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Il Giappone su Netflix

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Il Giappone su Netflix

Che bell’invenzione i documentari. Sfido chiunque di noi a non essere cresciuto a pane e Superquark: io ero sempre in prima fila pronta a ogni nuova puntata.
Con gli anni si cresce e anche i vari interessi crescono e cambiano assieme noi e ci portano a diventare sempre più curiosi verso argomenti diversi più o meno specifici e, grazie a tutti gli dei, c’è chi esaudisce tutte le varie richieste del pubblico: Netflix & co.
Da quando il sito di streaming legale più importante al mondo è approdato anche in Italia, molto spesso ci si ritrova davanti a continui consigli dedicati a film, serie tv e anime giapponesi, alcuni più suggeriti di altri, ma ho sentito parlare davvero poche persone di quella che forse, a mio modesto parere, è la sezione più ricca della piattaforma.
Su Netflix la vasta scelta di documentari e di argomenti che essi vanno a trattare danno allo spettatore tutto quello di cui ha bisogno, andando a toccare mondi completamente diversi gli uni dagli altri. Cercate un determinato tema? Tranquilli lo trovate sicuramente.

Oggi, per partire con questo mio viaggio in terre quasi inesplorate, vorrei iniziare portandovi assieme a me in un mondo che mi è particolarmente affine e di cui mi capita di parlare spesso (quasi giornalmente) sui miei vari social: il Giappone con le sue luci e ombre.

Quando si pensa al Giappone qua in Occidente, prima ancora della storia e cultura millenaria che l’ha caratterizzato, ci vengono in mente due semplici, ma appaganti parole: cibo e sushi.
Jiro e l’arte del sushi è un breve docu-film del 2011 di circa 1 h e 20 incentrato sulla figura di Jiro Ono allora ottantacinquenne e denominato il re dell’arte del sushi. Durante la visione verremo catapultati all’interno del suo piccolo, molto richiesto e costoso ristorante da soli 10 coperti, per questo motivo si ha l’obbligo di prenotare massimo un mese prima, e con prezzi variabili in base al mercato da una partenza minima di 30.000 ¥. Interessante nel complesso, oltre all’argomento di base, è tutta la parte dedicata al vero e proprio mercato del pesce che ci trasporta, di commerciante in commerciante, alla scoperta dei vari segreti del pesce stesso portandoci anche capire quali siano le parti più raffinate e ricche del pescato stesso. Per non parlare della riflessione verso quello che è un problema davvero molto forte che caratterizza non solo il mare del Giappone, ma un po’ quelli di tutto il mondo: l’impoverimento del pesce che ogni anno va sempre più a calare nelle acque marine.

Rimanendo sempre in tema “cose belle e dove trovarle” ci tengo a nominare anche una piccola/grande perla che non può assolutamente mancare all’interno del bagaglio culturale degli amanti del Paese del Sol Levante: Japanese style originator.
Possiamo definirlo, più che un documentario, un vero e proprio talk show dove, fra domande varie e curiosità, i partecipanti si cimentano nel rispondere ad alcuni quiz specifici sui vari argomenti presi in analisi. Devo ammetterlo: fa sorridere vedere quanto anche i giapponesi stessi sappiano, nella maggior parte dei casi, davvero poco della loro così vasta cultura. Quello che si andrà a fare di puntata in puntata sarà un continuo viaggio all’interno di oggetti, usi e costumi di vita quotidiana passando attraverso quella che è la loro storia e cosa “nascondono nel loro profondo” (esempio i giardini, cibo vario, l’arte del tea, kimono e yukata e chi più ne ha più ne metta). Ammetto di non averne ancora del tutto terminato la visione perché ritengo essere un qualcosa che va dosato nell’arco del tempo ma, comunque sia, è sicuramente un titolo che vi consiglio dal profondo del cuore.

Fra i gaijin occidentali c’è sempre la convinzione che il Giappone sia un qualcosa di assolutamente luminoso, sempre bellissimo, arrivando a chiudersi totalmente in quella che è una convinzione del tutto sbagliata su un Paese che presenta anche un lato oscuro davvero molto forte e senz’ombra di dubbio ben più radicato della sua parte splendente. Un esempio ne può essere il mondo della figura delle Idol, visto quasi come un vero e proprio culto e descritto, sotto molti versi, attraverso la visione di Tokyo Idols. Tutta la visione sarà un viaggio fra alcune delle figure più conosciute di Akihabara nella loro routine giornaliera fra esibizioni e incontri con i fan. Nonostante mi aspettassi qualcosina in più, l’ho trovato molto interessante, soprattutto per quanto riguarda il discorso “otaku” contrapposto a chi vive una vita omologata fra “lavoro vero” e “ragazza reale”, un mondo dove essere otaku è talmente normale che non è più segno negativo, ma quasi socialmente accettabile; oltre al forte rapporto fra la società e la figura della donna che in questo modo diventa la forza dominante.

Tre visoni diverse per un Paese che da sempre ci incuriosisce per il suo essere così distante e diverso da noi. Un mondo che ci chiama a gran voce ed a cui noi siamo sempre pronti a rispondere.
E voi siete pronti per volare dall’altra parte del mondo?

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