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It’s all about Humanity: da Arrow a The Vampire Diaries

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It’s all about Humanity: da Arrow a The Vampire Diaries

You’ve convinced yourself that all you have been through took away your humanity, but I think it’s because of your humanity that you made it through, you wouldn’t have survived, much less come out the other end, a hero, somebody who wants to do good, if you didn’t have a light inside you” (Barry Allen, Crossover Flarrow 3×08).

Inizia da qui il nostro viaggio. Inizia da qui la ricerca della nostra umanità. O meglio, il mio tentativo di dare un senso alla parola umanità.

E’ chiaro che si potrebbe benissimo cercare la parola sul dizionario (esistono ancora?!? Ok, la possiamo cercare su google ma vi sfido a trovare qualcosa che vada al di là del significato etimologico di questa parola), ma non è questo il punto. Non credo ci sia qualcuno di noi che non conosce il significato della parola umanità. Peccato che “umanità” in italiano abbia una connotazione del tutto diversa dall’humanity inglese. Perché nella nostra lingua parlare di umanità rimanda spesso al genere umano nella sua interezza. Invece, gli inglesi danno a questa parola un senso più profondo, non riguarda solo il genere umano, riguarda soprattutto il singolo e poi, di conseguenza, coinvolge tutti.

Telefilmicamente parlando, ho iniziato a pensare al significato della parola humanity seguendo The Vampire Diaries. Wow, umanità in una serie che ha protagonisti dei vampiri? E già. Perché per diventare vampiri bisogna morire da esseri umani, con sangue vampiro nelle vene. Sinceramente mi sto un po’ incasinando perché non capisco davvero dove stia l’inizio di tutto questo: mi sembra un po’ come nel classico dilemma de “è nato prima l’uovo o la gallina?”. Voglio dire, parliamo di vampiri che però hanno quest’umanità che li lega al loro essere umani… un bel casino. In realtà, è proprio grazie a questi vampiri che ci si rende conto di quanto la propria umanità sia qualcosa di speciale, qualcosa che ti rende attaccato alla tua vita passata, da umano.

Non vorrei citare blasfemicamente (e poi essere fustigata per questo) colei che reputo la regina di tutti gli horror/fantasy sui vampiri, eppure in uno dei miei libri preferiti, Intervista col Vampiro, Louis ha una componente latente di “humanity” così forte da non riuscire ad adattarsi allo stile di vita di Lestat (ah, il mio amato Lestat!).

Fondamentalmente i vampiri sono esseri superiori agli umani, ne sono i predatori perché si nutrono di sangue, eppure prima erano dei semplici esseri umani e, come tali, avevano una morale ed un codice etico. (Potrebbe comunque essere semplice istinto di sopravvivenza in effetti, visto che se uccidessero tutti pure loro si estinguerebbero… ma voglio pensarla in modo più filosofico).

Quello che dobbiamo fare è analizzare la questione da diversi aspetti. Chiedersi “che cosa è l’umanità” richiama inevitabilmente la parola “umano” che è nient’altro che un aggettivo della parola “uomo”. E, se pensiamo a questo termine, ci rendiamo subito conto che un uomo è caratterizzato, da un punto di vista prettamente filosofico, da tutta una seria di elementi peculiari. Quali? Semplice: se pensiamo ad un animale, per esempio un ghepardo o in generale un carnivoro, quando si nutre di altri animali si nutre e basta. Non si ferma di certo a pensare a cosa prova la sua preda quando sta per morire, mangiata viva (scusate il paragone un po’ cruento però adesso arrivo al succo del discorso). Non sto dicendo che gli animali non abbiamo sentimenti (voglio dire, è stato più e più volte dimostrato da chi di competenza che gli animali si prendono cura gli uni degli altri ecc ecc.), in più qui non si sta parlando di ciò che diversifica gli essere umani dagli animali (l’uomo stesso è un animale, e solo perché vive organizzato in una società non significa che abbia del tutto perso le sue caratteristiche “naturali”, e gli animali, come l’uomo, hanno tratti caratteristici simili a quest’ultimo). Però, personalmente io rimango sconvolta dalle scene nei documentari in cui grossi felini (tigri, ghepardi e compagnia cantante) si scagliano sulla preda e la divorano… è la legge della natura e mi sta bene, ma mi fa comunque un po’ senso.

L’essere umano è in grado di guardare l’altro mettendo da parte la propria parte più istintiva, è in grado, grazie alla propria sensibilità, di cogliere concretamente l’altro e definire con lui una connessione (mentale ed emotiva). E, se un vampiro fosse solo un vampiro, allora sarebbe esattamente come uno di questi predatori: mangia-uccidi-mangia ecc (più o meno)… Eppure non è così. Perché, grazie al proprio essere stati umani, i vampiri si portano dietro un bagaglio emozionale ed esperienziale che li caratterizza e li rende le creature che sono.

Se guardiamo alla figura di Lestat ci rendiamo subito conto di come lui utilizzi a suo favore il suo essere “superiore”, ma non in modo irresponsabile (non sempre). Per Louis, invece, l’idea di nutrirsi di un essere umano è un atto così deplorevole verso gli uomini da renderlo insopportabile. Lungi da me il paragonare i vampiri di Anne Rice a quelli di The Vampire Diaries, eppure qualcosa in comune ce l’hanno.

Perché in The Vampire Diaries tutto si basa sulla forte componente di umanità di questi vampiri. Anzi, è proprio la loro componente umana che li identifica nei personaggi che conosciamo. E, in tutte le storyline a cui abbiamo assistito, ognuno di loro è stato, in un modo o nell’altro, messo di fronte alla propria umanità, alla ricerca di essa o alla sua lenta riscoperta.

Ogni personaggio (vampiro) non sarebbe quello che è se prima non avesse vissuto da umano. Se prima non avesse avuto esperienze che l’hanno segnato, che ne hanno formato il carattere e il temperamento. Non è importante fare esempi specifici, perché alla fine basta pensare a noi stessi: se non avessimo camminato nelle nostre scarpe non saremmo le persone che siamo. Plasmati anche dalle persone che questo cammino l’hanno percorso accanto (più o meno vicine) a noi.

E poi, in The Vampire Diaries, ci mostrano che i vampiri hanno la capacità di pigiare un bottone (immaginario) e spegnere così, da un secondo all’altro, la propria umanità. Diventare vampiro amplifica non solo i lati caratteriali che si possedevano da umani, ma anche e soprattutto le proprie emozioni. Il personaggio di Caroline ne è un esempio calzante: da sempre organizzatissima, con il passaggio a vampira questa sua caratteristica si è notevolmente accentuata.

Ed ecco che tutto si fa chiaro. Cristallino. Spegnere la propria umanità è un po’ come una via di fuga: la situazione si fa difficile da sostenere (emotivamente) e allora sai che c’è? Spengo tutto e ciao.

Ma così facendo cosa rimane? Cosa diventiamo? Cosa resta di noi?

Quando Elena rinuncia alla sua umanità ci accorgiamo che il suo personaggio non è più quello che conoscevamo, da un certo punto di vista devo dire che era persino più simpatica e meno Elagna…

… però dopo un po’ sinceramente anche basta. E così, perdere la propria umanità significa perdere noi stessi. Significa non riconoscersi più.

Non è solo un discorso di bene o male, perché quando si parla di umanità vengono solo in mente caratteristiche positive: compassione, amore, pietà. E’, più che altro, un insieme di sentimenti, di emozioni che ci aiutano a “sentire”, in inglese si direbbe “feel”, provare: una connessione tra noi e chi e che cosa ci sta attorno. Non solo un’altra persona, ma anche una situazione, un mood, una sensazione.

Un’infinità varietà di significati racchiusa in un’unica parola, humanity: una parola che però ha un senso di collettività.

E adesso? Non provi niente adesso? Sei arrabbiata perché ho trasformato il tuo amico in una carcassa? O sei triste per il fatto che il ragazzo che tutti amano sia diventato un mucchio di ossa? (…) Lo senti il cuore che diventa più leggero? Si chiama gioia, perché il tuo amico non è morto. E’ un sentimento, Elena. E’ la tua umanità.” (Damon, The Vampire Diaries, 4×21)

Ed ecco che torniamo a dove abbiamo iniziato. Perché noi non siamo dei vampiri, non possiamo semplicemente pigiare un bottone e spegnere tutto. Non è così semplice. Eppure, la bellezza di questa vita sta tutta qui: l’umanità è un modo di essere che ci portiamo dentro, una luce che ci indica la strada da seguire. E’ un insieme di sentimenti che ci rende le persone che siamo, perché senza di essa saremmo solo dei contenitori vuoti.

E così ecco svelata un’altra grande verità. Perché quando Katherine dice “Humanity is a vampire’s greatest weakness” non potrebbe essere più nel torto. L’umanità è ciò che da cui traiamo potere, è quella leva che ci consente di andare avanti quando la strada è accidentata, che ci permette di sentire e di vivere. Di essere, talvolta, degli eroi per le persone che ci stanno accanto.

alla prossima!
cheers

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Nata negli anni 80, grazie al suo papà clone di Magnum P.I., cresce a pane e “Genitori in blue jeans” (dove si innamora di Leonardo di Caprio che troverà poi in quei film tanto amati come "What's Eating Gilbert Grape" o “Total eclipse”), l’uomo da 6 milioni di dollari, l’A-Team, Supercar e SuperVicky. L’adolescenza l’ha trascorsa tra Beverly Hills 90210, Santa Monica e Melrose Place..il suo cuore era sul pianeta di Mork e alle Hawaii..anche se fisicamente (ahimè) era sempre e solo nella provincia bergamasca. Lettrice compulsiva fin dal giorno in cui in prima elementare le hanno regalato Labirinth è appassionata di fantasy (Tolkien è il suo re, Ann Rice e Zimmer Bradley le sue regine) e di manga (Video Girl AI in primis per arrivare a Paradise Kiss e Nana), anche se ultimamente è più orientata a letture propedeutiche pediatriche! Ama studiare (tra laurea, dottorato e master ha cominciato a lavorare a 28 anni!!) ed imparare, ma non fatela arrabbiare altrimenti non ce ne è per nessuno!

2 COMMENTS

  1. Hem, “HUmanity is a vampire’s greatest weakness” lo dice Katherine, non Elena 😀
    Bellissimo articolo, anyway (L)

    • Cavoli Weamae hai ragionissima! Mea culpa! vado subito a correggere!per fortuna l’articolo ti è piaciuto lo stesso!!!kiss

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