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Abbiamo visto IT in anteprima e…

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Abbiamo visto IT in anteprima e…

Non posso negare che ieri pomeriggio, quando mi sono seduta nel buio del cinema, circondata da un singolare miscuglio di ragazzini ipereccitati e quarantenni dalla faccia grave, vibravo di curiosità e aspettativa, alimentata in parte dal trailer, che sembrava stranamente promettere un’opera all’altezza della novella originale.

Fin dall’inizio è stato innegabile che gli occhi di tutti sarebbero stati puntati su Bill Skarsgård, alle prese con il non facile compito di confrontarsi con l’iconica interpretazione di Pennywise regalataci da Tim Curry nella miniserie del 1990.

C’è da dire che il ragazzo non si è fatto intimidire e ha portato in scena una versione che, pur restando fedele all’originale descritto da King, non è sembrata in alcun modo ricalcare quella del suo predecessore: il suo Pennywise risulta a tratti persino più inquietante e, complice sicuramente il progresso fatto nel corso degli ultimi trent’anni dagli effetti speciali, assume delle tinte più smaccatamente horror.

Per quanto riguarda il resto dei giovanissimi attori, c’è da dire che, forse per la prima volta nella mia vita, ho trovato tutte le scelte di casting, dalla prima all’ultima, completamente e perfettamente azzeccate.
In particolare mi sento di citare Sophia Lillis, che ci restituisce una Beverly Marsh assolutamente perfetta nella sua forza e nella sua morbidezza, Jeremy Ray Taylor, adorabile in maniera indicibile nei panni di Ben Hanscom e Finn Wolfhard, già visto in Stranger Things, nei panni di Richie “Boccaccia” Tozier.

Le vicende che portano all’incontro dei protagonisti e alla rivelazione che tutti loro sono stati in qualche modo testimoni del manifestarsi di IT in una o più delle sue forme, si sviluppano in maniera molto diversa rispetto al romanzo: laddove questi si concentra maggiormente sull’instaurarsi di quei legami che rappresenteranno la vera arma nella lotta contro il loro nemico, il film, vuoi per tempi tecnici, vuoi per scelta stilistica, si trova a condensare quelle relazioni quasi poetiche in pochi minuti di screentime (bellissima, a tal proposito, la scena in cui i Perdenti si tuffano insieme dalla scogliera, scena che sancisce il definitivo ingresso di Beverly all’interno del gruppo).

Cambiano anche le modalità con cui IT si manifesta ai singoli membri del Club dei Perdenti, forse perché gli autori hanno pensato che sarebbe stato difficile tradurre in immagini gli incubi partoriti dalla mente di King mantenendo intatto il senso di angoscia e puro terrore che questi riescono a ispirare. È infatti innegabile che il talento più grande dello scrittore sia quello di trasformare oggetti e situazioni quasi banali in impressioni capaci di tormentare i sogni dei lettori anche a decenni di distanza.
Mi è piaciuto però che, anche in questi cambiamenti, si sia deciso di restare in qualche modo in tema: così l’uccello che Mike incontra fra le rovine delle Ferriere Kitchener viene sostituito dalle persone rimaste intrappolate nell’incendio al Punto Nero e invece dei bambini nella cisterna Stan vede qualcosa altrettanto in grado di far crollare il suo innato senso dell’ordine e il suo centro di gravità.

In sostanza, pur con delle piccole (grandi) modifiche che potrebbero far storcere il naso ad alcuni puristi, It si presenta come un prodotto estremamente godibile sia da parte di chi ha amato la versione cartacea, sia per chi si accosta alla storia per la prima volta.
Alcuni passaggi mi sono sembrati, devo ammetterlo, un po’ troppo frettolosi e trascurati, ma nel complesso si tratta di un tentativo decisamente ben riuscito di dare nuova vita ai personaggi nati dalla penna di Stephen King.

Mi permetto di aggiungere alcune considerazioni e annotazioni su alcuni eventi che mi sarebbe piaciuto veder trattati nella pellicola e che sono stati invece omessi e/o modificati. Dal momento che si tratta di appunti molto specifici, che fanno riferimento anche alle scene finali del film, se volete evitare spoiler vi invito caldamente a fermarvi ora.

 

– SPOILER DA QUI FINO ALLA FINE DELL’ARTICOLO –

 

Uno dei momenti di cui ho sentito particolarmente la mancanza è quello in cui Bill e successivamente Richie riconoscono Pennywise nell’album di fotografie di Georgie. Il momento tuttavia è stato in qualche modo ricreato nella scena in cui i Perdenti si riuniscono nel garage di Bill con il proiettore di diapositive, ma avrei preferito una scena in qualche modo più intima, soprattutto perché rappresenta la definitiva manifestazione del clown al povero Boccaccia.

Gli sceneggiatori hanno poi perso una grande occasione decidendo di riadattare in maniera tutto sommato banale la sequenza nella casa di Neibolt Street: ho sentito la mancanza della lotta contro il licantropo con Alta Precisione e soprattutto ho trovato totalmente out of character la decisione di ben quattro dei Perdenti di restare fuori, perché nessuno di loro, nemmeno Stan, sarebbe mai stato tanto codardo da mandare avanti da soli i suoi amici. L’ho percepito quasi come un tradimento ai principi fondamentali su cui si basa il loro rapporto.

Ultimo ma non ultimo, ho trovato assolutamente assurdo che abbiano eliminato il rito di Chüd (e la prova del fumo, che ci avrebbe fornito una panoramica quantomai necessaria sulle origini e sulla natura di It) per trasformare il combattimento finale in una sorta di pentolaccia anticlimatica in cui i protagonisti prendono a turno a randellate nei denti Pennywise: al di là dell’assurdità e scarsa plausibilità della cosa, ho sempre trovato una sorta di poesia e di giustizia nel fatto che sia Bill a scrivere la parola fine, così come al suo fratellino è toccato l’ingrato compito di segnare l’inizio della triste vicenda.

 

Come dicevo poco sopra, però, il film risulta gradevole e consiglio a tutti, compresi coloro che hanno amato l’opera originale, di dargli una possibilità in quanto si tratta di una delle trasposizione meglio riuscite nella lunga storia di adattamenti molto spesso infelici dei romanzi del re del brivido.

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