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Glee | Recensione 5×03 – The Quarterback

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Glee | Recensione 5×03 – The Quarterback

“Tutti vogliono parlare di come sia morto. A chi interessa? A me interessa parlare di come ha vissuto […] Passerò tutta la mia vita sentendo la sua mancanza”– Kurt Hummel

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Scrivere questa recensione si sta rivelando più difficile del previsto, non solo perché ho tappezzato di Kleenex lo spazio intorno a me o perché ho un perenne velo davanti agli occhi, ma anche perché non ho parole…ancora adesso. La morte di Cory è arrivata inaspettata e ancora ora, a distanza di mesi, mi ritrovo ad ascoltare canzoni di Glee e a non rendermi conto che quelle sono le ultime canzoni con la sua voce: eppure è così.
La scelta della premiata ditta Murphy-Falchuck-Brennan di dedicare un episodio interamente a lui può essere stata, secondo me, sincera ed efficace: ha permesso una chiusura ed il giusto riconoscimento ad una delle colonne portanti del Glee Club (letteralmente visto quanto era alto) che, caso raro, era anche una bellissima persona nella vita vera.

L’episodio si apre con “Seasons of Love” dal musical Rent, cantato da tutto il Glee Club: la canzone (che è un tributo anche nel musical) si rivela perfetta per introdurci – già in lacrime – nello spirito dell’episodio: scopriamo infatti che è passato un mese dalla morte di Finn e dal suo funerale e che a Lima si ritroveranno tutti per una settimana di commemorazione. Ognuno dei protagonisti affronta il lutto a modo suo ed ho apprezzato particolarmente la scelta di privilegiare la prospettiva di alcuni di loro in particolar modo. Nel corso della settimana, chi se la fosse sentita, avrebbe potuto cantare insieme ai compagni un brano eseguito da Finn in passato oppure che semplicemente facesse pensare a lui. Ecco cosa hanno scelto:

– la prima a esibirsi è Mercedes che sceglie “I Stand by You” cantata da Finn a Beth quando credeva fosse figlia sua: sentire quella canzone mi ha riportato alla prima serie, ai primi episodi in cui conoscevamo quel ragazzone dal cuore d’oro convinto che farsi il bagno in un idromassaggio avesse potuto ingravidare Quinn. L’esibizione di Mercedes è, come sempre, perfetta e la commozione che chiaramente traspare, ha commosso anche me.

– Artie e Sam, invece, scelgono “Fire and Rain” di James Taylor. Un brano nuovo per il Glee Club che parla proprio della difficoltà della separazione repentina: suggestivo il verso che chiude la canzone: «but I always thought that I’d see you baby, one more time again, now» (trad. «ma ho sempre pensato che ti avrei visto di nuovo»). Un bellissimo brano in originale che ho gradito molto nella versione di Chord Overstreet e Kevin McHale.

– Santana sceglie un brano della Perry Band “If I die young“. Non conoscevo il brano originale (ed ora andrò ad ascoltarlo) ma Santana mi ha fatto piangere come non mai. Prima di cantare, fa una breve e divertente introduzione che – nonostante gli sguardi confusi di Mike e Tina – ha alleggerito l’aria nella stanza e mascherava perfettamente quanto stesse accadendo nell’animo della Lopez. Il nostro diavolo rosso di Lima Hights, infatti, non riesce nemmeno a terminare di cantare perché scoppia in un pianto a dirotto (e noi con lei) rifiutando qualsiasi conforto. Più tardi scopriremo che in realtà Santana aveva scritto un bellissimo discorso sull’animo gentile di Finn ma che aveva avuto imbarazzo a leggerlo.

– Puck sceglie “I Surrender” di Bruce Springsteen, esibizione intensa e in character come mai, considerata la storyline di Puck nell’episodio, che è stata meravigliosa. Noah, infatti, è arrabbiato ed ha paura. Scopriamo che ha rubato l’albero che Kurt aveva fatto piantare in giardino in memoria del fratello e che vorrebbe aver lui la giacca da quarterback di Finn. Dopo aver distrutto mezzo spogliatoio davanti alla Beiste («Finn avrebbe preso a calci una sedia» «Sì, era decisamente il suo stile» cit. ), Puck affronta il lutto e la sua paura: senza Finn che gli ricordi chi lui sia veramente, Puck ha paura di ritornare un teppista e prendere una cattiva strada ma la Beiste gli da coraggio dicendogli che «È tempo che diventi tu quarterback di te stesso». E Puck lo fa: si arruola nell’esercito per diventare pilota e lo vediamo andar via sulla sua moto.

– Rachel sceglie “Make you feel my love” di Adele perché era la prima canzone che aveva cantato in macchina con Finn: non so nemmeno da dove iniziare per dire che è stata meravigliosa. Come ha dichiarato in un’intervista recente Lea, per lei perdere Cory è stato lutto doppio perché ha perso anche Finn. Affrontare la morte di qualcuno che ami, con cui fai progetti e condividi la tua vita è devastante: doverlo fare due volte penso sia anche peggio. Rachel dice a Mr Schue: «Lui era la mia persona» ed in questa piccola frase è racchiuso tutto l’universo di sentimenti che la univano a Finn/Cory. Ascoltando – e riascoltando – la canzone si riesce a percepire l’enorme coraggio e forza che chi la canta sta usando per sopravvivere e ricominciare: a Lea/Rachel la nostra lode e l’affetto.

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Tra gli altri personaggio ricordiamo: Tina che pare essere solo preoccupata del doversi vestire di nero (in realtà credo fosse in piena negazione…voglio ben sperare), Blaine che condivide il dolore di Kurt e Sue (ottimo lavoro col suo personaggio che resta fedele a se stesso) che ammette alla fine che le dispiace che Finn abbia potuto pensare che lei lo disprezzasse quando non era così, tutt’altro.

At last, but not the least, la Hummel-Hudson family. A Kurt l’ingrato compito di introdurci l’episodio, a Kurt l’ingrato compito di dividere la roba di Finn: il breve spaccato della vita familiare post Finn è stato straziante, realistico e così toccante che il solo ripensarci mi fa ancora piangere. Kurt è stato meraviglioso come solo un fratello potrebbe essere: vederlo indossare la giacca di Finn («aveva proprio delle braccia lunghe») è stato dolcissimo. Papà Burt – ma quanto è bravo O’Malley! – ha detto una cosa meravigliosa: parlando della «lampada da finocchio» (cit.) che Kurt aveva messo nella camera di Finn versione Marlene Dietrich (anche voi l’avete improvvisamente ricordata, vero?) ha detto che Finn aveva definito «da finocchio» la lampada senza alcun pregiudizio o cattiva intenzione: mi ha fatto ripensare al Finn delle prime stagioni e a quanta strada abbia fatto il personaggio da allora, a quanto sia cresciuto e maturato e a come, malgrado tutto, abbia sempre avuto un animo genuino e puro. Su mamma Hudson potrei continuare a versare un milione di lacrime perché ci ricorda che Finn (Cory) era figlio di qualcuno e quel qualcuno dovrà alzarsi ogni giorno e ricordarsi che lui non c’è più:

«[…]Come fanno i genitori ad andare avanti quando perdono un figlio?Sai, quando vedevo cose del genere al TG…Avrei voluto spegnere perchè era troppo brutto pensarci ma…Continuavo a pensare …Come fanno a svegliarsi ogni giorno?Voglio dire…come fanno a respirare?Ma ti svegli…e solo per un secondo ti dimentichi. E poi…ecco che ti ricordi. Ed è come ricevere quella chiamata ancora una volta,  e ancora una volta, ogni volta. Non smetti di svegliarti. Devi continuare ad essere genitore anche se ormai non hai più un figlio» (cit.)

Rachel fa realizzare una targa per commemorare Finn («Era intelligente, solo non in modo convenzionale») e a noi non rimane che ricordarlo insieme al Glee Club e accompagnare il pianto liberatorio di Schuester alla fine dell’episodio.

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«Lo spettacolo deve andare avanti…ovunque…o una cosa del genere»

Noi di Telefilm Addicted abbiamo dedicato un bellissimo Guys&Dolls a Cory, vi invito a rileggerlo per ricordare ancora una volta un bravo e buon ragazzo amato da tutti che ci mancherà.

Prima di lasciarvi (e andare ad asciugare le ultime lacrime e magari guardarmi una qualche sit-com per riprendermi) vi lascio con il promo della prossima puntata in cui vedremo l’arrivo di Adam Lambert (non so se mi spiego!):


http://www.youtube.com/watch?v=Y627EtRlfZA

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