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The Last Tycoon | Recensione episodi 4-5-6

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The Last Tycoon | Recensione episodi 4-5-6

Eccoci di nuovo qui a parlare di “The Last Tycoon”, la serie prodotta da Amazon e tratta dall’ultimo romanzo scritto da Francis Scott Fitzgerald e rimasto incompiuto. Oggi parliamo della triade di episodi che va dal quarto al sesto, per darci poi appuntamento a fra qualche giorno per il commento alle ultime tre puntate.

 

I successivi tre episodi dello show ci hanno introdotto a nuovi sviluppi e a nuovi personaggi. Prima di analizzare tutto ciò, però, voglio soffermarmi un attimo su un particolare non inserito nella scorsa recensione, ovvero la sigla finale. Se quella iniziale, così bella e affascinante (della quale usiamo l’immagine qui sopra non a caso), è sempre uguale di puntata in puntata, quella finale cambia ogni volta, essendo realizzata con brani molto famosi. Un esempio ne è “Smile” di Charlie Chaplin, da “Tempi Moderni”. Negli anni se ne sono sentite numerose versioni, ma la canzone non perde mai la sua bellezza.

La storia, come si diceva, è proseguita e abbiamo visto approfondirsi degli aspetti di essa, come la situazione politica internazionale causata dalla Germania nazista. Una delle parti più toccanti dello show, senza ombra di dubbio, e che ha portato anche a delle scene davvero belle da vedere, pur nella loro semplicità, nonché all’introduzione dei nuovi personaggi.
Infatti, abbiamo visto come Los Angeles sia stata invasa da volantini propagandistici il cui scopo era, ovviamente, quello di far dilagare l’ideologia nazista anche negli Stati Uniti (cosa che all’epoca avvenne anche in altri Paesi, quali la Gran Bretagna, come un altro show ha mostrato proprio nel pilot, ovvero “The Halcyon”).
Pat Brady e Monroe Stahr hanno fatto fronte e mostrato opposizione a questi eventi ognuno nello stile che gli è più tipico. Pat Brady ha affrontato faccia a faccia il Console Tedesco, in un classico stile da “cowboy”, abbandonando il velo di cortesia che aveva usato per tutelare gli affari e dicendo delle parole che oltre a essere forti sono state la rappresentazione della verità: “Per ora tutti vi sopportano perché è più economico che andare in guerra, ma prima o poi questo cambierà” (e, sottinteso, voi le prenderete). Si può obiettare che ci è voluto davvero fin troppo tempo perché ciò avvenisse, tuttavia le parole di Brady sono state foriere di una verità innegabile. Come ha detto Margo, Pat Brady mostra la faccia burbera e nasconde il buon cuore di cui è dotato.
Monroe, invece, ha agito dietro le quinte, organizzando un incontro segreto tra i grandi magnati dell’industria cinematografica (che purtroppo non ha avuto l’esito da lui sperato) e, soprattutto, ha affidato a un regista ebreo, rifugiato in America, la direzione del film prodotto da Celia e che è proprio una condanna aperta al Nazismo. Un altro momento bellissimo, che ha mostrato il lato umano di Monroe, i suoi principi, con la frase che lo stesso ha detto a Fritz, ovvero che bisogna combattere i Nazisti anche coi film, quindi loro devono essere i primi a contrastare tale ideologia, altrimenti non ci saranno altri luoghi per farlo.

Questa parte della trama, come si diceva, ha portato all’inserimento di due nuovi personaggi (si fa per dire): Fritz Lang, il famoso regista tedesco di religione ebraica rifugiato in America proprio a causa del Nazismo, e La Divina, ovvero Marlene Dietrich.
Se Fritz è risultato essere un personaggio viscido, anche lui giusto un tantino dittatoriale e inquietante, non proprio una brava persona, la seppur breve (per ora) apparizione di Marlene Dietrich ha non solo ricordato quale epoca fosse quella per il cinema, ma ha anche mostrato quale donna incredibile lei fosse, soprattutto per quel periodo, ancora improntato a una visione puritana della società. Marlene Dietrich, infatti, era una donna forte, la cui figura era in qualche modo androgina (era “la donna che anche le donne possono amare”), e l’immagine che lei presentava era quella della femme fatale, trasgressiva, dominatrice, fiera e altera. E soprattutto, Marlene Dietrich, così legata alla sua Patria natale, così fiera di essere tedesca e berlinese (“Grazie a Dio sono nata a Berlino”, ripeteva spesso), fu sempre una ferrea oppositrice del regime nazista, arrivando ad accompagnare le truppe alleate in Nord Africa e sul suolo europeo, esibendosi per loro in quella che divenne un’immagine simbolo della resistenza e lotta allo spietato e sanguinario regime tedesco, diventando simbolo di lotta per la libertà.

Oltre a loro due, proprio con la lotta “clandestina” di Monroe al Nazismo è stata introdotta anche l’Orchestra di Vienna, che ha portato altri nuovi personaggi, ha accentuato la sensazione della drammaticità del periodo, quando chi era dotato di un minimo di buon senso vedeva l’umanità cadere, anzi, precipitare irrimediabilmente verso la sua ora più buia e devastante e per questo provava frustrazione, senso di impotenza e disperazione.

E così è emersa tutta la profonda umanità di Monroe Stahr, il venditore di sogni.
Altro momento splendido, per questo personaggio, è stato quello del confessionale, con l’invenzione della storia della donna con i guanti. Davvero evocativo e affascinante.

È stato dato approfondimento anche al personaggio di Rose Brady, moglie di Pat e madre di Celia, che è risultata ben più di un’acida moglie annoiata, e con lei è stato ulteriormente posto l’accento sulla considerazione della donna in quell’ambiente. In particolare, è stato davvero notevole il breve discorso che ha fatto il marito, sottolineando come lui e gli altri grandi magnati (dell’ambiente ma non solo, possiamo dire) si comportino da grandi uomini per il fatto di portarsi a letto delle giovani donne che hanno minimo vent’anni meno di loro, quando potrebbero essere le loro figlie, trattandole come oggetti proprio come fanno con le mogli, e invece si siano rivelati piccoli in ciò che davvero conta, ovvero opporsi alla malvagità umana.
E abbiamo visto quanto Celia abbia in comune anche con la madre, che invece di piangersi addosso ha deciso di reagire e aiutare i bisognosi. Una cosa rara in quei periodi.

Allo stesso modo, è stato ulteriormente approfondito il personaggio di Celia Brady, della quale Lily Collins dà una bellissima interpretazione, delicata e forte allo stesso tempo. Con il giovane Max è molto carina e questo dà modo di mostrare quale animo gentile lei abbia, ma si vede anche che i sentimenti per Monroe sono ancora in parte presenti. Ciò che fa onore a questo personaggio, però, è proprio il non lasciarsi abbattere da essi, il riuscire a metterli da parte per proseguire nell’apprendimento e nell’approfondimento di quella professione per la quale lei ha atteso così tanto, il suo essere lucida, sempre più decisa e forte, come ha dimostrato la sua approvazione alla scelta di Kathleen come protagonista perché era la cosa giusta per il film. Ed è stata adorabile la scena di imitazione del padre.
(Kathleen che, invece, si è dimostrata all’opposto di quanto sembrava, pur provando dei sentimenti sinceri per Monroe. La verità è che Celia sarebbe la donna perfetta per Monroe.)

Infine, bisogna sottolineare la bellissima inquadratura dell’oceano, fuori dalla finestra della casa in costruzione di Monroe. Un particolare davvero splendido, che ricorda alla perfezione lo stile e le descrizioni di F.S. Fitzgerald.

Il finale si avvicina e con esso la fine della storia, che molto probabilmente non avrà un seguito, essendo l’adattamento di un romanzo di Francis Scott Fitzgerald, per di più rimasto incompiuto (anche se ne esiste un finale).

Sam

 

Questi tre episodi di mezzo di The Last Tycoon”, confermano l’ottima impressione che ho avuto riguardo alla qualità della serie, sia a livello di realizzazione pratica che di recitazione.

Quello che sto continuando ad apprezzare di più è questa opera continua di costruzione e abbattimento dell’apparenza, questo continuo mostrarci che di veramente luccicante c’è solo l’opera conclusa, il film sul grande schermo, ma che dietro alla sua realizzazione la realtà ha ben poco di cui andare fiera. Vediamo ad esempio la caduta del mito di Fritz Lang vissuta dalla prospettiva di Celia, lei che venerava questo regista così acclamato e a ragione definito uno dei più grandi maestri del cinema e che ha modo di vederlo senza maschera e di conoscerne tutte le perversioni (o quasi), lasciando che l’illusione di un eroe si infranga contro alla realtà del fatto che essere un genio del cinema non significa essere una brava persona.

Vediamo anche analizzata molto bene la sottomissione al regime nazista a cui perfino gli Studios Hollywoodiani sono costretti in parte a piegarsi, e ci rendiamo conto del fatto che chi è riuscito ad emigrare in America ha sì trovato un porto sicuro al quale approdare, ma non per questo ha necessariamente trovato anche la terra promessa. Un ebreo, una persona di colore, un migrante in generale, di base rimane comunque quello, con questa enorme etichetta appiccicata addosso e qualcuno pronto a sillabargliela in faccia ogni volta che ci si illude di avercela fatta, di essersi lasciati completamente il passato alle spalle. Ho apprezzato davvero tanto questa parte di storyline, approfondita in particolare nel quinto episodio – in cui Monroe si improvvisa nel suo piccolo Oskar Schindler – e nel sesto, ovvero quello natalizio, in cui vediamo sempre Monroe alle prese con la propria fede e le proprie origini.

Oltre a questo, l’illusione cade anche in tutti quei momenti in cui ci è chiaro che ogni singola mossa e parola di Brady è volta all’interesse personale – perfino nel memoriale a Lucille -, in cui vediamo Monroe spedire la sua bella irlandesina in ritiro spirituale con Lang proprio il giorno di Natale, o in cui vediamo cosa c’è dietro al vestito impeccabilmente pulito e stirato di Max.

In questo quadro però c’è lei, c’è Celia, questo personaggio nato e cresciuto in questo mondo ma che solo ora sta imparando a navigarlo davvero. Celia è un personaggio genuino e puro in confronto agli altri, una ragazza estremamente osservativa, sensibile e intelligente che piano piano lascia che anche per lei le illusioni cadano ma riesce comunque a prendere le proprie decisioni in maniera ponderata e consapevole.

Decide di non concedersi a Lang, decide di smettere di correre dietro a un uomo che è ancora così palesemente preso a rincorrere un fantasma, decide di dare una chance a Max che è forse il più incontaminato fra tutti quanti.

Monroe invece si conferma proprio questo, l’uomo che corre dietro a un fantasma, e lo dimostra nella sua testardaggine nel voler far diventare a tutti i costi Kathleen un’attrice, la sua attrice – senza ovviamente sapere che lei lo sta solo prendendo in giro – nel suo non riuscire a stare sobrio in quell’unica notte senza di lei e in quella proposta di matrimonio così affrettata e impulsiva. È un personaggio che ispira tristezza perché noi spettatori sappiamo che lui si sta solo cibando di quell’accento irlandese e di quella eleganza che gli ricordano Minna, ma lui invece si sta illudendo di essere riuscito a ricominciare da capo, di essersi dato una seconda occasione per essere felice. E già temo il momento in cui anche per lui tutte le illusioni cadranno e scoprirà che la cara e innocente Kathleen è in realtà un’attrice molto più brava di ciò che lui immagini, con un pesantissimo corso di dizione irlandese alle spalle.

Dopo sei episodi mi sento di dire ufficialmente che promuovo a pieni voti questa serie – forse un po’ meno PrimeVideo che continua a levarmi l’HD a suo piacimento, ma qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di problemi di connessione – e che mi aspetto onestamente grandi cose dalle tre ore finali. L’unica pecca, se proprio dobbiamo trovarle una mancanza, è l’assenza del narratore esterno tanto caro a Fitzgerald (che in questo caso dovrebbe essere Celia), ma pur avvertendo questa sorta di vuoto, mi rendo conto che con così tante storyline che si intrecciano fra loro mostrandoci un sacco di punti di vista diversi, la narrazione esterna avrebbe portato difficoltà narrative nella stesura del copione e avrebbe probabilmente finito con il rovinare la maniera nella quale è stata concepita la serie.

ChelseaH

 

Bene, ci fermiamo qui e vi diamo appuntamento per la recensione finale!

Ricordatevi di passare in queste meravigliose pagine per news, aggiornamenti e spoiler settimanali sugli episodi, news sui nostri personaggi preferiti e tanto altro!

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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