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Trench, ovvero la potenza emotiva della musica

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Trench, ovvero la potenza emotiva della musica

È uscito oggi Trench, il quinto album studio dei Twenty One Pilots: a un anno e quattro mesi di distanza dalla fine dell’era di Blurryface, e a tre anni e mezzo dall’uscita di quest’ultimo, abbandoniamo il rosso per immergerci nel giallo. Il disco è stato anticipato da ben quattro tracce – Jumpsuit, Nico And The Niners, Levitate e My Blood – i cui video raccontano una storia ben precisa e ci forniscono un sacco di indizi su chi siano Dema, Nico, i Niners e Clancy. Per scoprirne di più su di essi vi invito ad esplorare i meandri del dark web (in realtà vi basta aprire tumblr), io oggi sono qui a parlarvi dell’album e basta.

Se il Self Titled e Regional at Best sono due album che meriterebbero un trattato in dieci tomi e Vessel credo sia il mio album preferito in assoluto, Blurryface invece – pur essendo fantastico – dal mio punto di vista è stato molto al di sotto delle loro capacità artistiche. Cosa aspettarci quindi da Trench? Ammetto di essermi approcciata all’ascolto con un timore reverenziale assurdo, combattuta fra l’aspettativa altissima e la paura che potesse in qualche modo deludermi – perdonatemi, Tyler e Josh, perché ho peccato.

Le danze vengono aperte da Jumpsuit, pezzo con cui è stato annunciato l’album quattro mesi fa, un opening che mette da subito le cose in chiaro sulla potenza emotiva di questo lavoro perché, in fondo, a rendere così grande questa band è proprio il lato emotivo della loro musica. Le loro canzoni non sono semplici tracce da canticchiare in macchina, sono veri e propri viaggi all’interno della psiche di ognuno di noi, parole che vanno ascoltate e soprattutto capite, storie che si dipanano accordo dopo accordo raccontandoci ciò che in fondo già conosciamo: le nostre vite interiori.

E proprio come l’elettrocardiogramma impazzito che è la vita emotiva di una persona, in Trench si alternano pezzi dal ritmo impossibile da seguire come Levitate, ritmi più umani e quotidiani come quelli di Morphe, Chlorine Cut My Lip, e quelli molto più introversi di pezzi quali SmithereensBanditoNeon Gravestones. A chiudere l’album Leave The City – moderna versione dei più datati Addict With a Pen, Truce Goner – che fornisce una conclusione a ciò che era iniziato in Jumpsuit e lascia già addosso l’attesa e l’anticipazione per ciò che verrà dopo.

Come ho già detto, sono quattordici brani che vanno ascoltati nel senso più pieno e profondo del termine. Per quanto il livello tecnico sia altissimo e ci sia solo da inchinarsi di fronte al talento di Tyler Joseph e Joshua Dun, a rendere questo lavoro speciale e unico sono proprio le parole, le storie, le emozioni messe in musica. Ascoltatelo, lasciate che gli accordi vi entrino nelle ossa e le parole nel cuore. Imparate a conoscere e temere la prigione di Dema e poi imparate ad evadere. Perché DEMA DON’T CONTROL US.

Voto: 9/10
Brano preferito: Chlorine

STAY ALIVE, FRENS ||-//

 

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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