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Castle | Recensione 6×18 – The Way of the Ninja

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Castle | Recensione 6×18 – The Way of the Ninja

Castle è tornato ma nonostante non fosse stato via per troppo tempo, mi è mancato, mi è mancata quella strana quotidianità che mostra, mi è mancata la serenità che riesce a trasmettere e il sorriso che è in grado di strappare in ogni momento. Come di routine, dopo un episodio particolarmente ricco di tensione ci aspetta il successivo più regolare, ordinario ma mai banale e ancora una volta la storia non è altro che un regalo per la fantasia no-limits del nostro scrittore di gialli preferito!!

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Come abbiamo avuto modo di notare in queste meravigliose sei stagioni, Castle vive un po’ in bilico tra immaginazione e realtà, tra razionalità e leggenda, e questo episodio vuole portarci nel mondo misterioso dei Ninja o di quella che è la concezione comune di questi mitologici guerrieri. In realtà in ogni storia, in ogni mitologia, il fattore comune è sempre quello umano e anche questa volta le ragioni e le conseguenze non si discostano poi così tanto, nonostante le differenze e i pregiudizi.

Con la gioia nel cuore, Perlmutter accoglie Castle sulla scena del crimine e sebbene gli piaccia alimentare le sue teorie fantasiose quasi quanto adori sorridere, le modalità dell’omicidio sono innegabilmente particolari così come ambigua risulta la vita della vittima. Aspirante ballerina di giorno e alla ricerca di verità e vendetta di notte, Jade era una ragazza con un futuro forse troppo destinato e comandato dal suo passato. Sopravvissuta a quella che doveva essere la strage della sua intera famiglia in Giappone, Jade era cresciuta con il solo obiettivo di capire come ripagare allo stesso modo la persona che quel giorno aveva anche distrutto ogni sua possibilità di ricominciare una vita normale. Indossando la maschera di una ragazza come tante sommersa da sogni e speranze, Jade aveva fatto della vendetta una missione, o meglio l’unica ragione per cui valesse la pena sacrificare ogni altro aspetto della sua esistenza, accettando compromessi e conseguenze. Ma lontani dagli intrighi e dalle trame complicate di una vendetta ben più aristocratica nei soleggiati Hamptons, la storia di Jade si dipinge di semplicità e tragedia mentre il capitolo finale sembra chiudere quel cerchio tragicamente aperto molti anni prima.

Beckett e la sua squadra ripercorrono dunque le tappe del viaggio metaforico e letterale che la vittima aveva compiuto per raggiungere il suo fatale obiettivo, ridonandole voce e realizzando così anche quella giustizia a cui aveva scelto di dedicare ogni suo sforzo. Ma quello che il team Beckett si ritrova ad affrontare è un mondo in cui è difficile entrare e che nonostante la scomparsa della vittima, sembra ancora strettamente legato a questioni personali. La storia infatti tende a ripetersi come sempre e quella che Beckett aveva conosciuto come un’ambasciatrice del consolato giapponese era in realtà la sorella della vittima che adesso subentra al suo posto nella fase finale della sua vendetta.

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Tra bugie, fraintendimenti, identità nascoste e scontri finali, Beckett fa l’unica cosa che le è concessa in una realtà nuova e diversa per lei in quanto detective: parla, convince, spezza una catena forgiata su un’inevitabile autodistruzione e salva una vita in nome di quella giustizia che rappresenta la base del suo intero sistema di credenze.

Come sempre, l’intero episodio è pervaso da momenti, storie, sorrisi e dubbi che ruotano intorno alle vicende personali dei nostri personaggi e che diventano indispensabili per alleggerire l’atmosfera. Ma al di là della felicità incontenibile di Castle di fronte alla possibilità concreta di avere per le mani il caso di una nuova generazione di ninja, voglio soffermarmi su due piccole storyline:

La prima è facilmente immaginabile, i Caskett. Non so in realtà come rapportarmi con i loro momenti in questo episodio. Da una parte adoro il modo in cui stiano affrontando con ordine e realismo tutte quelle paure, quelle insicurezze e le piccolezze che rendono una coppia vera ma dall’altra temo che a volte si tenda a sottovalutare l’individualità del singolo. A mio parere non sarebbe stata una cattiva idea infatti mostrarci questa piccola reunion di Beckett con la sua ex compagna di liceo in modo da ritornare un po’ in quel passato di Beckett che tanto ci affascina.

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Ma voglio anche porre l’accento su un personaggio un po’ troppo dimenticato in questi ultimi episodi ossia Kevin Ryan. Anche se per poco, Ryan rappresenta per me una delle migliori valvole di sfogo per la drammaticità che deriverebbe da un caso di omicidio. Tra la sfida di evitare ad ogni costo il contatto con altre donne e la prova al karaoke, durante le indagini sotto copertura al club privato non si può negare che Ryan si sia sinceramente superato. Jenny è una donna fortunata, non ci sono dubbi!

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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