La seconda stagione di The Handmaid’s Tale ha affrontato un paio di quelli che avrebbero potuto sembrare ostacoli insormontabili. Nello specifico, come si può anche solo pensare di mantenersi all’altezza della prima lodatissima stagione? Inoltre, come si può provare ad andare oltre i confini delineati da Margaret Atwood nel suo classico romanzo del 1985?
Per il produttore esecutivo Bruce Miller, risposte e suggerimenti erano tutti già nel testo: “Credo che la lezione più importante che abbia imparato (e ne ho imparate un sacco) è che si deve semplicemente provare a raccontare la storia più interessante e complicata e poi sarà il pubblico ad accoglierla. Non è necessario dare troppe spiegazioni”.
A questo fine, ha iniziato a concepire insieme agli altri autori i propri scenari che avrebbero avuto senso nel contesto di Gilead. C’è ad esempio (e questo è il vostro avvertimento ufficiale se volete evitare spoiler da qui in avanti) un atto di terrorismo che si verifica circa a metà della serie di 13 episodi e che cambierà tutto completamente. “Quando si ha un mondo come questo, con questo tipo di regole, ci si aspetta una rivolta”, afferma il produttore esecutivo Warren Littlefield. “Le conseguenze saranno devastanti su entrambi i fronti”.
C’è inoltre un confronto sorprendente tra Moira (Samira Wiley), Luke (O-T Fagbenle) e i Waterford (Joseph Fiennes e Yvonne Strahovski), che giungono in Canada per una missione diplomatica. Miller racconta: “Avete presente quando siete seduti al bar con i vostri amici e dite ‘Adoro Game of Thrones’, o Stranger Things, o qualunque altra serie, e poi continuate: ‘Sapete cosa mi piacerebbe che accadesse?’… Beh, noi nella nostra writers’ room facciamo lo stesso gioco”.
The Handmaid’s Tale ritorna il 25 aprile su Hulu.