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Victoria Christmas Special – More than one kind of Love

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Victoria Christmas Special – More than one kind of Love

Come nella migliore tradizione di ogni period drama britannico che si rispetti, anche “Victoria” ha abbracciato la consuetudine di celebrare le festività natalizie con il suo primo episodio speciale a tema; come nella migliore tradizione di questa serie, invece, l’episodio si è rivelato anche più intenso, accogliente, totale e familiare di quanto mi aspettassi. Ho definito in ultimo questo speciale natalizio “familiare” non solo per l’ambientazione festiva che ha permesso di riportare in scena tutti i personaggi al momento “attivi” nella serie ma soprattutto per una particolare sensazione che una tappa importante come il primo speciale natalizio riesce a trasmettere, una sensazione di intensa familiarità nei confronti di tutto ciò che circonda questo period drama, avvolto da quei piccoli momenti, come l’attesa del suo ritorno, la curiosità per le storie che verranno narrate o la trepidazione di ritrovare magari un personaggio prediletto o una relazione preferita, che a mio parere arricchiscono l’esperienza di uno spettatore e il percorso di una serie.

I novanta minuti che compongono l’episodio “Comfort and Joy” scorrono con delicatezza, avvolgendoti in un’atmosfera talmente intensa e morbida che a volte sembra quasi possibile percepire l’odore degli alberi che “invadono” il palazzo e il calore che pervade ogni singolo ambiente della dimora reale, in contrasto con la gelida neve che dipinge però all’esterno uno scenario soffice e misterioso al tempo stesso, immerso in una totalizzante e candida sfumatura di bianco. Non intendo esimermi quindi dall’evidenziare quanto le scenografie progettate e realizzate da Michael Howells per l’occasione siano state a mio parere protagoniste preponderanti e indispensabili dell’episodio tanto quanto i personaggi che hanno fatto vivere la storia, squisitamente scritta da Daisy Goodwin.

Nonostante apparentemente l’episodio sembri focalizzarsi principalmente sulle relazioni sentimentali più “classiche” presenti nella serie, credo in realtà che “Comfort and Joy” abbia permesso, come al solito con le sceneggiature della Goodwin, di abbracciare innanzitutto una vasta gamma di sfumature del più comune e universale dei sentimenti, e abbia contemporaneamente presentato un maggiore scavo psicologico e individuale in diversi personaggi che hanno mostrato in questo modo aspetti della caratterizzazione a volte sorprendenti e altre volte rassicuranti nella loro salda conferma.

La sfaccettatura che personalmente più mi ha emozionato dei “diversi tipi di amore” rappresentati nell’episodio è senza ombra di dubbio quella pura, inaspettata e incondizionata vissuta da Victoria & Sarah, la principessa africana rimasta orfana e offerta alla regina come “dono di pace”.

Introdurre nel momento più opportuno, narrativamente parlando, il personaggio di questa bambina così sola e lasciata ai margini di una società che non conosce, ha permesso la caratterizzazione di uno dei volti che più mi colpiscono emotivamente di Victoria, lo stesso che aveva già accennato proprio nel finale della seconda stagione, dopo il forzato addio del suo unico ricordo felice dell’infanzia, la baronessa Lehzen. Ciò che infatti secondo me più accomuna queste due anime provenienti da mondi che non potrebbero essere più distanti e differenti e che paradossalmente invece appaiono istantaneamente simili e vicini è la profonda incomprensione che entrambe provano in rapporto a quella realtà in cui sono immerse, un’incomprensione che va ben oltre la lingua o la cultura ma affonda le sue radici, soprattutto per quanto riguarda Victoria, in tempi in cui la corona era ancora lontana, tempi che a quanto sembra però non sono mai completamente cambiati per lei. Mi lascia sempre una strana sensazione di tristezza infatti notare come, ogni volta che Victoria provi a esprimere l’intensità dell’angoscia e dell’inquietudine che la pervadono soprattutto nel periodo natalizio, nessuno riesca ad ascoltarla o a vederla per davvero, trasmettendomi l’impressione che questa giovane regina sia ancora, a volte, estremamente sola seppure al centro di un mondo che le ruota intorno. L’infanzia trascorsa in solitudine e reclusione a Kensington è un periodo della sua vita che ancora la segna e la definisce profondamente, come un incubo che teme possa ripetersi da un momento all’altro e che in parte forse effettivamente le sembra di rivivere ogniqualvolta i suoi problemi e le sue emozioni passano in secondo piano. La mancanza che Victoria ancora non riesce a colmare e che diventa quasi asfissiante in questo episodio è proprio quella di avere accanto una persona che per una volta la consideri la sua maggiore priorità, ascolti i suoi tormenti, asciughi le sue lacrime e magari cerchi di risanare le sue ferite senza mai considerarle infantili o esagerate.

Questo è ciò che Lehzen era stata per lei a Kensington, un’espressione di puro amore e incondizionata dedizione di cui una bambina sola aveva disperatamente bisogno; questo è ciò che Lord Melbourne era in parte diventato per la giovane donna che non conosceva la vita e che si era ritrovata a dover indossare una corona a volte troppo pesante; e questo è ciò che improvvisamente diventa la piccola Sarah quando entra nella sua vita: il riflesso di tutto ciò che Victoria non ha avuto a quell’età e che adesso vorrebbe donare oltre ogni limite.

Non serve certamente il migliore degli psicologi per capire che la reazione di Victoria in questo frangente è certamente derivata dal desiderio di compensare tutte le sue mancanze, di concedere tutto ciò che non lei non aveva ricevuto, di donare a quella bambina una comprensione che a tratti ancora oggi lei non riesce ad ottenere. Ma sorprendentemente ciò che Sarah le restituisce nel breve periodo della loro convivenza è forse ancora più importante e travolgente di quanto Victoria avesse mai potuto immaginare. Credo che la gentilezza, le attenzioni, le cure e fondamentalmente l’amore materno che Victoria profonde nei confronti della bambina le ritornino presto indietro sotto forma di insegnamento e forse anche di crescita personale, di guarigione, di spinta che le permette di rialzarsi ancora una volta con le sue sole forze e di non concedere più al passato di farle male. Nonostante voglia fortemente che il suo affetto basti per Sarah come quello di Lehzen era stato abbastanza per lei, Victoria capisce di doverle dare ancora di più del suo desiderio di compensazione, offrendole ciò di cui Sarah ha davvero bisogno, ossia la persona che lei aveva già scelto come madre, la famiglia a cui sentiva di appartenere. Personalmente credo che in “Comfort and Joy”, Victoria sia luminosa e bellissima nella sua profonda e malinconica onestà, tenace e determinata nella sua solitaria incomprensione e infine matura ed eroica nella sua capacità di andare avanti e di non permettere più ai suoi incubi di definire la vita che merita e la persona che è diventata.

 

“I don’t need a man to tell me what’s right”

Oltre ad evidenziare, con il suo “riflesso”, l’umanità più profonda del personaggio di Victoria, Sarah illumina, portando in scena una delle pagine più oscure della storia e della moralità dell’uomo come la tratta degli schiavi, anche l’esperienza natalizia di Mrs Skerrett, la cui presenza si intreccia sempre di più con quella di Victoria, un aspetto inedito per la serie ma che ha già tutta la mia approvazione, ammirazione e anche speranza di vederlo caratterizzato ancora di più anche nella terza stagione. Il suo ruolo all’interno del Palazzo e soprattutto al servizio personale della regina le permette non soltanto di diventare per Victoria un supporto sempre presente e libero da ogni pregiudizio ma la porta anche a vivere da vicino la storia di Sarah, ad osservare con un posto in prima fila le conseguenze più drammatiche e disumane della condizione di schiavitù, quella stessa condizione che adesso però potrebbe diventare per lei fonte di impensabile ricchezza. Che Nancy non avrebbe mai accettato le condizioni del suo sostanzioso lascito era quasi scontato fin dal principio, nonostante quell’inaspettata eredità rappresentasse la sua migliore e forse unica occasione di stravolgere la sua vita e poter costruire anche un futuro accanto all’uomo che ama, ma, sarà che questa serie riuscirebbe a infondermi spirito natalizio anche ad Agosto, è stato addirittura sorprendentemente emozionante assistere alla conferma di un personaggio che si mostra per l’ennesima volta come una delle portatrici di luce più candide e senza macchia di questa realtà. Mrs Skerrett è, per quanto mi riguarda, è il ritratto di una donna non soltanto intimamente pura, leale e affidabile, ma anche una donna la cui condizione di servitù non intacca neanche per un istante la sua raffinata eleganza nei modi, l’innata generosità incondizionata e soprattutto anche una sicura indipendenza dai tratti squisitamente moderni. Nancy non ha paura di essere la sola a decidere della sua vita e non ha paura di amare tanto e di accettare in cambio l’amore totale di un uomo con cui è disposta anche ad affrontare il rischio di perdere la privilegiata condizione lavorativa che adesso occupa se la relazione divenisse di dominio pubblico.

E restando ancora nella cerchia delle donne che circondano Victoria, degna di nota è anche la presenza di Harriet, che sembrerebbe ormai tornata stabilmente a Palazzo questa volta non come Guardarobiera ma semplicemente nel ruolo a cui più sono legata, ossia quello di compagna fidata di Victoria, un compito che forse può apparire banale ma che in realtà mi sembra di fondamentale importanza per entrambe le donne, consapevoli in questo modo di avere accanto una “via di fuga” sempre presente quando la compagnia a disposizione arriva più come un fastidio che come un piacere. Ma oltre la genuina sintonia con la regina, è innegabile che la storyline di Harriet sia legata a doppio filo con quella di Ernest, un legame che in questo episodio prorompe letteralmente in tutta la sua ruggente e struggente passione.

Dopo aver raggiunto infatti un esorbitante livello di tensione alimentato da rabbia, frustrazione e desiderio, il punto di rottura tra i due innamorati esplode inevitabilmente lasciando senza controllo quel contegno e quelle restrizioni sociali che l’apparenza di quel periodo impone a tutti loro. Il breve momento di passione e intimità condiviso da Harriet & Ernest si carica ai miei occhi di inedite sfumature di caratterizzazione, sia per la serie che ha mostrato per la volta una scena più apertamente sensuale e passionale [anche più “esplicita”, seppure sempre molto contenuta, di quelle tra Victoria & Albert], sia per il personaggio di Harriet che non solo compie il primo passo decisivo in questo contesto ma sembra anche disposta ad accettare un ruolo “segreto” nella vita di Ernest perché sicura dell’amore reciproco, un comportamento che, condivisibile o meno, mostra comunque un lato inesplorato di questo personaggio, un lato che sfugge al “decoro” che spetterebbe a una Duchessa vedova e che la rende meravigliosamente umana. Come umano è però anche il suo cuore spezzato, prima per il rifiuto improvviso e incomprensibile di Ernest, deciso ad allontanarla da sé e dalla sua “vergogna” con ogni mezzo necessario, e dopo per la rivelazione di quella verità che per lei non rappresenterebbe neanche un problema ma che Ernest non accetta categoricamente.

L’amore contrastato quasi da un destino beffardo di Harriet & Ernest non mostra solo l’intraprendenza passionale della Duchessa ma permette anche un focus di già esplorato sui tormenti di Ernest e su quello che appare in questo episodio come un insolito scambio di ruoli e soprattutto di umori tra lui e suo fratello Albert. Solitamente custode silenzioso e premuroso dei sogni, delle speranze e delle fragilità di Albert, a cui ha sempre dedicato la parte migliore di sé anche a costo di nascondergli invece le sofferenze che lo affliggono, assistere in prima persona a quell’idillio familiare che Albert sta vivendo scaturisce in Ernest una reazione “pericolosa” che purtroppo fa riemergere una serie di insoddisfazioni e pene emotive represse troppo a lungo, esasperate adesso da un lieto fine che continua a sfuggirgli dalle mani proprio quando credeva di averlo ormai raggiunto e meritato. Il rapporto tra i due principi di Coburgo è sempre stata una delle componenti che più apprezzo della caratterizzazione di entrambi e per questo motivo ho avvertito particolarmente “forte”, emotivamente parlando, il cinico confronto in cui Ernest distrugge quell’illusione natalizia a cui Albert si aggrappava disperatamente, facendo cadere quel sipario che separava i ricordi di Albert dall’effettiva realtà, lasciandolo indietro quasi come un bambino indifeso che rifiuta di vedere la verità della storia per non essere ferito. Ma l’amore vero che lega i due fratelli li riporta facilmente sul giusto percorso, permettendo questa volta ad Albert di assumere l’inedito ruolo di “fratello maggiore” e di diventare il supporto di cui Ernest adesso ha bisogno.


Questo mi spinge dunque ad analizzare anche il ruolo di Albert in questo episodio, essendo infatti il Principe consorte un personaggio che ancora mi suscita opinioni contrastanti. Da una parte infatti, vedere Albert quasi “posseduto” dallo spirito del Natale, di Santa Claus e di tutti gli elfi del Polo Nord, così entusiasta ed elettrizzato dalla festività e dal desiderio di renderlo assolutamente perfetto e impeccabile per i suoi figli e per tutta la sua famiglia, è stato un aspetto della sua personalità, di solito più cupa e introversa, che ho apprezzato particolarmente, che mi ha fatto sorridere e che mi ha anche spinto a provare empatia nei suoi confronti nel momento in cui le ragioni di quella “follia natalizia” vengono a galla.

Ma dall’altra parte, ricongiungendomi infatti al mio discorso iniziale, non riesco a scacciare l’impressione che a volte le sue convinzioni così forti e caparbie, che riguardino il Natale, la famiglia o la società, lo “accechino” nel rapporto con sua moglie, impedendogli quasi di vedere e capire per davvero i bisogni di Victoria. Mi sembra infatti che, per quanto il suo amore per lei non debba essere messo in discussione al di là dei pareri personali [anche perché la devozione che Victoria gli riserva non lascia davvero spazio per altre ipotesi], Albert non riesca sempre ad interpretare ciò che si cela dietro i comportamenti di Victoria, essendo da sempre più “concreto” e distaccato rispetto a lei, che invece amplifica quelle emozioni che solo in seguito all’incoronazione ha avuto la libertà di provare ed esprimere apertamente. La nostalgia di Lehzen, il rapporto sempre molto conflittuale con sua madre, il rifiuto della richiesta di suo zio Cumberland di restituirgli la collana di diamanti, sono tutti lati del suo carattere che in Victoria hanno ragioni profonde e radicate, ragioni che non sempre Albert riesce a scorgere. Ad ogni modo, complici anche l’atmosfera natalizia e l’incidente sul ghiaccio, Albert e Victoria riescono a tornare sempre l’uno sulla strada dell’altra, e anche se solo con piccole sfumature di comportamento (come il momento in cui scatta in piedi quando Cumberland si presenta inaspettato alla cena a Palazzo), Albert sembra intenzionato a compiere brevi passi nei confronti di Victoria e delle sue necessità.

Come anticipato nell’introduzione però, questo episodio speciale ha davvero lasciato spazio a tutti i personaggi presenti nella storia e non solo ai protagonisti più evidenti. Una delle storyline che infatti ho amato maggiormente di questo speciale coinvolge Lord Alfred e Wilhelmina Coke, legati in un rapporto così profondo e particolare da rappresentare per me la più autentica chiave di lettura di questo episodio.

Wilhelmina è stata per me una vera sorpresa, poiché fin dalla sua prima comparsa ero certa che avrebbe portato un po’ di “trambusto” a Palazzo, rivelandosi invece in seguito un animo puro, leale, saggio nell’accettare la sua posizione senza pretendere mai nulla in cambio per la sua generosità. L’amicizia che ha donato ad Alfred soprattutto dopo la morte di Drummond è stata per il giovane lord un’autentica ancora di salvezza, spingendolo quindi a credere di poter ritrovare la felicità proprio al suo fianco, di poterla amare seppure in maniera diversa da come aveva amato in precedenza. Non vi nego che le future, possibili, conseguenze di questo fidanzamento mi preoccupano [nell’eventualità che Alfred incontri qualcuno che risvegli l’amore che ha provato per Drummond] ma al momento questo rapporto rappresenta una delle evoluzioni più emozionanti di questa storia natalizia.

Una storia, appunto, così ricca di avvenimenti che ha concesso anche alla servitù di celebrare il Natale e di abbracciare quel sentimento di speranza che pervade il Palazzo, coinvolgendo addirittura il cupo e solitamente scorbutico Penge nel sogno di un futuro diverso. La scena del ballo della servitù a cui partecipa anche la famiglia reale è una delle più belle e dolcemente intense dell’episodio, perché ha permesso, per la prima volta, a tutti i personaggi della serie di condividere quell’unico momento dell’anno in cui le loro differenze sociali sembrano annullarsi.

Il finale dell’episodio lascia spazio anche al rapporto più conflittuale della serie, quello tra Victoria e la Duchessa del Kent, sua madre. Già in seguito alla prima gravidanza della regina, avevo espresso il mio dispiacere nell’assistere alla totale degenerazione del legame tra le due donne nonostante tenda personalmente a capire e giustificare le distanze prese da Victoria fin dai primi giorni del suo regno. Ma proprio in virtù della maturità che Victoria dimostra nel corso di questo episodio, il finale dello speciale apre uno spiraglio di speranza anche per questa relazione madre-figlia, rendendo Victoria talmente superiore moralmente da accettare non solo la vicinanza di sua madre ma anche la presenza di suo zio Cumberland.

Non servono dunque altre parole per evidenziare quanto, a mio parere, “Victoria” abbia portato in scena un primo speciale natalizio assolutamente perfetto, equilibrato in tempi e spazi ma soprattutto curato nei minimi dettagli della sua creazione e produzione. Uno straordinario episodio di transizione quindi tra le storie raccontate nella seconda stagione e quelle che ufficialmente ci aspettano nella terza.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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