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The Good Doctor 1×12 – Una meravigliosa conclusione della premiere di mezza stagione

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The Good Doctor 1×12 – Una meravigliosa conclusione della premiere di mezza stagione

La seconda parte della midseason premiere di The Good Doctor è stata molto, molto più intensa e appassionante della precedente e io ne sono molto più che felice! Tutte le qualità che ho iniziato ad amare nel telefilm si sono composte a generare un insieme armonioso, pieno di calore, gioia, dolori, affetto.

La cosa meno prevedibile in assoluto, per me, è stata rendermi conto che il picco emotivo della puntata si è generato e ha girato intorno al caso complicatissimo delle due gemelle siamesi, che la scorsa puntata mi aveva lasciato un po’ meh. Non riuscivo a capire il senso più profondo della trattazione di una dinamica di questo tipo, che all’inizio era stata lasciata un po’ ai margini, senza che si capisse dove voleva andare a parare, non sembrando – a differenza del solito – nemmeno collegata al tema principale dell’episodio. La seconda parte ha invece ripreso i fili della narrazione e li ha riuniti in qualcosa che ha un senso compiuto.

È la prima volta che un caso medico diventa tanto centrale e non posso negare di essermi completamente appassionata alla storia di queste due ragazze incredibilmente vitali e generose, gravate da una sorte che oserei perfino definire beffarda, dopo che già il destino le aveva fatte nascere con un peso non indifferente da affrontare. Confesso che, a un certo punto, ho faticato a tenere il ritmo di “chi sta per morire, chi deve salvare chi, e sono separate o divise ora?!”. Ma la complessità medica un po’ confusa e le soluzioni molto creative e arzigogolate, molto spesso scovate dal geniale Shaun in un momento di particolare ispirazione, non hanno minimamente disturbato, né scalfito, il totale coinvolgimento nelle disavventure delle gemelle, le decisioni sofferte, le scelte umanamente impossibili e il grande amore che le univa. È una vicenda clinica che è stata in grado di portare alla luce diverse questioni emotive importanti, che sono state raccontate, come al solito, con grande delicatezza. Amo soprattutto il modo in cui Claire e il dottor Melendez riescano sempre a trovare il giusto approccio per stabilire un contatto più personale con i loro pazienti, che genera fiducia e affidamento. Nonostante sia una dote riconosciuta a Claire (solo recentemente), anche lui è sempre in grado di trovare un punto di incontro, un modo per essere amichevole senza annullare la distanza dei ruoli.

Ho particolarmente amato il momento in cui Jenny (spero di non sbagliarmi, ché già io ho difficoltà a ricordare i nomi normalmente) viene lasciata qualche minuto da sola nella stanza dalla madre, dopo una sua richiesta, e per la prima volta viene messa a confronto con qualcosa che chi non ha subito una situazione tanto particolare, impara presto a riconoscere, temere e gestire: la solitudine. “I was alone. I felt cold”.
Ed è qui che ho capito il senso del titolo.
In preda alla preoccupazione per la loro vita, nessuno aveva realmente pensato a che cosa volesse dire davvero aver sempre avuto qualcuno su cui contare, qualcuno che, per quante volte possa essere stato irritante al punto da far desiderare la sua assenza, è comunque sempre stato presente, nel bene e nel male. Non aver mai provato la sensazione di essere soli – che, come spiega la madre, è perfino desiderabile, una volta che la sia è conosciuta – è qualcosa su cui non mi ero mai soffermata. È stato un momento prezioso, dove ho imparato qualcosa di nuovo e di importante. Immagino che si tenda a pensare che i gemelli siamesi desiderino a tutti i costi venire staccati e avere una vita autonoma, ma la questione è decisamente molto più complessa. È un tipo di legame di difficile comprensione ed è stato positivo che abbiano trattato anche questo punto di vista.

L’intera vicenda è stata molto più che straziante, soprattutto per la madre, che nella prima puntata si era fatta da parte, per lasciare che le figlie, ormai adulte, prendessero le loro decisioni in autonomia, come erano state educate a fare proprio da lei, mentre in questa occasione è parte attiva e deve scegliere che cosa è bene per le figlie e da chi doversi separare. Non riesco nemmeno a valutare in toto il livello di orrore a cui questa madre si è trovata davanti. Decidere di staccare le macchine a una figlia perché il suo cuore venisse trapiantato nel corpo dell’altra è qualcosa di sovrumano, di indicibile. Mi ha fatto piacere vederla più partecipe nel convincere Katie a non lasciarsi morire con la sorella. Perché se l’autonomia di scelta è sacrosanta, io credo che le ragazze fossero comunque ancora molto giovani e il supporto materno una necessità imprescindibile.

“L’autonomia di scelta” si riallaccia alle vicende personali di Shaun che, a sorpresa, inebriato dalla libertà e dal desiderio e bisogno di gestire la vita come un qualsiasi giovane adulto, senza l’oppressione benintenzionata del dottor Glassman, decide di dare le dimissioni e seguire Lea nel suo trasferimento (generando in Lea stessa un comprensibile nervosismo). Nonostante il fatto che fosse evidente che tutti pensassero che fosse una decisione folle, su cui non aveva riflettutto abbastanza, e troppo impulsiva (guardiamo le facce!), ho apprezzato tantissimo che nessuno abbia tentato di fermarlo.

  

Nessuno ha messo in atto i soliti meccanismi paternalistici in cui chiunque sa che cosa è meglio per la vita di Shaun e glielo deve dire per forza, facendo andar via di testa perfino Gandhi. Lo hanno rispettato. Hanno accolto la sua decisione, non l’hanno messa in discussione, hanno accettato che, per quanto fuori da ogni logica, si trattava pur sempre della sua vita, e lui aveva il diritto di farne quello che voleva.
Grazie all’intervento di Claire, perfino Glassman ha deciso di dimostrare a Shaun che lo rispettava, si fidava di lui. Ha deciso di non ostacolare le sue decisioni, e di lasciarlo libero di compiere i suoi errori, se necessario. E gli ha parlato per la prima volta da adulto ad adulto, esprimendo le sue emozioni, senza dirgli che cosa doveva fare, e arrabbiarsi perché non lo faceva.

Ed è proprio questo atteggiamento a lasciare a Shaun lo spazio di capire che la sua vita, quella che vuole controllare, deve essere completamente sua. E scopre che la sua vita è in quell’ospedale, a fare quello che sa fare al meglio (avendolo dimostrato con idee brillantissime per tutta la puntata) e non dietro a una ragazza di cui si è certamente innamorato, ma che non rappresenta necessariamente un motivo per buttare tutto all’aria. È una decisione presa finalmente non “contro” qualcuno, ma in totale autonomia, contando solo su se stesso, grazie alla semplice – ma importante – riflessione di Claire: “Lea non è l’unica che può renderti felice”. 

Siamo isole, ma abbiamo bisogno di altre isole intorno a noi.

  

Tra il dottor Melendez e Jess, con mio grande rammarico (ehm), le cose si sono messe molto male. A parte gli scherzi (e i miei interessi rivolti altrove), era davvero impossibile che un matrimonio potesse funzionare su quelle basi. Lui avrebbe necessariamente rimpianto la mancata paternità e avrebbe iniziato a provare risentimento contro di lei. C’è voluto grande coraggio da parte di Jess per lasciarlo andare e un grandissimo amore. Possiamo sapere di più di questo personaggio e del suo ruolo nella vita di Glassman?

Sul fronte Jared le cose si sono concluse con (parecchio) amaro in bocca. Nessuno è esente da colpe. L’ospedale non ha agito per razzismo, quanto per un senso di opportunismo, quando ha evitato di punire con mano troppo pesante chi si era macchiato della stessa colpa di Jared ma che, a differenza sua, era una pedina importante dello staff (in grado di far arrivare donazioni). Ma non si trattava certo di razzismo, e ha ragione il dottor Andrews quando dice che aver usato quella minaccia (soprattutto perché non vera) ha significato fare due passi indietro per tutti. La verità è che non ha vinto proprio nessuno.

Tre momenti TOP della puntata:

– il bacio di addio/arrivederci tra Shaun e Lea.

– Tutta la storia delle gemelle, non so scegliere una scena, è stato sempre tutto pieno di amore e straziante al tempo stesso.
– Shaun che posiziona la pallina-ricordo di Lea vicino alla foto del fratello, tra i suoi ricordi preziosi.

Sono davvero felice di questa conclusione dell’episodio doppio, che ho trovato estremamente soddisfacente. Vi lascio con il promo della prossima puntata. A presto!
https://www.youtube.com/watch?v=zh7foMP1ZKU
– Syl

3 COMMENTS

  1. Mi ha colpito la forza della madre, che in un momento tanto doloroso e straziante non perde mai la lucidità di pensiero. Come se considerasse le sue figlie un corpo unico e si dovesse fare la cosa migliore per salvaguardarlo. Mi è piaciuto molto il tentativo di riavvicinamento di Jenny alla sorella cerebralmente morta. In fondo, è dalla nascita che vivono letteralmente insieme e un distacco così improvviso, per di più complicato dal “sacrificio” del dono del cuore, deve essere un tormento che non riesco nemmeno ad immaginare. Una specie di addio ad una parte di sé. Angosciante, a dire poco. La madre affronta gli sviluppi opposti di tutta la situazione con un’incredibile forza. Per lei non conta chi sopravviverà, ma solo che almeno una delle due lo faccia.

    Glassy a parole si fida di Shaun, ma in pratica non butta via la lettera che il giovane gli restituisce, bensì la conserva nel cassetto. Non è proprio un segno di fiducia nella capacità decisionale di Shaun, giusto o sbagliato che sia.

    Forse è troppo giovane e chiaramente non ha le competenze necessarie, ma Lea avrebbe dovuto starci più attenta. Dovrebbe immaginare che le reazioni di Shaun non possono essere “normali”. Lui segue una logica chiara e semplice: con lei sto bene, vado con lei. Che poi è quello che più o meno fanno o dovrebbero fare tutti, ma nel suo caso è ovvio che ci sono implicazioni che lui, almeno inizialmente, non sa gestire appieno.

    Quanto al lasciare libero Shaun di decidere da parte degli altri (esclusi Glassy e Claire), rispettandolo, ci credo poco. Penso più ad un senso di liberazione perché la sua presenza è ancora fonte di imbarazzo e ne farebbero volentieri a meno. Sarò troppo malizioso ma mi sembra la cosa più probabile, specie in un ambiente così tanto competitivo.

    Infine, mi viene spontanea una piccola riflessione. Shaun ha le donne dalla sua parte: da Claire a Lea fino alla dottoressa di cui non ricordo il nome. Istinto materno, maggiore sensibilità tipicamente femminile o cosa? Escluderei dal gruppo Jess, talmente dura (posso dire arida?) da non volere figli (previsti dalla stessa natura umana) e da non immaginare nemmeno un suo possibile futuro pentimento al riguardo. Lei no, il suo uomo sì. E chi l’ha detto? Ti amo e quindi dobbiamo lasciarci. Da dove viene un ragionamento simile? E’ il sacrificio o, come credo, il liberarsi di ciò che per lei è già un problema? Comunque, meglio così, c’è chi ne è contenta…

    Questa serie mi piace sempre di più.

    • Ciao! Sono tendenzialmente in disaccordo su alcuni punti descritti, ma credo che un’opinione potrò farmela con maggiore chiarezza quando avrò visto qualche puntata in più. Tendo a pensare che Glassman si sia reso conto che Shaun ha rivendicato uno spazio personale, quindi il tenere la busta delle dimissioni lo vedo come il fatto che si rende perfettamente conto che potrebbe ricapitare e che dovrà anche allora rispettare la sua decisione. Io l’ho visto come un passo verso una autonomia del ragazzo, che passa anche dal permettergli di fare quello che lui non approva. Dargli spazio. E per “ricapitare” non intendo che debba necessariamente prendere un’altra decisione impulsiva, semplicemente prendere una decisione sulla propria vita, senza che nessuno si intrometta.
      Non sono nemmeno d’accordo sul fatto che volessero togliersi il pensiero di Shaun. Il dottor Melendez, sebbene all’inizio lo contestasse apertamente, ha con il tempo imparato ad apprezzarlo e a fidarsi delle sue doti. Lo tratta però come qualsiasi altro medico-specializzando che arriva e gli chiede una lettera di raccomandazione. Apprezzo chi non cerca di far cambiare idea al prossimo convinto di saperne di più del prossimo stesso sulla propria vita, e il dottor Melendez non è mai prevaricante, in quel senso.
      Non credo nemmeno che Shaun abbia dalla sua parte solo le donne, perché appunto non vedo Melendez (o Jared) opporsi a lui.
      Sul discorso “donne aride perché non vogliono avere figli, previsti dalla natura”, non è mio interesse entrare nel dibattito (ci sono fior di articoli, libri e conversazioni quotidiane sul senso della maternità, se si ha voglia di approfondire l’argomento). Continuo a pensare che lasciar libero qualcuno di seguire i propri sogni che non ci coinvolgono, senza cercare di adattarvisi per aspettative sociali, rimanendo quindi fedele a se stessi, sia un atto di amore e di estremo coraggio. Jess mi piace molto. Non aveva alcun senso insieme a Melendez proprio per come hanno impostato la dinamica tra loro, in cui chiaramente non si cercava di coinvolgere lo spettatore nella loro storia d’amore.

      • Ciao.
        Sicuramente Glassman ha compiuto un passo decisivo nel suo rapporto con Shaun, ma non ne affiderei la testimonianza al fatto di aver tenuto la busta.
        Non so nemmeno se il dottor Melendez si sia comportato con il massimo rispetto per Shaun o se, tutto sommato, non gli dispiacerebbe (anche) che questi se ne andasse, pur apprezzandone le doti lavorative. Forse sbaglio, ma mi pare che sottovaluti il “fastidio” che ancora la sua presenza provoca, in forma più o meno accentuata.
        Quanto a Jess, non capisco perché sia sicura che prima o poi il suo uomo le rinfaccerà di non aver voluto figli (molto ma molto probabile), ma non prenda in considerazione l’idea di cambiare lei stessa opinione. Io non ne avrò mai! Dogmatico, assoluto, incrollabile. E’ questo che mi lascia perplesso, anche in considerazione di quanti donne e uomini lottino per riuscire ad avere dei figli. Ovvio che comunque approvo la conclusione di un rapporto che non stava in piedi più di tanto. In questa mia riflessione e nell’accenno al corso naturale delle cose, ci tengo che sia chiaro che da parte mia non c’è alcuna implicazione di carattere misogino o maschilista. Al contrario, ritengo che ognuno si possa e debba comportare come meglio crede, salvaguardando il proprio equilibrio interiore, indipendentemente dall’appartenenza al genere femminile o maschile. Spero di essermi spiegato.
        Infine le donne: a me pare che in proporzione al numero dei personaggi, la percentuale di chi “accetta” più COMPIUTAMENTE la presenza di Shaun sia maggiore rispetto a quella degli uomini. Il che, secondo me, depone a favore delle donne stesse quanto a sensibilità e umanità. Se così fosse, me ne chiedevo il perché, se no il quesito si annulla.

        Mi sono dimenticato (e qui rimedio) di lodare la tua recensione, nella quale ho intravisto momenti di entusiasmo e passione che a suo tempo rilevavo in quelle relative a Castle, per me rimaste comunque insuperabili. Il che naturalmente non implica un maggiore o minore impegno da parte tua. Specifico perché non vorrei che fraintendessi: conosco la tua splendida professionalità.

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