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Girlboss | Recensione Prima Stagione

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Girlboss | Recensione Prima Stagione


Oggi vogliamo parlarvi di Girlboss, una serie in tredici puntate disponibile su Netflix dal 21 aprile, che ci racconta le vicende di Sophia Amoruso, prendendo “molto liberamente” spunto – come viene ricordato all’inizio di ogni puntata – dalla sua storia ed esperienze personali. Chi è Sophia Amoruso? È la persona che, poco più che ventenne, è stata in grado di crerare un impero economico online (Nasty Gal) assolutamente dal nulla, sfruttando la semplice, ma geniale, idea di comprare abiti vintage e rivenderli a prezzi maggiorati. La sua storia è raccolta nel libro che porta il medesimo titolo della serie.

Ci viene quindi illustrata una vera parabola di successo che vede protagonista una self-made woman mito sempre apprezzato dagli americani, la persona che costruisce da sola la propria fortuna  – che, partita in condizioni appena meno che miserabili, grazie a un acuto spirito di sopravvivenza e un’idea nata in modo del tutto casuale, è diventata presidente di un’azienda con 350 dipendenti e un fatturato di cento milioni di dollari nel giro di pochi anni.

Con il senno di poi, il tempismo forse non è stato dei migliori, dal momento che, da quando la serie è stata ordinata, le cose non sono andate troppo bene per Nasty Gal. Sophia si è dimessa dall’azienda che lei stessa aveva creato, che l’anno dopo ha dichiarato bancarotta (2016), ma di questo la serie non tratta, limitandosi a mostrarci il percorso che la protagonista ha intrapreso, dalla sua iniziale vita a San Francisco senza un soldo e con la minaccia di sfratto e varie altre vicissitudini sfortunate a penderle sulla testa – tra cui l’incapacità di tenersi un lavoro per via della natura refrattaria alle regole -, fino all’apertura del sito di Nasty Gal vero e proprio, dopo una fruttuosa esperienza come venditrice su e-bay.

Naturalmente il fatto che l’azienda sia fallita non toglie niente al messaggio che la storia di Sophia intende raccontarci, e cioè la possibilità di avere successo, contando su un’idea geniale, grande impegno individuale e, bisogna dirlo, anche condizioni economiche favorevoli, perché stiamo parlando di un periodo storico in cui era molto più semplice creare dal niente società online e ricavarci un lautissimo guadagno. Dall’idea primigenia le cose sembrano seguire un rapidissimo passo di natura quasi fatalistica, visto che qualsiasi cosa Sophia tocchi si trasforma oro, fin dalla prima giacca di pelle rivenduta quasi per gioco e solo per un disperato bisogno di contanti.

Le premesse narrative sono notevoli, il fatto che si tratti di una ragazza molto giovane che ce l’ha fatta ne aumenta la curiosità, ma quello che non ci si aspetta, giunti a questo punto, è la fatica con cui si è cercato per tutto il tempo di instaurare un rapporto empatico con la protagonista. In breve, Sophia è insopportabile. È arrogante, maleducata e fortemente individualista, convinta che il mondo giri intorno a lei e di poter seguire, o non seguire, regole del tutto personali.

Io sono disposta a riconoscere che sono proprio queste le qualità delle personalità geniali, quelle che non si conformano alla massa e che hanno una tale libertà interiore da non avere nessun ostacolo alla loro creatività dirompente. Il problema è che, in teoria, tali personalità dovrebbero essere anche irresistibilmente affascinanti, in modo da far sì che il pubblico faccia il tifo per loro in qualsiasi circostanza, anche nelle peggiori. E questo non c’è. Non che Sophia non generi simpatia alla fine e con qualche sforzo, mentre si assiste alle sue peripezie e le si riconosce il merito di aver resistito attraverso alti e bassi, fino a un successo che, se pure nato casualmente, è stato comunque coltivato grazie al duro lavoro. Semplicemente è meno carismatica di quanto dovrebbe.

L’attrice che la intepreta (Britt Robertson, di Life Unexpected) si dedica con intensità e totale abnegazione al compito di rendere al meglio l’energia ribelle/nervosa/indomabile di Sophia, fonte di frustrazione in primo luogo per il personaggio stesso, che appare spesso colmo fino all’orlo di una forza che, se non gestita (e lei non ne è capace), rischia di deragliare, distruggendo l’entusiasmo dall’interno, frenando le sue ambizioni. Spesso però questo supremo sforzo di rendere la disordinata, estrema intensità emotiva di Sophia rischia di farcela apparire un po’ una macchietta stereotipata.
Sophia è anche però molto umana nelle sue reazioni, tenendo presente che è pur sempre una ragazza appena ventenne che si trova infilata dentro a qualcosa di più grande di lei, su cui non sa di preciso come lavorare e che rischia di sopraffarla e bruciarla prematuramente (si affida infatti a letture per principianti, per sapere come gestire un account e-bay e far decollare la propria attività). Di punto in bianco deve imparare a preparare un business plan, a chiedere prestiti e garanzie bancarie, ad avere a che fare con feedback da tutto il mondo, comprese le critiche negative e ha contro, per giunta, un intero gruppo di altri venditori/concorrenti che fanno molto di più che “metterle il bastone tra le ruote”. Tentano di distruggerla, quasi riuscendoci.
Per inciso, è stata geniale l’idea di rappresentare le conversazioni via forum come una tavola rotonda in cui sono tutti presenti, comparendo e scomparendo a seconda della presenza online, facendo recitare i messaggi esattamente per come erano scritti (“LOL LOL” cit.).

Sophia è impulsiva, deve ancora limare aspetti spigolosi della sua personalità, non conosce la parola “diplomazia” e cerca di coprire con comportamenti compulsivi delle ferite che si porta dietro dall’infanzia. Non le importa di far del male al prossimo e questo genera delle conseguenze che però paga tutte senza sconti. Lo vediamo soprattutto nel suo rapporto con Annie, la sua migliore amica, con la quale ha un rapporto tumultuoso fatto di grande affetto e repentini litigi e rotture quando Sophia mostra il lato egocentrico della sua personalità. È però sempre pronta a chiederle scusa, a compiere delle azioni che la fanno riavvicinare all’amica.


Anche nel reparto sentimentale le cose non vanno benissimo, anche se in questo caso non mi sento di colpevolizzare Sophia. Non sono mai molto indulgente con chi prima viene attratto da personalità sui generis, affascinanti e anticonformiste e poi si lamenta di quelle stesse qualità da cui all’inizio era stato tanto colpito e di cui si era innamorato.

Sophia reagisce con forza a tutte le difficoltà che le si presentano, lavora duramente, impara a mediare tra l’istinto che la porterebbe a fare muro contro muro, impara soprattutto ad aver fiducia negli altri e a farsi aiutare, riconoscendo con gratitudine il supporto che le persone intorno a lei le hanno sempre manifestato, nonostante i suoi modi bruschi che qualche volta hanno rischiato di alienarle il loro affetto.

Penso comunque che la serie avrebbe potuto beneficiare di un ritmo un po’ più sostenuto e brillante e di rimanere concentrata di più sulle premesse della storia – il racconto di un successo – invece di perdersi in narrazioni contingenti, che hanno per forza di cose annacquato lo svolgimento dei fatti, dandomi l’idea che talvolta non si sapesse come riempire le puntate. Rimane in ogni caso una serie godibile, in grado di produrre spesso battute irrestibili e di farci conoscere la variegatà umanità dei personaggi secondari che sanno riempire la vita di Sophia di involontario umorismo, senza appiattirsi su una sterile comicità (segnalo il fantastico e imperdibile vicino di casa).

– Syl

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