto io spero ardentemente che questi fantomatici seguiti (e la serie TV basata su La Sfera del Buio, non dimentichiamolo) vengano realizzati e che ci permettano anche di reincontrare alcuni dei personaggi che abbiamo tanto amato, magari prestando maggiore attenzione a seguire l’opera originaria non tanto per quanto riguarda la trama, ma per quanto riguarda le atmosfere e i legami all’interno del ka-tet.

Perché come ha sussurrato la voce, ci può essere redenzione. Se resisteremo. Se sapremo avere fede.

Lunghi giorni e piacevoli notti a tutti voi.

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