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“Il Silenzio dell’Acqua”: il Broadchurch italiano? News dalla conferenza stampa

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“Il Silenzio dell’Acqua”: il Broadchurch italiano? News dalla conferenza stampa

Il Silenzio dell’Acqua è una serie RTI in co-produzione con Velafilm e Garbo Produzioni, che andrà in onda su Canale 5 a partire da questo venerdì 8 marzo. Protagonisti di questa serie (pardon, ‘fiction’, come si suole chiamarle qui da noi), incentrata sulla scomparsa di una sedicenne dal piccolo paesino di Castel Marciano, sono Giorgio Pasotti e Ambra Angiolini, che interpretano rispettivamente il vice-questore locale e l’agente della omicidi inviata ad occuparsi del caso.
L’incontro-scontro tra due personalità diverse, una immersa nel contesto locale e l’altra più distaccata e che viene da fuori; un cast d’insieme che crea il contorno della vicenda e che, anche grazie a un emblematico montaggio finale al termine del primo episodio, sembra quasi volerci suggerire come nessuno dei personaggi presentati finora sia al di sopra dei sospetti; per finire, un’ambientazione circoscritta, quella del paesino dove tutti conoscono tutti e dove la scomparsa di una giovane liceale è motivo di sconcerto per l’intera popolazione, dove scopriamo presto che le cose non sono esattamente quello che sembrano e ci sono molti più segreti e mezze verità di quanto non traspaia all’inizio. Vi ricorda qualcosa?

Se state pensando a Broadchurch (con però un ribaltamento di ruoli tra il protagonista maschile e quello femminile) con un pizzico di Twin Peaks (della ragazza scomparsa, bella e “dannata”, finiremo per scoprire luci e ombre insospettabili in fase di indagini)… beh, credo che ci abbiamo pensato quasi tutti stamattina in quella sala, durante la proiezione in anteprima dei due episodi d’esordio, e la domanda è sorta spontanea anche successivamente durante la conferenza stampa con i membri del cast e della produzione. Ma, al di là di presunte ispirazioni, una cosa che posso dire dopo aver partecipato a questo evento è che, sempre nell’ottica di una produzione nostrana (e mi dispiace dover fare questa premessa perché sembra nascondere quella punta di snobismo che spesso riserviamo ai prodotti italiani, impietosamente comparati a quelli d’oltremanica o di oltreoceano), la qualità tecnica non è affatto male. Ho apprezzato le scelte registiche di Pier Belloni, lodato dal Direttore della Fiction Mediaset Daniele Cesarano per il suo occhio attento a riempire il frame mai in maniera scontata: la regia a tratti ha, in effetti, uno stampo quasi (passatemi il termine) “internazionale”, sensazione resa ancora più forte dalle scelte musicali. Ralf Hildenbeutel ha composto una soundtrack profonda, che ben sottolinea il contesto della storia che si scoprirà presto idilliaco solo in superficie… scelte musicali, anche quelle, che non possono non ricordare la serie con David Tennant e Olivia Colman.

A questo proposito, e per riallacciarmi alla questione dello snobismo verso i prodotti di stampo italiano, ho apprezzato molto le parole di Cesarano riguardo quello che, chiariscono subito lui e gli autori (Jean Ludwigg e Leonardo Valenti), è stato solo un equivoco: la serie NON è davvero un remake di Broadchurch, un’ambiguità scaturita proprio da una dichiarazione precedente di Cesarano che, interrogato sulla tipologia della serie, l’aveva colloquialmente definita “tipo Broadchurch“.
Per quanto l’influenza sia innegabile a chi seguirà almeno i primi episodi (le musiche, l’ensemble del cast con i suoi segreti da rivelare nonché le già menzionate scelte di montaggio, a partire dalla presentazione del protagonista nel contesto della festa di paese che rimanda inconfondibilmente all’introduzione di Mark Latimer, che sulla via del lavoro incontra e saluta amichevolmente gli altri concittadini), gli autori precisano che il soggetto è originale, che si tratta di un giallo di stampo classico ambientata ai tempi moderni, e per questo riconducibile ad altre storie che fanno ormai parte della cultura pop. Twin Peaks è un altro esempio lampante tirato in ballo durante il Q&A: la ragazza scomparsa, Laura Mancini, è una novella Laura Palmer (già nel nome, che in questo caso gli autori confermano essere un omaggio a una serie cult che, per usare le loro parole, “è nel nostro DNA”).
Ma, come dicevo prima, quello che ho apprezzato del discorso di Cesarano durante la sua risposta in merito a presunti richiami/omaggi, è stato il citare proprio Olivia Colman, fresca di Oscar, come un modello virtuoso da imitare anche da noi: un’attrice con gli attributi, che non si potrà forse definire la bellezza classica ma che ha avuto modo di esibire il proprio talento stellare, riconosciuto e premiato. Il Direttore auspica che un simile percorso (consegnare a un’artista di talento il personaggio giusto a valorizzarla, tanto da poter essere lanciata in un panorama e a relativi riconoscimenti più internazionali) possa essere la strada che molti produttori decideranno di prendere anche in Italia, sottintendendo forse (spero di non essere io ad aver letto troppo tra le righe) che questo gap qualitativo tra Italia ed estero c’è, ma può e dovrebbe essere colmato, provando ad innalzarci a livelli più in linea con le produzioni che ci arrivano da USA e UK.

Dell’importanza del ruolo femminile centrale in questa serie ha poi parlato anche Ambra Angiolini, che ha risposto alle domande sul suo personaggio con la solita schiettezza e senza retorica, sottolineando ad esempio, in risposta al suggerimento che il ruolo di Luisa Ferrari possa essere letto nell’ottica dei movimenti pro-femministi degli ultimi tempi come una svolta di genere, che il personaggio nasce in realtà per essere apprezzato unicamente in quanto buon agente (seppure dalla personalità brusca), indipendentemente dal fatto che sia una donna. La Angiolini si è poi lanciata in un ironico ricordo del suo casting per la serie, scherzando sul fatto che invece il collega Pasotti non sia stato provinato perché, come emerso durante la conferenza, “ucciso” in Distretto di Polizia proprio da Leonardo Valenti, che quindi “doveva farsi perdonare”: Ambra racconta di aver sempre amato le serie e di aver desiderato per anni di poter far parte di questo universo, di aver “stalkerato qualunque produzione” ma di aver ricevuto solo porte sbattute in faccia senza una ragione apparente (soprattutto visto che, come lei stessa ricorda, è proprio dalla tv che inizia la sua carriera), e di essere stata perciò ulteriormente motivata a ottenere questa parte.

Dell’intero team tecnico e creativo presente in sala, inclusi i produttori, il regista Pier Belloni è l’unico a smorzare l’atmosfera alla “volemosebene” dei ringraziamenti iniziali chiarendo che, sebbene i tre mesi di lavoro nelle location (dall’innegabile fascino) del triestino siano state perlopiù scandite da una serenità generale, il set non è stato proprio privo di litigi… e le espressioni facciali della Angiolini (che dichiara in seguito “la mia prima bestemmia l’ho detta proprio su quel set, durante una discussione con Belloni”) sembrano confermare questa dichiarazione più di mille parole.

A lavoro concluso, comunque, quello che sembra emergere è un prodotto che punta a intrattenere il pubblico generalista delle reti Mediaset (come dichiara il Direttore di Canale 5, Giancarlo Scheri, il canale punta ad arricchire il proprio palinsesto con serate di autoprodotto, arrivando per il prossimo autunno a proporre almeno due serate incentrate sulle fiction contro i vari talk show e reality), ma rispetto a quella che potremmo definire la media delle “fiction classiche” si può notare una superiore attenzione al dettaglio e quella già menzionata spinta ad eguagliare le produzioni americane e britanniche.
Probabilmente chi ha visto e apprezzato show come il già nominato Broadchurch (per non dire True Detective o altri) non urlerà al capolavoro rivoluzionario davanti a Il Silenzio dell’Acqua, ma dal mio punto di vista (cosa che avevo già avuto modo di dire in occasione delle critiche rivolte a I Medici) l’impegno da parte della tv italiana di mettersi alla prova e migliorarsi, scegliendo di raccontare storie che provano ad andare fuori dal tracciato anziché scaldare sempre la solita minestra, è senz’altro da riconoscere e apprezzare.

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

7 COMMENTS

  1. Imprecisione nell’articolo. La presentazione di Ellie Miller in Broadchurch non è un paese ma in commissariato. È il padre di Danny a essere introdotto così, con la camminata. Cosa che rende il nostro un gioco di rimandi… ma originale.
    Sempre in malafede con gli autori, eh?
    In ogni caso, grazie per l’esaustivo articolo.

    • Grazie a lei per il tempo dedicatoci. Riguardo la sua giusta precisazione sulla presentazioni dei personaggi in “Broadchurch”, ha ragione, errore mio: è un po’ che non mi capita di rivedere la serie ma non si dovrebbe mai scrivere solo a memoria, che in questo caso mi ha in effetti tradita sul dettaglio specifico (seppure mi conferma che il gioco di rimandi indiretti c’era).

      Sono felice che abbia avuto modo di leggere e commentare l’articolo… mi dispiace solo che dalla sua frase “Sempre in malafede con gli autori” traspaia il fatto che le mie parole possano essere state interpretata male: ho parlato dei rimandi a serie d’oltremanica e oltreoceano chiarendo che si tratta in alcuni casi di omaggi e in altri di semplici assonanze dovute a un panorama televisivo oggettivamente saturo, in cui notare somiglianze con vari prodotti cult è possibile praticamente ovunque… voglio dire, dopo decenni di televisione a un certo punto è anche fisiologico che i topos narrativi tendano a tornare.
      Nel caso specifico mi sembrava evidente però che la mia sensazione a pelle di riconoscere un’impronta alla “Broadchurch” in questo prodotto fosse un complimento. Ho tenuto a precisare che a livello tecnico, autoriale ed attoriale l’ho trovato un prodotto ben realizzato e un notevole passo in avanti, soprattutto nel panorama delle serie lanciate da un canale broadcast (non satellitare), perché qui ci occupiamo molto di serie straniere e, mio malgrado, ci capita spesso di dover sentire lo snobismo diretto a prodotti italiani di cui parlavo nell’articolo quasi solo per partito preso. Poi sì, la tv statale in Inghilterra è la BBC che ci ha regalato perle come “Sherlock”, ma mi piace pensare che “Il Silenzio dell’Acqua” (come il già menzionato “I Medici” o, mi segnalava tempo fa un’amica, “La Compagnia del Cigno”… seppure entrambi andati in onda sulla “concorrenza”) siano esempi virtuosi in direzione di, perché no, un’equiparazione italiana al livello qualitativo dei successi esteri.

      Appurato, come riportavo anche nell’articolo, che si tratta di un soggetto originale (che, sottolineo ancora, sarà magari presto per dirlo dopo solo due episodi ma a mio parere si presenta senz’altro in maniera intrigante), per me il dire che si possono rintracciare tratti in comune con un “Broadchurch” o un “Twin Peaks” sono note a favore, che evidenziano la superiorità qualitativa di questo progetto rispetto a storie scontate o realizzate in maniera mediocre (e ne abbiamo viste in passato!) perché “tanto il pubblico generalista italiano si accontenta”.
      Le dirò di più: GRAZIE A DIO non è un vero remake di “Broadchurch”, che a quello ci hanno già pensato gli americani con risultati che vorrei dimenticare! 🙂

      Scusi se mi sono dilungata ma ci tenevo davvero a chiarire la mia posizione se è emersa in maniera errata: non posso che essere felice della sensazione che ho avuto in merito a questa visione.
      La ringrazio ancora per il suo interessamento ad aprire una conversazione con noi, buona serata.

  2. Che bell’articolo!

    Quello che dici sulla serie è molto interessante. Le ispirazioni a Broadchurch (che adoro), True Detective e Twin Peaks mi sembrano un’ottima idea e mi intrigano parecchio. Guarderò la serie! (Ammetto anche di avere una crush per Giorgio Pasotti da quand’ero al liceo. 😛 )
    E si sa, Ambra Angiolini ha ricevuto vari riconoscimenti come attrice (l’immagine tratta dalla serie peraltro è davvero molto bella, nella sua semplicità).

    • Ciao Sam!
      Grazie mille, sono certa che se avrai modo di guardarla (inizia domani!) sarai d’accordo con me, è un prodotto davvero interessante nel contesto italiano. Location e soundtrack poi, come scrivevo, creano un ottimo frame… e sì, inutile dire che Angiolini e Pasotti sono le punte di diamante del cast, buona chimica tra di loro oltre che personaggi ben scritti.
      Grazie ancora per il commento, buona serata! 🙂

    • A scanso di equivoci ho preferito comunque chiarire la mia opinione, anche per evitare eventuali ambiguità a chi verrà a leggere dopo 🙂
      Grazie ancora del suo commento, è stato un piacere (come in generale avere la possibilità di partecipare a questa anteprima).

  3. Temo che l’assonanza con Broadchurch non vada oltre le promesse. Ho guardato le prime due puntate e devo dire che ho trovato “Il silenzio dell’acqua” poco credibile già ai primi 40 minuti. Prodotto tecnicamente ben fatto, ma personaggi non credibili, recitazione insopportabilmente enfatica, tutti aggressivi in modo ingiustificato, dialoghi mal scritti. Alla fine anche dei bravi attori risultano insufficienti. Un vero peccato. Un prodotto italiano che poteva essere eccellente ma che scade nell’overacting e fa venir voglia di cambiare canale. E per favore, quando si mostrano giovani e adulti in scooter, gli facciano almeno allacciare il casco… 🙁

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