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The Following | Recensione 1×15 – The Final Chapter

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The Following | Recensione 1×15 – The Final Chapter

Eccoci giunti al tanto atteso season finale dell’ultima creatura di Kevin Williamson, all’ultimo capitolo del macabro romanzo di Joe Carroll che, lo premetto subito, non poteva essere più deludente e scontato.

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The Following è stato il ritorno di un grande sceneggiatore e produttore al genere che l’aveva reso famoso, il thriller/horror, dopo una decade trascorsa ad occuparsi delle vicende amorose di adolescenti umani e non (Dawson’s Creek, The Vampire Diaries).

Io, almeno, ero partita con una punta di diffidenza: storia difficilmente serializzabile, genere normalmente poco apprezzato in uno show televisivo, un nome di grido (Kevin Bacon) che rischiava di oscurare tutto il resto. Tuttavia, il pilot mi aveva piacevolmente stupito per l’originalità di alcune scelte, la coesione del cast e la bravura di tutti gli interpreti.

A questo punto The Following si è trovato davanti ad un bivio: poteva essere “the next big thing” della stagione 2013 o scadere nel trash più totale ed essere relegato tra i guily pleasures.

La serie si è barcamenata tra episodi di buona qualità ed altri mortalmente noiosi, che guardavo mettendomi lo smalto o rispondendo alle mail del mio capo. Gravissimo, per uno show che era stato lanciato come “il più terrorizzante degli ultimi anni”.

Poi, verso la fine, una piccola virata positiva, con il tradimento di Roderick e la morte di Jacob per mano di bitchy Emma, lo show sembrava volerci regalare un finale ricco di pathos ed emozione, con un epico scontro finale tra i due protagonisti principali che fin’ora si erano fronteggiati a distanza: Ryan e Joe. Nulla di tutto ciò è accaduto.

La parte iniziale della puntata è stata l’unica decente, cioè il tentativo di Ryan e Mike di salvare la povera agente Parker sepolta viva da due followers.

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Nonostante la disperata corsa contro il tempo, i due uomini arrivano troppo tardi: molto bello il momento in cui la donna, al telefono e ormai consapevole che il suo tempo sta scadendo, dice addio ai due colleghi, chiedendo a Ryan di non prendersi la colpa della sua morte e al giovane Mike di restare la brava persona che è. Scontato, ma ben riuscito.

Dal ritrovamento del cadavere di Parker in avanti è tutto un susseguirsi di scelte narrative pessime e prevedibilità a palate: Ryan parte da solo alla ricerca di Claire, abbandonando bruscamente il povero Mike, che si riconferma essere un personaggio secondario buono e totalmente sottosfruttato. Il rapporto tra i due, l’agente senior con il novellino, la fratellanza/amicizia nata dalla condivisione di momenti dolorosi poteva essere approfondita meglio.

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Questa è stata una delle decisioni degli autori che ho capito di meno: perché introdurre un personaggio come Mike, che doveva essere “l’ancoraggio alla vita” di Ryan, la prova che anche lui poteva affezionarsi a qualcuno e poi relegarlo sempre in un angolo? Mike avrebbe dovuto avere molto più spazio, avrebbe potuto essere la spalla e la coscienza di Ryan. Invece, nella maggior parte dei casi, è stato uno che gli stava nei piedi. Bah…

Comunque, Ryan viene condotto da Emma (che in questo episodio vediamo solo per due frazioni di secondo) in una casa di mattoni sotto un faro dove Joe tiene prigioniera Claire e un tizio a caso (che poi viene ucciso, ma non si capisce bene perché).

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Joe, come al solito, sta dando di matto spaventando a morte Claire che, nonostante la sua tempra e forte carattere, sta per cedere: l’ex marito le ricorda i bei vecchi tempi e rivendica la paternità di tutto il suo tremendo operato.

Altro problema: come hanno ridotto il personaggio di Joe. All’inizio era un affascinante, psicotico, pazzo, completamente lucido, grande pianificatore. Quella follia alla Hannibal Lecter o alla Kaiser Soze (I soliti sospetti), che rende il cattivo quasi più interessante del buono.

Nella seconda metà della stagione Joe è diventato un tossico alcolizzato, ferito, che straparla, ripete sempre le stesse quattro minchiate, è totalmente ossessionato da Claire e dal suo libro e, soprattutto, agisce senza pensare.

Ma Joe non aveva un grande terribile piano di distruzione? Quale sarebbe? Nascondere Claire in una casetta sul mare e ucciderla davanti a Ryan? Oh che paura! L’avevamo capito dopo i primi dieci minuti del pilot che il suo piano era quello e che non l’avrebbe mai realizzato.

Il grande scontro epico tra il bene e il male si riduce ad una scazzottata di due minuti tra Ryan e Joe in una capanna di legno, che poi salta in aria, con il serial killer morente dentro.

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Tutto qui? Il perfido, intelligentissimo professore ossessionato dalle opere di Edgar Allan Poe che è riuscito dalla prigione a creare un culto a lui completamente devoto se ne va così, praticamente senza combattere?

Ovviamente l’amore trionfa come nella migliore tradizione Disney, Ryan e Claire tornano a casa insieme e stanno per uscire a cena come una coppia normale.

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Ma tutti noi sapevamo perfettamente che non era finita: Joe aveva promesso a Molly la trombamica che sarebbe stata lei a finire Ryan. E così la vicina di casa psicopatica compare nell’appartamento e accoltella la coppietta felice.

Dopo questi insignificanti 45 minuti mi chiedo come sarà la seconda stagione, con la setta dei followers privata del proprio capo (perché Joe NON lo farete resuscitare, VERO?!), allo sbaraglio, senza un obiettivo. Sarà Emma a prendere le redini del gioco e cercare vendetta?

Ryan e Claire coroneranno il loro prevedibilissimo sogno d’amore o moriranno dissanguati sul tappeto di casa?

Una serie con le premesse di The Following doveva sorprendere, incollare allo schermo fino all’ultimo minuto, farmi stramaledire i lunghi mesi di attesa che mi separano dalla 2×01.

Invece è riuscita solo ad essere prevedibile e ad annoiarmi, di nuovo. Lo show è ancora ad un bivio: potrebbe avere un’ottima seconda stagione che si discosta completamente dalla prima o abbonarsi alla noia e passare da guilty pleasure a serie che recupererò quando ho tempo.

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