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The Walking Dead | Intervista a David Morrissey

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The Walking Dead | Intervista a David Morrissey

David-Morrissey

[ATTENZIONE SPOILER se non avete ancora visto l’ultimo episodio di The Walking Dead]

Vi ricordate la versione buona e gentile del Governatore che ci hanno presentato la settimana scorsa in The Walking Dead? Sapete no, quello che sfoggiava quella strana barba e recuperava bombole d’ossigeno per un vecchino malato? Bè, è stato molto meno buono e gentile nell’ultimo episodio (intitolato Dead Weight).
Come prima cosa ha preso a mazzate Martinez con… una mazza da golf, e poi l’ha dato in pasto agli zombie. Dopodichè ha ucciso il povero Pete (che aveva fatto l’errore di non voler razziare un accampamento in cerca di provviste). Per la fine dell’episodio, il Governatore era di nuovo a capo di un gruppo di persone e con la pistola puntata contro la sua vecchia nemica Michonne.

Abbiamo parlato con l’uomo che lo interpreta, David Morrissey, per avere il suo parere su quello che abbiamo visto del vecchio leader di Woodbury negli ultimi due episodi. E’ stata la sete di potere o la necessità di trovare un luogo sicuro che ha scatenato un altro raptus omicida? Quando è stabile (o instabile) è quest’uomo? E com’è riuscito ad interpretarlo in così tanti contesti? David Morrissey ci dice tutto…o quasi!

ENTERTAINMENT WEEKLY: In un primo momento abbiamo pensato che il Governatore potesse essere un uomo cambiato dopo tutto quello che ha passato. Ma poi lo vediamo uccidere il suo vecchio amico Martinez e l’uomo che aveva preso in mano le redini dopo di lui, quindi forse non è poi così cambiato. O forse i metodi sono rimasti invariati, ma sono cambiate le motivazioni? Cosa ne pensi di lui a questo punto della storia e perchè ha fatto quel che ha fatto?
DAVID MORRISSEY: Bè, la cosa particolare è che credo sia un uomo che vediamo lottare per stare alla larga dalla tremenda responsabilità del comando. Non la vuole. Vuole essere guidato. Vuole proteggere le persone che ama e farebbe di tutto per tenerle al sicuro, anche essere servile se è ciò di cui c’è bisogno. Si trova in questa comunità con Martinez e vorrebbe solo essere un tranquillo civile, davvero. Ma intorno a se vede una leadership debole. Vede persone che dicono ”Vi proteggeremo”, ma che poi non sono in grado di farlo. Non sono in grado di proteggere le persone che ama. Quindi è obbligato a prendersi la responsabilità nell’unico modo che conosce e che ha già funzionato in passato, ovvero essere senza scrupoli e vigile quando si tratta del suo dovere di guidare e proteggere. Nessun altro lo farà, deve subentrare. Possiede naturali qualità di capo quindi deve farsi avanti e farlo. E non vuole, e quello che amiamo e ammiriamo di lui è la sua battaglia prima di prendere in mano le redini. Cerca di scappare. Dice a Lilly, ”Questo posto non sarà più sicuro. Non è sicuro. Le cose qui stanno per mettersi male” e quello che intende è che le cose si metteranno male per lui. Può quasi sentire il suo lato oscuro che ribolle dentro di lui e cerca di scappare, ma non riesce. Ci prova, ma si trova davanti questo muro di zombie e capisce che dovrà tornare indietro e affrontare l’accampamento e quelle persone e prendere le redini del comando.

EW: L’uccisione di Martinez è un momento di pura pazzia dove combatte contro i propri impulsi? Fino a quel punto è stato così tranquillo e poi vediamo la sua pazzia affiorare in superficie.
MORRISSEY: Credo che Martinez abbia commesso l’errore di ammettere la sua debolezza. Ha detto al Governatore: ”Non sono certo di riuscire a tenere questo posto al sicuro”. Se si fosse girato verso il Governatore e gli avesse detto ”Non c’è pericolo per l’accampamento, lo terrò al sicuro e farò quanto in mio potere per tenere tutti in salvo” allora il Governatore gli avrebbe detto ”Splendido, ti seguirò”. Ma non appena l’uomo ammette la sua debolezza, allora il Governatore capisce di dover prendere il controllo. E lo uccide mentre grida ”Non voglio”. Quello che non vuole è la responsabilità. Non vuole quella responsabilità che è costretto a prendersi a causa della debolezza di quell’uomo. Questo è molto importante. Si sta mettendo sulla testa una corona che non vuole, ma nessun’altro a parte lui è degno di indossarla.

EW: E poi uccide uno dei fratelli, Pete, e prende il controllo dell’accampamento perchè crede che sia il modo migliore di proteggere la sua nuova famiglia. Ma ora che è di nuovo seduto sul trono del potere, si sentirà a suo agio nel ricoprire quel ruolo?
MORRISSEY: Il motivo per cui uccide Pete è che non vuole debolezza. Il passato gli ha insegnato che la debolezza e il dubbio sono malattie altamente contagiose. Quindi si libera della debolezza e ricerca la forza, e la forza è l’altro fratello. Per un minuto gli spettatori hanno pensato che averebbe ucciso il fratello cattivo, che avrebbe ucciso il pilota del carroarmato. Ma uccide il fratello buono perchè sa che dovrà prendere il controllo e deve eliminare la debolezza – la debolezza del dubbio. Le sue qualità come leader arriveranno, credo. E’ un uomo che non ha paura di prendere decisioni dure ed ecco perchè bisogna tenere in considerazione la sua forza.

EW: C’è quella scena in cui prova a scappare con il camper ma giungono agli zombie incastrati nel fango che bloccano la strada. E’ una specie di tropo classico dei film horror, quando qualcuno cerca di sfuggire al pericolo e non ci riesce, ma quello che rende questa scena interessante è che in questo caso il pericolo da cui sta cercando di scappare è dentro di lui. E sembra in un certo senso un simbolo del fatto che non può più scappare da chi è e dalle scelte che dovrà fare lungo il suo percorso.
MORRISSEY: Sì, c’è un libro che riporta questa bellissima frase:” Ovunque tu vada, eccoti qui”. E credo che ciò che il Governatore stia cercando di fare è fuggire da questa cosa dentro di lui, ma non potrà mai sfuggirgli. Sta cercando di fuggire alla responsabilità. Sta cercando di scappare dal pericolo dietro di lui, ovvero questo accampamento che cade a pezzi. Sta cercando di trovare sicurezza, ma ovviamente non può trovarla nel mondo di The Walking Dead. Deve trovarla dentro di lui. Arriva al punto in cui capisce che l’unico modo in cui può essere davvero al sicuro e in cui può tenere al sicuro le persone intorno a lui è assumendo il controllo. Sapete, se volete che sia svolto un lavoro, dovete farvelo da soli.
Ecco come stanno le cose per lui, e mentre scappa dall’accampamento e si trova davanti quel muro di zombie capisce che potrebbe prendere un’altra strada, potrebbe andare da un’altra parte. Ma sa anche che ovunque andrà, si troverà di fronte lo stesso scenario. Quello che deve fare è tornare indietro e mettersi al sicuro. E per tutto questo tempo ha saputo che un luogo sicuro c’era. Ed ecco la prigione. L’ha già vista e sa che è una specie di santuario. Sa che è lì che potrebbero vivere. Quindi se deciderà di andare in quella prigione ci dovrà andare con delle tattiche di negoziazione impeccabili. Quindi torna indietro e prende in mano le redini di quella comunità, e vedremo cosa accadrà nel prossimo episodio.

EW: Abbiamo sentito molto parlare degli stadi della disperazione e in questi due episodi hai fondamentalmente interpretato l’uomo durante alcune di queste fasi. Per te è stata una grande sfida interpretare il ritmo di queste fasi per farci vedere quest’uomo cambiare e poi evolvere di nuovo in qualcos’altro?
MORRISSEY: La sceneggiatura deve guidarvi da emozione ad emozione e credo che la sceneggiatura di questi due episodi sia stata brillante e mi ha dato tutti gli strumenti per lavorare. Credo che per me la cosa fondamentale sia farvi credere che un uomo che ha fatto cose terribili possa anche fare cose buone. Che voi crediate che un assassino e omicida di massa possa cambiare e mostrare sentimenti d’amore. E chiunque abbia studiato un po’ di psicologia potrà dirvi che è così che le cose vanno nel mondo reale, che nessuno è del tutto buono e nessuno è del tutto cattivo. Le persone combattono il proprio lato malvagio e sperano che vinca il lato buono, è una battaglia che le persone affrontano in vari gradi tutto il tempo. Tutti combattono quella battaglia. Alcune più di altre e con questioni più grosse. Quindi ecco cos’è importante per me, essere sicuro che ogni cambiamento del Governatore sia un cambiamento credibile così che voi non diciate ”Questo è un altro uomo e un altro personaggio”, ma è sempre la stessa persona. E ciò che si registra è un conflitto interiore.

EW: Registrato sia da noi che da lui?
MORRISSEY: Credo che il Governatore abbia una relazione, molto più importante e più strana di tutte quelle che ha in The Walking Dead, ovvero quella con il pubblico. Il pubblico lo ha visto nei suoi momenti più bassi e più cattivi, nei suoi momenti più vulnerabili e più amorevoli. Hanno visto ogni suo aspetto. E conoscono segreti del Governatore che nessun altro conosce. Possono essere sia segreti oscuri e di distruzione che segreti d’amore e vulnerabilità. E solo gli spettatori hanno questa relazione con lui. Ecco quello che amo del personaggio, il suo rapporto con il pubblico è totale. Molto più totale che con qualsiasi altro personaggio. Cosa prova Rick riguardo al Governatore, cosa prova Lilly, cosa prova Michonne è tutto dato da un determinato aspetto del Governatore. Il pubblico è iin relazione con lui sapendo tutto, e questo è molto importante.

EW: Bene, non vedo l’ora di vedere cosa succederà nella prossima puntata visto che abbiamo lasciato il Governatore che puntava la sua pistola contro Michonne. Non mi dirai se premerà il grilleto, vero?
MORRISSEY: No.

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Disperata studentessa di lingue ad un passo dalla laurea, guardare telefilm è la sua attività preferita (se non si considera la lettura e il cucinare dolci). Appassionata fin da piccola grazie a serie come Buffy e Dowson's Creek, segue di tutto senza farsi problemi di genere ma con una particolare predilezione per il trash più scadente e imbarazzante, non solo per ciò che riguarda i telefilm.. Adora le cose gialle, i profumi freschi, le meringhe con la panna, le cose morbide al tatto e le coperte di lana fatte in casa. Le piace creare oggetti e si cimenta nelle tecniche di bricolage più disparate, salvo poi lasciare tutto (o quasi) a metà...

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