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The Walking Dead 8×06 – Il Re, la Vedova, Rick e un fantastiliardo di altri POV

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The Walking Dead 8×06 – Il Re, la Vedova, Rick e un fantastiliardo di altri POV

Confesso che scrivere questa recensione è stato particolarmente arduo per me questa settimana. Già dal fatto che sedendosi a tavolino non sia uscito fuori come titolo della recensione nulla di senso compiuto che inglobasse il leitmotiv dell’intero episodio mi ha presentato una verità incontrovertibile davanti agli occhi: questa 8×06 un vero leitmotiv non ce l’ha, e questo sicuramente non depone a favore di un episodio che, a conti fatti, è puramente di transizione e si perde sfilacciando troppo la trama su più fronti. Non che ci sia nulla di male in un episodio di transizione a priori, credo anzi che sia ben posizionato all’interno della prima metà di stagione, dopo diversi sviluppi serrati e a due settimane dal mid-season finale. Semplicemente non trovo la frammentazione in più punti una buona idea a questo punto della storia: ho apprezzato molto l’inizio, lineare e diretto, con questo espediente delle comunicazioni lette dai vari protagonisti in cui ognuno viene informato degli avanzamenti/ostacoli degli altri, un ottimo modo per tirare le fila di quanto visto finora e darci finalmente il quadro globale che chiedevo dall’inizio della stagione… ma da lì in poi l’episodio si è sfaldato troppo seguendo troppe storyline in un momento che sarebbe stato forse meglio impiegato concentrandosi su due/tre fronti alla volta, facendo tirare il fiato anche a noi insieme ai protagonisti e marcando così ancora di più l’atmosfera di passaggio da una fase a un’altra del big plan. Molte di queste sottotrame, a dire la verità, prese singolarmente funzionano pure, il vero problema a mio parere è stato che creare questo patchwork ha finito con il dare alla puntata un ritmo troppo altalenante, causando spesso un calo dell’attenzione per chi guarda. Vediamo i vari punti uno per uno:

Ezekiel e la crisi di mezza età

 

Il confronto tra Ezekiel e Carol è per me uno degli esempi di buona sottotrama che avrebbe funzionato meglio se non fosse stata pressata a forza tra i ritagli di tempo di un episodio troppo ricco di punti di vista diversi: la caduta del Re, la maschera gettata quando i suoi uomini e perfino la sua tigre sono stati uccisi durante la fase del piano che era nelle loro mani. Ricordiamo ancora il tentennamento iniziale del Regno a partecipare alla ritorsione contro i Salvatori, e alla fine il fardello delle sue scelte (gettare via un accordo con Negan che manteneva la sua comunità protetta, anche se all’oscuro dell’accordo stesso, per mettersi contro i nemici e usare la sua leadership per farsi seguire da gente che ha finito poi per essere ammazzata) ha avuto la meglio su uno dei personaggi all’apparenza più ottimisti della serie. Ezekiel non sorride più, ha dovuto mollare la farsa perché il personaggio che si è costruito aveva troppa influenza sulla sua comunità, e quell’influenza portava con sé la responsabilità della vita e della morte delle persone che gli si erano radunate attorno. La serie ha riflettuto spesso su temi come la perdita, di affetti fisicamente ma anche di speranze, ma credo che finora in questa stagione delle varie parentesi in cui si è discusso del peso di un mondo che non appartiene più agli ottimisti questa sia tra le migliori, anche per via degli interpreti.
PS: mi faccio pure pat-pat da sola sulla spalla per la scelta del titolo per la mia recensione dell’episodio Ezekiel-centrico di qualche settimana fa: non solo io ma anche lui a questo punto sembra avanzare l’ipotesi “lunga vita alla regina”!
Bonus: Carol che parla al ragazzino del Regno di come allontanandosi dal gruppo si finisce con lo sparire e riapparire poi zombificati, chiaro riferimento alla figlia: Sophia che esce dal fienile dei Greene è ancora uno dei momenti topici di TWD per me, quando ho capito bene che questo show sarebbe stato una lunga sequenza di #mainagioia.

  

Jesus e il “porgi l’altra guancia”

Qui invece proprio non ci siamo concettualmente: se la complicata situazione che Jesus ha riportato a Hilltop crea un ambiente favorevole per lo sviluppo di Maggie come leader lungimirante (che si trova a decidere cosa fare dei prigionieri con da una parte Jesus che inneggia alla pietà e al pensare a come ricreare una società dopo e dall’altra Gregory che li manderebbe tutti al patibolo e chi s’è visto c’è visto), l’idea di per sé di creare questa svolta per Jesus non mi ha ancora pienamente convinta. È totalmente fuori da ogni logica, specialmente calcolando che tra i prigionieri c’è il co***one che varie volte tenta il colpo di testa e alla fine dice proprio a chiare lettere “Farai ammazzare tutti [tenendo noi qui]”. Come dicevo già qualche episodio fa, è una situazione difficile da giudicare per chi non si trova concretamente in guerra, ma tirarsi dietro elementi pericolosi e condividere con loro pane e risorse è per me assurdo in questo stadio del conflitto. Questo episodio non fa che confermare la mia idea di qualche giorno fa che il fine ultimo è quello di portarci a riflettere sulla vera natura di questi Salvatori a livello umano, ma lo fa in maniera abbastanza goffa mettendo letteralmente in bocca a uno dei prigionieri parole sulla falsariga del “io alla fine lì ci sono capitato, stavo al sicuro, non è che volevo fare il cattivo per scelta di vita ma si tira a campa’”.
Bonus: la storyline ironicamente si salva proprio per la presenza di Gregory e la sua inettitudine, che funge da involontario comic relief della trama.

 

Rick e il condominio che non vuole fare la differenziata

Minutaggio relativamente ridotto per quello che dovrebbe essere il punto focale della faccenda: il nostro protagonista che prosegue il suo piano tornando dai morti de fame della discarica a chiedergli di fare un’altra volta i voltagabbana, con discorsi eccessivamente convoluti che infatti vengono zittiti come niente da Jadis. Questa parentesi è forse un po’ sottotono per quanto mi riguarda, perché ritirare in ballo gli Scavangers di per sé è un’idea non male, ma accadendo nello stesso episodio in cui rifanno capolino anche settordici altri personaggi che non vedevamo un po’ e apparendo per tipo un minuto e mezzo perde un po’ di spessore. A fare flop qui è soprattutto la figura di Rick come leader e stratega in generale, sembra aver perso la sua arte oratoria e si presenta quasi a mani vuote (a parte le polaroid, che finalmente hanno un senso) a fare minacce di distruzione in caso di risposta negativa. Seriamente, qual è il piano adesso? Era veramente prevista l’eventualità che gli Scavangers potessero dire no? E a prescindere, nessuno ha pensato ad andare a coprire le spalle a Rick calcolando che quelli hanno deciso di denudarlo e ficcarlo in un container just for fun, ma a naso anche sparargli nella croce degli occhi poteva essere un’opzione percorribile, e in quel caso CHI L’AVREBBE IMPEDITO? Boh, scivolone con tanto di capriola per Rick.

  

Carl e la svolta pseudo-spirituale

Tra i ritorni abbiamo Carl, che in questo episodio ritrova il ragazzo della premiere e decide di invitarlo ad Alexandria. La sottotrama di Carl di per sé sarebbe anche interessante, mi piace come il personaggio sta evolvendo in un uomo indipendente e con le sue idee di giusto e sbagliato, interessante anche il concetto di onorare i genitori ma prendere la propria strada quando lo si ritiene necessario… mi sarei però risparmiata tutta la parentesi in cui, per fare un gesto simbolico e far vedere a Siddiq che vuole onorare insieme a lui il pensiero della madre di quest’ultimo (gli zombie vanno eliminati, così da liberare le anime delle persone che erano), a momenti si fanno ammazzare. Davvero non necessaria, spesso in questa serie le parole hanno avuto più peso dell’azione, un buon dialogo ben scritto avrebbe servito lo scopo meglio di questo minutaggio tappabuchi.

 

Daryl aka quello del posto giusto al momento giusto – parte 2

Tornano in pompa magna anche Michonne e Rosita, che decidono di lasciare Alexandria per una missione verso il Santuario solo per “vedere con i loro occhi” quello che sta succedendo. Anche qui, premessa tutto sommato buona e condivisibile quella di due personaggi finora lasciati in panchina ma sempre stati nel pieno dell’azione che dimostrano la loro incapacità di attendere pazientemente in un angolo, ma ancora una volta l’ho trovata una sottotrama che avrebbe funzionato meglio in un episodio a parte, qui interrompe il flusso della narrazione principale (l’avanzamento del piano) portandoci, con una serie di fortunati eventi, prima a trovare per caso due Salvatori in giro da prima dell’attacco al Santuario, ora decisi a tornarvi con provviste e un camion pieno di altoparlanti per allontanare gli zombie con la musica, che le due riescono non solo a scovare ma anche a fermare… anche grazie al provvidenziale sopraggiungere di Daryl, che per la seconda volta (la prima erano lui e Rick in versione Fast&Furious due puntate fa) interviene prezzemolinamente a bloccare la fuga dei nemici proprio quando stavamo disperando. Ripetitivo e poco credibile, anche se nulla paragonato alla trashaggine del Salvatore fatto esplodere da Rosita con un lanciarazzi.

 

Degno di nota giusto il discorso iniziale di Daryl e Tara, che sembrano avanzare l’ipotesi di far fuori Dwight quando tutto sarà finito nonostante l’aiuto fondamentale che questo sta dando alla causa: i due che sembrano pianificare un intervento non previsto dal piano di Rick, che sicuramente finirà in un macello totale, più la sola idea di rivoltarsi contro un ex-nemico ma ora valido alleato just because è il tipo di narrazione intrigante e coinvolgente che vorrei vedere di più, perché mette in moto una risposta emotiva da parte nostra a questioni che toccano corde molto più intime del macrocosmo della lotta bene vs male che stiamo seguendo.

Anche per questa settimana è tutto, ma sono curiosa di sentire anche la vostra sull’episodio, che siate d’accordo o meno sono sempre felice di leggere i vostri pareri qui sotto nella sezione commenti. In attesa del settimo e penultimo episodio della prima metà di stagione, vi invito come sempre a fare un salto su

The Walking Dead ITA
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Jeffrey Dean Morgan Italia

per rimanere sempre aggiornati sullo show e i suoi interpreti.
Alla prossima!

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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