Questa settimana per la nostra rubrica facciamo un salto indietro nel tempo a un personaggio che abbiamo conosciuto nell’ormai lontano 2011 (incredibile che siano passati tanti anni, vero?) e che, nato come personaggio secondario di una serie, è diventato poi protagonista di una tutta sua (e di chi con lui era a sua volta protagonista) che ha superato di gran lunga la serie madre.
Parliamo di Elijah Mikaelson.
Ormai sono passati ben otto anni da quando, nella 2×08 di “The Vampire Diares”, “Rose”, quella porta si è aperta ed è apparso lui. Elijah doveva essere solo un tirapiedi e invece, per la favolosa interpretazione di Daniel Gillies in quella manciata di episodi iniziali (per il personaggio), è diventato uno degli Originari, fratello maggiore di Klaus.
Quando quella porta si è aperta, per me è stato un vero e proprio colpo di fulmine e ho pensato “Ah, ora capisco perché Stefan e Damon mi abbiano sempre lasciata indifferente anche quando leggevo i libri… aspettavo LUI!”
Lasciate, dunque, che vi spieghi perché Elijah va amato.
È grazie a lui se gli Originari sono diventati una famiglia.
Ebbene sì. Elijah è emerso dalle pagine della sceneggiatura e ha preso vita in modo così favoloso che poi gli autori hanno pensato “Non fermiamoci a Klaus! Creiamo un’intera famiglia di Vampiri Originari!”
E insomma, si sa com’è finita.
Il suo fascino e la sua innegabile eleganza.
Non credo di dovermi dilungare in merito, le immagini parlano da sole, motivo per cui mi limito a porre l’attenzione su alcune cose: non si trattava solo del suo guardaroba, ma del modo in cui si muoveva, con gesti lenti, a volte appena accennati, e aggraziati, perché non ha mai avuto bisogno di fare di più, bastava la sua presenza.
Il suo codice d’onore.
In quanto essere di più di mille anni, in quanto uno dei primi Vampiri al mondo, in quanto uno di coloro che ha creato la specie, Elijah seguiva regole antiche, non scevre di valori, non solo nonostante il fatto che fossero antiche, ma soprattutto nonostante la sua natura: onore, attaccare i nemici e non le persone innocenti, cercare di trovare una soluzione pacifica invece di scatenare la violenza immediatamente, mantenere la parola data.
La sua empatia.
Uno degli aspetti che ho sempre amato di più era il suo rapporto con Elena, che poi in “The Originals” è diventato quello con Davina e Camille. Nonostante anche Elijah, come tutti i vampiri, fosse arrogante (l’arroganza del più forte, di chi ha potere), era anche capace di capire gli altri e che le cose a lui e alla sua famiglia non erano dovute solo perché loro erano gli Originari ed era, altresì, capace di perdonare.
La sua capacità non solo di riconoscere gli errori, ma di chiedere perdono, anche per quelli non suoi.
Pensiamo alla lettera a Elena, dopo averla usata come pedina per salvare la sua famiglia, pensiamo a quando è tornato a Mystic Falls chiedendo perdono dopo che non lui, ma i suoi fratelli avevano combinato il casino infrangendo la parola data (da Elijah).
Pensiamo a quando si è tormentato (giustamente) per le sue azioni contro Davina e Marcel.
E a tanti altri momenti.
La dedizione alla sua famiglia.
Una famiglia in grado di far venire l’esaurimento nervoso a chiunque. Nonostante tutto quello che Klaus gli ha fatto, Elijah non ha mai smesso di restargli al fianco e di cercare di riportarlo alla sua umanità. Fino alla fine.
Le sue perle di saggezza.
Dal suo favoloso discorso a Rebekah, nella terza stagione di “The Vampire Diaries”, sulla differenza tra l’essere vampiri e l’essere mostri, alle parole sull’umanità, Elijah ha sempre mostrato di essere il più affidabile e saggio della sua famiglia.
“How do you know that being human is the answer you’re searching for? I mean, is nothing but a romantic notion.”
Le sue entrate in scena.
Sempre eccezionali. Una su tutte, quella nel backdoor pilot di “The Originals”, quando ha ucciso i vampiri mandati da Marcel a fare del male a Sophie.
La maestria nell’uccidere i nemici.
Come lui, nessuno.
Il suo essere, più di chiunque altro nelle due storie di cui è stato parte, IL Vampiro.
Elijah non aveva bisogno di urlare, gli è sempre bastato semplicemente apparire, gli bastava essere seduto in poltrona all’arrivo degli altri. E sorridere, ironico, elegantissimo e sinistro. Non aveva bisogno di nient’altro per mettere in allarme tutti i nemici o i semplici avversari. Ed è esattamente così che deve essere un vampiro, a maggior ragione se millenario: elegante, posato perché consapevole della propria superiorità (fisica), ammaliante. A tutto questo si aggiunge il tormento interiore, caratteristica imprescindibile del vampiro della narrativa moderna che ha permesso a questa figura di emergere dalla mitologia umana e passare dall’essere un demone ripugnante a una figura complessa, tormentata, affascinante… diventando quindi interessante e meritevole di avere una sua storia. Ed Elijah ha sempre ben rappresentato tutto ciò.