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Avengers Endgame – Omaggio tardivo per [SPOILER]

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Avengers Endgame – Omaggio tardivo per [SPOILER]

*** ATTENZIONE!! SPOILERS SU AVENGERS ENDGAME!! ***

Questo pezzo nasce un po’ come uno sfogo del momento, disordinato, impulsivo, liberatorio, ma soprattutto si tratta in realtà di una presa di coscienza, una sorta di illuminazione cominciata alcuni anni fa ma che solo recentemente riesco a definire con maggiore chiarezza, solo ora, al termine dell’impresa cinematografica che è stata “Avengers Endgame”, riesco a riconoscere e a mettere a fuoco un’opinione che è rimasta sbiadita per tanto tempo. Non mi ergerò neanche a grande conoscitrice del personaggio o della sua storia perché mancante della sua origine fumettistica, il mio punto di vista riguarda esclusivamente l’universo cinematografico e la sua storia appena conclusa, una conclusione che ha rimesso tutto in prospettiva e che mi ha permesso di VEDERE per davvero chi fosse Tony Stark.

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Tony Stark non è il tipo di personaggio che di solito mi piace o per cui perdo la testa e onestamente non posso dire che lo sarà in futuro, Tony Stark è un arrogante, pieno di sé, egocentrico, presuntuoso miliardario che crede di possedere la chiave per la salvezza del mondo solo perché custodisce un’intelligenza fuori dal comune e risorse illimitate per sfruttarla. No, Tony Stark non è il personaggio che di solito mi rapisce l’anima senza mai più restituirmela. Ma Tony Stark è anche uno dei pochi personaggi che nel tempo hanno sgretolato i miei pregiudizi e i miei preconcetti, spingendomi ad andare oltre le apparenze e le mie opinioni di partenza, e lasciandomi infine di fronte a una sensazione dolceamara, perché se è vero che forse non amerò mai davvero Tony Stark come so di poter fare con altri personaggi, è anche vero che avrei voluto apprezzarlo prima, almeno come meritava. Quindi, Tony, se sono ancora in tempo per scusarmi, perdona il mio ritardo ma ora so chi sei o chi eri e sono pronta a difenderti.

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A onor del vero, per quanto comunque relativamente tardi, ho iniziato a VEDERE Tony Stark per la persona che in realtà fosse a partire da “Captain America: Civil War”, da un film che sulla carta avrebbe dovuto vedermi schierata senza troppi dubbi ma che invece, nonostante ritenga ancora che entrambe le parti fossero nel torto e nella ragione al tempo stesso ma in modi differenti, mi ha visto comprendere e abbracciare maggiormente le ragioni di Tony, per un motivo che mi ha sorpreso e che non mi aspettavo avrei riscontrato in lui, non dopo la disfatta di Ultron, ossia l’accettazione delle proprie responsabilità.

“Civil War” mi ha mostrato quanto Tony, paradossalmente e diversamente da Cap, sentisse il peso di quelle battaglie che avevano causato inaccettabili danni collaterali che non dovrebbero mai essere giustificati, vittime civili che gravavano sulla sua coscienza e sulla sua vita privata tanto da allontanarlo anche dalla donna che ama, e spingerlo ad accettare Accordi che lo avrebbero “imprigionato”, perché una parte di lui credeva che fosse il caso di essere effettivamente controllato, e in fondo perché credeva anche che l’avrebbero fatto insieme, tutti loro. Guardandomi indietro, mi rendo conto di quanto Tony avesse imparato a credere nel progetto Avengers più di quanto mostrasse, di quanto in realtà imparasse tanto e da tutti, di quanto avesse sempre voluto raggiungere l’obiettivo più giusto nel modo sbagliato, proprio come suo padre Howard.


Sì, perché nel tempo e grazie soprattutto alla MIA bussola morale Peggy Carter, ho imparato anch’io qualcosa, ho imparato che gli Stark, nonostante di tanto in tanto meritino una padellata in testa, sono profondamente e genuinamente brav’uomini, che sbagliano, che non sanno sempre dove e come fermarsi, che tendono a contare troppo sul loro ego e sulla loro genialità ma che, alla fine della storia, sono sempre e ancora uomini giusti.

Il confronto tra Tony e Howard in “Avengers: Endgame ha soltanto portato in scena infatti ciò che in fondo era evidente fin dall’inizio (anche grazie alla caratterizzazione di Howard in “Marvel’s Agent Carter”), ossia che entrambi gli Stark non sono e non sarebbero mai stati perfetti ma erano anche uomini migliori di quanto i loro errori mostrassero, uomini troppe volte non in grado di esprimere le proprie emozioni perché schiacciati dal peso di un mondo che volevano a tutti i costi rendere più sicuro per le persone che amavano.

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E nel tempo quindi ho imparato anche a riconoscere cosa si nascondesse sotto la facciata di uno Stark, a capire quanto la superbia intellettuale fosse tante volte sinonimo di insicurezza e paura di non farcela, quanto il distacco emotivo fosse timore di legarsi a qualcosa che si potesse perdere, quanto l’egocentrismo fosse spesso solo un banalissimo meccanismo di difesa di chi è sempre stato profondamente solo. Mi torna in mente in questo preciso istante la sequenza iniziale di “Endgame”, in cui Tony gioca con Nebula, entrambi soli e sperduti nello spazio. Non è un caso che sia proprio Tony a raggiungere umanamente Nebula, un personaggio che di umano ha ormai ben poco se non un’anima. Ma è quell’anima che lui vede, è quell’anima che lui alimenta, è in quella solitudine che lui si rivede secondo me, fin troppo.

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Credo che in fondo però sia stata anche colpa sua, sì, perché Tony ha nascosto accuratamente la sua parte migliore, per tanto tempo, sotto leghe di sarcasmo, ironia, auto-celebrazione e ricchezza sfacciata, non era facile per me vederlo, accettarlo, capirlo, apprezzarlo. Ma ancora una volta, “Civil War” ha cambiato qualcosa, mi ha aperto gli occhi, mi ha mostrato un uomo che non avevo mai visto perché troppo annebbiata dal fumo della sua apparenza. Ho cominciato a guardare Tony con gli occhi di Pepper, a guardare Howard con gli occhi di Peggy, e quegli Stark non mi sembravano più così terribili. E questa non intende essere un’apologia degli errori commessi da entrambi, ma un’ammissione di attenuanti, attenuanti che Tony Stark oggi merita e che probabilmente meritava anche ieri.

“Civil War” ed “Endgame” hanno reso evidenti per me tratti distintivi di Tony Stark che sono sempre stati lì ma che non riuscivo a vedere sotto quell’egocentrismo di facciata così asfissiante a volte eppure così vuoto. Di Tony ho iniziato quindi a riconoscere non solo quell’assunzione di responsabilità di cui parlavo prima ma anche la PAURA costante e quotidiana che aveva di perdere ciò che si era permesso di amare, dopo tanti sforzi: Pepper, Peter Parker, i compagni degli Avengers. Tony viveva nel quotidiano timore di compiere un errore che avrebbe distrutto il mondo e le persone che amava, esattamente come quell’incubo che lo perseguitava, per questo tante volte sembrava volesse strafare, lasciando libero quel genio folle che tutt’oggi non sempre condivido ma che forse capisco di più, perché è frutto di buone intenzioni e non solo di desiderio di successo e affermazione personale.

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“Endgame” ha confermato, ai miei occhi, quella rivelazione che Tony Stark stava divenendo, quell’epifania che si è evoluta lentamente e che ha raggiunto, in quest’ultimo capitolo della sua vita, una chiara consapevolezza, amara perché tardiva ma che mi ha lasciato ad ogni modo il ricordo di un eroe straordinario. Credo che “Endgame” abbia in un certo senso “diviso” i meriti tra Captain America e Iron Man, lasciando che il primo si rivelasse tanto “degno” da sollevare Mjolnir e il secondo tanto potente e coraggioso da impugnare il nuovo guanto delle gemme dell’Infinito e annientare ufficialmente Thanos e il suo esercito, ma per quanto mi riguarda, sinceramente, anche Tony Stark, alla fine del suo percorso di crescita, sarebbe stato degno di sollevare il martello asgardiano, anche lui, alla fine, si è dimostrato profondamente meritevole.

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La morte di Tony Stark, per quanto sicuramente straziante, non mi segnerà indelebilmente come è successo invece con Phil Coulson e Peggy Carter, e soprattutto non arriva come una sorpresa, avendo raggiunto infatti la compiutezza della sua storia in quanto personaggio e avendo concluso il suo percorso di crescita con la creazione di una famiglia e il completamento della sua missione da eroe, ma è una morte che mi fa rendere conto di tanti dettagli che non avevo visto e notato precedentemente e che adesso ritraggono, ai miei occhi, un personaggio diverso, un personaggio che apprezzo, capisco e difendo. E di cui ora custodirò il ricordo e l’eredità.

Quindi, Tony Stark, con queste umili parole ti saluto, ti onoro e ti chiedo scusa per essere arrivata tardi. Non so se ti “amo 3000” ma sicuramente sei a un “600/900”.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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