
Ci è voluta quasi una stagione intera ma finalmente gli autori sembrano aver inquadrato il tipo di narrazione che questo show può mettere su per intrigare veramente, e va all-in con un episodio quasi interamente Savior-centrico, pieno di tensione e (quando non intervallato da Aaron versione Pannella che spera ancora di farsi ascoltare dalle tipe di Oceanside facendo uno sciopero della fame) che tocca tutte le corde giuste. E, ribadisco, peccato davvero essere dovuti arrivare quasi alla conclusione della stagione per affrontare storyline più trascinanti e mettere al centro le vicende dei personaggi che, pur da posizioni non centralissime, sono riusciti a brillare in queste scorse settimane. Che il cielo mi perdoni ma perfino Eugene, con tutto il suo odiosissimo essere, è riuscito a tirare fuori qualche tipo di reazione che non fosse la noia totale di quando si piangeva addosso e poco altro… la reazione principale è e continua a essere disprezzo e disgusto, ma meglio di totale anonimato.
Dall’arrivo di Negan ho continuato a ripetere che, dopo il Governatore, The Walking Dead era disperatamente in cerca di un altro antagonista altrettanto carismatico e, dopo tanto penare, poteva forse averlo trovato proprio nel personaggio di Jeffrey Dean Morgan. L’exploit è stato forse più altalenante di quello che avrei sperato, ma quello che questo episodio ha dimostrato è che, mentre ci concentravamo tutti a mandare a quel paese i piani assurdi di Rick, dall’altra parte della barricata veniva delineato un mondo opposto e alternativo, ma non per questo meno meritevole di attenzione. E se la figura individuale di Negan ci aveva già dato da riflettere a questo riguardo (ponendosi un paio di volte in contrapposizione con Rick proprio come quello tra i due forse meno spigoloso e convinto che il mondo sia bicolore… entrambi hanno dimostrato spesso di avere una visione un po’ monodimensionale del mondo, questo sì, ma ultimamente gli eventi ci avevano quasi mostrato Negan sotto una luce più umana di Rick), quello che ho apprezzato molto in questo “Worth” è che si arriva all’apoteosi di un altro viaggio narrativo intrapreso spesso in sordina dagli autori dello show, ma che nondimeno ha catalizzato la nostra attenzione: il delineamento di una comunità di antagonisti dal LORO punto di vista, non soltanto attraverso le lenti dei nostri protagonisti. Sì, i Salvatori continuano a essere il nemico da combattere, ma alcuni di loro hanno avuto modo di emergere nella loro singolarità, abbiamo avuto modo di entrare nelle loro fila e scoprirne la routine, le gerarchie, l’ordine costitutivo di un gruppo che, non fosse stato legato alla figura preponderante di Negan e alle dinamiche di oppressione/protezione da lui suggerite avrebbe potuto semplicemente essere una delle tante comunità incontrate da Rick&co. lungo il loro percorso da Atlanta a oggi. Questa stagione ha dato molto spazio al Santuario e quello che ho apprezzato in questo episodio è stato regalare a questo gruppo il giusto approfondimento: personaggi come Negan, Dwight, Simon (che al di là della mia scarsa simpatia personale per lui era oggettivamente un personaggio interessante da seguire) e perfino Eugene ci permettono di esplorare una realtà alternativa che non è solo un “impero del male” abbozzato, ma un’organizzazione che si regge su uno scheletro forse di fattura più rigida della struttura che sta dietro a comunità come quella di Alexandria e ora Hilltop, un regime più autoritario, ma anche lì fatto di persone: Carl ce l’ha ricordato più volte con le sue parole, anche all’inizio di questo episodio con la lettura da parte di Rick della lettera a lui indirizzata (momento forse troppo votato alla lacrima facile ma, chiamatemi rammollita, con me ci sono riusciti stavolta…), e questa 8×15 ribadisce il concetto anche con le immagini.
Ho trovato l’intera sequenza delle macchinazioni di Negan per riprendersi il suo posto con tanto di punizione esemplare e plateale del traditore intrigante e ben costruita… sì, si intuiva benissimo che Simon era tutt’altro che perdonato (se ho capito qualcosa di Negan è che il momento della resa dei conti non sarà mai una mazzata in testa a un uomo inerme in ginocchio di fronte ai pochi altri “ufficiali”, ma uno scontro alla pari, faccia a faccia, in cui prevalere sull’altro di fronte agli occhi di tutti) e non ho dubitato per un secondo che i continui accenni alla fedeltà di Dwight stessero a introdurre un lieve foreshadowing per la sua sorte in quanto spia (scopriamo infatti sul finale che il misterioso “autostoppista” dello scorso episodio era proprio la tizia che aveva smascherato il tradimento di Dwight e di cui si erano molto convenientemente perse le tracce fino ad ora), ma chi se ne frega se alcuni punti della trama sono parzialmente prevedibili se poi nel complesso mi posso godere una puntata così ben calibrata, disseminata di momenti di tensione, azione, dubbi e una serie di performance davvero eccellenti: Steven Ogg è stato un Simon fantastico, inizialmente quasi una brutta copia di Negan ma il personaggio si è poi riuscito ad affrancare dalla pesante ombra del leader supremo per mostrare la sua vera faccia, una personalità forse ancora più temibile (e infatti Negan stesso conferma in questo episodio di aver deciso di tenerselo vicino anche per tenerlo d’occhio) ma alla cui vena folle l’interprete ha saputo donare una sfumatura molto realistica (tutte le volte che l’abbiamo visto in passato provare a reprimere le esplosioni di rabbia e si intuiva chiaramente quanto in realtà stesse ribollendo sotto i fremiti pseudo-controllati).
Un risvolto ben giocato anche quello della scoperta del tradimento di Dwight, che porta con sé anche la rivelazione che la mappa che ha raggiunto Hilltop (solo io ho riso rumorosamente quando Dwight si è affidato a Gregory? Sul serio: GREGORY! Voi affidereste qualcosa, qualunque cosa, anche solo la lista della spesa a Gregory?!?) è falsa. Uno spunto interessante anche per come ciò potrà essere percepito dai nostri: Dwight stava dimostrando estrema lealtà continuando a farsi in quattro per fornire informazioni anche da dentro il Santuario, ciò avrebbe potuto ribaltare la percezione anche di quelli ancora più ancorati all’odio indissolubile nei suoi confronti… ma ora?
Parlando di gente che odia Dwight, piccola parentesi sulla spedizione di breve durata di Daryl e Rosita per provare a rapire Eugene: momento top Rosita che prospetta a Eugene la vita di merda che gli offriranno una volta tornati a casa, sputandogli addosso quanto lo disprezzi per il suo egoismo e quanto il suo tradimento gli abbia ormai alienato ogni possibilità di redenzione con quelli che erano un tempo i suoi unici amici (e alla faccia offesa e incazzata di Eugene a queste parole volevo quasi entrare nello schermo e aggiungere due schiaffi in faccia di mio, tanto per sottolineare quanto sia d’accordo con l’invettiva di Rosita); momento flop il fatto che i due siano riusciti a farsi fregare da un banale stratagemma di… beh, Eugene, che ha un gran cervello sì, ma pur sempre l’uomo con zero risorse che non avrebbe saputo tirare avanti mezzo secondo in questo mondo senza protezione altrui: FREGATI DA QUELLO EUGENE!!!
Leggevo online che alcuni hanno però letto nella sua ritrovata risoluzione una volta giunto di nuovo al suo laboratorio la possibilità che le parole di Rosita l’abbiano scosso in positivo, magari spingendolo a sabotare i Salvatori dall’interno… io onestamente non la vedo così, quello che abbiamo imparato di questo personaggio è che è una viscida merda votata solo al benessere personale, e non vedo perché cambiare le regole: al mondo esistono anche persone così, non siamo tutti eroi ed esempi di rettitudine, ammetto quindi che per quanto odi Eugene non vorrei vedere il suo personaggio provare a redimersi, perché si andrebbe a perdere la costanza nell’essere un vile che l’ha sempre caratterizzato e, di conseguenza, anche un certo tratto di realismo che fa della sua storyline una in cui si può quasi riconoscere uno spaccato del nostro mondo.

Previsioni per il finale? A giudicare dalle reazioni di Rick e Negan alle lettere di Carl direi che lo scontro potrebbe essere preceduto davvero da un tentativo di riappacificazione da parte dell’ex-sceriffo, naturalmente declinato dall’altro: per quanto il Rick coi paraocchi delle ultime settimane non fosse esattamente il mio personaggio preferito, non sono sicura che un repentino ritorno al good guy originale sia quello che voglio, così come posso capire le motivazioni che stanno spingendo Negan a riprendere la linea della tolleranza zero ma non vorrei che alla battaglia finale arrivino come di nuovo un personaggio di pure buone intenzioni e un antagonista di pura malvagità, senza un minimo di sfumature: mi piacerebbe che gli autori riuscissero a farli incontrare nel mezzo, in modo da non annullare completamente il percorso di crescita e complessità delle loro personalità affrontato nel corso di questa stagione. E poi a occhio e croce nel bel mezzo dell’azione potremmo aspettarci Aaron che interviene alla testa delle donne di Oceanside finalmente convinte da quattro parole in croce a imbracciare le armi contro i loro oppressori… e pure un micro-intervento di Jadis non lo disdegnerei, perché no?
Attendo fiduciosa uno showdown che, in base alle premesse, se ben gestito potrebbe davvero rivelarsi la salvezza di una stagione altrimenti spesso più ancorata al mediocre che al coinvolgente.
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