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Homeland | Recensione 3×04 – Game On

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Homeland | Recensione 3×04 – Game On

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Puntata fighissima, Homeland è tornato ad essere Homeland senza Brody: per la prima volta non ne ho sentito minimamente la mancanza. Anzi, ci fosse stato sarebbe stato di troppo.

Episodio quindi tutto al femminile, da un lato Carrie – donna fantastica, e personaggio indistruttibile – e dall’altro Dana, quasi donna e quasi indistruttibile. Entrambe sono agonizzanti, sole e alla ricerca della propria libertà.

Carrie è rinchiusa in un ospedale psichiatrico, vittima della CIA, mentre Dana sta scontando tutti gli sbagli commessi dal padre. Aggiungiamoci anche Jessica, che dopo un inizio di stagione insignificante, in questa puntata il suo spazio di cinque minuti merita di essere ricordato. E’ tornato anche Mike, al suo fianco, immancabile e fedelissimo nonostante il conflitto di interessi. E in questa moltitudine di donne un cenno a Fara, che grazie al suo lavoro ha dato alla CIA una preziosa sul riciclaggio di denaro che porta dritto dritto a Caracas e dritto dritto alle braccia del mandante della strage di Langley.

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Dana, ragazzina che ha smesso di sorridere dopo che è stata tradita dal padre. Come può sopravvivere agli effetti catastrofici delle bugie raccontate da Brody? Non trovo giusto siano i figli a pagare gli errori dei propri padri, ma per Dana è così. Ha tatuata sul petto una lettera scarlatta che le fa ricordare sempre di essere figlia di un terrorista, come può vivere la sua normalità se è continuamente riconosciuta?

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Il broncio perenne di Dana parla da solo, un cuore spezzato fa fatica a ricomporsi. Ma finalmente la vediamo che la sua voglia di vivere ha la meglio su tutto il resto, quella voglia di vivere liberamente e di dimenticarsi per un po’ chi si è e da dove si proviene. Così prende la macchina e scappa con Leo, attuale fidanzato ed ex-ricoverato nella clinica psichiatrica dalla quale Dana proviene. Libertà, indipendenza, confidenze, malinconie e ricordi … tutto perfetto.

Il teen – drama di Dana non ha preso il sopravvento nella puntata, anzi è stato utile a riflettere su quanta sofferenza c’è ad ogni età e su quanto l’amore giochi un ruolo fondamentale nel cambio di prospettive. Insomma, non l’ho trovato messo li a caso come le prime due puntate bensì coerente con il mood dell’episodio.

A rovinare la romantica fuga è la scoperta che Leo non è solamente uno psicolabile depresso, ma è molto più probabilmente l’assassino del fratello. La ragazza ancora non sa nulla e forse ci saranno sgradevoli sorprese nelle prossime puntate: la mia sensazione è che Dana sarà per l’ennesima volta presa per il culo e tradita da un uomo … diventerà amica di Carrie?

 Per adesso però, voglio pensarla a guardare Leo con occhi innamorati e con il sorriso sulle labbra.

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 E Carrie invece si ritrova improvvisamente libera per poche ore grazie all’intervento di quello studio legale che aveva fatto ingresso nella stagione la scorsa puntata. Libera certo, ma la CIA ha fatto in modo di renderla inerme: senza auto, senza soldi, coi conti congelati, senza passaporto e sotto sorveglianza. A chi può affidarsi, dopo che anche Saul l’ha tradita? E’ persa, i suoi pianti isterici e le sue espressioni rendono la sua disperazione reale. Non mi sono mai sentita così vicina ad un personaggio femminile come con Carrie, trasmette delle emozioni forti, quello che prova immediatamente diventa tangibile, tutti credo che ci siamo sentiti per i motivi più disparati  almeno una volta come Carrie: senza speranza ma con la volontà di non volersi lasciare andare. È combattiva Carrie, non ha alcuna intenzione di mollare la libertà appena riconquistata.

Nella ricerca di un aiuto tenta di chiamare Virgil che le offre una macchina per rifugiarsi nella casa sul lago, ma anche lui ha le telefonate controllate. La tradisce? Non proprio perchè concludendo la telefonata le dice di “salutargli la mamma”, ma sappiamo bene che la mamma di Carrie non c’è al lago … è un loro codice segreto per dire “Fai attenzione, ti stanno cercando?” Un briciolo di umanità e di amicizia non bastano però a Carrie per farla uscire dall’immenso casino in cui è finita.

E allora, sarà la mancanza di una via d’uscita lecita, l’amarezza di avere la CIA – per la quale lei ha dato la vita – contro e di sentirsi solamente una pedina in una scacchiera di potenti che la fanno cedere al ricatto dell’Avvocato e la portano a scambiare la libertà a tempo indeterminato per delle informazioni segrete circa l’uccisione delle sei persone avvenute durante la prima puntata. Si, perchè l’Avvocato altro non è che il legale di un potente iraniano… vi ricorda qualcosa? Le tracce sul mandante dell’attentato alla CIA portavano in Iran, ad un certo Javadi …

Carrie si vende, vende la sua integrità morale e la sua fedeltà agli Stati Uniti per se stessa, per la ricerca di un po’ di pace.

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Non sono riuscita a criticare la sua scelta, il passare dall’altra parte non l’ho trovato più disdicevole del comportamento della CIA nei suoi confronti. Certo, da Carrie uno scambio così meschino non me lo sarei aspettato, ma il dolore porta a fare cose senza senso solo per il sollievo che portano. E poi, mi sono detta, prima o poi una svolta nella stagione sarebbe arrivata, la spia che fa la spia banale ma crea un buon presupposto per il movimentarsi delle prossime puntate.

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Ma è la scena finale che libera la terza stagione di Homeland da ogni riserva, quando Carrie incontra Saul.

Lei non è una pedina, ma è la protagonista del gioco che la CIA ha organizzato per arrivare a Javadi. L’abbraccio tra i due è catartico, il pianto di Carrie è vero, e da sollievo ma così il doloroso percorso inscenato per arrivare al mandante dell’attentato è ancora più duro da accettare. Finalmente sappiamo che non è la sola a cercare la verità a Langley, c’è Saul che non le ha mai voltato le spalle e che soprattutto non ha mai smesso di crederle e di stare dalla sua parte.

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Completamente soddisfatta della puntata. Certo, tutti ci aspettavamo una evoluzione della trama che facesse uscire Carrie dall’oscurità in cui l’avevano cacciata e a me personalmente le modalità con cui l’hanno tirata fuori sono piaciute, Carriè è Homeland e Homeland è Carrie, e questo legame si sta facendo sempre più stretto e indissolubile.

Al tempo stesso avverto Brody meno indispensabile, come se mi fossi resa conto che il suo esilio a Caracas non renderà la stagione meno interessante o dispersiva rispetto alla centralità di Homeland né attendo con fermente impazienza il suo ritorno nella stagione: vorrei tornasse ma ora posso aspettare senza indispettirmi.

Il fatto che viva il ritorno di Brody in maniera meno stressata, e che si è aperta una grossa via d’uscita dopo stasera, mi rendono più ottimista sul suo rientro in patria con qualcosa di veramente stravolgente … staremo a vedere!! 🙂

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E mi raccomando, per info, foto e news visitate la pagina Homeland ITA!

 

 

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Giovine genovese la cui adolescenza è stata formata da X-Files. Facendo sua la frase “la verità è la fuori” ha combattuto la sua personale battaglia per la ricerca e la diffusione della verità su alieni, complotti e misteri in genere. Si è sempre sentita parte di un telefilm piuttosto che semplice spettatrice, trovandoci ispirazioni e guardandoli con affetto, considerando quindi la famiglia Soprano brava gente e Dexter una vittima degli eventi. E in cuor suo spera ancora di scoprirsi una lontanissima parente di Nate Fisher. Guarda i telefilm come vive la sua vita: in maniera disordinata, o meglio detta in modo da finta intellettuale “naif”. Attualmente è vittima un’importante sbandata per gli zombie.

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