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The Night Shift | Recensione 4×02- Off the Rails

MooNRiSinG by MooNRiSinG
5 Luglio 2017
in Recensioni, The Night Shift
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Carissimi addicted veterani, bentornati all’appuntamento settimanale con il medical drama più tosto del panorama televisivo.

La puntata continua sulla falsariga di quella che l’ha preceduta, dando vita a una sorta di doppio episodio senza soluzione di continuità ma con qualche sorpresa (alcune buone, altre decisamente meno).

Jordan d’Arco

Jordan ormai sembra essere decisa a trasformarsi nell’integerrima paladina delle cause inutili e pretende che anche tutto il resto del mondo si adegui ai suoi desideri abbandonando qualsiasi tipo di ambizione.
C’è da dire però che ho effettivamente provato enorme soddisfazione nel vederla calpestare l’ego di Julian, che ormai ha dei deliri di onnipotenza tali che nemmeno Light di Death Note, e che il suo “ricatto emotivo” a Paul sia riuscito a sbloccare un cincischiare che stava diventando abbastanza insostenibile.

Oggi chirurgo, domani psicologo

Ennesima puntata di stenti per il povero Scott, che passa l’intera nottata a destreggiarsi nel ruolo di psicologo dilettante/spalla morale/consulente familiare.
La sua prima buona azione, soprattutto nei nostri confronti, è rimettere a posto Jordan, ricordando all’aspirante eroina che per essere moralmente impegnata non è che deve scassare le balle a ogni piè sospinto e che è lecito prendersi un minuto di riflessione per scegliersi le proprie battaglie, che della percentuale di frutta nei frullati della mensa francamente non gliene frega una cippa a nessuno.
Neanche il tempo di dire Freud che già il sant’uomo si ritrova suo malgrado coinvolto negli infiniti drammi della famiglia Cummings. Per fortuna almeno stavolta riesce a unire l’utile al dilettevole e a strappare a Julian una corposa promozione (il che alla lunga porterà indubbi vantaggi non solo alle sue tasche, ma anche all’intera unità chirurgica, che non ha che da guadagnare dal suo buon senso e dalla sua pacatezza).
Scott secondo me è il perfetto bilanciamento fra umanità, senso del dovere e moderatezza e sono sicura che saprà gestire in maniera oculata il reparto e tenere testa a Julian Cummings laddove necessario.

Tale padre, tale figlio

Ah, l’eterna lotta della famiglia Cummings! In questo episodio Julian, grazie a Scott, è stato finalmente messo di fronte al fatto che il suo atteggiamento lo stava portando neppur troppo lentamente a perdere il proprio figlio, che non era più possibile tenere il piede in due scarpe, che era il momento di prendere una decisione definitiva, la famiglia o il lavoro, l’amore o la missione.
Incalzato anche da Paul, che ormai sente una necessità assoluta di volare con le proprie ali, allontanandosi dalla sua ombra opprimente, l’uomo fa finalmente la scelta giusta e decide di farsi da parte, lasciando al figlio lo spazio e l’opportunità di diventare quel chirurgo eccezionale che sa di poter essere.

Il caso Narcos

Ormai, lo sappiamo, nessuno può essere un “semplice” infermiere al San Antonio Memorial (semplice messo debitamente fra virgolette, perché il lavoro dell’infermiere è tutt’altro che banale e rischia fin troppo spesso di venir sottovalutato e spogliato della sua importanza) e Cain ovviamente non fa eccezione alla regola.
Gli autori però si devono essere resi conto di rischiare di diventare un tantinello ripetitivi con la storia del veterano di guerra, quindi bando alla sindrome da stress post-traumatico e via alle memorie del cartello, che tanto anche lì si impara a operare in condizioni più che estreme.
Quando però pensavo che fosse ormai inevitabile per Paul rinascere cervo a primavera, è arrivato il colpo di scena: Scott mi cincischia un secondo di troppo e Jordan, panterona reduce da mille battaglie, non esita a gettarsi in scivolata in un flirt per ora limitato ad occhiatine ammiccanti, ma che, salvo eventuali cambi di rotta o ripensamenti, sono sicura evolverà in qualcosa di più torrido nel corso dei prossimi episodi.

In una galassia lontana lontana…

Nel frattempo gli autori sembrano aver deciso di proseguire imperterriti in questo spin off dentro il telefilm incentrato esclusivamente su TC. Forse è solo una mia sensazione, ma sto trovando gli spezzoni a lui dedicati un pelino monotoni e sempre meno avvincenti, un po’ come le parti dedicate a Sansa nella prima stagione di Game of Thrones, uno stillicidio lento e inesorabile.
Questa sua versione edulcorata, che vuole vedere del buono a tutti i costi in chiunque incroci la sua strada, manco fosse un Orsetto del cuore sotto allucinogeni, secondo me lascia un po’ il tempo che trova e onestamente speravo che l’annuncio della morte di Topher fosse la scusa ideale per giustificare un suo eventuale rientro a casa (e invece ciccia).
Ho capito che ci dobbiamo per forza sorbire la fantastica storia di amore e conversione fra lui e Amira, mi sono rassegnata, ve lo giuro: spero soltanto che si tratti di una relazione breve ma intensa che non costringerà gli spettatori a fare zapping fra un fuso orario e l’altro per tutta la stagione.

L’addio a Topher

Ho lasciato la morte di Topher per ultima perché, nonostante sia avvenuta fuori schermo, quasi in sordina, è stato comunque il momento chiave dell’episodio, anche solo per l’impatto che ha avuto sul resto dei protagonisti.
Si sapeva già che Ken Leung non sarebbe tornato per questa stagione ed era inevitabile che prima o poi la morte si abbattesse anche sulla famiglia del San Antonio Memorial, quello che lascia amareggiati è che l’evento sia giunto inaspettato, quando ormai pensavamo che ad allontanare il migliore amico di TC sarebbe stato un normalissimo licenziamento.
Onestamente, per quanto mi dispiaccia per la perdita di una figura che bene o male ha rappresentato uno dei pilastri portanti delle prime tre stagioni, trovo anche realistico che alla fine la fortuna si sia esaurita per uno di questi eroici personaggi, anche se avrei forse preferito che il dottor Zia perdesse la vita facendo quello che gli riesce meglio, tentare di salvare vite umane.
La statistica e il caso, però, non sanno niente di logica ed è quasi con lugubre ironia che gli sceneggiatori calano il sipario sull’esistenza di Topher, che finisce per morire in un “banale” incidente d’auto assieme alla figlia, una figura poco presente ma che era stata comunque abbastanza caratterizzata da farci sentire dispiaciuti per lei.
Come ho detto, comunque, un avvenimento del genere a questo punto era decisamente plausibile: l’essenziale è evitare l’effetto Shonda con gente che esplode a destra e a manca a ogni finale di stagione.

Vi lascio con il trailer del prossimo episodio, che sembra ritornare a focalizzare l’attenzione principalmente sul caso della settimana… ma non vi preoccupate, conoscendo questa serie non si tratterà sicuramente di qualcosa di banale e noioso.

Alla prossima!

MooNRiSinG

MooNRiSinG

Nata come Elisa, fin da bambina dimostra un’inquietante e insopprimibile attrazione per i telefilm e per il bad boy di turno. Le domeniche della sua infanzia le trascorre sfrecciando con Bo e Luke per le stradine polverose della sperduta contea di Hazzard. Gli anni dell’adolescenza scivolano via fra varie serie, senza incontrarne però nessuna che scateni definitivamente il mostro che dorme dentro di lei. L’irreparabile accade quando un’amica le presta i DVD di Roswell: dieci minuti in compagnia di Michael le bastano per perdersi per sempre. Dal primo amore alla follia il passo è breve: in preda a una frenesia inarrestabile comincia a recuperare titoli su titoli, stagioni su stagioni, passando da “Gilmore Girls” fino ad arrivare a serie culto quali “Friends” ed “ER”. Comedy, drama, musical… nessun genere con lei al sicuro. Al momento sta ancora cercando di superare il lutto per la fine di “Sons of Anarchy”, ma potrebbe forse riuscire a consolarsi con il ritorno di Alec in quel di Broadchurch…

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