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UnREAL 3×04 – Complotti e conflitti, puntata eccellente!

Syl by Syl
22 Marzo 2018
in Recensioni, UnReal
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La terza stagione di UnREAL è indiscutibilmente più complessa, intrigante e ricca di nuance che conducono a molte e diverse chiavi di lettura interpretative. La quarta puntata ne è un perfetto esempio. UnREAL è sempre stato “tagliato con l’accetta” e ha sempre affrontato svariate tematiche con la stessa grazia di un bulldozer su un campo fiorito e questo, indiscutibilmente, è sempre stato un marchio di fabbrica che mi stava benissimo, finché non ho visto e apprezzato la nuova versione, quella in onda quest’anno. Basti dire che in soli quaranta minuti hanno messo in scena e analizzato in profondità, senza listarli tipo elenco telefonico, talmente tanti e variegati spunti da bastarci per un’intera stagione. Spunti su cui riflettere, perché terminata la puntata, UnREAL non si esaurisce finendo nel dimenticatoio fino alla settimana successiva, e questo per me è un enorme pregio.

Feminist Hero
Si è già ampiamente detto che uno dei temi importanti della stagione è la riflessione centrale sul concetto di “femminismo”, data la presenza di un tipo di protagonista che è una donna forte, moderna, autonoma, ambiziosa, che funge da punto attrattivo e rappresentativo delle questioni di genere. Questa settimana lo show fa un passo in avanti, non limitandosi più a fornirci indizi utili al dibattito in atto soltanto attraverso la presenza di Serena e le sfide che le capitano, ma spedisce sul set di Everlasting una reporter chiaramente giunta intellettualmente armata dei suoi Women Studies, che ha ogni intenzione di levare la pelle a Quinn.
La sua missione è quella di smascherarla come subdola strega-cattiva-demolitrice-di-donne, ovvero il tipo peggiore di esemplare femminile, quello che si vanta di essere pro-emancipazione, ma che ha invece interiorizzato le più basse istanze maschiliste, ricoperte da una patina femminista che sarebbe solo una messa in scena, usata con lo scopo di distruggere le “avversarie”, soprattutto se brave e giovani. La reporter può credersi infinitamente furba e lo è in parte, quando riesce a farsi raccontare i pettegolezzi da Madison (che è, di fatto, quella che cerca di fare le scarpe a un’altra donna per trarne vantaggi, lo voglio sottolineare) e a infilarsi nel camerino di Serena a cui svela l’incredibile come-facevamo-senza verità, che solo un genio potrebbe arrivare a capire e cioè: “Qui sono tutti cattivi, non fidarti”. Wow. Avercene.

La verità è un’altra, secondo me. Quinn avrebbe potuto licenziare/bandire/defenestrare Madison in qualsiasi occasione, da anni. E non che non ne avesse motivo, perché è facile dare sempre a Quinn della cattiva, come se intorno a lei il mondo fosse composto da unicorni e serafini. E, invece, non solo se la tiene, ma le dà anche dei consigli, in due momenti diversi della puntata, che si rivelano utili, sinceri e vantaggiosi per la ragazza, non per se stessa. Ora, non è che Quinn diventi role-model solo per questo, ma la psicologia spicciola lasciamola al dottor Simon, cara reporter.

1. So, if you want to earn real power and respect, you’re gonna have to step into
your balls and grab it. Be your own woman.

2. You should be looking for a career that lasts and means something.

Quinn considera Everlasting la sua casa (vale anche per Rachel ed è una cosa di cui nelle recensioni dello scorso anno ho parlato spesso) e chi ci lavora un sorta di famiglia imperfetta, che sarà anche disfunzionale, squilibrata e caotica, ma pur sempre famiglia. Lei non allontana nessuno per proprio interesse. Lei se la gioca, combatte e affronta il nemico. Non chiede a Gary di levarlo di torno.

#TimesUp
Rachel è stata vittima di violenza sessuale. Sappiamo che è questo ad aver generato quelle distorsioni nella sua psiche che la rendono da un lato la miglior produttrice di Everlasting dopo Quinn e dall’altro sono sempre a un passo dal farla esplodere. In un momento di enorme confusione, in cui vorrebbe tornare all’antica onestà radicale e smettere di mentire, e insieme produrre un ottimo show continuando a complottare , come le chiede Quinn – che le fa saggiamente notare che le due cose non sono sovrapponibili – decide che i tempi sono maturi per affrontare alla radice il suo trauma, nelle vesti del suo aggressore, cioè l’uomo di cui ci siamo chiesti l’identità la scorsa settimana.
È stata una scena intensa. Spiazzante. E che ha generato ulteriore confusione nella vittima. Ne ho apprezzato l’onestà totale, perché non era possibile pensare che, nella vita reale, si possa semplicemente andare a citofonare al carnefice e poi venirsene via con una bella pietra da metterci sopra e un vassoio di pasticcini gentilmente offerti. Non è realistico, soprattutto considerando che un gesto tanto importante non è stato pianificato, ma portato avanti senza l’appoggio di qualcuno che possa assumersi la responsabilità di mediare l’incontro e collocare i pezzi in una narrativa sensata per la vittima, dopo. È stato soprattutto disorientante il modo in cui gli autori hanno deciso di sottolineare la diversa/opposta percezione dell’evento vissuto e successivamente immagazzinato nella memoria da parte dei due. Cosa che è assolutamente tipica degli esseri umani e che rende quindi difficile pervenire a una verità condivisa, aggiungendo difficoltà. (Lui è naturalmente colpevole anche se credeva di aver di fronte una diciassettene bendisposta).

È un momento che ho trovato durissimo, in cui Rachel si è esposta senza protezione al mostro della sua infanzia, con il rischio che si tramutasse in un’esperienza ancora più traumatica di quella iniziale (rischio che non sono sicura non si sia già trasformato in realtà).
Da lì, una Rachel in un palese stato di abbattimento e vulnerabilità, dopo aver saputo della partecipazione del padre che aveva sempre creduto ignaro, si affida ancora una volta alla persona che, nel bene e nel male, è l’unica fonte di affetto e fiducia, ovvero quella figura materna surrogata che spesso fa danni, ma altrettanto spesso è l’unico grembo (letteralmente) disponibile, cioè Quinn. Che l’accoglie, come fa sempre, anche se nel corso della puntata se ne era uscita con un poco delicato: “Certo che tengo alla tua salute mentale, basta che te ne occupi dopo la fine della stagione”. Perché è pur sempre consapevole che una Rachel che procede ordinatamente su binari di pace ed equilibrio, perde quel guizzo di sregolatezza che rende il programma eccezionale.

 

Varie
– Jay ha finalmente una sua storyline che, a dire il vero, non finisce di coinvolgermi del tutto. Si è infilato in un grande casino, sta mentendo su più fronti, è diviso tra l’essere corretto e avere successo e si sta chiedendo fin dove è disposto a spingersi per ottenerlo. Molto lontano, parrebbe, dopo averlo visto contrattare la partecipazione di Alexi al programma delle discoteche clandestine (perché mi fa ancora ridere?) in cambio di fornitura di droga. Devo ricordare ai partecipanti che questa mossa potrebbe portarci dritti a una terza tragedia, visti i precedenti e visto Alexi? Jay è un bravo ragazzo, attratto dalle luci scintillanti di Hollywood che io non credo sia capace di gestire, sicuramente non come lo sanno fare Quinn e Rachel che, con i loro alti e bassi, sanno sempre dominare l’ambiente circostante.

– Madison è tornata a essere la ragazzina incapace goffa e sprovvista di fiducia in se stessa che abbiamo sempre visto e che ho sempre avvertito come più autentica (e piacevole da seguire). Madison ha tentato di fare carriera nel modo peggiore, passando di uomo potente in uomo potente, ha cercato di eliminare Quinn dall’inizio della stagione e si è trovata infine senza niente di fatto in mano come nel più classico dei copioni – ma sempre convinta della sua superiorità morale. Per me è il modello peggiore lì dentro. Spero che almeno ci darà soddisfazione mentre cerca vendetta dentro al computer di Gary!

– Chet riesce sempre a compiere la mossa sbagliata su ogni fronte, data la nota mancanza di lungimiranza e uno span di attenzione bassissimo. L’idea di avere tra i piedi la reporter assetata di giustizia femminista non è stata delle migliori. Si è visto subito il piglio o tempora o mores aka “distruggerò in un sol colpo questo mondo corrotto e ristabilirò la giustizia contro le streghe cattive” che tutta la sua persona – a partire dall’aspetto esteriore – emanava.

– Serena mi fa tenerezza, a questo punto. Ha sì tendenze di controllo e vuole che sia fatto tutto come pretende, è molto decisa, poco accomodante, non vuole farsi prendere in giro e ha più o meno il sospetto che la manipolazione la faccia da padrone nel programma (eh, ma va?). Ma ha anche una sorta di suo ordine interiore, una grazia innata, un autentico desiderio di trovare la persona giusta che rimanda a quel suo lato vulnerabile di cui si era già parlato – e finisce sempre per farsi indurre a fare cose che non vuole. Non comprendo perché creda ancora a Rachel (in generale non capirò mai come tutti sappiano come si muove Rachel e poi basta uno sguardo ispirato e tutti le diano retta, salvo poi lamentarsene), dopo che ha dimostrato di averle mentito. In ogni caso quel “Bitch” finale al corteggiatore eliminato è stato clamoroso e merita un applauso! Io temo che Serena esca davvero da lì con il cuore spezzato e mi stupisce che non molli tutto, ma creda ancora genuinamente che sia la sua occasione di trovare il compagno della vita.

– Il dottor Simon, altrimenti noto come “A walking Xanax dispenser”, è meno stupido di quello che Quinn pensava e realmente interessato alla sua “paziente”. Spero che si arrivi a un glorioso giorno in cui Rachel decida che può investire su un percorso serio di terapia con lui, invece che fare da sola.

– La parte in cui Rachel e Quinn decidono di ammettere la verità a Serena diventando una il poliziotto buono e l’altra il cattivo, finendo per mantere intatto il potere mentale del duo sulla protagonista è l’apoteosi dell’arte manipolatoria!

– Il man-bun drama chiaramente inutile e noioso come si poteva prevedere.

Ecco il promo della prossima puntata e, come sempre, vi invito a passare da questa pagina per rimanere informati sulle novità di UnREAL.

UnReal Italia

 

– Syl

Syl

Syl

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